Cossiga, Francesco. - Uomo politico e giurista italiano (Sassari 1928 - Roma 2010). Deputato e senatore della DC, nelle cui vesti fu ministro, presidente del Consiglio e presidente del Senato, nel 1985 venne eletto presidente della Repubblica. L'ultima fase del suo settennato fu caratterizzata da una marcata accentuazione del peso politico-istituzionale della figura presidenziale, concretizzatasi in una serie di prese di posizione nelle quali C. criticò i limiti e i difetti della vita istituzionale e politica del paese.
Di precocissimo ingegno (conseguì la maturità a 16 anni e la laurea in giurisprudenza a 20, diventando ben presto docente di diritto costituzionale all'univ. di Sassari), fin dal 1945 aderì alla Democrazia cristiana, della quale fu poi (1956-58) segretario provinciale a Sassari. Deputato (1958-83), poi senatore (1983-85) della DC, fu ministro per la Riforma della pubblica amministrazione (1974-76). Ministro dell'Interno dal febbr. 1976, si dimise nel maggio 1978 dopo l'uccisione di A. Moro. Presidente del Consiglio dall'ag. 1979 all'ott. 1980, alla testa di due successivi governi di coalizione (DC, PSDI, PLI; DC, PSI, PRI), presidente del Senato dal luglio 1983, nel giugno 1985 fu eletto presidente della Repubblica. Negli ultimi anni del suo mandato ha interpretato in modo più attivo il ruolo politico-istituzionale del capo dello Stato, specie nei rapporti con la magistratura, suscitando sia consensi sia riserve. In particolare, quando nell'ottobre del 1990 emerse l'esistenza di una rete militare segreta denominata Gladio, legata alla NATO e destinata a guidare forme di lotta armata in caso di invasione di una potenza comunista, C. rivendicò a sé il merito di aver contribuito, in qualità di sottosegretario alla Difesa negli anni Sessanta, alla definizione dei compiti e della struttura di tale organizzazione. Dopo l'archiviazione di una denuncia nei suoi confronti per attentato alla Costituzione, presentata nel dicembre 1990 da Democrazia proletaria, nel dic. 1991 il Partito democratico della sinistra chiese al Parlamento la sua messa in stato d'accusa. Autodenunciatosi alla magistratura ordinaria, C. fu prosciolto nel 1994, dopo l'istruttoria e la conforme proposta del Tribunale dei ministri. Nell'apr. 1992, sostenendo che un nuovo presidente della Repubblica, forte del mandato appena ricevuto, avrebbe potuto affrontare più efficacemente la crisi politica del paese, C. rassegnò le dimissioni con un lieve anticipo sulla scadenza naturale del settennato. Divenuto senatore a vita, non rientrò nelle file della Democrazia cristiana e aderì al gruppo misto del Senato. Negli anni successivi continuò a essere presente sulla scena politica italiana, e nel 1998 promosse la costituzione dell'Unione democratica per la repubblica (UDR), formazione autonoma di centro sorta con l'obiettivo di aggregare una vasta area di forze moderate, alternative alla sinistra, al cui interno confluirono, tra gli altri, esponenti di Forza Italia, dei Cristiani democratici uniti e del Centro cristiano democratico. Leader effettivo del nuovo partito, pur ricoprendo al suo interno la carica di presidente onorario, C. promosse l'alleanza dell'UDR con lo schieramento di centrosinistra, culminata nell'ottobre 1998 nell'ingresso nel governo D'Alema. Nel febbraio 1999 uscì dall'UDR (divenuta in apr. Unione democratici per l'Europa, UDEUR). Nell'autonomia offerta dalla carica di senatore a vita, negli anni successivi ha sostenuto nel voto di fiducia governi di segno politico opposto. È stato insignito di numerose onorificenze, fra cui quella di Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone (1992).
Tra gli scritti, a carattere memorialistico: Il torto e il diritto: quasi un'antologia personale (a cura di P. Chessa, 1993); La passione e la politica (a cura di P. Testoni, 2000); Italiani sono sempre gli altri (in collab. con P. Chessa, 2007); La versione di K (2009).