CASTRINO, Francesco
Nato a Ferrara, attorno al 1560, in un'agiata famiglia - mentre il fratello maggiore Ercole, addottoratosi in medicina, vi diverrà stimato professionista ("medico famosissimo" lo dice il Borsetti Ferranti) colla nomea, inoltre, di zelante cattolico e addirittura, a detta del Sarpi, di "mancipio de' gesuiti"; né è un caso che morto, nel 1630, sia stato sepolto "in templo PP. Soc. Iesu" -, il C. lasciò la città ancor fanciullo, forse già guadagnato alla dottrina calvinista.
Figura minore tra le molte dell'irrequieta e dispersa emigrazione eterodossa italiana del secondo '500e del primo '600 - della cui reale esistenza il Polidori, uno studioso ottocentesco, giungerà a dubitare ipotizzando uno pseudonimo dell'ambasciatore veneto a Parigi Antonio Foscarini -, il C. occupa tuttavia un posto di rilievo nella biografia sarpiana grazie alla ricostruzione, da parte, soprattutto, di M. D. Busnelli, d'un importante e consistente manipolo, successivamente arricchito dal Savio, di lettere a lui indirizzate, tra il 13 ott. 1608 e il 15marzo 1611, dal servita, in un periodo, dunque, in cui, lasciatisi alle spalle gli argomenti medico-matematici, questi era ormai del tutto assorbito da quelli politicogiurisdizionali.
È probabile che, assieme a qualche superstite cortigiano francese e a qualche concittadino transfuga per motivi religiosi, il C. sia dapprima riparato a Montargis, presso Renata di Francia, la vedova di Ercole II, soggiornandovi per un certo tempo. Sicura la tappa finale a Parigi, ove è benevolmente accolto non solo negli ambienti ugonotti ma anche in quelli gallicani. Impadronitosi rapidamente del francese che preferisce all'italiano, peraltro non trascurato, e buon conoscitore del latino, s'attira il plauso dei nobili e l'apprezzamento dei dotti sino a entrare nelle grazie d'Enrico IV. Privo di beni e di propri mezzi di sostentamento, seppe allora accortamente amministrare le proprie doti scrivendo, in latino e francese, versi e prose dalla facile eleganza sui più svariati argomenti.
Condivide, con quartine venate di commozione, il dolore della moglie e della figlia per la scomparsa di monsieur du Moulin; offre, con Larevolution de la nativité du roy - sortad'oroscopo di Enrico IV dovuto al medico Eliseo Rosslin -, un saggio della sua abilità di traduttore dal latino; asseconda, coll'erudita dissertazione, uscita a Parigi nel 1608, De stirpe et origine domus de Courtenay, l'indaffarato brigare di Gaspard de Courtenay per essere annoverato tra i principi di sangue reale; le clamorose millanterie di Bartolomeo Lanceschi, lo sfortunato giovane italiano che a Parigi si spacciava per figlio di Paolo V, gli offrono il destro per attaccare il papa con versi veementemente satirici, quanto mai imbarazzanti per Enrico IV, il quale, perciò, lo rimproverò aspramente; investe, con una mordace satira latina, l'omosessualità e l'opportunismo di Giacomo Badoer, che, abiurato il calvinismo, s'era del tutto asservito, per interesse, alle manovre gesuitiche; sostiene le ragioni dell'elettore di Brandenburgo nella contesa per la successione nei ducati di Clèves, Berg e Juliers; e sono forse suoi anagrammi contro il papa che piacquero "molto" al Sarpi.
Ma più che per questa attività pubblicistica - tutto sommato episodica e occasionale - il C. era apprezzato, in un'epoca caratterizzata dall'affannosa caccia di "particolari" "avvisi" "arcani" "nove" "artifici",curiosa di documenti e, anche dei "ritratti" dei protagonisti, per l'abilità colla quale forniva notizie e libri a esponenti ugonotti e gallicani, accomunati dall'avversione per l'egemonia asburgica e dall'opposizione alla penetrazione dei gesuiti. Assiduo informatore accetto, per questo, a personalità come il Duplessis Mornay, il d'Harlay, il de Thou, Pierre de l'Estoile, il Gillot, il Servin, il Bouchel, il Justel, l'Hotman e il Leschassier, il C. venne segnalato da Jérôme Groslot de l'Isle, che per lui nutriva un forte affetto, come prezioso corrispondente al Sarpi; il servita non esitò a dichiararsi "molto obbligato" coll'autorevole patrizio ugonotto che l'aveva messo in contatto con "persona di sapere e giudicio esquisito".
Né esagerava, ché il C. si rivelò instancabile nell'inviargli "instruttioni sode e recondite" e "molte belle scritture" reperibili a Parigi "nella materia de' gesuiti" - vero nutrimento per lo smanioso e sin ingordo bisogno di documentazione del Sarpi -,permettendogli inoltre d'allargare i suoi rapporti colla cultura francese, anzitutto coll'avvocato al Parlamento Louis Servin e col calvinista Jean Hotman de Villiers. A sua volta il Sarpi ricambiava inviando anch'egli libri e documenti e informandolo dettagliatamente di quanto si sapeva a Venezia, eccezionale centro di confluenza e smistamento di notizie, sulla Spagna, la Germania, l'Impero ottomano, la corte pontificia e la lotta olandese per l'indipendenza; informazioni, queste del servita, che diventavano ben presto patrimonio comune a tutta la cerchia frequentata dal C., tant'è vero, ad esempio, che figurano nei Journaux di Pierre de l'Estoile.
Mutilo, purtroppo, delle lettere del C., poiché il Sarpi, per prudenza, preferì distruggerle, il carteggio, fittissimo di riferimenti culturali e politici, appare il riflesso inquieto e sensibile d'un atteggiamento, ansioso e combattivo ad un tempo, ravvisante nell'alleanza tra la Francia, decisa a riassumere un vigoroso ruolo egemone, e i principi protestanti, l'unica possibilità di riscatto per un'Europa altrimenti sottoposta politicamente agli Asburgo e già moralmente inquinata da Roma, responsabile delle viscide ragnatele delle trame gesuitiche che entrambi erano inclini a sospettare ovunque. Appena incidentale, nell'esclusiva attenzione per la situazione politica e il connesso dibattito ideologico, l'affiorare - nel cenno su "li nuovi occhiali" e sullo scambio di sementi di "meloni di Chioza" e di "cauli fiori" - d'altri più pacati interessi.
Per quanto affidata ai plichi destinati al rappresentante veneto Foscarini e beneficiante, perciò, del corriere ordinario e della copertura della valigia diplomatica, la corrispondenza sarpiana non rimase ignorata: ne ebbe sentore il nunzio a Parigi Roberto Ubaldini, che non disdegnò di trasformarsi in segugio pur di mettere in difficoltà il Sarpi provando i suoi rapporti coi riformati francesi.
Sapeva che le lettere al C. erano le più compromettenti "perché queste sono le più atte che tutte l'altre a far conoscere al Senato chi è fra Paolo sì per esser" il C. "eretico violentissimo... sì perché il frate gli scrive di continuo e più apertamente che agli altri". Fallite le pressioni su Enrico IV e il Villeroy perché si impadronissero delle prove e denunciassero i disegni eversivi del Sarpi costringendo la Repubblica a ritirargli il suo appoggio, l'Ubaldini decise di provvedere direttamente; ricorse, allora, a Mario Volta, un gentiluomo bolognese da anni a Parigi (non, comunque, segretario di quella nunziatura come vuole il Busnelli) e, purtuttavia, memore "del debito di buon suddito... di Nostro Signore" e quindi, pel nunzio, "fedele e buono",il quale, volentieri e - è da supporre - non gratuitamente, mise a disposizione dell'Ubaldini la sua "molta attitudine". Guadagnatasi l'amicizia e la fiducia del C., in questo caso imperdonabilmente leggero e ingenuo (eppure, ancora il 21 luglio 1609, il Sarpi l'aveva messo in guardia contro gli "uccellatori di lettere",di cui poi "a Roma... sono così sottili interpreti che fanno ad esse dire tutto ciò che hanno in mente"), al punto da poter circolare liberamente per la sua casa anche durante le sue assenze, il Volta ebbe agio di rovistare tra la corrispondenza in questa conservata. E, scovate le lettere del Sarpi, le sottrasse temporaneamente e le ricopiò; così, il 2 sett. 1610, l'Ubaldini è in grado di inviare, tramite il cardinale Michelangelo Tonti, a Roma copia del cifrario nonché di varie lettere del servita. Le lesse - come appare dalle annotazioni autografe a margine - lo stesso Paolo V, trovando che alcuni "particolari" equivalevano a "cose hereticali" e che una lettera, soprattutto, dimostrava "che lui",Sarpi, "è heretico"; ma non sfuggiva al pontefice la difficoltà d'un esplicito uso del carteggio trafugato. "Rimetterei - così una nota di suo pugno - alla prudenza del nuntio di valersene con il re... Vero è che in ogni caso bisognerà assicurare che il Volta non ne potesse patire et procurare che non si scopra che il nuntio havesse tenuto mano in questo negotio".
S'era, nel frattempo, diffuso il sospetto che le lettere del Sarpi al C. - di cui il Foscarini da tempo diffidava - fossero, in qualche modo, note alla diplomazia pontificia e il Sarpi fu esortato a non proseguire la corrispondenza: egli accettò il consiglio e bruscamente l'interruppe. Quasi un anno dopo - l'ultima sua lettera all'incauto C. è dell'11 marzo 1611 -, alludendo rapidamente all'incidente, così lo riassumeva al Groslot de l'Isle: "la cosa di Castrino... è vera... e il padre Paulo ne fu avvisato, e pertanto cessò di scriverli". Ignora se siano pervenute a Roma, ma la cosa lo preoccupa relativamente, convinto che, anche in tal caso, non possano "partorir niente"; "nondimeno - così ribadisce - cessò allora di scrivere, con proposito di non scriver mai più". E alla decisione può avere altresì contribuito la partenza del Foscarini cui era subentrato il "papista" Giorgio Giustinian.
Tristi giorni, intanto, si profilavano pel C., isolato dai correligionari per il sospetto di tradimento, oppresso dai debiti e privo d'appoggi, dopo la morte d'Enrico IV, nell'ostile atmosfera della reggenza. Invoca la generosità del fratello Ercole e cerca, invano, di diventare informatore stipendiato della Serenissima. Perseguitato dai creditori, umiliato da pesanti diffidenze, abbandona la casa intenzionato a recarsi in Italia, a Venezia o a Ferrara.
Sperando capitasse in quest'ultima, il nunzio s'affretta, il 17 marzo 1611, a fornirne i tratti per facilitare la cattura: "è sui 50 anni, piccolo di statura e grassoccio, coi capelli neri in via d'ingrigimento",e porta "in saccoccia un straccetto con un anello",recante, "intagliata",l'effigie d'Enrico IV e "un sigillo... con alcune lettere in cifra". Quanto al Sarpi, informato della "caduta" del C., se n'era rammaricato, augurandosi, comunque, non sperasse di risollevarsi coll'andare, "cosa di gran pericolo",a Ferrara; se invece si fosse recato a Venezia avrebbe fatto il possibile per aiutarlo, "se ben questo luoco è più da far cadere persone che da addrizzar caduti".L'ipotesi del viaggio in Italia, ad ogni modo, svanì perché il C. "cadde... prigione per debiti"; così, in una lettera del 25 ott. 1611, l'Ubaldini che aveva continuato a farlo frequentare dal Volta. E quest'ultimo, approfittando del fatto che "ogni giorno più" cresceva la "confidenza" in lui del C., aveva insistito, proponendo se stesso come tramite, perché riavviasse il "commercio di lettere" col Sarpi; per fortuna il servita, guardingo, rifiutò, non convinto de "la strada et il messo".
Pel C., uscito dal carcere, la situazione è ancora peggiore: i sospetti dell'ambiente calvinista si sono tramutati in certezza, l'accusa d'aver venduto le lettere del Sarpi al nunzio è crudamente formulata. Timoroso, dal canto suo, che il C. non giunga, finalmente, a sospettare del Volta, l'Ubaldini, coll'abituale cinismo, consiglia a quest'ultimo "di drizzare tutto il sospetto contro qualche altro di quello a chi egli",il C., "comunicava",quale il circiestense Jean du Bois-Olivier, noto per la sua avversione ai gesuiti. Solo il Sarpi, che ha pietà delle sventure del C., non si sente d'accusarlo di tradimento: certo ormai "literas traditas esse",incerto se "bona mente vel levitate animi",propende tuttavia per la seconda. D'altra parte non ne ha avuto danno: sorda alle insistenze del nunzio, la Francia non osò intervenire contro il Sarpi presso la Repubblica.
Quanto al C., ben poco sappiamo delle sue vicende successive: affatto screditato, si giunse a parlare d'una sua opportunistica abiura. Lo scagiona tuttavia, suo malgrado, l'Ubaldini scrivendo, il 22 apr. 1611 al cardinal Borghese che egli era, invece, "più heretico che mai",stupendosi grandemente delle dicerie "che egli si fosse fatto cattolico". Né altro si saprebbe se Sforza Pallavicino, che già introducendo la sua Storia del Concilio di Trento aveva citati i rapporti con lui del Sarpi a prova irrefutabile dell'eterodossia del servita, non avesse appreso - così, almeno, informa l'editore Giovanni Casoni nell'avvertenza preposta al secondo volume della Storia - da "persona d'alto affare... in Francia... come un tal huomo",vale a dire il povero C., "si dimostrò ben degno dell'amicizia del Soave col fine egregio di morir su le forche". Il C., dunque, sarebbe morto impiccato; fine miseranda che il Pallavicino interpreterà come conferma avvalorante della bontà della sua fatica, volta a far sì che "l'Istoria di Pietro Soave rimanga convinta o per bugiarda o per maligna".
Fonti e Bibl.: Cinquantadue lettere del Sarpi al C. in P. Sarpi, Lettere ai protestanti, a c. di M. D. Busnelli - che ne aveva già pubblicate 36 in Un carteggio ined. difra Paolo Sarpi con l'ugonotto F. C…, in Atti del R. Ist. ven. di scienze, lettere, arti, LXXXVII (1927-28), pp. 1025-1163, II, Bari 1931, pp. 3-117, ove nella Nota finale del curatore figura anche, alle pp. 245, 251-255, oltre ad un breve profilo del C., l'indicaz. delle fonti manoscritte e di precedenti parziali ediz. (limitiamo il rinvio alle 12 lettere, ove il destinatario figura come "Rossi francese",pubblicate in P. Sarpi, Scelte lettere ined.,[a c. di A. Bianchi-Giovini], Lugano 1848, pp. 88-99, 113-128, 133-137, 140-143, 162-182 e di nuovo, e il C. appare ancora come "Rossi o Roux",in P. Sarpi, Lettere...,a cura di F. L. Polidori, Firenze 1863, I, pp. 58 s., 208-211, 220-224, 247-250, 271 ss., 278 ss., 285-289; II, pp. 72-75, 92-95, 111-114, 131-135, 180-184); e nella stessa ed., a cura del Busnelli, il nome del C. ricorre più volte, I, pp. 45-216 passim e II, pp. 141, 142, 147; una lettera dell'Asselineau al C. e 18 lettere del Sarpi allo stesso - 4 delle quali inedite e le altre 14 con testo talvolta assai differente rispetto a quello fornito dal Busnelli e tutte con abbondantissime annotazioni - in P. Savio, Perl'epistol. di Paolo Sarpi, in Aevum, XIII (1939), pp. 558-622; XIV(1940), pp. 3-84; XVI(1942), pp. 25 s.; e il nome del C. ricorre ibid., X (1936), pp. 35-36 n., 38 n., 84 s., 86, 88, 92-104 e XI (1937), pp. 61, 295 n. e XVI (1942), p. 24; P. Sarpi, Lettere ai gallicani, a c. di B. Ulianich, Wiesbaden 1961, pp. XXV-CXCV passim, 512-89 passim;Id., Scritti scelti, a cura di G. Da Pozzo, Torino 1968, pp. 565 s., 579, 580, 583, 585, 588, 593, 628; Id., Opere, a cura di G. e L. Cozzi, Milano-Napoli 1969, pp. 7 n., 227; Catalogue général... de la Bibliothèque Nationale, XXIV, Paris 1905, col. 1021; S. Pallavicino, Istoria del Concilio di Trento, Roma 1656-57, I, p. s; II, avvertenza editoriale al lettore, E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni veneziane...,III, Venezia 1830, pp. 507 ss.; A. Bianchi-Giovini, Biografia di... Sarpi…,II, Torino 1850, pp. 146 s.; C. Castellani, prefazione a P. Sarpi, Lettere... a Simone Contarini..., Venezia 1892, pp. V, VI, VII, VIII; G. Rein, Paolo Sarpi und die Protestanten, Helsingfors 1904, pp. 156-162; H. Jedin, Das Konzil von Trient. Ein Ueberblick über die Erforschung..., Roma 1948, pp. 83 n. 86; G. Cozzi, Paolo Sarpi: il suo problema stor., relig., e giuridico...,in Il Diritto eccles., LXIII(1952), pp. 57, 59 n., 63 n., 83, 84 n.; Id., Il doge Nicolò Contarini..., Venezia-Roma 1958, pp. so n., 137 n., 224 n.; Id., Paolo Sarpi tra... Canaye de Fresnes e... Casaubon, in Boll. dell'Ist. di storia della soc. e Stato ven., I (1959), p. 134; A. Buffardi, Politica e Stati europei nell'epistol. di Paolo Sarpi, in Annali della facoltà di lett. e fil. ... di Napoli, VIII(1958-59), pp. 165 s., 168, 182, 194; C. Vivanti, Lotta politica e pace relig. in Francia fra Cinque e Seicento, Torino 1963, p. 391 n.; G.Getto, Paolo Sarpi, Firenze 1967, pp. 70, 186, 188, 189; F. Chabod, Scritti sul Rinascimento, Torino 1967, pp. 547, 557, 564, 566 s., 570 s., 575; W. J. Bouwsma, Venice and the defense of republican liberty...,Berkeley-Los Angeles 1968, p. 494; S. Secchi, Antonio Foscarini…, Firenze 1969, pp. 48, 57 n., 61 n., 62 n.; P. Preto, Venezia e i Turchi, Firenze 1975, pp. 315 n., 316 n., 317; sul fratello del C., Ercole: A. Borsetti Ferranti, Supplemento al compendio del... Guarini..., Ferrara 1670, p. 103; Id., Historia... Ferrariae gymnasii...,II, Ferrariae 1735, p. 219.