CONTOLI, Francesco
Figlio di Marcantonio e di Francesca Rezia, nacque il 22 dic. 1728 a Castelbolognese (Ravenna), nella parrocchia di Casalecchio. Dopo aver compiuto i primi studi nella cittadina natale, il 24 ottobre del 1745 entrò nel seminario di Faenza, dove studiò retorica sotto l'insegnamento di G. Ferri. Si dedicò poi per due anni alle discipline filosofiche sotto la guida di G. Verda di Como e per quattro alla teologia morale con S. Castellani.
Studioso appassionato di antichità, si mise presto in luce, all'interno del seminario, per la serietà dell'impegno e la brillantezza dei risultati, tanto che nel '51 ebbe la carica interna di "prefetto dei piccoli" e l'anno successivo di "prefetto dei grandi". Dopo aver ultimato gli studi di teologia si recò a Firenze con l'incarico di maestro in casa Mazzolari e quindi a Castelbolognese dove si fermò per circa. sei anni, finché il seminario non lo richiamò a Faenza offrendogli la cattedra già appartenuta al suo maestro.
Da questo momento diviene possibile decifrare la personalità del C., il cui impegno culturale si espresse solo in modo secondario attraverso l'attività di scrittore, risolvendosi interamente in un attento e scrupoloso esercizio di docente, come si evince anche dalle parole che un suo allievo, M. Ferrucci, gli dedicherà: "tantam ostendit Contolus in docendo praestantiam, ut ad illud prorsus natura conformatus videretur". Ai giovani mostrava infatti un rigore e una "austezitas" sempre equilibrati, "ab iracundia alienissimus".
Latinista profondo, si muoveva con agilità ed eleganza tra gli autori più diversi, con una padronanza assoluta degli strumenti linguistici. Talché lo studio del passato non si poneva come un astratto riferimento culturale ma diveniva possibilità di chiarimento e di esemplificazione, termine obbligato di confronto con il presente.
Durante il periodo di insegnamento del C., il seminario crebbe di importanza, divenendo centro affermato di cultura e di formazione giovanile. Furono infatti suoi allievi futuri uomini di cultura tra cui Dionigi Strocchi, traduttore di Callimaco e di Virgilio, Giovanni M. Emiliani, fondatore del monastero di Fosmano, Luigi Valeriani professore di econemia politica all'università di Bologna e soprattutto il Monti che entrò nel seminario (dove si trovavano i fratelli Francesco Antonio e Giambattista) il 4 nov. 1766 seguendo dapprima l'insegnamento di Francesco Maccabelli per passare successivamente sotto la guida del C., ammirato soprattutto come profondo conoscitore delle lingue classiche. E il poeta stesso ricorda come il maestro stimolasse gli allievi sulla via delle rappresentazioni drammatiche e delle composizioni latine ed italiane, che venivano recitate in pubblico al termine dell'anno scolastico. Si trattava di brevi opere a carattere religioso-encomiastico in cui si esaltavano le vicende o le virtù di qualche santo o si traeva spunto da brani scritturali, composizioni che venivano corrette. dallo stesso Contoli. Il Monti partecipò a queste "accademie" con tre componimenti italiani e quattro latini, come si rileva da una lettera datata 3 luglio 1771 diretta al fratello Francesco: "L'Accademia si va avanzando, ed il maestro si trova in grande imbroglio per non aver nessuno de' suoi scolari, che sia capace di tirar giù bene una qualche composizione. Mi va consegnando da correggere le composizioni fatte da' suoi scolari, ma bisogna che io le rifaccia da capo tutte quante di mia testa, perché in esse non si trova né connessione, né sentimento, né pulizia".
Nel 1788 il C. lasciò il seminario per un breve periodo, recandosi nuovamente in casa Mazzolari come maestro di Pietro, ma nel '91 fu di ritorno. L'anno successivo vide il suo temporaneo allontanamento dalla cattedra a causa delle malferme condizioni di salute che lo costrinsero nel '93 a far ritorno a Castelbolognese, dove rimase fino alla morte, avvenuta il 25 nov. 1800, e dove venne seppellito nella chiesa del Suffragio.
Il C. compose soprattutto rime d'occasione, per celebrare matrimoni, sacerdozi, monacazioni, nelle quali si esprime la convinzione di una poesia intesa come "decoro", e spressione di un gusto non astratto, ma legato ad aspetti concreti della vita di società. Le rime occasionali risentono della maniera frugoniana e costituiscono dei brevi quadri caratterizzati, pur nella opacità poetica, da una spinta sensibilità uditiva dei linguaggio, da un movimento elegante che tende al preziosismo formale, riscontrabile soprattutto nelle descrizioni delle figure. Si possono cosi ricordare i due sonetti dedicati Al nobile giovine sig. conte Pietro Mazzolari che veste l'abito di cavaliere del sacro Ordine di S. Stefano (Faenza 1785) nonché il tributo poetico (una canzone, un'elegia, un'ode) Per le faustissime nozze de' nobili signori, contessa Margherita Ferniani e cav. conte P. Mazzolari, patrizi fiorentini (Faenza 1795).
Lasciò ancora numerose composizioni in latino ed in italiano, sia in prosa sia in versi "ma fu così modesto nel giudicarle che piuttosto le ebbe in dispregio che in istima... per questa rara modestia poche cose s'indusse a mettere in luce" (Lanzoni). Probabilmente non furono mai pubblicate le composizioni di carattere politico "per la pace tra l'imperatore Leopoldo e il gran Turco" (1791) e "per la temuta invasione dell'armata francese sull'Italia" (1796), mentre pubblicò le Orationes sacrae (Imolae 1878) divise in otto parti, in cui il C. sperimenta un linguaggio aulico, che riflette un attento studio della lingua latina, ma che finisce con l'irrigidirsi in una prosa sovrabbondante e spesso oscura.
Fonti e Bibl.: V. Monti, Epistolario, a cura di A. Bertoldi, I, Firenze 1928, pp. 1-2; M. Ferrucci, De Laudibus Fr. Contoli, sermo habitus in Gymnasio Cicottiano, Bononiae 1822; G. I. Montanari, Biografie e ritratti di XXIV uomini illustri romagnoli, Forlì 1834, p. 90; F. Lanzoni, Alcune mem. di maestri di belle lettere del Seminario di Faenza, in Inscriptiones carmina orationes F. Baldassarrii, Faventiae 1894, pp. 319 ss.; G. Natali, IlSettecento, I, Milano, 1964, p. 505.