CLERICO, Francesco
Non se ne conoscono il luogo e la data esatta di nascita e di morte: sappiamo soltanto che nacque intorno al 1755 e che morì dopo il 1838, anno in cui è ricordato ancora in vita dal Ritorni (p. 40) nella sua preziosa e documentata biografia di S. Viganò.
Anche il C., come molti suoi predecessori, iniziò la carriera giovanissimo, imponendosi dapprima come sensibile interprete e, subito dopo, come uno dei più stimati coreografi della sua epoca. È nel 1776 che il suo nome compare per la prima volta: nella stagione di carnevale di quell'anno egli infatti compose e interpretò la coreografia del ballo mitologico Diana ed Endimione per il teatro S. Agostino di Genova. Sin dai suoi primi successi, che andarono poi moltiplicandosi con il passare degli anni, la fama di coreografo del C. difficilmente andò disgiunta (almeno secondo il giudizio del Ritorni) dal contributo fondamentale che ai suoi balli dettero, con le loro espressive interpretazioni, il fratello Gaetano e la sorella Rosa, ai quali si aggiunse (nel 1786) anche il ballerino-coreografo Lorenzo Panzieri, marito di Rosa Clerico.
L'affiatamento conseguito in breve tempo da questi tre ballerini e la straordinaria qualità espressiva delle loro interpretazioni si imposero ben presto all'attenzione del pubblico e dei critici: il Ritorni, ad esempio, si sofferma a lungo sulla esecuzione de Il ritorno di Agamennone, ballo tragico in cinque atti andato in scena al teatro S. Benedetto di Venezia durante il carnevale 1789 (replicato successivamente alla Scala di Milano, nel 1801, con il titolo di Agamennone).
Attivo nel suo primo ventennio creativo soprattutto nei teatri dell'Italia centrosettentrionale (Firenze, Venezia e in particolare Torino), a partire dal 1790 e per quasi quarant'anni il C. lasciò un'impronta indelebile sul palcoscenico della Scala di Milano. In questo teatro, proprio a partire dal 1790 con La morte di Ercole (interpretato dall'autore, oltre che dai fratelli Rosa e Gaetano e dal cognato L. Panzieri), egli si affermò come il più autorevole erede del pantomimodramma ideato da G. Angiolini (in quegli stessi anni, per altro, sul palcoscenico scaligero comparivano i balli dell'ultima stagione creativa di questo grande maestro fiorentino) e, nello stesso tempo, come importante precursore della rinnovata concezione coreodrammatica di S. Viganò, accanto al quale il C. si trovò - anche se in età matura - a proseguire la sua straordinaria fortuna creativa. Del resto i meriti del C. vennero riconosciuti dallo stesso biografo del Viganò (il Ritorni) che scrisse appunto che "parecchi ed i migliori balli del Clerico precedettero certamente fino le prime prove del Viganò, cui non poterono essere ignorati ed anzi gli furono forse se non temi d'imitazione, almeno sproni all'emulazione. Egli trovò dunque che altri l'aveva preceduto, non solo nel compor tragedie pantomimiche, ma eziandio nel commuover solennemente i cuori e le menti di spettatori…" (p. 37).
Per la Scala nacquero dunque i balli più celebri del C. come Cleopatra (1801), Macbeth (1802), Zemira ed Azor (1805), Il tradimento di Semiramide (1813), Lamorte di Ettore (1821) e molti altri ancora che lo confermarono coreografo di gusto neoclassico per eccellenza e fors'anche, data la sua totale estraneità al movimento romantico, un punto di riferimento sicuro per i "laudatores temporis acti" del teatro di danza del primo Ottocento. Abbandonata quasi del tutto la pur apprezzata produzione di mezzo carattere o spiccatamente comica degli anni giovanili (come ad esempio, Il convalescente innamorato del 1784 e Il tamburo notturno del 1793) tanto lodata dal Ritorni che non riteneva i suoi balli giocosi - secondo l'usanza del tempo - "burlette d'un genere superficialmente buffo e grottesco o più facilmente fantastiche e chimeriche allegorie... bensì commediole dettate dall'arte di ragionevole e piacevolissima Talia..." (ibid.), il C. si dedicò al genere del ballo tragico pantomimo caro all'An-giolini. E fu infatti su questo piano che egli poté rivaleggiare con la più giovane generazione di coreografi: il suo stesso ritorno alla Scala nel 1813 (dopo un'assenza di circa sei anni) fu dovuto probabilmente - come attesta sempre il Ritorni - alla necessità di contrapporre un rivale ai più giovani coreografi S. Viganò e G. Gioia, propugnatori di una nuova concezione della danza teatrale fondata principalmente "sulla pittorica e danzante disposizione e movimento dell'immenso numero di cooperatori di un'azione viva in tutte le molteplici sue parti" (Ritorni). Concezione alla quale il C. non riuscì mai ad adattarsi, venendo in tal senso superato dalle nuove tendenze poiché i tempi erano ormai mutati e, con essi, il gusto del pubblico ormai affascinato dal linguaggio coreico del Viganò e conquistato ad una verità di espressione, ad una perfezione dell'insieme e ad un nuovo equilibrio tra danza e mimica per quell'epoca assolutamente rivoluzionario. Il gran salto dalla "pantomima camminata" di Noverre o "misurata" dell'Angiolini al dramma danzato era ormai compiuto: sulle ceneri del balletto d'azione settecentesco nasceva il più vitale coreodramma.
Nella sua enorme produzione (circa ottanta balli), nella quale il C. oltre alla sua esperienza di interprete e di coreografo mise a frutto anche quella di compositore musicale (fu l'autore, ad esempio, delle musiche per i balli Lo sposo burlato,Zemira e Azor,La sorpresad'amore ossia L'inaspettata consolazione,Il convalescente innamorato,Amleto, ecc.), molti sono i titoli replicati in teatri italiani e stranieri: a questi sono da aggiungere, oltre ai divertissements composti per la prima della Semiramide di Rossini (Venezia, carnevale 1823), anche diversi "balli" che vennero abbinati a cantate di diversi autori.
A partire però dal 1813, anno in cui vennero eseguiti alla Scala balli come Atamante e Il tradimento di Semiramide (ove la regina viene tramutata in colomba da Venere Astarte per impedire il matricidio di Ninia), la fama ed il successo del C. cominciarono ad affievolirsi a favore dell'ascesa trionfante di S. Viganò che, in quello stesso anno e sempre alla Scala, aveva suscitato con la creazione di Prometeo ampi consensi e appassionate discussioni critiche. Né fu sufficiente al C. sopravvivere di circa un ventennio al più dotato e più giovane Viganò per aver ragione del suo genio, anche se al più anziano C. va riconosciuto l'indiscutibile merito di aver preparato e spianato la strada al suo successore. Merito che, del resto, lo stesso Ritorni non ebbe difficoltà ad ammettere quando scriveva che "al gran disegno d'eroic'azioni niuno infuse l'anima d'una sublime tacita poesia prima di F. Clerico. I programmi suoi furono con ragione poetica composti e con tragica importanza condotti fors'entro più vasti limiti che gli altri sin allora composti ..." (p. 32). Inoltre, pur criticando il C. per il suo modo di trattare coreograficamente il corpo di ballo che mancava - a suo giudizio - di ogni individuazione pittorica e di uniformità gestuale il Ritorni arrivò a sostenere, riferendosi all'Agamennone, che il C. aveva anticipato addirittura i famosi "quartetti" di Viganò nella sua coreografia nella quale "pose spesso a contrasto simultaneamente l'azione di vari personaggi mossi da passioni fra loro diverse" (p. 32).
Per un elenco completo dei balletti del C. si rimanda all'Enc. d. Spettacolo. Ricordiamo qui alcune delle sue composizioni più importanti, riportando soltanto la data delle prime rappresentazioni: Diana ed Endimione (Genova, teatro S. Agostino, carnevale 1776); Lo sposo burlato (Torino, teatro Carignano, autunno 1777); Calisto e Ruggiero (Firenze, teatro alla Pergola, carnev. 1779); Gabriella di Vergy (Venezia, teatro S. Benedetto, fiera dell'Ascensione 1780); Gli scherzi amorosi (ibid., teatro S. Moisè, autunno 1781); Zemira e Azor (ibid., teatro S. Samuele, 1783); La sopresa d'amore ossia L'inaspettata consolazione (ibid.); Il convalescente innamorato (ibid., carnev. 1784); Amleto (ibid., teatro S. Benedetto, carnev. 1789); Ercole e Deianira o La morte di Ercole (Padova, teatro Nuovo, 1789); Olimpia (Venezia, teatro S. Benedetto, fiera dell'Ascensione 1791); La conquista del vello d'oro (Milano, teatro alla Scala, carnev. 1792); Il tamburo notturno (Firenze, teatro alla Pergola, autunno 1793); La sposa persiana (ibid., carnev. 1794); Tamas Koulikan ossia La presa di Dehli (ibid., carnev. 1796); Cleopatras Tod (Vienna, Hofoper, gennaio 1800); Macbeth ossia I due spettri al convito (Milano, teatro alla Scala, carnev. 1802); L'allieva d'amore ossia l'innocenza (Firenze, teatro alla Pergola, 1806); Gli amanti contadini (ibid., carnev. 1809); Ilpittore fiammingo ossia il gobbo deluso (ibid., carnev. 1811); Il tradimento di Semiramide (Milano, teatro alla Scala, carnev. 1813); Atamante (ibid.); Il tesoro nascosto (Firenze, teatro alla Pergola, carnev. 1814); La morte di Ettore (Milano, teatro alla Scala, primavera 1821, musica A. Belloli); Maometto (ibid., primavera 1822, musica P. Brambilla); Il ritorno degli Argonauti (ibid., 1825); La Vergine di Hunderlach (Venezia, teatro La Fenice, carnev. 1826); L'orfana della selva (Genova, teatro di corte, primavera 1827); Il bardo della Scandinavia (Milano, teatro alla Scala, 1831).
Oltre a quelli sopra citati, elenchiamo inoltre tutti i balli rappresentati alla Scala di Milano: La superba innamorata a suo dispetto,La caduta di Troia (1790); La donna capricciosa,I due vedovi armeni e Divertimento (1792); Ilsacrifizio di Curzio (musica F. Pontelibero) e Sesto ossia il supposto estinto (1805); Sofonisba (musica L. Belloli) e La festa di Venere e Il teatrino magico (1806); I finti spiriti folletti e I tre gobbi (1813); La presa di Babilonia,L'avaro castigato,Il matrimonio per sorpresa e La famiglia araba (1821); Britannico (1822, musica L. Belloli); Adelaide di Guesclino e La vedova spiritosa (1823); Matilde,Malekadel e Il finto soldato (1824); Il solitario (1825); inoltre i ballabili per la cantata Teseo di Rolla e Lavigna (giugno 1804, in collab. con G. Montacini); L'arrivo in Milano degli sposi di Minoja (febbr. 1806); Il trionfo della pace di Rolla (1806).
Fonti e Bibl.: S. Arteaga, Le rivoluzioni delteatro musicale ital., III, Bologna 1788, p. 25; C. Ritorni, Commentarii della vita e delle operecoreodrammatiche di S. Viganò e della coreografiae de' corepei, Milano 1838, pp. 20, 32-37, 40; C. Ricci, Iteatri di Bologna nei sec. XVII-XVIII, Bologna 1888, p. 222; T. Wiel, Iteatri musicalidi Venezia nel Settecento, Venezia 1897, passim, P. Cambiasi, La Scala 1778-1906, Milano 1906, passim; C. Gatti, Il teatro alla Scala,Cronologia, II, Milano 1964, pp. 152 s., 159-62, 178, 181; Due secoli di vita musicale. Storia del teatro comunale di Bologna, a cura di L. Trezzini, II, Bologna 1966, p. 10; O.G.T. Sonneck, Catal. ofOpera Librettos Printed Before 1800, New York 1967, I-II, passim; III, pp. 1223, 1481; L. Rossi, Il ballo alla Scala,1778-1970, Milano 1970, pp. 40 s.; L. Tozzi, Il balletto pantomimo del Settecento. G. Angiolini, L'Aquila 1972, p. 151; N. Mangini, Iteatri di Venezia, Milano 1974, pp. 108, 130, 175, 221; Enc. d. Spett., III, coll. 967 s.; St. d. teatro regio di Torino, I, M. Th. Bouquet, Teatro di corte, Torino 1976, pp. 421 s.