CAVAZZA, Francesco
Nato a Bologna l'8 sett. 1860 da Felice e da Giulia Sacchetti, frequentò i corsi di giurisprudenza del locale ateneo. Terminati gli studi e affidatagli dal padre l'amministrazione delle tenute che componevano il grande patrimonio terriero della famiglia, sposò la contessa Lina Bianconcini. L'antico castello di San Martino in Soverzano (nel comune di Minerbio), acquistato nel 1882, e il nuovo palazzo di città divennero, negli anni intorno alla fine del secolo, l'uno durante i lunghi soggiorni estivi, l'altro con i famosi "giovedì" del suo salotto, luoghi di incontri periodici tra gli uomini più rappresentativi della cultura bolognese. A. Rubbiani, G. Carducci, E. Panzacchi, A. Murri, G. Ciamician, A. Righi e altri ancora si ritrovavano a discutere di problemi artistici, di questioni letterarie e scientifiche.
A quelle discussioni il C., interessato soprattutto della storia della propria città, delle sue istituzioni culturali e del suo patrimonio artistico, diede un contributo impegnandosi in una serie di indagini intorno alle origini dell'università e alle vicende di alcuni dei principali monumenti cittadini. Come le ricerche del Rubbiani avevano costituito il punto di partenza dei lavori di restauro del castello di San Martino, così le sue indagini davano vita o si inserivano in una serie di iniziative concrete, volte alla conservazione e al restauro di chiese e palazzi bolognesi. Tra queste, il Comitato per i restauri di S. Francesco che, costituito nel 1886, riusciva a evitare al tempio la definitiva trasformazione in un magazzino militare a tre piani, ottenendone anzi la restituzione all'arcivescovo e avviandone il restauro. Tra queste ancora, il Comitato per Bologna storico-artistica, sorto nel 1889 e impegnato per un lungo arco di tempo in una attività di promozione è di consulenza scientifica dei restauri.
Prendevano le mosse in quegli anni gli sventramenti e le massicce demolizioni che avrebbero colpito, soprattutto agli inizi del nuovo secolo, il centro urbano, espellendo la popolazione che vi risiedeva e respingendola ai margini della città. Si trattava di fenomeni e di problemi che anche toccavano da vicino la concezione e l'opera della conservazione e del restauro. Il C., che tra i primi aveva rilevato come, "a causa dell'atterramento di, molte case abitate da poveri..., il numero delle famiglie prive di abitazione" fosse andato aumentando (Not. sul Comitato permanente di beneficenza cittadina in Bologna..., Bologna 1890, p. 12), ne ricercò la soluzione in un ambito diverso, quello delle iniziative benefiche nelle quali ancora studente si era impegnato, e in particolare all'interno del Comitato permanente di beneficenza cittadina.
Costituito nel 1878, il Comitato intervenne infatti a favore delle famiglie rimaste senza abitazione, impegnandovi tuttavia solo una parte della propria attività, indirizzata prevalentemente al soccorso di coloro che, "per difetti fisici", per vecchiaia o per altre ragioni, fossero "impotenti al lavoro". La questione della capacità e, soprattutto, della volontà di lavorare costituivano anzi il principale punto di riferimento nelle decisioni intorno all'assegnazione dei soccorsi. "Fare la carità" significava infatti per il C., non "fare l'elemosina al mendicante, al pezzente che distende la mano, senza curare di saper se egli sia veramente miserabile", ma "prendersi cura del povero con lo Studiare le cause del suo misero stato e col procurare con prudenza e oculatezza di soccorrerlo..., abbandonando al loro destino quei miserabili che tali sono e tali vogliono rimanere solo per amore dell'ozio e della vita scioperata" (ibid, pp. 26 s.).
Nei limiti di questa impostazione il C. si impegnò in numerose iniziative. Tra queste,l'istituto dei ciechi, fondato con un finanziamento del padre e successivamente consolidato sino a divenire uno dei più importanti d'Italia, e l'asilo Clemente Primodì, sostenuto e animato dal suo impegno nel compito di accogliere ed educare a un mestiere gli orfani.
Se le opere di beneficenza avevano posto il C. di fronte ai problemi della miseria, dell'emarginazione e della sofferenza in una città che subiva rapide e complesse trasformazioni, gli impegni di amministratore del patrimonio terriero familiare lo misero a contatto con la realtà delle campagne bolognesi, con le prime lotte e le prime organizzazioni dei lavoratori della terra. Nei loro confronti, soprattutto agli inizi del secolo, "quando molti restavano timorosi e sospesi davanti all'improvviso mutamento di direttiva nella politica sociale dello Stato e all'esperimento ardito del regime di libertà inaugurato dall'on. Giolitti"; il C. prese posizione sostenendo da una parte la necessità di "riconoscere le rappresentanze operale e di trattare con esse" (Il discorso programma del conte C. agli elettori..., in Il Resto del Carlino, 17 ott. 1913) e dall'altra impegnandosi nella costituzione delle prime organizzazioni padronali delle campagne bolognesi.
Queste prese di posizione, la sua attività nelle consociazioni agrarie di Minerbio e di Budrio, e il significativo intrecciarsi nella sua persona di interessi propri dell'aristocrazia terriera e della borghesia agraria e bancaria ne fecero il rappresentante più adeguato delle prime organizzazioni padronali. Presidente nel 1907 della Federazione interprovinciale agraria e successivamente della Confederazione nazionale agraria, si dimetteva però dalla carica nel 1911, a distanza di alcuni mesi dal III congresso nazionale di Bologna. Anche in quella occasione erano emerse gravi divergenze in seno agli organi direttivi dell'associazione, ed in particolare tra il C. e L. Carrara, rappresentante della forte organizzazione parmense.
Contro la proposta avanzata da questo di dare vita, dopo la "scomparsa del partito liberale", a un vero e proprio "partito agrario", impegnando l'organizzazione sul terreno della "conquista dei pubblici poteri", il C. aveva sostenuto infatti l'opportunità di un'azione "prevalentemente economica" della Confederazione, rivendicando solo dal governo, nei confronti delle lotte sindacali, un atteggiamento di "assoluta neutralità".Candidato nel 1913 alle elezioni politiche per la Camera come rappresentante della Federazione liberale monarchica ed eletto con il contributo decisivo dei voti cattolici, il C. riprendeva sul piano parlamentare alcune delle iniziative intraprese come dirigente dell'Agraria e come sindaco di Minerbio e consigliere delle amministrazioni comunale e provinciale di Bologna. Tra queste, il progetto di una regolamentazione legislativa, delle lotte sindacali e dei contratti di lavoro in agricoltura, e la proposta di una riforma dei tributi locali e in particolare della sovraimposta fondiaria.
Morto il padre (1908), il C. gli era successo nella gestione del Banco Cavazza. Questo, in parte negli ultimi anni dell'attività paterna, in parte dopo il trasferimento al C., aveva visto un incremento continuo dei depositi e un forte aumento del giro d'affari, e aveva riunito nel proprio portafoglio titoli di società petrolifere, elettriche, tramviarie, assicurative, del gas e dell'acqua. Nel 1921, col concorso dell'Istituto italiano di credito marittimo di Genova, e della Banca Zaccaria Pisa di Milano, si trasformava in società anonima. L'anno seguente la Cassa di risparmio di Bologna ne acquistava tutte le azioni rilevandone la gestione - il banco conserverà ragione autonoma fino al 1950 - e assumendo, a fronte delle perdite accertate a carico della vecchia gestione, la liquidazione delle attività mobiliari e immobiliari degli eredi di Felice Cavazza.
Alienata anche, tra il 1920 e il 1925, una larga quota del patrimonio terriero, il C. trascorse l'ultima parte della vita impegnato solo nei suoi studi di storia locale e nelle opere di beneficenza che aveva promosso.
Morì a Bologna il 15 nov. 1942.
Numerosi i saggi e gli articoli che documentano i risultati delle sue ricerche storiche ed erudite, e delle iniziative intraprese per la conservazione e il restauro del patrimonio artistico bolognese. Più importante Le scuole dell'antico Studio di Bologna, in Atti e memorie della Regia Deputazione di storia patria per le province di Romagna, s. 3, XI (1893)e XII (1894), poi in volume Le scuole dell'antico Studio bolognese, Milano 1896, che ricostruiva le vicende degli edifici già sede, prima della costruzione cinquecentesca dell'Archiginnasio, dell'insegnamento del diritto e delle arti nello Studio bolognese. Si ricordano inoltre: Della statua di Gregorio XIII sopra la porta del Palazzo Pubblico in Bologna, Bologna 1888; Il Palazzo del Comune in Bologna, Roma 1890; Il Comitato per Bologna storico-artistica nell'anno MCMII, Bologna 1903; Finestroni e cappelle in S. Petronio di Bologna. Restauri recenti e documenti antichi, in Rassegna d'arte, V (1905),11, pp. 161-66; La cappella votiva per la pace dei popoli in S. Francesco a Bologna inaugurata il XVIII maggio MDCCCIC quando aprivasi all'Aia la conferenza internazionale per la pace, Bologna 1911; Del trasporto e collocamento di monumenti sepolcrali, particolarmente di antichi lettori dello Studio Bolognese, in S. Francesco, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, VI, Parma 1921; Bologna storico-artistica, in Il Resto del Carlino, 17 febbr. 1929; I restauri compiuti nella Basilica di S. Petronio dal 1896 a oggi, Bologna 1932; Il castello di S. Martino in Soverzano e i suoi antichi signori, Bologna 1937. Espressione dell'attività del C. quale promotore e organizzatore di iniziative benefiche sono alcuni studi, discorsi e commemorazioni: Di una istituzione che coordini la privata e la pubblica beneficenza. Studio, Bologna 1884; Notizie sul Comitato permanente di beneficenza cittadina in Bologna dall'anno 1878 al 1889, Bologna 1890 (ne è autore, oltre al C., L. Cicognari); Discorso di apertura del sesto Congresso nazionale pei ciechi, Bologna 1910; Asilo "Clemente Primodì" in Bologna. Commemorazione del settantesimo anniversario dell'apertura del provvido istituto: 9 giugno 1863 - 9 giugno 1933, Bologna 1936. Testimonianza dell'attività sindacale e politica del C. sono numerose relazioni e discorsi parlamentari. Tra queste: Discorso di apertura del II Convegno nazionale agrario, Bologna 1909; Discorso di apertura del III Congresso agrario di Bologna, Bologna 1911; Discorso-programma agli elettori del III Collegio di Bologna, in Il Resto del Carlino, 17 ott. 1913; Circa l'opportunità di costituire un ente che possa intervenire a dirimere le controversie tra datori di lavoro e lavoratori, Roma 1915; Per il contratto di lavoro nell'agricoltura, la rappresentanza dei coloni-mezzadri nell'Ufficio del Lavoro e l'incremento dell'istruzione personale, Roma 1916; Ordine del giorno sulle requisizioni di bestiami e foraggi svolto nella seduta del 23 marzo 1917, Roma 1917; Della necessità di una riforma dei tributi locali, Roma 1917.
Fonti e Bibl.: Alcune lettere del C. al marchese G. Tanari sono conservate nella Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna. Si riferiscono agli studi e alle ricerche del C. la recensione di L. Frati, F. C., Le scuole dell'antico Studio bolognese, Bologna 1896, in Arch. stor. ital.; s. 5, XVII 1896), pp. 433-435 e il necrol. di A. Sorbelli, Il conte F. C., in Atti e mem. della Deput. di storia patria per l'Emilia e la Romagna, VIII(1943), pp. 7-15. Notizie intorno al Comitato per i restauri di S. Francesco si trovano in F. Cavazza, Il Tempio Francescano di Bologna, in L'Avvenire d'Italia, 5 ag. 1946. Informazioni relative all'attività sindacale e politica del C. si possono rinvenire in F. Cavazza, Le agitazioni agrarie nella provincia di Bologna dal 1910 al 1920, Bologna 1940, pp. 77-83 e in F. Socrate, L'organ. padronale agraria nel periodo giolitt., in Quaderni stor., XII(1977), 36, pp. 661-82. Si v.inoltre: I 508 dep. al Parlam. per la legislatura XXIV, Milano 1914, p. 190; F. De Bosdari, Il conte F. C., in L'Archiginnasio, XXXVII(1942), pp. 168-71; Id., In memoria dell'on. conte dottor F. C. e della contessa Lina Cavazza Bianconcini, Bologna 1952; e ancora A. Bignardi, Dizionario biogr. dei liberali bolognesi (1860-1914), Bologna 1956, pp. 10-11.
Notizie intorno alla situazione e alle vicende del banco nel 1920-22, e informazioni circa le proprietà fondiarie della famiglia Cavazza sono nelle carte Assunz. del nuovo Banco Felice Cavazza e un Verbale del Consiglio di amministrazione della Soc. anon. Felice Cavazza, conservati nell'Arch. della Cassa di risparmio di Bologna. Inoltre, per la costituzione nel 1921 della Soc. anonima Banco Felice Cavazza, e l'acquisto nel 1922 da parte della Cassa di risparmio di Bologna si vedano anche: Nel mondo bancario, in Il Resto del Carlino, 23 ott. 1921; La Banca Cavazza, in L'Italie. Quotidien politique, mondain et financier, 27 sett. 1922; e le notizie in La Cassa di Risparmio in Bologna nei suoi primi cento anni, Bologna 1937, p. 248.