CIOTTI, Francesco
Nacque a Firenze da Fortunato, impiegato di dogana, e da Adelaide Filippi nel 1833, come afferma egli stesso in alcune note autobiografiche indirizzate a Luigi Bevacqua (Roma, Biblioteca del Burcardo, Fondo Eredi Bevacqua)mentre non ha riscontri la datazione 1835 indicata dal Rasi. Si impiegò giovanissimo in dogana, per seguire le orme paterne, ma, trascurando l'ufficio, fondò con altri compagni la Filodrammatica dei Fidenti e iniziò a recitare a Firenze nel 1853. sostenendo il ruolo del servo Lorenzo nella commedia Il poeta e la ballerina di Giacometti. Dopo solo sette recite si cimentò da protagonista nell'Oreste di Alfieri al teatro Nuovo, ottenendo un lusinghiero successo; ben presto il celebre Stenterello Amato Ricci lo segnalò a Luigi Domeniconi (IlCorriere della sera, 15 febbr. 1891), che, fuggito da Messi dove infuriava il colera, si era recato a Livorno col proposito di sostituire i cinque attori cntagiati dall'epidemia, tra cui il primo attor giovane, il romano Scifoni. Dopo le prime due prove come attor giovane (Federigo nel Filippo di Scribe e Fulgenzio ne Gli innamorati di Goldoni), sostenute a Livorno e "riuscite soddisfacentissime" (L'Arte drammatica, 7 apr. 1891), il C. fu scritturato dal Domeniconi con la paga di cinque svanziche al giorno. Il capocomico era tra gli ultimi rappresentanti del periodo eroico del teatro italiano: recitava con enfasi cadenzata e con aria da tiranno, a differenza dei giovani della sua compagnia (Amalia Fumagalli, Alessandro Salvini, Amilcare Bellotti) che ricercavano uno stile interpretativo più semplice e misurato. Il C. divenne primo attore a ventun anni, nel 1854, quando Alessandro Salvini lasciò la compagnia per dissapori col Domeniconi, e debuttò al teatro Re di Milano con la parte di Giovanni in L'arte di far fortuna di Bellotti Bon.
Ottenne il primo grande successo con Lasatira e il Parini di P. Ferrari, rappresentato a Torino dal Pieri nel 1856, e riproposto dal Domeniconi al Valle di Roma nell'autunno dello stesso anno: "Non starò a dir il delirio il fanatismo, l'entusiasmo che suscitò durante i quattro atti del lavoro, si può dire che fu un applauso continuato... dopo un anno di trionfo in trionfo venne la volta di Milano. Erano i mesi caldi, quantunque Milano fosse spopolata, e tutta la società distinta frequentatrice dell'aristocratico Teatro Re ... lasciò la campagna onde assistere alla prima rappresentazione della tanto attesa Satira e Parini ... molta gente dové tornare a casa" (Fondo Eredi Bevacqua, lettera del C. al Bevacqua del gennaio 1911). Da quel momento il C. divenne l'interprete preferito dal Ferrari, che ne ammirava la serietà ("piacque allora al Ferrari quando il Ciotti apparve alla prima prova facendo tacere il suggeritore, così bene aveva imparato la sua parte": G. Bignami) e la raffinatezza della sua recitazione, e portò sulla scena con varie compagnie Prosa, Due dame, Causa ed effetti, Il suicidio, Il duello, Il ridicolo, Sanfedisti e carbonari, Dante a Verona.
Passato nel 1859 alla compagnia di Gaspare Pieri, venne scritturato l'anno seguente dalla Ristori, insieme con Pia Marchi e il Serafini, per una tournée inalcune città europee. In questa occasione il C. ebbe numerose soddisfazioni ("stimato, onorato, applaudito non solo dai miei compagni, persino dagli uomini più insigni e dai pubblici delle principali capitali d'Europa, mentre due imperatori mi hanno fatto l'alto onore di elogiarmi, mentre il granduca di Weimar Saxs si degna venire nel mio camerino mentre mi vestivo a recitarmi dei brani della Divina Commedia ...": Roma, Bibl. del Burcardo, Fondo Eredi Bevacqua, Cenni autobiografici);ma, tornato in Italia nel 1863, fu costretto a lavorare per una stagione in una compagnia minore, quella di Romagnoli e Colomberti; fu quindi scritturato, con la moglie Costanza Sartorio, dal Bellotti Bon, dalla quaresima 1865 al carnevale 1868. Con i nuovi compagni (C. Rossi, T. Bernieri, A. Campi, G. Pezzana ed E. Belli Blanes) il C. conquistò nuovamente il favore del pubblico e della critica (cfr. IlTrovatore, 31 ag. 1865). Dal 1868 lavorò per vari anni in compagnie proprie, con Lavaggi, Dondini e Piamonti (1868-69); Marchi e Lavaggi (1870-72); Marini e Morelli (1873-75); Belli Blanes e Bozzo (1878-79);, G. Aliprandi e Casali (1880-81); Buzzi e Fagiuoli (1882-83); A. Marchi e Casilini (1884).
Come capocomico, fu tra "i primi a pretendere dai suoi scritturati l'eleganza del vestire alla quale ora pretendono anche l'ultime parti" (G. Bignami) e a imporre uno stile "moderno", elegante e misurato particolarmente adatto alla rappresentazione delle opere di Giacometti, Cavallotti, Marenco, Castelvecchio che il C. prediligeva.
Abbandonate per un anno le scene per una grave forma di artrite, vi tornò nel 1885, scritturato come generico primario, promiscuo e primo attore da parrucca nella compagnia di A. Maggi, quindi come generico primario e come primo attore padre nella compagnia Marini, con interpretazioni piuttosto curate, ma prive di ogni estro. Egli si ritirò quindi dalle scene nel 1891 dopo aver interpretato al teatro Manzoni di Milano Guerra in tempo di pace e si stabilì a Pistoia. Nel 1893, in occasione del centenario della morte di Goldoni, si recò a Firenze "per sostenervi al fianco di T. Salvini la parte del vecchio Andreuve, nella quale mostrò come i suoi cinquantotto, anni fosser sempre, al lume della ribalta, una giovinezza gagliarda (L. Rasi, p. 668).
Definito "aristocratico" dal Rasi, il C. è considerato dai suoi critici l'iniziatore di uno stile interpretativo che ebbe prima in F. Andò, poi in L. Carini i più significativi rappresentanti e che caratterizzò la recitazione tra i due secoli ("Ciotti ebbe il grande merito di debellare una tradizione, di liberare il palcoscenico italiano dal soverchio ciarpame": N. Leonelli). Fu un attore versatile e originale, capace di suscitare grandi emozioni nel pubblico col gesto misurato e con la "voce potente, fresca, armoniosa che passa così facilmente dalle intonazioni tenere dell'amore agli scoppi violenti dell'ira" (Yorick).
Morì a Firenze il 12 apr. 1913.
Fonti e Bibl.: Roma, Biblioteca teatrale del Burcardo, ms. 3.15.3.19: A. Colomberti, Dizionario biografico dei comici, p. 116; Yorick [P. Coccoluto Ferrigni], F. C., in La Nazione, 17 apr. 1882; G. Costetti, Confessioni di un autore drammatico, Bologna 1883, pp. 165, 183, 185; G. Bignami, F. C., in Il Corr. della sera, 15 febbr. 1891; L., Rasi, I comici ital., I, Firenze 1897, pp. 666 se.; G. Costetti, Il teatro ital. dell'Ottocento, Rocca San Casciano 1901, pp. 236. 313; N. Leonelli, Attori tragici-attori comici, Milano 1940, pp. 249 s.; Enc. d. Spett., III, coll. 875 s.