CIBO, Francesco
Detto Franceschetto a causa della sua piccola statura, nacque a Napoli probabilmente nel 1449 da una ignota napoletana e da Giovanni Battista Cibo, il futuro Innocenzo VIII.
Eletto il padre (29 ag. 1484) al soglio pontificio, il C., della cui vita precedente non si hanno notizie, lo seguì a Roma. Qui conduceva una vita leggera e scapestrata, dedito al gioco e alle avventure muliebri. L'unico modo che il padre avesse di giovarsi di lui fu quello di usarlo per stringere convenienti alleanze per mezzo di un suo matrimonio. Prima e dopo la guerra, che oppose, allo scoppio della congiura dei baroni, Innocenzo VIII a Ferdinando d'Aragona, durante la quale il C. combatté alle bocche del Tevere contro il duca di Calabria, furono fatti molteplici tentativi per accasarlo con una bastarda del re di Napoli. Falliti questi approcci, il 25 febbr. 1487, a conclusione di trattative in corso dal dicembre dell'anno prima, fu celebrato per procura, alla presenza dei pontefice, il matrimonio del C. con Maddalena de' Medici figlia di Lorenzo il Magnifico. Le nozze soddisfacevano le ambizioni e i progetti sia del papa sia del Medici, il quale dette, ufficialmente, in dote alla figlia 4.000 ducati. A Roma, ancora nel luglio, il C. era coinvolto nel tentato rapimento di due donne. La partenza della sposa, a causa della sua giovane età, non avvenne che al primi di novembre. Accompagnata dalla madre, giunse il 13 a Roma, dove le vennero tributate fastose accoglienze. Dopo le nozze solenni, avvenute il 20 genn. 1488, sembra che, secondo il desiderio del papa, la giovane donna riuscisse ad avere una buona influenza sul quasi quarantenne marito. Ripartita Maddalena per Firenze con la madre, il fratello e la sposa di quest'ultimo alla fine di maggio, un mese dopo il C. la raggiunse, ma poté trattenersi con lei solo pochi giorni, poiché era stato incaricato dal papa di una missione a Perugia, dilaniata dalle lotte intestine. Tornata a Roma, Maddalena, dopo la morte della madre, avvenuta alla fine di luglio, iniziò accanto al C. una vita più travagliata che felice, nel palazzo del marito, posto nei pressi di S. Pietro, tenendo in un primo momento accanto a sé, come cappellano, Matteo Franco. A costui, di cui si servì largamente, inviandolo in Corsica, ove si era posto in mente di costruire una città, e a Stigliano, il C. procurò poi, nel 1492, un canonicato nel duomo di Firenze.
Sempre nel 1488 il C., che già dal dicembre dell'anno precedente era. divenuto governatore di Roma e governatore generale delle armi della Chiesa, fu ascritto alla nobiltà di Venezia e in quella di Firenze e di Pisa. Ufficialmente veniva considerato nipote dei pontefice, era vicino alle leve del potere e, pur rimanendo escluso dai maneggi importanti, cercava di ottenere or all'uno, or all'altro favori e prebende, ricevendone in cambio promesse di gratitudine e qualche volta compensi. Inoltre otteneva dal padre, direttamente dalle casse dello Stato, notevoli somme di danaro. Ciononostante aveva continuamente problemi finanziari, anche perché era dedito al gioco, tanto da riuscire a perdere 14.000 ducati in una sola notte.
Il 21 febbr. 1490 una bolla pontificia gli concesse Anguillara e Cerveteri, senza che in essa fosse fatta parola dell'esborso di una notevole somma ai conti di Anguillara, che avanzavano pretese su quelle terre, da parte di Lorenzo de' Medici, che intendeva così aumentare la dote della figlia. Nel inaggio il C. fu fatto dal padre conte del Sacro Palazzo lateranense, e trovò anche il modo di aumentare le sue entrate, stringendo con il vicecamerlengo un patto, per cui sarebbero state a lui devolute le multe superiori ai 150 ducati.
Nel settembre dello stesso 1490 il C. fu protagonista di un disgustoso episodio. Alla notizia, rivelatasi in seguito falsa, della morte del papa, allora ammalato, il C. tentò di impadronirsi del tesoro della Chiesa e anche di un ospite-prigioniero a Roma, Gem, il secondogenito di Maometto II (al cui ingresso nella città, nel marzo dell'anno prima, anch'egli era stato presente) per cederlo dietro compenso probabilmente a Virginio Orsini, comandante generale di Ferdinando d'Aragona. Questo incidente non mancò di lasciare un segno nel tesoro papale, che risultò depauperato a un inventario fatto tempestivamente da alcuni cardinali.
Nel marzo del 1492 il C. si recò incontro a Giovanni de' Medici, il cardinale tredicenne suo cognato, che veniva a Roma a ricevere il cappello. In questa occasione il C. compilò, indirizzandoli al Medici, una serie di consigli, che pare siano stati alla base della famosa lettera del Magnifico al figlio.
Nel maggio fu inviato a Terracina per ricevere Ferrandino d'Aragona.
Il C. seppe mantenere con Lorenzo del Medici degli ottimi rapporti. Frequenti furono i suoi soggiorni a Firenze e in Toscana. Nelle lettere scambiate con Lorenzo fu capace di trattare non soltanto i suoi interessi, ma problemi di gran momento, come quando, nel 1488, rivolse al Magnifico la preghiera di intervenire presso il pontefice per dissuaderlo dal chiedere aiuto alla Francia. 1 rapp6rti del C. con il cognato Piero non furono altrettanto buoni. Alla morte del Magnifico (aprile 1492), dopo un ripensamento del papa, che in un primo momento voleva inviarlo quale rappresentante della Chiesa, e che poi aveva desistito da questo proposito, egli, come genero del grande scomparso, si accinse a recarsi a Firenze e annunciò il suo arrivo entro dieci giorni a Piero. Quest'ultimo però si rivolse all'ambasciatore mediceo a Roma, perché facesse di tutto per dissuadere il cognato dal viaggio.
Morto Innocenzo VIII nel luglio dei medesimo anno, il C., divenuto conte palatino dal marzo, lasciò Roma, dove non era più a suo agio, e si rifugiò prima ad Anguillara, poi a Firenze e quindi a Pisa, intorno a cui si estendevano i beni avuti in dote da Maddalena. Rimanevano al C. Anguillara e Cerveteri, ma egli non si sentiva affatto sicuro di poterne mantenere il possesso e, anche per consiglio del Medici, le vendette il 3 sett. 1492 per 40.000 ducati a Virginio Orsini, suscitando il risentimento di Alessandro VI. Nel gennaio 1493 il contratto fu rinnovato a Firenze nel palazzo acquistato dal C., già dei Pazzi, sito nell'attuale via del Proconsolo; tuttavia nell'aprile il C. si lamentava con Piero de' Medici perché l'Orsini non aveva ancora saldato il debito. Nel maggio l'illustre cognato provocò il suo risentimento per aver consegnato a Virginio Orsini la rocca di Monterano, che teneva in deposito, senza aver avuto dal compratore i dovuti 1.400 ducati. In una lettera del 3 giugno al Medici il C. esprimeva tutta la sua esasperazione, invocando "che ruinasse Cristo e Santa Maria cum tuta la corte de lo celo" (L. Staffetti, 1894, p. 15), ma Piero non era certo turbato dall'ira del cognato, né gli procurò alcun aiuto.
Durante tutto il pontificato di Alessandro VI, mentre Carlo VIII compiva la sua impresa in Italia, che ebbe, fra le altre conseguenze quella della cacciata dei Medici da Firenze, e successivamente, mentre i Francesi compivano la seconda discesa in Italia e si istaurava la dommazione spagnola nel Regno, il C. visse fra la Toscana e Genova, città della quale era originaria la famiglia. Dimorava in via del Campo, nel popolo di San Marcellino, probabilmente con molta larghezza. Nel 1497 era a Venezia a offrire una reliquia in vendita alla Repubblica.
Eletto il 1° nov. 1503 Giulio II, al quale, quando era ancora cardinale, il C. aveva prestato 10.000 ducati, mai restituitigli, egli tornò a Roma. Qui raggiunse una posizione ancora migliore, quando assurse al papato il cognato Giovanni de' Medici, che, alla prima elezione di cardinali, impose il cappello al priInogenito, del C., Innocenzo. Il C. ebbe dal pontefice il governo di Spoleto e inoltre certe entrate sulle porte di Roma, che in seguito cedette ai canonici di S. Giovanni, ricevendo in cambio Ferentillo, su cui il papa gli concesse il titolo di conte il 17 dic. 1517. Dal 31 luglio 1515 il C. era divenuto barone romano e dall'ottobre 1916 aveva ricevuto la dignità di nobile di Viterbo.
Dopo un viaggio a Tunisi compiuto "ad redimendos captivos" nel 1518 (Archivio Segr. Vat., Arm. XXXIX, vol. 32, e. 118rv), morì a Roma il 25 luglio 1519. Aveva sei figli: il cardinale Innocenzo, Lorenzo, che sposò Ricciarda Malaspina marchesa di Massa e Carrara, Giovanni Battista, che intraprese la carriera ecclesiastica, Caterina, poi duchessa di Camerino, Ippolita, che divenne contessa di Caiazzo, ed Eleonora, monacà; ebbe inoltre una figlia naturale, Innocenza.
Il C., che nel suo testamento escluse dalla successione il cardinale Innocenzo, già sufficientemente fornito di beni di fortuna, dette inizio ad una raccolta dimemorie familiari (conservata nell'Archivio di Stato di Massa ed edita da L. Staffetti nel 1908), che successivamente fu continuata dal figlio Lorenzo e dal nipote Alberico.
Fu sepolto nel sepolcro di Innocenzo VIII a S. Pietro in Roma.
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