CASINI, Francesco
Nacque a Siena da Bartolomeo tra il 1340 e il 1349. Lo si trova citato per la prima volta nel 1369 come lettore all'università della sua città natale; lo stesso anno fece parte della ambasciata inviata dai Senesi al papa Urbano V che tornava a Roma. Era già dottore in medicina, e sembra che nel novembre si stabilisse a Roma presso il papa, come indica la richiesta da lui fatta ai suoi concittadini di accordare alla moglie le lettere necessarie per raggiungerlo. Dirà più tardi di essere stato medico di Urbano V e forse lo seguì in occasione del suo ritorno ad Avignone. In questa città, ad ogni modo, lo si ritrova nel 1374: nel frattempo era divenuto medico del nuovo papa Gregorio XI, che dichiarò lui stesso di aver conosciuto il C. prima della sua elezione. A partire da questo momento il C. svolse un ruolo di intermediario tra il papa e i Senesi.
Questo aspetto della sua vita è il meglio conosciuto grazie alle lettere da lui inviate ai con i dini nel corso di oltre quarant'anni citta (in Arch. di Stato di Siena: ed. dal Garosi, pp. 311-378). Queste lettere, circa ottanta, che sono la principale fonte d'ffiformazione sulla vita del C., non contegono praticamente notizie sulla sua attività di medico ed è solo fortuitamente che si conoscono i nomi dei grandi personaggi al servizio dei quali egli esercitò la sua professione. Nel 1374 sollecitò da Gregorio XI delle bolle d'indulgenzg pro mortalitate in favore della città di Siena provata dalla guerra e dall'epidemia: il papa gliele concesse ed annunciando il successo il C. fece notare ai Senesi che il merito era stato tutto suo e non del vescovo di Siena, che pure aveva sollecitato quel favore.
Fu certo in ricompensa dei suoi servizi che il Papa lo nominò il 25 novembre dello stesso anno lettore allo Studio di Perugia: il C. avrebbe dovuto assumere le sue nuove funzioni il giorno. di s. Luca, il 3 ott. 1375. Probabilmente a causa degli avvenimenti politici successivi (Perugia si ribellò il 7 dic. 1375 contro il vicario pontificio) il C. rinunciò alla carica.
Dei rapporti del C. col Petrarca, cui è stata attribuita un'importanza superiore a quella reale, si ha notizia attraverso due lettere del grande poeta, la prima senza data e la seconda del 1374, l'anno in cui si affermò come medico di Gregorio XI. Petrarca aveva poco prima lanciato una violenta polemica contro i medici in generale e soprattutto contro il loro difensore, l'archiatra pontificio Guy de Chauliac. Sembra che il C. avesse sollecitato dal Petrarca una lettera, di cui servirsi come attestato di stima da parte del poeta. Questi rispose dapprima con un breve biglietto (Senil., XVI, 2) che annunciava una lettera più lunga: poiché quest'ultima non arrivava, il C. la sollecitò rimandando al poeta il biglietto. Il Petrarca gli inviò allora da Arquà una lunga lettera (Senil., XVI, 3), in cui consentiva soltanto a riconoscere che non gli dispiaceva che nelle sue opere fra tanti nomi illustri si leggesse almeno, due volte il nome del C., ma si guardava bene dal dare un giudizio sul medico: tutt'al più riconosceva nel C. un uomo di ingegno e discreto, aggiungendo però di non poter dire qual fosse come medico. Indubbiamente il C. dovette ritenere inutile insistere.
All'inizio del 1375 il C. risiedette costantemente presso Gregorio XI, come dimostrano le sue lettere ai Senesi sugli affari della Repubblica. Il suo intervento personale fu spesso decisivo nelle questioni minute: difese i Senesi dalla falsa accusa di avere invaso il territorio della Chiesa e riuscì ad ottenere le bolle necessarie per poter esportare grano dallo Stato pontificio, pur facendo notare che quello fatto venire dai mercanti fiorentini a Pisa dalla Borgogna era più conveniente. Lo si perde quindi di vista fino alla fine del 1377, quando lo si ritrova ancora nelle funzioni di medico del papa ormai tornato a Roma. Nel 1378 insegnò all'università e nella nottq tra il 26 ed il 27 marzo assistette alla morte dei papa. Annunciando la notizia ai Senesi il C. aggiunse di sperare che dal conclave sarebbe uscito un papa italiano, e il 3 aprile annunciò l'elezione dell'arcivescovo di Bari col nome di Urbano VI. Questa elezione era per lui un vero colpo di fortuna, che gli assicurava un brillante avvenire: era infatti legato da qualche tempo al nuovo pontefice, che gli aveva battezzato due figlie. Il C. chiese ai Senesi di includere suo fratello Giovanni, anche lui medico, nell'ambasceria inviata a congratularsi col nuovo papa. Già in maggio le autorità senesi progettavano d'attribuirgli il titolo di protettore del Comune alla corte di Roma, che era stato portato sotto Gregorio XI dal card. Giacomo Orsini e comportava una retribuzione annua di So fiorini d'oro: l'ottenne nel corso dell'anno e lo conservò fino alla morte di Urbano VI e forse oltre.
Nel corso degli avvenimenti che seguirono l'elezione dell'arcivescovo di Bari, il C. si impegnò a fondo a fianco di quest'ultimo, schierandosi contro i cardinali italiani che si erano uniti ai dissidenti. Le parole da lui attribuite al cardinale di Firenze, Pietro Corsini, relativamente all'atteggiamento del card. Orsini, presentato come guida della dissidenza di certi cardinali italiani, provocarono un incidente diplomatico. Allarmato da queste voci infatti il re d'Aragona, che cercava di vedere chiaro nella legittimità dell'elezione di Urbano VI.1 inviò dei messi al card. Corsini per sapere la verità. Questi smentì i propositi attribuitigli dal C., aggiungendo che il medico "sua conditione considerata et suis moribus" non apparteneva alla cerchia dei suoi intimi e che si era completamente votato alla causa dell'arcivescovo di Bari. In seguito il C. fece una lunga deposizione apportando come testimone oculare una serie di testimonianze dell'esplicito riconoscimento della legittimità dell'elezione di Urbano VI da parte dei futuri elettori di Clemente VII.
Nel settembre 1379 il C. impegnò i Senesi a costringere il loro vescovo a presentarsi ad Urbano VI per fárgli atto d'obbedienza: in caso contrario avrebbero dovuto vietargli l'ingresso in città ed impedirgli l'esercizio delle sue funzioni. Queste ingiunzioni furono accompagnate dalle bolle necessarie alla restituzione del porto di Talamone alla Repubblica. Infatti il C. continuava a servire attivamente gli interessi della sua patria: tentò di convincere il papa a passare l'estate del 1380 a Siena ed invitò i suoi concittadini a fame la proposta al pontefice. Nel gennaio dello stesso anno chiese di essere richiamato per degli affari urgenti riguardanti la Repubblica. Si capisce che il C. stava attentissimo a cogliere la minima notizia utile a rassicurare i Senesi sui successi del partito di Urbano VI e sulle sconfitte, di quello avignonese: fece ad esempio sapere a Siena di aver intercettato delle lettere dei fautori di Clemente VII, di averle interpretate nonostante fossero scritte in cifra e di aveme comunicato ad Urbano VI il contenuto allarmante per il papa avignonese. Nel 1384 fece una breve comparsa a Siena per esercitarvi la carica di capitano del Popolo. Nel 1388 fece sposare la figlia Caterina ed il papa gli assegnò per la dote di quest'ultima 400 fiorini sulle spoglie del vescovo di Termoli.
Nel 1387-1388 il C. si trovava a Perugia, dove probabilmente insegnava, poiché inviò uno dei suoi studenti come messaggero a Siena: si firmava allora medico del papa e del conte di Virtù (Gian Galeazzo Visconti). Alla morte di Urbano VI (1389) doveva trovarsi probabilmente a Siena, poiché fu invitato a far parte dell'ambasceria incaricata di congratularsi col nuovo pontefice. Nonostante abbia più tardi preteso di essere stato suo medico, non sembra che il C. abbia avuto rapporti particolarmente stretti con Bonifacio IX. Nel 1390-1391 insegnò a Siena; nel 1391 fu ancora incaricato di missioni per conto della Repubblica. Alla fine del 1391 venne richiamato da Pisa, dove era stato presente per una quarantina di giomi sul teatro delle operazioni della guerra che allora infuriava contro Firenze. Benché sia segnalato nel 1393 a Pisa, dove forse insegnava, se ne perdono poi le tracce fino al 1398. Infatti, non potendo curare il papa, il C. cercò impiego presso diversi importanti personaggi e si mise al servizio di Malatesta Malatesta che l'assunse per tre anni con uno stipendio annuo di 500 fiorini. Il 18 maggio 1400 si vide offrire dalla città di Perugia la carica di lettore nello Studio locale per tre anni con uno stipendio annuo di 440 fiorini; è possibile che egli accettasse, poiché se ne perdono le tracce fino all'inverno 1404-1405, quando passò a Foligno al servizio del cardinale di Bari, Landolfò Maramaldo. Lo ritroviamo in settembre a Roma al servizio del cardinale di Aquileia Antonio Caetani, mentre i Senesi gli chiedono di segnalar loro i movimenti delle truppe. Lo stesso mese si recò ad Orvieto per cercare di convincere, ma invano a causa della guerra, il Caetani a fare le cure termali a Petriolo invece che a Bagni San, Filippo. In dicembre seguì il cardinale alle acque di Bagno Vignoni ed in una lettera si firma ancora medico del papa. Il C. continuò infatti a rivestire il ruolo d'intermediario tra il pontefice romano ed i Senesi, tanto che nel novembre 1406 questi lo rimproverarono di non averli avvertiti con la dovuta sollecitudine della morte di Innocenzo VII. Fu infatti molto colpito dalla morte del papa e chiese ai suoi concittadini di richiamarlo a Siena: li serve da quasi quarant'anni - scrive loro - alla corte di Roma e non vorrebbe trovarsi a servire un padrone dopo aver perso un amico. Rimase tuttavia a Roma: data l'avarizia del nuovo eletto Gregorio XII, egli chiese ai Senesi che l'ambasceria che stavano per inviare al nuovo papa gli ricordasse che i medici dei papi erano "eterni" e che lo stesso C. li aveva serviti tutti da Urbano V in poi. Gregorio XII si fece certamente pregare per retribuirlo ed il C., allora docente all'università di Roma, si vide ridotto ad avere appena il necessario per vivere. È probabile che dovesse rinunciare al suo insegnamento romano, ma fu presto invitato a tornare presso il papa, che si trovava allora a Lucca. Cosi il 7 aprile ed il 13 maggio 1408 ottenne le bolle che confer mavano l'attribuzione delle rendite della Casa della misericordia e dell'ospedale di S. Andrea all'università di Siena, gettando quindi le basi di una sicura rinascita di questa istituzione. Lo stesso anno insegnò a Siena, dove Gregorio XII arrivò il 19 luglio. Il C. fu incaricato con altri senesi d'intervenire presso il papa per convincerlo a non esercitare misure di rappresaglia contro i cardinali che l'avevano abbandonato, almeno durante il suo soggiorno a Siena. Gregorio non restò molto in città e partì in novembte per Rimini. Nell'aprile 1409 il C. fu inviato presso Ladislao re di Napoli, che si era impadronito di Roma l'anno precedente; tornando da Roma, passò per Pisa dove assisté all'elezione di Alessandro V. Ormai i ponti tra Siena e Gregono XII erano rotti. Già il 13 luglio si fregiava del titolo di medico del papa e cercava invano di convincere Alessandro V a trasferirsi a Siena, cioè fuori dei territorio fiorentino. Richiese infine insistentemente la venuta a Pisa di suo figlio Antonio, confermato vescovo di Siena, perché facesse atto dobbedienza ad Alessandro V. Dopo la morte di questo ultimo non sembra che il C. sia divenuto medico del successore Giovanni XXIII. Nel dicembre 1415 ricevette con altri senesi lettere credenziali per rappresentare la Repubblica presso la regina di Napoli Giovahna II e suo marito Giacomo di Borbone. Si trattava indubbiamente di un esplicito riconoscimento del dominio dei Durazzo sul Regno di Napoli. A Natale il C. si trovava a Perugia, da dove si apprestava a partire per Napoli.
Il 4 genn. 1416 i Senesi gli inviano ancora delle istruzioni affinché ottenga da re Giacomo la cessazione delle minacce di Paolo Orsini contro il territorio di Siena. È l'ultima volta che il C. è menzionato e tutto fa ritenere che sia morto poco dopo.
Ci sono pervenuti alcuni suoi scritti medici, la cui attribuzione è talvolta dubbia perché il nome dell'autore si presenta sempre nella forma di "Franciscus de Senis", che il C. ebbe in comune con altri. Gli si possono comunque attribuire due opere oggi conservate nel manoscritto Lat. 6979 della Biblioteca nazionale di Parigi. La prima è intitolata Tractatus de balneis ed è dedicata al duca di Milano. Si tratta certamente di Gian Galeazzo Visconti, al cui servizio il C. era stato negli anni 1387-1388: il trattato è databile tra il 1395 ed 1402. La seconda opera, un Tractatus de venenis, datato 1375 da Avignone, porta una dedica a Philippe d'Alençon, arcivescovo di Auch. Quest'ultimo, che era patriarca di Gerusalemme, aveva ricevuto l'amministrazione di Auch il 27 ag. 1375, il che permette di datare la redazione di questa parte del manoscritto, se non dell'opera, verso la fine di quell'anno. Inoltre il Marini segnala un Consilium de balneis Petrioli, indirizzato al vescovo di Pavia; si tratta di un breve testo inserito in una collezione di opere mediche dal titolo De balneis stampata a Venezia nel 1553. L'attribuzione di questo testo al C. è dovuta soprattuto al fatto che egli sembra aver avuto grande familiarità con le acque sulfuree di Petriolo, che raccomandò spesso ai suoi pazienti come i Malatesta o il cardinale di Aquileia. In assenza di un'opera importante, il C. non è passato ai posteri con una reputazione tale da permetteme l'inserimento nella storia della medicina medievale come nel caso del suo concittadino Ugo Benzi. Ma la costanza eccezionale con cui impose la sua presenza alla corte pontificia per quasi quarant'anni sia come medico sia come ambasciatore di Siena gli ha assicurato una durevole notorietà.
Il fratello del C., Giovanni, nacque a Siena, probabilmente verso la metà del sec. XIV, e anch'egli come il C. - con cui è spesso confuso - si dedicò alla medicina. Forse insegnò a Siena nel 1356 e 1359, ma la prima notizia certa su di lui risale al 1377, quando accompagnò il fratello a Roma per interessare il pontefice Gregorio XI alla sorte di Talamone, che i Senesi cercavano di recuperare. Nel 1381 si recò di nuovo a Roma col fratello come ambasciatore senese presso Urbano VI ed entrambi, nelle lettere inviate alla Repubblica, si firmano con la qualifica di medici del papa. Urbano VI continuò a ricorrere alle cure di Giovanni, come testimonia un pagamento di 400 fiorini effettuato in suo favore il 7 ag. 1388. Anche Bonifacio IX si servì di lui e lo tenne in grande onore, considerata la imponenza delle somme pagategli: il 10 sett. 1391 ricevette 1.200 fiorini; il 4 nov. 1393 il collettore di Perugia gli rimise 100 fiorini affinché raggiungesse Bonifacio IX che aveva bisogno delle sue cure. Nel 1394 e 1395 la somma di 500 fiorini dovette servirgli per le sue spese e per dotare la figlia. Nel 1406 era ancora vivo, come testimonia una lettera di suo fratello, ma dopo di allora le sue tracce si perdono.
Bibl.: G. Marini, Degli archiatri Pontifici, Roma 1784, I, pp. 96-100 (alle pp. 52, ioi notizie su Giovanni); II, p. 45; G. Marini, Lettera al chiarissimo monsignor Giuseppe Muti Papazurri, Roma 1797, pp. 85-89; N. Valois, La France et le Grand Schisme, IV, Paris 1902, p. 17; E. Baluze, Vitae paparum Avenionensium, a cura di G. Mollat, II, Paris 1927, p. 619; A. Garosi, La vita e l'opera di F. C. archiatro di sei Papi, in Bull. senese di storia Patria, XLIII (1935), pp. 277-378 (pp. 293, 339 s., 361 per Giovanni); G. Prunai, Lo Studio senese dalla "migratio" bolognese alla fondaz. della "Domus sapientiae" (1328-1381), ibid., LVII (1950), p. 45 (per Giovanni); T. Terzani, Siena dalla morte di Gian Galeazzo Visconti alla morte di Ladislao d'Angiò Durazzo, ibid., LXVII (1960), pp. 32 s., 41 s., 46.