CARBONE, Francesco
Appartenente alla nobile famiglia napoletana, nacque a Napoli sicuramente prima della metà del secolo XIV da Giovanni (il cui testamento del 1391 è conservato nell'Arch. Segr. Vaticano, Reg. Lat. 17, f. 82v). Entrato, a quanto pare già in giovane età, nell'Ordine cisterciense, il dottissimo C. nel 1382 diventò vescovo di Monopoli ("Monopolitanus" infatti sarà chiamato più tardi anche come cardinale) e il 17 dic. 1384 con nomina di Urbano VI, cardinal prete di S. Susanna. In seguito gli furono conferite anche le cariche di arciprete di S. Giovanni in Laterano e gran penitenziere della Chiesa (dopo il 29 luglio 1389). Nel 1392 infine fu nominato cardinale vescovo di Sabina. Secondo una notizia non inverosimile nel conclave del 1389, rimasto a lungo indeciso, avrebbe proposto come candidato di compromesso P. Tomacelli, suo parente, il quale fu poi eletto e assunse il nome di Bonifacio IX.
Durante il lungo ed importante pontificato di Bonifacio IX (1389-1404) il C. rivestì nel collegio cardinalizio, insolitamente piccolo, una posizione di grandissima influenza, che si manifestò nel conferimento di numerose cariche nell'ambito spirituale. Bonifacio IX già nel 1389 lo confermò come gran penitenziere, carica che mantenne fino alla morte, e lo nomino protettore dell'Ordine cisterciense, per la riforma del quale nel 1390 fu convocato un capitolo generale a Roma. Nello stesso tempo il C. era protettore sia dei minoriti che delle clarisse, e della riforma di quest'ultime nel 1390incaricò il ministro generale dei francescani. Ma con più successo riformò, dopo il 1399, l'abbazia di Farfa, di cui era abate commendatario. Inoltre era amministratore di singoli monasteri e, sin dal 1398, amministratore di tutte le case tedesche dell'Ordine ospedaliero di S. Antonio di Vienne divise dalla casa madre nella Francia scismatica. Come legato per la distribuzione delle indulgenze concesse in occasione dell'anno santo del 1390, nominò tra il 1390 e il 1391 i commissari nell'Italia centrale.
Non meno importante era la sua posizione nell'ambito temporale dell'amministrazione dello Stato della Chiesa: nel 1390 comandava, anche se con esito poco felice, l'assedio della cittadella di Spoleto, nel 1393 venne scelto a presiedere, come legato, l'incontro con i ribelli signori della Marca d'Ancona a Foligno. E, fatto ancora più significativo, faceva continuamente parte di quelle commissioni cardinalizie nominate da Bonifacio IX ogni qual volta si trattasse di questioni particolarmente importanti: così nel 1391 della commissione per l'alienazione di beni ecclesiastici, nel 1391-92 della commissione per le trattative con i Colonna, nel 1391-92 della commissione per l'amministrazione della residenza pontificia di Perugia, nel 1397 della commissione per le trattative segrete con Onorato Caetani, nel 1401-02 della commissione per le trattative con il re dei Romani Roberto del Palatinato. Al C. vengono indirizzate frequentemente lettere di raccomandazioni: la piccola Rieti come la grande Firenze lo elessero loro protettore in Curia.
Il C. era dunque uno dei principali esponenti di quella cerchia di napoletani che acquisirono, grazie alla politica nepotistica di Bonifacio IX, che amava circondarsi dei suoi compatrioti, un'influenza preponderante in Curia, molto lamentata dai contemporanei: Teodorico da Nyem, uomo di Curia, lo qualificò infatti come "insignis simoniacus" e come "archisymoniacus" (De scismate, lib. I, cap. 44; lib. II, cap. 39). Ma il C. guadagnò influenza non soltanto come compaesano, ma anche come parente del papa. Come "frater consobrinus" del pontefice è qualificato infatti in un documento conservato nell'Archivio di Stato di Rieti (Riformanze, 9, E 35v) e addirittura come Tomacelli in un documento dell'Arch. Segr. Vaticano (Obl. e Sol. 57, f. 163r). Lo stesso errore si riscontra talvolta anche nella bibliografia. Circondato da numerosi parenti, aveva la propria residenza (dal 1390 almeno fino alla sua morte) nell'ospedale di S. Spirito in Sassia a Roma, dove abitavano anche la madre e i fratelli di Bonifacio IX. Seppe procurare incarichi vantaggiosi anche ai fratelli: Enrico e Masono ricoprivano cariche a Todi e a Spoleto, città saldamente in mano alla famiglia Tomacelli; Guglielmo, ricordato come notaio pontificio nel 1391, nel 1396 diventò vescovo di Chieti, nel 1411 cardinale di ubbidienza pisana, e morì probabilmente nel novembre del 1418.
Il C. morì poco tempo dopo il conclave del 1404 - nel quale aveva dato il suo voto a Innocenzo VII - il 18 giugno 1405. Il suo corpo fu trasferito a Napoli, dove il suo sepolcro sontuoso (l'iscrizione sepolcrale è riprodotta in Ciaconius) è visibile ancora oggi nella quinta cappella della navata destra del duomo.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Reg. Vat., 312, f. 95v; 316, f. 18r; 333, f. 288r, D. von Nieheim (Theodericus de Nyem), De scismate ll. tres, a c. di G. Erler, Leipzig 1890, pp. 81, 119, 149, 185, 198; Reg. del R. Arch. di Stato in Lucca, II, Carteggio degli Anziani, a cura di L. Fumi, II, Lucca 1903, n. 2156; F. della Marra, Discorsi delle fam. estinte,forest., o non comprese ne' Seggi di Napoli, Napoli 1641, pp. 112 s.; A. Ciaconius, Vitae et res gestae pontif. Roman. ..., II, Romae 1677, coll. 658 s.; L. Cardella, Mem. stor. de' cardin. della S. R. C., II, Roma 1793, pp. 297-299; I. Dollinger, Beiträge zur politischen,kirchl. und Cultur-Geschichte, III, Wien 1882, p. 362; H. Kochendörffer, Päpstliche Kurialen während des grossen Schismas, in Neues Archiv, XXX (1905), p. 590; T. Graf, Papst Urban VI., Berlin 1917, p. 34; I. Schuster, L'imperiale abbazia di Farfa, Roma 1921, pp. 347 s.; L. Wadding, Annales Minorum, IX, Ad Claras Aquas 1932, pp. 116, 691; A. Esch, Bonifaz IXund der Kirchenstaat, Tübingen 1969, ad Indices; Id., Das Papsttum unter der Herrschaft der Neapolitaner, in Festschrift H. Heimpel, II, Göttingen 1972, pp. 730, 735-37, 740 s., 763, tav. dopo p. 800; C. Eubel, Hierar. catholica, I, Monasterii 1913, pp. 25, 346.