CACCIANIGA, Francesco
Figlio del pittore Paolo, nacque a Milano il 6 ag. 1700. Studiò con Pietro Giraldi, suo parente, che si era formato a Roma, e dal 1717 lavorò a Bologna, dove prese lezioni di prospettiva da Ferdinando Bibiena ed è possibile che abbia studiato per poco tempo anche con C. Cignani e M. A. Franceschini. Su commissione del conte Calderari dipinse nel 1719 il Martirio di s. Caterina per la chiesa (poi demolita) di S. Maria Beltrade a Milano, e per il palazzo milanese dello stesso committente, in questo periodo, dipinse tre grandi Scene bibliche.Nel 1725 ritornò a Milano ed eseguì gli affreschi con Madonna e Anime purganti nella chiesa di Domaso (lago di Como).
Il C. si stabilì quindi a Roma, dove nell'anno 1727 vinse il primo premio del concorso di disegno dell'Accademia di S. Luca con una Cena di Baldassarre e dove, per il suo protettore conte Calderari, dipinse altre due Scene bibliche, oltre a un Ecce homo per i Fatebenefratelli di Milano. A Roma prese lezioni di anatomia da E. Langel e dall'abate Agazzami e ricevette la sua prima commissione importante che però risultò per lui disastrosa: S.Celso che riporta la vittoria sui sacerdoti pagani, uno dei due quadri (l'altro è di Giacomo Triga) che fiancheggiano la pala d'altare con Cristo in gloria del Batoni, nella cappella maggiore della chiesa dei SS. Celso e Giuliano (1736-38). Fini per sorgerne una controversia, in quanto il C. ritenne non solamente di non essere stato pagato abbastanza, ma che gli sarebbe dovuta spettare anche la commissione principale. Naturalmente gli accademici Ghezzi, Conca e Zoboli, anche se lodarono il suo dipinto e patrocinarono un pagamento più alto, si schierarono dalla parte del committente, il visitatore apostolico A. Furietti, futuro cardinale e famoso collezionista. Al C. non restò che dipingere una complicata e deliziosa satira, La pittura dispregiata dall'ignoranza, dove il prelato bergamasco, in veste di Arlecchino, compare su di un carro trionfale tirato da asini. Il quadro, ridipinto dal C. nella sua tarda età e regalato ai Borghese, è ora nella collezione Schneider di Cleveland: dalla settecentesca Miscellanea Lucchese (Lucca, Biblioteca governativa, Mss. tom.1547, I, p. 545) sappiamo che un'incisione di esso veniva fatta circolare privatamente. Ma solo dopo la morte del Furietti (gennaio 1764), il C. ottenne commissioni ufficiali nella città di Roma: si ricorda, per esempio, quella per la tomba di monsignor Baviera in S. Andrea delle Fratte, da lui disegnata nel 1766.
Dal 1735 il C. abitava in via dei Leutari nella parrocchia di S. Lorenzo in Damaso; intorno a questa data va collocato l'Autoritratto della Galleria degli Uffizi - dove il C. ci si presenta giovane, con un cappello di paglia piumato - che è un bel dipinto di gusto romantico bolognese, in contrasto con il classicismo romano. Poiché il Gaburri dichiara di conoscere il C., dobbiamo ritenere che prima del 1739 sia stato a Firenze. Nel 1740 fu eletto accademico sia dei Virtuosi al Pantheon, di cui fu reggente nel 1759, sia di S. Luca. In questa ultima accademia fu particolarmente attivo dal 1751 al 1777, e ricoprì varie cariche non molto importanti: stimatore di pittura (1751, '56, '62, '67, '75), provveditore (1757), sindaco (1758), direttore dei forestieri (1760), presidente delle riunioni nell'agosto del 1759 e del 1766; fu infine sottosegretario nell'anno 1773.
Nonostante l'ostracismo del cardinal Furietti, il C. ottenne ordinazioni di pale d'altare nello Stato pontificio: il De Rossi elenca quadri ad Ancona (anteriori al 1749: Morte di s. Andrea Avellino in S. Giacomo; Sposalizio della Vergine in S. Pellegrino degli Scalzi; Istituzione dell'Eucarestia e Visione di s. Antonio da Padova nella chiesa del Sacramento; Flagellazione e Madonna Addolorata nel duomo), a Morrovalle e a Camerano. Non sempre è possibile concordare con le datazioni fornite dal De Rossi che colloca dopo il 1749la bella S. Anna in S. Lucia di Forlì, databile invece al 1739, mentre le tre pitture su rame per il Portogallo, che egli colloca nel quinto decennio del secolo, potrebbero essere le tre opere che il C. esportò nel gennaio 1764 (A.Bertolotti, Esportazione…, in Arch. stor. artist. e letter., II [1877], p. 216).Sono perdute le quattro sopraporte, due più grandi (Morte di Lucrezia, Morte di Virginia)e due più piccole (Aci e Galatea, Bacco e Arianna), che il C. dipinse per il re di Sardegna; le prime due giunsero a Torino nel febbraio 1749(Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 231 s.); furono incise dallo stesso C. (i rami sono conservati nella Calcografia di Roma), e sono importanti per la storia dello sviluppo del neoclassicismo. Per il sesto e settimo decennio del secolo, quando secondo il De Rossi il C. stava "mediocremente lavorando per le province dello Stato", è difficile documentare la sua attività se non per la partecipazione alle riunioni dell'Accademia di S. Luca. Nel 1752egli scrisse al Bottari (Roma, Bibl. Corsiniana, cod. 2024, 8 ott. 1752)chiedendo di essere impiegato come disegnatore per le Antichità di Ercolano.Nel 1765 era in loco la pala per l'oratorio della Concezione di Gesù che forse è estranea al rimodernamento dell'oratorio del 1751. Degli anni posteriori al 1760 sono probabilmente le tre tele con le Arti per il soffitto di palazzo Vidoni, come anche il soffitto per casa Gavotti citato dal De Rossi (Imeneo che regge il ritratto della sposa).Sempre del settimo decennio del secolo sono presumibilmente la bellissima pala dell'altar maggiore e tre quadri più piccoli della cappella universitaria di Salamanca.
Nel 1773-74 il C. dipinse, per palazzo Borghese, il famoso soffitto con l'Aurora, che può essere considerato una esercitazione "romanizzata" sul Cignani; è oggi scurito, ma sempre vivace seppure un po' goffo, dando ragione al giudizio del Lanzi sul C.: "pittore a cui nulla manca, se si eccettui un certo spirito e una certa risoluzione che non si acquista con la industria… un colorito aperto, gaio, gentile…". Cinque anni dopo il C. dipingeva la tela con la Caduta di Fetonte per un soffitto della villa Borghese (dove sono suoi, e di G. Agricola, anche gli affreschi circostanti); e ne incideva anche il rame (il disegno e in una collezione privata a Roma).
è questa l'ultima opera del vecchio artista che da circa il 1775 ricevette dai Borghese anche una pensione (15 scudi al mese). Il C. vendette la sua ricca collezione di disegni e di stampe, e gli rimasero solamente sette suoi dipinti, la sua tarda età e una popolarità considerevole anche se tardiva. Consigliato dall'Asprucci e dall'abate Puccini, il principe Marcantonio Borghese accettò le sette tele, tra cui il citato dipinto satirico contro il cardinal Furietti, e una Susanna rivendicata nell'onore, incisa da Piale.
Il C. morì a Roma nel marzo 1781, in giorno che non è dato di precisare: 4, 11, 12, oppure 14.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. naz. centr., ms. Pal., E.B.9.c.: F. M. Gaburri, Vite dei pittori (1739), II, p. 206; Arch. Segr. Vaticano, Stato dell'Anime, S.Lorenzo in Damaso, 118, I; Roma, Arch. dell'Acc. S. Luca, Libri de' Decreti, 1739-1777, passim; Serie degli Uomini i più illustri in Pittura…, XIII, Firenze 1776, p. 1326; [G. G. De Rossi], Memorie per le belle Arti, II, luglio 1786, pp. CLV-CLXII; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 406; II, ibid. 1970, p. 344; L. Pirotta, I direttori dell'Accademia del nudo in Campidoglio, in Strenna dei Romanisti, XXX(1969), pp. 329 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 335 (con bibl.).