CARUSO, Francesco
Nacque a Bisaccia (Avellino) in data imprecisabile, ma indicata, per approssimazione, al 1505 (Orlando Cafazzo) oppure al 1526 (Lo Parco). Dalla città natale trasse il soprannome che lo contraddistinse nell'ambiente letterario. Dai Paradossi di Giambattista Manso il giovane si ricavano gli scarsi dati biografici della sua giovinezza. Fu segretario di Giambattista Manso seniore, feudatario di Bisaccia e con tale mansione partecipò alla cosiddetta guerra di Campagna tra Filippo II e Paolo IV Carafa, fino alle trattative di pace del 12 sett. 1557, durante le quali il suo signore svolse un ruolo non secondario; perciò stesso egli "era distintamente informato" degli avvenimenti in corso e dei loro sviluppi(Paradossi, p. 91).
Morto il vecchio Manso e, poco dopo, il figlio di lui Giulio, padre di Giambattista il giovane, il C. entrò nell'Ordine dei frati minori conventuali verosimilmente verso il 1567, conseguendovi il grado di "magister theologiae" il 3 giugno 1571, già reggente a Salerno, come si ricava dai Regesta Ordinis (A, 9, f. 100v), dall'atto concistoriale della sua nomina a vescovo, oltre che dal suo epitaffio.
Nel chiostro il C. dedicò il suo talento poetico ad un componimento che intitolò Ilsacro epitalamio della sposa dei Cantici, con dedica a Maria Artemisia Curtini Ricci, nobile savonese, pubblicato in Genova, senza data, dal Franchelli.
Dai riferimenti eruditi e dai richiami filologici nell'"Epistola seria al virtuoso lettore", si può arguire che oltre al latino e al greco conoscesse le lingue orientali come sussidi del biblista quale egli si presenta. Nel prologo si svolge un metaforico confronto dialettico fra "Amor sacro" e "Amor profano" e nei cinque atti, dove le scene aumentano, progressivamente, da cinque a nove, il C. incentrò lo sviluppo del dramma su un'interpretazione mistica ed ecclesiologica ad ampio respiro dell'ottavo libro sapienziale della Bibbia, che, alla fine, appare solo quale pretesto ispiratore del componimento. La trama si snoda nel complesso gioco di trasparenze e allegorie, in cui sono trasferiti visioni, miti, divinazioni, metamorfosi magiche e disinvolte osservazioni psicologiche, che assurgono a rappresentazione di costume, disposizione etica e ideale estetico. I temi affioranti dalla finzione bucolica e le insistenti divagazioni si discostano dai moduli poetici del libro sacro, ma lo scopo didattico e moralistico prefissosi dal C. è evidente. Questo epitalamio rappresenta un'eco manieristica del genere pastorale in voga, con limiti appariscenti: l'unità compositiva è ben armonizzata, ma la dovizia di proliferazioni superflue appesantisce e ritarda l'azione; il timbro poetico è frammentario e la poesia è frequentemente ridotta a pura versificazione di un testo utile allo svolgimento del dramma; a versi di melodiosa e fine musicalità si alternano brani dalla forma sciatta e dal ritmo acerbo.
Per le nozze di Giambattista Manso il giovane con Costanza Belprato dei conti di Anversa, feudo nella sua diocesi, compose un sonetto, che figura accanto a componimenti del Tasso e di altri letterati nella raccolta curata dal Manso medesimo in Poesie nomiche divise in rime amorose, sacre e morali, Venezia 1635 (p. 260). Non rimane altro a documentare la sua attività letteraria e la sua cultura umanistica, che pure gli avevano procurato l'amicizia e la considerazione di tante personalità.
Una lettera inviata al capitolo di Sulmona il 27 marzo 1592 da Napoli riconferma la tesi del Modestino che lo disse presente nel capoluogo partenopeo in quell'anno, durante il periodo di permanenza del Tasso nella villa del Manso, sita a ridosso della riviera di Chiaia. Qui il C., che "vi haveva grandissima famigliarità" (Paradossi, p. 136), fu tra i privilegiati ascoltatori serotini dei Sette giorni del mondo creato, composti speditamente dal Tasso durante la giornata.
Fu nominato vescovo di Valva e Sulmona il 13 maggio 1585, diciotto giorni dopo l'assunzione al papato del confratello Felice Peretti (Sisto V).
La vicinanza delle due date ha indotto a ravvisarvi un atto di liberalità del papa, ma è forse più probabile che Sisto V ratificasse la designazione avvenuta durante il pontificato del predecessore.
Il garbo non artificiale, il temperamento servizievole e la forte personalità del C. traspaiono da alcune lettere inviate al capitolo di Sulmona dopo la sua elezione e, particolarmente, da quella scritta il 15 luglio 1585 da Ischia, dove il suo Ordine possedeva un convento del quale fu ospite presumibilmente per cure termali. Presa buona nota delle informazioni dategli dal canonico deputato per una imprecisata ambasceria, assicurava: "...tutti vedrando quanto sarrò vostro honorevole pastor et prelato et estirpator de rumori et persecutioni" dopo l'ingresso in diocesi.
Gli episodi verificatisi durante le visite pastorali rivelano le sue capacità di governo, le sue attitudini e i suoi limiti. La visita canonica del 1587 a Pescocostanzo con particolare riguardo alla chiesa di S. Maria in Colle, dove perdurava una non futile controversia giurisdizionale fra l'abate di Montecassino e il vescovo di Sulmona, indusse il vicario generale deputatovi, che ne era stato impedito, a scomunicare il rettore ed interdire la chiesa. La civile accoglienza riservata al C., che l'anno successivo vi si recò di persona, trascese in proteste, intemperanze e tumulti ed egli fu costretto ad emanare le solite scomuniche e i consueti interdetti. Il severo giudizio formulato sul C., a commento dell'accaduto, nel secolo scorso, è stato di recente ribadito (Sabatini, p. 547); ma l'accusa di iroso ed intemperante autoritarismo inflittagli, risulta ingiustificata se si tiene conto che, prima di procedere, il 18 giugno 1587, aveva interpellato la Congregazione del Concilio, la quale, con precise direttive impartitegli ed in linea col generale orientamento di politica ecclesiastica interna, il 26 successivo lo aveva spronato ad agire con risolutezza ed a comminare censure "...aliaque iuris remedia ad visitationis sibi aditum aperire".
Le condizioni sociali di miseria, le deviazioni e gli abusi scoperti durante i sopralluoghi gli suggerirono di consultarsi con Roma, che, per colpire l'usura molto diffusa, dispose: "...proceda nelle cause di usura contra laici, alla restituzione delle usure, danni, spese e interesse et non ad alcuna pena; pretendendo poi il giudice laico procedere et castigare con pene imposte dalle leggi del Regno se li potrà dar copia del processo, facendone istanza" (ms. Ferrajoli 61, f. 40).
Nell'interminabile controversia per la precedenza tra i due capitoli della sua diocesi, iniziatasi nel 1538 e protrattasi poi sino al 1717, eseguì il decreto, già emesso dalla Congregazione nel 1576 e ribadito il 13 sett. 1589 a favore di Valva, durante il sinodo da lui celebrato nel 1590. Durante la fase preparatoria dello stesso sinodo aveva voluto obbligare a parteciparvi il maestro generale dei celestini residente nell'ambito della diocesi, ma ne ottenne un rifiuto che venne convalidato da Roma. Anche dalla cura d'anime in Castelvecchio di Carapelle il C. ricevette noie e turbamenti tra il 1591 e l'anno successivo, quando, chiarita la natura giuridica del beneficio, dovette ordinare al pluriprebendato Giuseppe Sanità di risiedere in loco, secondando le richieste dell'Università.
I metodi adottati e l'attività svolta durante le visite pastorali sono tramandati da due fasci di documenti: il C. ne aveva riferito a Roma la sintesi in una relazione che è andata dispersa. Le puntualizzazioni e i problemi prospettati si possono tuttavia ricavare dalla lettera del dicastero competente, che il 15 gennaio dell'anno 1593 diede riscontro al rapporto del Caruso.
Conscio del suo ruolo, il C. si confrontò con l'arroganza predatoria - che venne da lui stesso lamentata in una lettera al pontefice (Nunziatura Napoli, 14, f. 216) - del principe di Popoli, Ottavio Cantelmo, al quale contrappose un'abile intransigenza per tutelare i diritti della sua Chiesa; ma si disse anche compreso e spalleggiato dal principe di Sulmona, Orazio de Lanoy, per l'attuazione della disciplina ecclesiastica. Dovette fronteggiare invadenze e ritorsioni promosse "...da alcuni Sulmoniti che cercano con ogni loro sollecitudine turbarmi et inquietarmi - come scrisse al papa - per le riforme sante". I soprusi dei numerosi baroni titolari di feudi nella sua diocesi si assommavano ai taglieggiamenti di bande brigantesche e, in particolare, di quelle capeggiate dal famigerato Marco Sciarra, che tra il 1587 e il 1588 e poi nel 1592 imperversò, com'è noto, nel circondario di Sulmona, incendiando Introdacqua, Bugnara e Vittorito.
Il C. morì a Sulmona il 4 sett. 1593 e fu sepolto nella cattedrale; la tomba fu decorata da un breve epitaffio.
Fonti e Bibl.: Le notizie per la nomina vescovile, in Arch. Segr. Vaticano, Fondo Concist., Acta Camer., 12, f. 23, e in Miscell. 14, f. 2v. Le due lettere al pontefice, in Nunziatura Napoli, 14, f. 256; Lettere di vescovi 11, f. 341. Le indicazioni per le cause di usura: Bibl. Apost. Vaticana, ms. Ferrajoli 61, f. 40. Docc. per la vertenza di Pescocostanzo, in Archivio Segreto Vaticano, Congregazione del Concilio, Positiones (Sessiones), 5, ff. 784-785; Liber IV Decretorum, f. 278; Liber VI Litterarum, f. 213, n. 747. Per il divieto di donativi, Liber VII Litterarum, f. 20, n. 48; Liber V Decret., f. 256v; per la precedenza del Capitolo di Valva: Liber VII Litter., f. 73v, n. 247; per l'abate dei celestini: Lib. VII Litt., f. 183, n. 569; per la parrocchia di Carapelle: Positiones (Sessiones), 7, ff. 223 s.; Lib. VII Litt., ff. 251v, n. 800; 276, n. 892; Lib. VIII Litt., ff. 67, 85, 111v-112; Lib. VII Decret., ff. 15v, 20, 24, 53, 59, 71. Riscontro alla relaz. triennale del 1592: Lib. Litt. Visit. SS. Liminum a.a. 1593-1601, ff. 4v-5r (anche in Lib. VII Decr., f. 85v). Vedi poi: Sulmona, Arch. capitolare, carte sciolte (per le lettere autografe); Corfinio, Arch. capitolare, Visite pastorali, V (1589-1590); VI (1592-1593). Notizie diverse si ricavano anche in Roma, Arch. gen. O. Frati Min. Conv., Regesta Ordinis, A, 9, f. 100v; ms. C. 106, f. 287: F. Ciatti, Annales Ord. Minorum, III;ms. C. 188: G. Sbaraglia, Minorit. Ecclesiae synopsis, p. 173 (da correggervi la data di elezione a vescovo); ms. C. 70, 1: G. Sbaraglia, Additiones ad Italiam Sacram Ughelli, p. 591. Si veda anche: F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 1383; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 326. Cfr. inoltre: G. B. Manso, I Paradossi overo Dell'Amore dialoghi, Milano 1608 (sostanz. ripr. in: Erocallia overo dell'Amore e della Bellezza. Dialoghi XII, Venezia 1628, passim); Id., Vita di Torquato Tasso, Venezia 1621, pp. 327-328. Sull'attiv. lett.: F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, Milano 1741, p. 307; Id., Indice univers. della storia e rag. d'ogni poesia, Milano 1752, p. 243; G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 1264; E. D'Afflitto, Mem. degli scrittori del Regno di Napoli, II, Napoli 1782, p. 133; C. Modestino, Della dimora di Torquato Tasso in Napoli negli anni 1588, 1592, 1594, Discorsi tre, II, Napoli 1863, pp. 156, 271, 272; G. Orlando Cafazzo, Due bisaccesi del sec. XVI, Napoli 1910, pp. 44-63; F. Lo Parco, Monsignor lo vescovo di Sulmona interlocutore con T. Tasso nel IV dialogo dell'Erocallia di G. B. Manso, estr. da Annali del R. Istituto tecn. G. B. Della Porta di Napoli, Napoli 1913; Notizia sulla celebraz. del sinodo, in P. Fagnani, Comment. in secundam partem primi libri Decretalium, Romae 1661, p. 492. Altre notizie in: F. A. Benoffi, Compendio di storia minoritica, Pesaro 1829, pp. 260 ss., 271; L. Di Padova, Mem. sull'origine e progressi di Pescocostanzo, Montecassino 1866, pp. 37-39; G. Abate, Series Episcoporum ex Ordine Fratrum Minorum Conventualium, in Miscell. franc., XXXI (1931), p. 109 (da correggervi la data di elezione); L. Wadding, Annales Minorum, XXII, ad Claras Aquas 1934, p. 79; F. Sabatini, La regione degli altopiani maggiori di Abruzzo, Roccaraso 1960, p. 147.