CORTESE, Francesco
Nacque in Treviso il 14 febbr. 1802 da Giovanni e da Giulia Sassonia, da famiglia ragguardevole, originaria di Bergamo, che risiedeva nella città veneta fino dal sec. XVII.
Il padre aveva seguito per qualche tempo la carriera delle armi; la madre proveniva dalla illustre famiglia padovana alla quale era appartenuto Ercole Sassonia, letterato e scrittore del secolo XVII. Uno zio paterno del C., Francesco, era stato, a Milano, ufficiale della Repubblica cisalpina e successivamente aveva occupato posti rilevanti nella amministrazione militare dello Stato; segretario generale del ministero della Guerra e marina e direttore della coscrizione, cavaliere della Corona di ferro e barone del Regno.
Il C. fu precocemente affidato alle cure di questo zio che lo collocò per la prima educazione nel collegio Longone di Milano (1809); da questo passò poi al collegio dei paggi dove doveva ricevere anche una educazione militare. Alla caduta di Napoleone, però, lasciò Milano e, sul finire del 1814, tornò a Treviso. Compiuti gli studi preliminari, nel 1818 si iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di Padova; si segnalò già da studente per applicazione e per risultati di buon profitto. Compì il corso di laurea nel 1823 con la dissertazione De antagonismo et de metaschematismo per postulationem artificialem excitato (Patavii 1823) e venne quasi subito nominato assistente alla clinica chirurgica diretta da C. Ruggeri, che lo ebbe, in quel tempo, allievo prediletto. Nel 1825, per le sue segnalate capacità, fu inviato a Vienna per seguire un corso di perfezionamento all'istituto chirurgico; rimase nella capitale austriaca circa tre anni studiando anatomia e chirurgia sotto la guida di V. R. von Kern e J. F. von Wattmann-Maelcamp-Beaulieu e maturando una preziosa esperienza nello studio e nell'attività pratica.
Nel 1828, tornato a Venezia, ottenne la nomina a chirurgo provinciale e concorse alla cattedra di clinica chirurgica dell'università di Padova, rimasta vacante per la morte del suo maestro Ruggeri. Al concorso, al quale parteciparono anche L. Porta e Poggi, il C. risultò vincitore; tuttavia non poté occupare la cattedra, assegnata per trasferimento a B. Signoroni che veniva da Pavia. In Venezia consolidò in quegli anni la sua buona reputazione di chirurgo attraverso una vasta attività pratica e il concorso di numerosa clientela; non trascurò però gli studi prediletti di anatomia e continuò a raccogliere una ricca collezione di preparati anatomici trattati col metodo delle iniezioni resinose. Nel 1836 infierì in varie regioni d'Italia un'epidemia colerosa, ed il C. fu inviato in Toscana per studiare quel morbo; quando l'epidemia giunse a Venezia gli fu affidata la direzione dell'ospedale dei colerosi. Nel 1838 ottenne infine, per pubblico concorso, la cattedra di anatomia nell'università di Padova; rientrò nell'ambiente accademico inaugurando le sue lezioni con la prolusione Dei rapporti e dei confini dell'anatomia (Padova 1838), che fu il programma fedele del suo insegnamento cattedratico.
Egli tese alla applicazione pratica dell'anatomia facendo tesoro delle nozioni dei diversi rami di conoscenza medica e delle indagini e acquisizioni dell'anatomia comparata, della fisiologia e dell'anatomia patologica. Sull'indagine severa e sull'osservazione precisa dei fatti fondò il suo programma di lavoro e di studio. Pubblicò numerosi lavori su argomenti di pratica applicazione dell'anatomia. Si dedicò anche all'arricchimento del gabinetto di anatomia creato dal suo illustre predecessore F. Caldani e alla istituzione del nuovo museo, per il quale approntò e ordinò numerosissime preparazioni anatomiche; si ricordano, a questo proposito, i suoi lavori sulle aponeurosi e sulle fasce fibrose, e la raccolta di preparazioni delle parti nervose che servirono di supporto all'opera sugli organi di senso con la quale si segnalò in Italia tra gli studiosi del sistema nervoso. Curò anche una singolare raccolta di crani destinati a costituire la base di un museo antropologico.
Raggiunta ormai la maturità scientifica, il suo disegno era di giungere alla costituzione di un ampio museo che comprendesse l'anatomia umana, l'anatomia comparata e l'anatomia patologica. Nel 1844 ottenne l'approvazione per il restauro del vecchio teatro anatomico. Nel 1838 aveva sposato Anna Castelli, figlia dell'avvocato Iacopo che si distinguerà nelle vicende politiche veneziane del 1848-49. L'attività di insegnamento, le numerose pubblicazioni e il consenso di vasta clientela accreditavano la figura del C. nell'ambiente accademico e scientifico. Nel 1842 fu ammesso, come socio corrispondente, all'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti; dal 1843 ne fu membro effettivo; nel 1844-45, dopo la morte del Signoroni, occupò la cattedra di clinica chirurgica. Nel 1848 divenne rettore dell'università.
La sua carriera universitaria fu però interrotta dagli avvenimenti risorgimentali; partecipò attivamente ai moti del '48, e ciò lo costrinse a mutare la sua condizione. Il 24 marzo 1848 Padova fu abbandonata dalle truppe austriache, che ripiegavano nelle fortezze del Quadrilatero; si formò un comitato provvisorio dipartimentale di governo e una giunta preposta alla pubblica sicurezza, di cui il C. fu chiamato a far parte. Le successive avverse vicende, con il ritorno degli Austriaci, lo costrinsero, verso la metà di giugno, a riparare con la moglie e i figli a Venezia, presso la casa del suocero. Scelta la via della partecipazione attiva alle operazioni militari, ma non volendo rimanere a Venezia, il C. s'imbarcò insieme con la famiglia alla volta di Ravenna, donde attraverso Bologna, Modena e Parma raggiunse Milano. Qui chiese e ottenne di essere arruolato come medico nella legione lombarda e fu assegnato al 30 reggimento del maggiore Paolo Griffini col quale fu a Mantova il 24 luglio e partecipò alla ritirata dopo Custoza. La disfatta militare dell'esercito di Carlo Alberto lo costrinse ad andare esule in Piemonte.
Il C. avviò così la sua carriera di chirurgo militare che lo avrebbe portato negli anni successivi ai vertici della sanità militare italiana, assegnandogli un posto di primo piano anche nella storia della medicina e della chirurgia militare. A Torino ottenne di essere occupato nell'ospedale, ma già nel dicembre 1848 fu mandato all'ospedale di Asti. La ripresa della guerra l'anno seguente lo vide al quartiere generale della divisione lombarda; dopo la breve e sfortunata campagna tornò ad Asti. Sul finire del 1849 in Alessandria si manifestò una epidemia ritenuta di colera e il C. fu chiamato dal ministero a far parte della commissione incaricata di studiare il fenomeno e di attuare i provvedimenti di difesa. Di quel suo impegno lasciò testimonianza nella memoria: Sul cholera di Alessandria nel 1849-50 (Torino 1850).
Nel 1850 dovette partecipare al concorso per mutare la sua condizione di chirurgo militare da provvisorio a effettivo e nel settembre dello stesso anno fu destinato all'ospedale di Alessandria dove, dopo il riordinamento del corpo sanitario militare, rimase fino al 1859 nell'ufficio di medico divisionale di prima classe. Nel 1859, scoppiata la seconda guerra d'indipendenza, il C. fu nuovamente impegnato in compiti gravosi e importanti, che gli permisero di sfruttare le sue già provate capacità di chirurgo militare nonché di maturare ulteriori preziose esperienze nella medicina di guerra: infatti nell'ospedale di Alessandria furono avviati i feriti di Montebello, ai quali rivolse personali cure e osservazioni. Venne quindi nominato vice capo medico dell'esercito e la sua solerte applicazione e la partecipazione alla campagna gli procurarono i riconoscimenti dell'Ordine equestre dei SS. Maurizio e Lazzaro e il cavalierato della Legion d'onore. Le esperienze della campagna di guerra furono alla base dei suoi fondamentali lavori sulle ferite da arma da fuoco.
Nel marzo 1860 fu nominato medico capo del IV corpo d'armata in Emilia. Diresse il servizio sanitario nelle campagne del 1860-61, distinguendosi ad Ancona e a Gaeta e meritando la promozione a ufficiale dell'Ordine militare di Savoia. Anche da queste esperienze trasse precise annotazioni per i suoi studi di chirurgia militare; in quegli anni videro infatti la luce i suoi importanti lavori sulle ferite di guerra e sull'istruzione dei medici e degli operatori di sanità militare. Fu promosso in quel tempo ispettore sanitario presso il Consiglio superiore di sanità. Nella nuova guerra contro l'Austria, nel 1866, fu medico capo dell'esercito e si distinse nuovamente nell'organizzazione e lo sviluppo dei servizi di sua competenza.
Nel 1867 fu a Parigi quale delegato nell'associazione dei comitati di soccorso per i feriti in guerra, e in quell'assemblea gli venne conferita una medaglia d'argento per i servizi prestati all'opera internazionale. Nel 1871, inviato in missione in Germania, mentre era in corso la guerra franco-prussiana, studiò gli ordinamenti sanitari tedeschi che davano buona prova in quella campagna, e visitò la Germania e il Belgio; in Hannover ebbe modo di incontrarsi con G. F. L. Stromeyer. Di quel "viaggio diede una relazione al ministero della guerra, pubblicata poi nella memoria Reminiscenze di un viaggio in Germania per missione ufficiale nel 1871 (Venezia 1871-72). Nel 1871 la morte della moglie segnò per il C. un periodo di profondo abbattimento. In quello stesso anno si era applicato, su incarico del ministero della guerra, ai lavori di una commissione istituita per il riordinamento del corpo sanitario nazionale, nella quale egli aveva propugnato l'autonomia nelle attività della sanità militare.
Nel 1873, in seguito al pensionamento di A. Commisetti, il C. fu chiamato a presiedere il Consiglio superiore militare di sanità, successivamente Comitato di sanità; fu nominato generale medico del regio esercito e capo del corpo medico militare italiano. Si ventilò in quell'epoca la sua nomina a senatore del Regno. Nel 1877 ebbe il riconoscimento del titolo di professore emerito dell'università di Padova. Diverse altre onorificenze gli vennero tributate in quegli anni, nei quali non cessava tuttavia dall'applicazione ai temi di studio prediletti. Avvertendo, con l'avanzare dell'età, il declino delle proprie forze, chiese il collocamento a riposo che ottenne nel gennaio 1880.
Il C. morì a Roma il 24 ott. 1883.
Nei suoi primi anni di attività si applicò a temi di chirurgia e di anatomia. Durante il periodo universitario alla cattedra di Padova, affiancò all'attività didattica l'appassionata opera in favore dell'Istituto e del Museo di anatomia. La principale delle sue pubblicazioni scientifiche di quegli anni è sicuramente il trattato sul sistema nervoso Degli organi costituenti l'apparato delle sensazioni (I-III, Padova 1842-43), che fu determinante nel farlo conoscere al mondo accademico: raccoglieva la serie delle sue ordinate e chiare osservazioni, che poté condurre grazie alla sua abilità tecnica nell'allestire preparazioni anatomiche, e fu annoverato fra i maggiori trattati di allora sull'argomento. Di interesse analogo appare anche la sua ricerca sull'anatomia e la fisiologia dell'organo dell'udito, Delle recenti scoperte sull'organo dell'udito (Milano 1854). Tra i suoi primi lavori si trova la memoria Sulla prima invasione del cholera in Venezia (Milano 1836), in cui raccolse le osservazioni della sua esperienza durante l'epidemia.
Tornò più volte sui temi di anatomia, di anatomia comparata, di embriologia e di fisiologia, con diversi lavori che testimoniano la vastità dei suoi interessi: Sulla genesi e sulla struttura del fungo maligno (Venezia 1840), Osservazioni anatomiche sovra alcuni casi di alcune anomalie di sviluppo (ibid. 1842), Della influenza della scuola anatomica padovana sui progressi dell'anatomia in Europa (Padova 1845), Osservazioni intorno alla lettera del dottor Cervetto, relativa ad un'orazione del prof. Cortese sul Teatro anatomico di Padova (Verona 1845), Osservazioni anatomo-fisiologiche sul cuore della testuggine (Venezia 1846), Su l'intima struttura delle tonache proprie dei vasi sanguigni (Padova 1846), Osservazioni e riflessioni sul funicolo ombelicale del feto umano (Venezia 1848), Di una singolare deformità del cuore riscontrata in un vitello bicipite (Milano 1852).
Si dedicò con attenzione a ricerche sul sistema nervoso, sul sistema vascolare e sul sistema ghiandolare. In particolare, lo studio istologico delle tonache vascolari, specialmente dei capillari, era fondato su accurate ricerche embriologiche e corredato da accurate tavole. Si occupò della istologia delle pareti arteriose e venose, dei processi ateromatosi delle arterie e delle relative implicazioni patologiche e chirurgiche; studiò l'anatomia e la fisiologia delle ghiandole linfatiche. Dall'analisi delle sue esperienze di anatomia comparata trasse materiale utile alle osservazioni di anatomia umana; studiò il sistema nervoso dei Pesci e compì vivisezioni su Mammiferi. Nello studio dell'anatomia tenne comunque sempre presente i riferimenti alle attività della chirurgia, al cui esercizio del resto si dedicò assiduamente: sosteneva, infatti, la necessità di fondare sopra una perfetta conoscenza dell'anatomia la pratica medica e chirurgica. Nel 1838 curò la traduzione dell'opera di G. Berres, Osservazioni microscopiche sulle ramificazioni periferiche dei vasi sanguigni e sull'intima struttura dei nervi, pubblicato a Venezia nello stesso anno.
Gli episodi del Risorgimento nazionale segnarono un profondo mutamento nella vita del C., l'inizio dell'esilio, l'abbandono della cattedra universitaria. Ma il periodo piemontese determinò anche il suo avvio alla nuova serie di studi; l'ingresso nella carriera di chirurgo militare lo riavvicinò alla pratica della chirurgia e lo spinse verso le importanti affermazioni in questo settore che fanno di lui una delle principali figure della medicina e della chirurgia militare. Nella sua lunghissima e operosa carriera nell'esercito si affermò, oltre che come organizzatore e tecnico di valore, anche come scienziato teso ad applicare nella nuova sfera di interessi il metodo rigoroso di ricerca e lo spirito indagatore ereditato dalla sua formazione accademica. La sua nutrita esperienza anatomica e chirurgica si unì alla pratica osservazione delle campagne di guerra e del lungo esercizio nell'ospedale militare. Raccolse le sue osservazioni in diversi contributi e lavori scientifici; la parte più cospicua di questi lavori affrontava il problema delle ferite di guerra e segnatamente delle ferite d'arma da fuoco, anche in rapporto con le nuove tecnologie delle armi; si occupò inoltre delle malattie che colpivano le truppe e degli esiti di malattie e di ferite contratte in campagna. Un suo primo contributo in materia di ferite d'arma da fuoco fu la memoria Storia di una ferita del cervello prodotta da arma da fuoco (Torino 1850).
La notevole esperienza della guerra del 1859 gli servì a raccogliere le Considerazioni pratiche sulle ferite d'arma da fuoco osservate nell'ultima guerra (ibid. 1859), che si propose, per la sua originalità di osservazioni e per l'ampio corredo di notazioni pratiche, come il primo valido studio sulla materia. Dalle medesime circostanze trasse materiale per lo studio Delle ferite che riportano i cannonieri se parte il colpo nell'atto del caricare il cannone (Milano 1860).
La sua opera più conosciuta sull'argomento è la Guida teorico-pratica del medico militare in campagna (Torino 1862-63); iniziata nel 1861 costituisce un trattato completo sulle ferite e sulle principali questioni della chirurgia militare, soprattutto in ordine alle necessità delle amputazioni primarie e secondarie, dei trattamenti conservativi e di tutti i provvedimenti indispensabili per guidare il lavoro più sicuro del medico nel corso delle battaglie, negli ospedali e nelle ambulanze da campo. Poco tempo dopo vi apportò aggiunte e note in una nuova pubblicazione: Delle imperfezioni superstiti alle ferite ed alle malattie contratte in campagna (ibid. 1864), che comprendeva una appendice di completamento sulla istituzione delle compagnie di sanità e dei portaferiti, non ancora contemplate nell'ordinamento dell'esercito. Un altro lavoro di qualche interesse fu quello sulle Malattie e imperfezioni che incagliano la coscrizione militare in Italia (Milano 1866), opera che fu premiata al R. Istituto lombardo di scienze e lettere.
La partecipazione alla terza guerra di indipendenza gli offri materia per la pubblicazione di un nuovo lavoro: Relazione della campagna del 1866 riguardante lo stato sanitario dell'esercito (Venezia 1867), cui seguirono altre brevi note di ragguagli sulle perdite subite dall'esercito italiano. Dalle numerose esperienze e osservazioni poté quindi proporre nuovi interventi; l'anno seguente apparve il lavoro Sui comitati di soccorso ai feriti e malati in guerra, (ibid. 1868), in cui ne propose un'organizzazione e un ordinamento che fossero utili senza intralciare l'azione militare. Nel 1869 pubblicò, a Milano, Sui progressi della chirurgia conservativa nelle ferite articolari per arma da fuoco.
Apparvero in quel periodo anche le osservazioni Sui progressi che le ultime guerre hanno promosso nelle istituzioni civili ed umanitarie (Venezia 1871-72) e l'importante scritto Sulle armi da fuoco attuali e sugli effetti dei loro proiettili nell'organismo vivente (ibid. 1873), che riproponeva in trattazione organica le sue osservazioni precedenti e le considerazioni sopra le nuove armi e la loro lesività.
Oltre alla cospicua produzione scientifica in tema di medicina militare, il C. è ricordato per pubblicazioni e studi anatomici (Considerazioni anatomo-patologiche sulle glandule sanguigne e sui tessuti erettili caveritosi, Venezia 1870), gli studi sulle ghiandole linfatiche, la collaborazione alla Enciclopedia Pomba di Torino e al Dizionario delle scienze mediche di A. Corradi, P. Mantegazza e G. Bizzozero. Si impegnò inoltre in traduzioni: oltre a quella citata del Berres, tradusse il Sommario di fisiologia umana speciale di G. Budge (Milano 1854) e il Libro della natura di F. Schoedler (Torino 1865). Nel 1881 pubblicò a Venezia, in collaborazione con G. P. Vlacovich, Di alcuni cranii di scienziati distinti, che si conservano nel Museo anatomico dell'università di Padova e che appartennero alla sua scuola.
Restano tra i suoi lavori anche diversi discorsi commemorativi ed elogi funebri, tra cui quelli per Gaspare Federico e Michelangelo Asson. E. Fabietti ha pubblicato le sue memorie: Un italiano nel Risorgimento. Memorie inedite di Francesco Cortese, in Rassegna storica del Risorgimento, XXIX (1942), pp. 484-546.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Annuario scient. ed industr., XX (1883), pp. 608 s.; A. Corradi, Della chirurgia in Italia dagli ultimi anni del secolo scorso fino al presente, Bologna 1871; E. Ricciardi, F. C., in Giornale di medicina militare, XXXII(1884), pp. 3-21; F. Lussana, Comm. d. prof. dr. C., in Atti d. R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, s. 6, III (1884-85), pp. 19-51; G. P. Viacovich, Commem. d. Prof. F. C., Padova 1887; A. Cesarini, Profili di chirurghi militari italiani, Roma 1930, pp. 33-37; D. Giordano, Chirurgia, I, Milano 1938, p. 12; B. Zanobio, Je le pansai, Dieu le guérit. Gli aforismi di chirurgia militare di Louis Appia (1818-1898) sulla cura delle ferite d'arma da fuoco, in Giorn. d. Accad. di med. di Torino, numero speciale 1980, pp. 5-95; A. Hirsch, Biograf. Lexikon der hervor. Arzte..., II, pp. 556 s.; Diz. del Risorg. naz., II, ad vocem.