D'ALESSIO, Francesco
Nacque a Montescaglioso (Matera) il 27 maggio 1886, da Carlo e Vincenza Salinari. Di condizioni economiche benestanti (il padre notaio, una lunga tradizione familiare nelle professioni liberali), studiò a Molfetta e a Taranto e si laureò in giurisprudenza a Roma nel luglio del 1907. Nel febbraio 1908 sposò Ortensia Venezia. Dopo aver vinto un concorso nell'amministrazione dei Lavori Pubblici, nel 1912 conseguì la libera docenza in diritto amministrativo. davanti ad una commissione presieduta da Antonio Salandra. Aveva nel frattempo già iniziato la sua intensa collaborazione alle riviste giuridiche, pubblicando tra l'altro sulla Rivista di diritto pubblico uno studio su Il sistema delle promozioni nella legge sullo stato giuridico degli impiegati (1910) e un saggio su Diritti subbiettivi e competenza in materia di conferimento di impieghi pubblici (1911).
In vista della docenza, nel 1912, pubblicò (a Milano) inoltre la "dissertazione scritta" su Rapporti e conflitti fra le due sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, che la commissione d'esame giudicò non priva "di qualche esuberanza e qualche imprecisione, però non tali da infirmare il giudizio favorevole"; Salvatore D'Amelio per altro, ne scrisse subito entusiasticamente, riconoscendovi il programma d'azione della stessa Rivista di diritto pubblico, giacché il D. vi sosteneva la tesi della separazione delle due sezioni contenziose del Consiglio di Stato, nonché quella del "riordinamento degli istituti di giustizia amministrativa in una giurisdizione vera e propria di un organo autonomo giudiziario" (S. D'Amelio, Su i rapporti e conflitti fra le due sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, in Rivista di diritto pubblico, IV [1912], 1, p. 441).
Nell'anno accademico 1912-13 il D. tenne un corso libero di diritto amministrativo nell'università di'Roma (lo scritto su Il diritto amministrativo internazionale e le sue fonti, Milano 1913, ne costituì la prolusione) e nel febbraio 1914 ebbe la nomina a professore straordinario nella libera università di Urbino (a Urbino, e poi a Macerata, insegnò sino al novembre 1922).
Tra i lavori di quest'epoca sono da segnalare la prolusione al corso 1913-14 (Dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo al moderno Stato di diritto, edito a Roma nel 1915, dedicato ad O. Ranelletti, di cui il D. riconobbe "l'influenza decisiva") la relazione sulla funzione della libera docenza, tenuta al terzo congresso nazionale dei liberi docenti (Roma, aprile 1915), e soprattutto il volume su Le parti nel giudizio amministrativo (Milano-Napoli 1915), nel quale emergeva il fondamentale interesse del D. per il diritto processuale amministrativo, sostanziato dalla sua spiccata sensibilità per quei temi più strettamente connessi alla già intensa pratica forense.
Con il dopoguerra ebbe inizio la breve parentesi (meno di un decennio) dell'impegno parlamentare. Nelle elezioni politiche del 1919 il D. fu candidato nel collegio di Potenza in una lista di chiara impronta antinittiana. denominata "Opposizione costituzionale": riuscì eletto come esponente della minoranza, sebbene la stampa avversa (Il Mattino di Napoli) ne criticasse "il programma non ancora ben definito" e le strumentali aperture verso i combattenti (ad esempio sulla questione fiumana). Peraltro, alla Camera il D. si iscrisse al gruppo del Rinnovamento; nel corso della XXV legislatura fu tra l'altro membro della commissione permanente Finanze e Tesoro e commissario della giunta generale del Bilancio.
La sua attività, a parte l'interesse dimostrato per la riforma dell'amministrazione centrale, fu prevalentemente dedicata ai problemi del collegio, con un'estensione tuttavia a quelli delle province del Mezzogiorno che lo indusse a partecipare attivamente alle iniziative della deputazione meridionale (il D. sostenne il decentramento politico ed amministrativo nella tradizionale accezione liberista del trasferimento dei poteri dalle classi dirigenti, centrali ai potabilati periferici).Nel 1920, quando anche a Matera nacque il fascio locale, il D., come avversario di Nitti, non assunse un atteggiamento di ostilità (ciò che spiega perché lo storico della "rivoluzione fascista", il Chiurco, segnali il suo, nome con quello del fratello Nicola tra i simpatizzanti del nuovo movimento): nel maggio 1921, in effetti, la lista "giolittiana" nella quale il D. si ricandidò alla Camera (capeggiata dall'ex capo di gabinetto del sottosegretario C. Corradini e collegata all'Unione nazionale) ottenne, in quanto dichiaratamente antinittiana, l'appoggio dei combattenti e dei fascisti locali. Il D. fu rieletto nel collegio di Potenza, risultando il terzo in assoluto dopo Nitti e il capolista "giolittiano" Faudella.
Nella nuova Camera (XXVI legislatura) il D. si iscrisse al gruppo della Democrazia sociale, partecipando ai lavori di varie commissioni, tra le quali ancora quella Finanze e Tesoro, quella per l'esame del disegno di legge sulla riforma dell'amministrazione, nonché quelle per la vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti e sulle ferrovie.
Nel 1922 il D. fu chiamato come professore straordinario a insegnare diritto amministrativo.e scienza dell'amministrazione presso l'università di Cagliari, dove tenne il 18 genn. 1923 una prolusione su Crisi dello Stato e crisi del diritto (Città di Castello 1923).
In essa poneva l'accento sulle "tre forze simultaneamente operanti: la tralignazione dell'idea di partito, il regionalismo, il sindacalismo". Nel marzo dello stesso anno, però, si dimise per incompatibiltà con l'ufficio di deputato, ma per chiedere subito la, reintegrazione nel dicembre successivo, quando fu chiamato alla cattedra della stessa disciplina presso l'università di Siena.
Nel maggio 1924, dopo un tentativo fallito di Michele Bianchi di varare nella circoscrizione Calabria-Lucania un listone fascista comprensivo di tutti gli esponenti locali del liberalismo conservatore, il D. capeggiò, come sempre in contrapposizione allo schieramento nittiano, la lista che assunse appunto il suo nome (o lista "fiancheggiatrice"), ancora in collegamento, a livello nazionale, con il raggruppamento liberal-nazionalista guidato dall'on. C. Corradini. La lista, parallela ma non contrapposta al "listone" fascista, ebbe chiaramente la funzione di disturbare le opposizioni, tanto che Il Mattino volle sottolineare come i suffragi da essa raccolti dovessero "essere considerati alla medesima stregua di quelli dati alla lista nazionale". Sia il D. sia il. fratello Nicola furono eletti.
Alla fine del 1924 il D., che nel frattempo aveva ottenuto il trasferimento nell'università di Pavia.ed era entrato a far parte del comitato di redazione della Rivista di diritto pubblico in seguito alla fusione di questa con La Giustizia amministrativa, ottenne la tessera del Partito nazionale fascista; nella nuova Camera egli assunse incarichi di rilievo, quali quello di, presidente della sottogiunta del Bilancio per l'Interno, e fu relatore sulla legge di riforma elettorale e sulla indennità parlamentare. Nel luglio 1925, succeduto a De Stefani il nuovo ministro delle Finanze Volpi, questi lo chiamò al posto di sottosegretario nel suo dicastero.
Come uomo di governo il nome dei D. resta legato alla riforma della finanza locale dell'ottobre 1925, che modificò radicalmente il sistema di finanziamento degli enti locali sino ad allora basato sull'imposizione diretta e creò la commissione centrale per la finanza locale; ma il D. fu anche il promotore di un intenso programma di opere pubbliche in Basilicata, in parte esteso anche ad altre regioni dei Mezzogiorno ed apparve collegato per più vie agli interessi rappresentati a quell'epoca dal fascismo meridionale (Starace, Di Crollalanza ecc.). In questo contesto egli fu membro, tra l'altro, del consiglio di amministrazione dell'Ente acquedotto pugliese, come rappresentante della Basilicata.
Nel marzo 1926 il V congresso provinciale, dei fasci della Basilicata proclamò plebiscitariamente il D. segretario federale di Potenza, dopo che nei mesi immediatamente precedenti un commissario inviato da Roma (G. Caradonna) aveva eliminato, attraverso provvedimenti disciplinari e scioglimenti di intere organizzazioni locali, la resistenza dei suoi avversari interni e messo a tacere la campagna di polemiche contro il suo passato di liberale. Qualche mese più tardi il suo principale oppositore, il deputato Vito Catalani, venne espulso dal P.N.F. "per indegnità".
Nel novembre 1926 il D. fu sostituito al sottosegretariato delle Finanze da G. Frignani e F. Suvich (pur restando., sino al maggio dell'anno successivo, segretario federale, prima di Potenza, poi di Matera). Ciò determinò un ripiegamento nell'attività scientifica, che del resto non era stata mai completamente trascurata neppure negli anni precedenti: nel 1924 aveva pubblicato, in collaborazione con Michele La Torre, un Commento alla legge comunale e provinciale... e nel 1927 lo studio su Aspetti attuali del diritto pubblico italiano, scritti entrambi dedicati, sia pure in modo diverso, ad approfondire il nesso di continuità tra la tradizione giuridica e le riforme "fasciste". I suoi rapporti con le gerarchie del fascismo, tuttavia, andarono rapidamente deteriorandosi: già alla fine degli anni Venti gli furono rimproverate le relazioni di amicizia con alcuni ex parlamentari antifascisti; nel 1928 gli fu negato il trasferimento all'università di Napoli; nel 1931, addirittura, gli fu ritirata la tessera del P.N.F. ed ebbero inizio quelle che il D. stesso, in una lettera del 1935 all'allora ministro della Educazione nazionale De Vecchi, avrebbe definito le "note traversie politiche".
Gli anni Trenta furono per il D. soprattutto un decennio di intensa attività professionale e scientifica. Nel 1931 pubblicò un contributo negli Studi in onore di Oreste Ranelletti; nel '30 aveva pubblicato a Milano la prima edizione delle Istituzioni di diritto amministrativo, opera che, anche per il suo impianto lineare e la sua impostazione programmaticamente pedagogica, sarebbe stata destinata a una lunga fortuna editoriale. Nel 1936, in un nuovo commento alla legge comunale e provinciale, mise in rilievo le novità introdotte dalla legislazione di quell'anno.
Nel 1935 si era intanto trasferito all'università di Napoli per assumervi la cattedra di istituzioni di diritto pubblico, nel 1936 passò a quella di diritto finanziario e scienza delle finanze (nel 1937 pubblicò un Corso di diritto finanziario). Nel 1938, finalmente, ritornò alla sua antica disciplina del diritto amministrativo, proprio mentre dava alle stampe un nuovo libro su Le leggi sulla giustizia amministrativa commentate.
Tra le opeie degli anni immediatamente successivi sono da segnalare il contributo su Lo Stato fascista come Stato di diritto, negli Scritti in onore di Santi Romano (Padova 1940), dove il D. si ripropose il problema del raccordo tra "vecchio" e "nuovo" diritto, e le edizioni successive delle Istituzioni (due, Torino 1939, 1943).
Caduto il fascismo, nel novembre 1944 una ordinanza delle autorità alleate sospese il D. dall'ufficio di professore in base al decreto legge sull'epurazione del 29 luglio 1944. Prima di essere sottoposto al giudizio della commissione epurazione per il personale universitario, il D. preferì chiedere il collocamento a riposo, ciò che di fatto sospese ogni ulteriore provvedimento nei suoi confronti.
Tuttavia già una sentenza della Corte d'appello di Roma, nel 1946, stabilì che il D. aveva svolto durante il regime soltanto "normale attività", e un successivo decreto del presidente del Consiglio del dicembre 1947., annullando il collocamento a riposo, gli consentì di riprendere servizio presso l'università di Napoli.
Nel 1949 uscì a Torino l'ultima edizione delle Istituzioni, "riveduta e aggiornata e coordinata alla Costituzione della Repubblica con la collaborazione del magistrato Giacomo Ebner" (il genero del D., sostituto procuratore presso la Corte di cassazione). Nella prefazione, coglieva la occasione per una rivendicazione dell'intera sua opera di giurista ("mai ho rinnegato il mio pensiero") e per una convinta rivalutazione del lavoro scientifico compiuto nell'arco dell'intero ventennio fascista "nel tener fermi, nella teoria, i principi indefettibili dello Stato moderno, riportando sempre allo spirito degli antichi ordinamenti le novità succedutesi per un ventennio".
Morì a Roma il 1° apr. 1949.
Fra i suoi scritti principali ricordiamo inoltre: Commento alla legge comunale e provinciale e relativo regolamento con aggiunte sulla riforma Mussolini, in collaborazione con M. La Torre, Napoli 1924; La giurisdizione esclusiva degli organi della giustizia amministrativa rispetto agli atti degli enti non esercitanti potere d'impero, in Studi di diritto pubblico in onore di O. Ranelletti nel XXXV anno di insegnamento, I, Padova 1931; Commento al t. u. della legge comunale e provinciale(3 marzo 1934, n. 383), Torino 1936; Concetto, obiettivo e natura del diritto finanziario, in Raccolta di scritti di diritto pubblico in onore di G. Vacchelli, Milano 1938; Le leggi sulla giustizia amministrativa commentate, Torino1938.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Arch. d. Ministero della Pubblica Istruzione, Direz. generale Istruzione Superiore, Divisione I, Fascicolo D. R; Atti parlamentari, Camera dei Deputati, legislature XXV, XXVI e XXVII, ad nomen; necrol. in Il Foro amministrativo, 1949, parte IV, pp. 11-14; A. Martuscelli, F.D., in La Basilicata nel mondo, II (1925), 7, pp. 345 ss.; Finalmente un Capo!, in Basilicata nuova, 31marzo 1925; B. Ginnari, F. D., ibid., 18apr. 1926; G. A. Chiurco, Storia della rivoluz. fascista, IV, Firenze 1929, p. 344; A. Aquarone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino 1965, p. 2; R. Ruffilli, La questione regionale dall'unificazione alla dittatura(1862-1942), Milano 1972, pp. 283, 288; E. Rotelli, L'alternativa delle autonomie. Istituzioni locali e tendenze politiche nell'Italia moderna, Milano 1978, p. 196n.; M. Fatica, Michele Bianchi, in Uomini e volti del fascismo, a cura di F. Cordova, Roma 1980, p. 60.