CILEA, Francesco
Compositore, nato a Palmi (Calabria) il 26 luglio 1866. Fino dall'infanzia ebbe sicura inclinazione per la musica. Studiò al conservatorio di S. Pietro a Majella in Napoli, avendo maestri il Cesi per il pianoforte e il Serrao per la composizione. Già durante il suo alunnato aveva fatto eseguire nell' '86 un Trio per violino, violoncello e pianoforte, nell'87 una Suite per orchestra (premiata dal Ministero della pubblica istruzione) e, nell' '89, nel teatrino del conservatorio, l'opera in 3 atti Gina, su libretto del Golisciani. Diplomatosi nel 1889, nel'90 iniziava una fortunata carriera didattica che, da insegnante di pianoforte a S. Pietro a Majella lo conduceva prima alla cattedra d'armonia e contrappunto all'istituto musicale di Firenze (1896-1904), poi alla direzione del conservatorio di Palermo e finalmente a quella, tuttora da lui occupata, del conservatorio di Napoli. Egli veniva svolgendo intanto una fervida attività di compositore, da una pregevole sonata per violoncello e pianoforte (1891) e dall'opera Tilda su libretto dello Zanardini, rappresentata con buon esito nel 1892 a Firenze e a Vienna, all'Arlesiana, su libretto del Marenco, accolta con scarso favore nel 1897 dal pubblico di Milano e in seguito modificata, e all'Adriana Lecouvreur, commedia drammatica di Scribe e Legouvé, ridotta in 4 atti da A. Colautti, rappresentata per la prima volta al Lirico di Milano il 6 novembre 1902, con esito singolarmente felice. In quest'opera che al C. ha dato fama mondiale l'espressione musicale è sempre nobile, spesso fortemente sentita, e aderente alle parole, se non all'interna vita spirituale dei personaggi, ma non si può dire che si affermino i segni d'una personalità veramente originale. All'Adriana tenne dietro (Milano, Scala, 15 aprile 1907) Gloria, su libretto del Colautti, che dal pubblico e dalla critica non ottenne grande favore. Ricorderemo inoltre un poema sinfonico, con cori su testo di Sem Benelli, eseguito a Genova nel 1913 a commemorazione di G. Verdi. Della musica del C. si può dire che lo spirito rimanga sotto l'influenza della scuola, mentre la forma aderisce al crepuscolare decadentismo che ha imperato nell'ultimo Ottocento italiano e francese.