CORDUBA, Francesco (de)
Le quasi del tutto sconosciute tappe della biografia dell'artista sono state recentemente (1974)illuminate dal Castellano, con il ritrovamento di numerosi documenti d'archivio. Figlio del pittore Alonso, documentato a Bitonto (Bari) tra il 1594 e il 1619, e della seconda moglie di questo, compì il suo primo apprendistato nella bottega paterna. Appare probabile un suo tirocinio a Roma o Napoli, dove poté condurlo la munifica previdenza di monsignor Fabrizio Carafa, grande mecenate e animatore culturale. Un atto notarile del 1638 lo dice residente a Bitonto, nella casa ereditata dal padre, sita nel recinto della parrocchia di S. Pietro in Vincolis. A Bitonto sposò tale Lucrezia Pietrolonardo dalla quale, nel 1641, gli nacque un figlio, Giovanni Antonio.
A questo periodo risale con tutta probabilità la pala, firmata "Francesco Corduba", di recente ritrovata (Castellano, 1974) nella chiesa di S. Andrea a Bitonto, raffigurante i SS. Andrea, Antonio e Lucia, erede del più trito tardomanierismo. Altri documenti ricordano il C. a Bitonto almeno sino al 6 marzo 1650, epoca in cui egli risolse le ultime questioni pendenti con gli eredi della prima moglie del padre Alonso. Nello stesso 1650 il C. era a Roma, dove portò a termine la più importante commissione, alcune incisioni inserite nella Nuova Racolta di fontane... di Roma, Tivoli e Frascati, edita a Roma da Giov. Giac. Rossi. Nelle iscrizioni poste in calce alle sue incisioni, il C., oltre a professarsi "Bituntinus", si titola "eques" e dichiara di aver realizzato le incisioni a Roma.
Al periodo di attività romana seguì il suo ritorno in Puglia: nel 1654 il C., "pittore e architetto", insieme con Michele Costantino, "scultore e architetto della Regia Corte", eseguì una planimetria dei luoghi circostanti la cappella della Madonna delle Grazie in Bitonto. Pochi anni dopo (1660) il C. entrò nell'Arciconfraternita del SS. Rosario presso la chiesa di S. Domenico a Bitonto. A questo periodo risale la sua attività di intagliatore e di cesellatore di metalli. L'incisione ritrovata dal Gambacorta, posta come frontespizio ai Repentini Zampilli della Fonte de' Ravvivati d'Acquaviva... (Bari 1663), raffigurante Il cervo alla fonte, èl'ultima opera conosciuta dell'artista. Non si conoscono data e luogo di morte.
La personalità artistica del C., ancora tutta da indagare, arricchisce il quadro del Seicento bitontino, con risonanze che vanno oltre la cittadina dell'entroterra barese per aprirsi a un respiro più vasto e "internazionale".
Fonti e Bibl.: A. Gambacorta, Un incisore di fontane, in Tempi nostri, XIII (1967), 42, p. 7; M. S. Calò, Contributo alla storia dell'arte in Puglia. La pittura del Cinquecento e del primo Seicento in Terra di Bari, Bari 1969, p. 189, n.9; A. Castellano, Noterelle d'arte pugliese, in La Rass. pugliese, V (1970), 7-9, p. 386; Id., F. C., in Studi bitontini, 1974, n. 12, pp. 34-36 (con num. docc.); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 408 (con bibl. prev.); Diz. enc. Bolaffi, III, Torino 1972, p. 434.