CAMORANA (Camurana, Camorando, Camerona), Francesco
Nato in data imprecisabile da una relazione adulterina in una famiglia da poco inurbata dalla villa modenese di Camorana, fu avviato agli studi dal fratellastro Girolamo, cancelliere del Guicciardini durante il suo governatorato di Modena e Reggio. Entrò nella società colta modenese sposando la figlia del celebre medico Nicolò Machella. Fece parte dell'"accademia" che si riuniva in casa del medico e allievo del Pomponazzi, Giovanni Grillenzoni. Insieme con i letterati che si raccoglievano attorno al Grillenzoni, il C. partecipò alla disputa sul volgare schierandosi col Castelvetro, con Filippo Valentini e con Alessandro Melani, contro Antonio Fiordibello.
Era rinomata la sua biblioteca, ereditata dal fratello Girolamo e accresciuta da lui con l'acquisto di opere di Calvino, di Lutero, di Erasmo, di Francesco Negri, di Antonio Brucioli, di Agostino Mainardi. Nel testamento redatto nel novembre del 1553 dal Castelvetro, che del C. tracciò un breve profilo, si menzionava il C. fra le persone cui i fratelli avrebbero dovuto concedere accesso alla sua biblioteca.
Le doti di buon parlatore in latino e volgare valsero al C. l'assunzione a cancelliere del Comune, "nonostante che non fosse cittadino", come annotò il Castelvetro.
Il C. fu processato per eresia certamente prima del 1564, perché il suo nome compare ("Franciscus Camerona Mutinensis haereticus") nel noto compendio dei processi del S. Uffizio da Paolo III a Paolo IV (Corvisieri, p. 275). Nonostante non si conosca il fascicolo del suo processo, rimangono tracce consistenti del suo impegno trentennale nell'azione di rinnovamento religioso e sicure testimonianze della sua personalità nel movimento modenese di tendenze eterodosse. Nel febbraio del 1538 è tra quanti, a Modena, protestano contro la minaccia di proibizione d'uno dei libri più diffusi in quegli anni, il Sommario della Sacra Scrittura. L'assenza del suo nome tra i sottoscrittori del famoso "formulario di fede" imposto nel 1542 dal cardinale Giovanni Morone alla cittadinanza modenese al suo ritorno dalla Germania, è dovuta alla mancanza di una sua condizione giuridica di cittadino modenese. La confessione resa nel 1568 all'inquisitore di Modena da Geminiano Callegari fa risalire al 1544 l'inizio della più intensa attività del Camorana. Il possesso d'una ricca biblioteca faceva della sua abitazione il più adatto punto di ritrovo per letture e informazioni. Vi convenivano tanto uomini già noti, come il Castelvetro e il Machella, quanto persone di più modeste condizioni, come il maestro di scuola Giovanni Maria Tagliati detto il Maranello, o come i tessitori Tommaso Bavellino e Cristoforo Bagazzano. Con pochi altri il C. si trovò ben presto a capo d'una notevole "comunità di fratelli" ("plusquam triginta hominum"), che per ahneno due decenni svolse una coperta ma intensa attività di approfondimento di particolari temi religiosi e di proselitismo.
Nel suo processo, Geminiano Callegari così riassume le opinioni religiose dell'intera "comunità", nella quale aveva avuto il C. come "primo istruttore et complice": "che nell'ostia sacra non si contenga realmente il corpo di nostro signore Giesù Christo, ma che quella sia solamente una commemorazione della sua passione et morte a guisa che l'annello dato dal sposo alla sposa et continua memoria che la è sua consorte; et di più che il papa et altri sacerdoti non hanno alcuna authorità d'assolver dalli peccati, se non nel predicare et dichiarare lo evangelio et che così s'intendeva quell'authorità dell'evangelio (accipite Spiritum, Sanctum, quorum remiseritis...); et che la cresima non era sacramento instituito da Christo, ma trovata dalla Chiesa per confirmatione del battesimo, et che le opere nostre fatte in gratia non sono meritorie del paradiso, quantunque siano necessarie che un vero christiano operi bene". Ma risulta che la partecipazione, anche non solo occasionale, alla vita della "comunità" era aperta a elementi di tendenze più radicali, come il Maranello, antitrinitario e anabattista. L'azione di proselitismo consisteva nella diffusione di libri eterodossi e nella pratica dell'assistenza ai malati e delle elemosine.
Il C. morì il 28 sett. 1565. Negli successivi l'inquisitore ne cercò invano la tomba nell'intento di eseguire la condanna al rogo sul cadavere esumato.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Inquisizione, b. 3, proc. P. A. da Cervia, ff. 1r, 5r, 6v; b. 4, proc. G. M Tagliati, alias Maranello, f. 12v; b. 5, processo G. Callegari, ff. 3r, 5v; L. A. Muratori, Opere varie critiche di L. Castelvetro, Lione 1727, p. 76; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, I, Modena 1781, pp. 337-338; C. Cantù, Gli eretici d'Italia, II, Torino 1866, pp. 156, 201; T. Bianchi, Cronaca modenese, VI, Parma 1867, p. 428;C. Corvisieri, Compendio dei processi del S. Uffizio di Roma (da Paolo III a PaoloIV), in Arch. della R. Soc. rom. di storia patria, III (1880), p. 275; G. Cavazzuti, L. Castelvetro, Modena 1903, pp. A, 5, 9, 13; J. A. Tedeschi-J. von Henneberg, Contra Petrum Antonium a Cervia relapsum et Bononiae concrematum, in Italian Reformation Studies in Honor of Laelius Socinus, acura di J. A. Tedeschi, Firenze 1965, pp. 49, 50, 55.