FRANCESCO da Città di Castello (detto Tifernate)
Nacque a Città di Castello, nell'Alta Valle del Tevere, probabilmente attorno al 1485-1487, come si desume dal Titi (1686, p. 447) e dal documento di commissione della Pala Magalotti, secondo il quale nel 1505 era ancora minorenne (Mancini, 1983, p. 33). Suo padre, Battista "Floridi", esercitò la professione di orefice e ricoprì diverse cariche pubbliche; nel 1511, ad esempio, era priore in rappresentanza del rione di Porta San Florido, ove evidentemente la famiglia risiedeva (Città di Castello, Archivio comunale, Riformanze, vol. 54, 1499, f. 173v; vol. 55, 1511, f. 260v).
Poco si conosce riguardo alla formazione artistica di Francesco. La sua cifra stilistica, desumibile dalle poche opere certamente di sua mano giunte sino a noi, lascerebbe supporre un tirocinio nell'ambito peruginesco, se non una vera e propria presenza di F. nella bottega di P. Vannucci. Tale formazione è il presupposto necessario per l'accostamento alle novità introdotte da Raffaello, di cui F., unico in quegli anni nell'Alta Valle del Tevere, terrà conto assai precocemente.
F. infatti fu sicuramente in contatto con Raffaello, che forse aveva avuto modo di conoscere durante il soggiorno di questo a Città di Castello, tanto più che il padre di F. figura nel 1500 nell'atto di allogazione della smembrata Pala di s. Nicola da Tolentino (nota attraverso una copia), in qualità di mallevadore di Raffaello e del suo collaboratore Evangelista da Pian di Meleto (G. Magherini Graziani, Documenti inediti relativi al s. Nicola da Tolentino e allo Sposalizio di Raffaello, in Boll. della Deput. di storia patria per l'Umbria, XIV [1908], pp. 88 s.).
Il rapporto con la pittura del Perugino e di Raffaello, nonché, come notato da M. Bocciolesi e V. Garibaldi (Raffaello giovane…, 1983, p. 202), alcune caratteristiche compositive e stilistiche quali il paesaggio, la deformazione delle mani e la rotondità delle guance, farebbero ritenere ascrivibile alla mano di F. il Gonfalone della Misericordia (Città di Castello, Pinacoteca civica). L'opera, assegnata da R. Longhi (in Paragone, VI [1955], 65, pp. 8 ss.) a Raffaello giovane e ritenuta dal Mancini (1987, pp. 166 s.) lavoro di un anonimo artista locale, presenta su un lato la Crocifissione, secondo una tipologia desunta dal Perugino, e sull'altro la Madonna della Misericordia. Il Gonfalone potrebbe essere una delle prime prove di F., forse realizzata in collaborazione con un altro artista, databile non oltre i primissimi anni del Cinquecento. A quest'opera dovrebbe far seguito, intorno al 1503-1504, la pala della chiesa parrocchiale di Selci raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra i ss. Girolamo e Florido. La pala presenta notevoli analogie iconografiche e stilistiche con dipinti del Perugino, ad esempio, per l'impianto architettonico, paragonabile a quello della cosiddetta Pala dei Decemviri, oggi alla Pinacoteca Vaticana per la figura della Vergine assisa in trono con il Bambino sulle ginocchia, peruginesca nei gesti e nelle fattezze.
A una data prossima al 1504-1505 è invece riconducibile la pala proveniente dalla chiesa di Ognissanti, oggi nella Pinacoteca civica di Città di Castello: se nella lunetta, con l'Annunciazione di Maria, prevalgono ancora motivi tratti dal Perugino e dal Pinturicchio, come nell'architettura e nel paesaggio, nel resto della pala, dove sono rappresentati la Madonna col Bambino e santi, più evidenti si fanno gli influssi di Raffaello giovane; in particolare nell'impianto compositivo, derivato dalla Pala Colonna dell'urbinate (New York, Metropolitan Museum), e nella figura di s. Caterina d'Alessandria, esemplificata sulla Vergine dello Sposalizio di Brera a Milano. Nell'uso dei colori e nei panneggi emergono invece reminiscenze signorelliane. La presenza, nelle opere di F., di precisi schemi compositivi derivati da Raffaello, a partire da questa pala, farebbe pensare che egli, oltre a copiare i dipinti del maestro, abbia utilizzato, come altri pittori della cerchia (Ferino Pagden, 1986, p. 101), alcuni disegni dell'urbinate.
L'unico punto fermo nella cronologia dell'opera di F. è l'Annunciazione della Pinacoteca civica di Città di Castello, firmata "Franciscus Thifer". La pala è databile al 1506 dal momento che l'atto di commissione - al quale prese parte il padre garantendo per il figlio, evidentemente minorenne - fu stilato l'anno precedente. L'opera fu realizzata per l'altare della famiglia Magalotti nella chiesa di S. Domenico a Città di Castello; i committenti richiesero che si ispirasse, per magnificenza e per quantità d'oro da utilizzare, alla cosiddetta Pala Mond di Raffaello (Londra, National Gallery), presente allora nella medesima chiesa. Il contratto prevedeva anche una predella con l'immagine di s. Caterina e qualche altra scena relativa alla vita della Vergine. Il pittore s'impegnava inoltre a dipingere nella cappella un'immagine della committente Ludovica Magalotti genuflessa, il tutto per la cifra di 31 ducati.
La Pala Magalotti viene generalmente considerata come il vertice stilistico e qualitativo della pur breve parabola artistica di F. (Mancini, 1987). I prevalenti caratteri raffaelleschi, evidenti soprattutto nelle figure del Padreterno e degli angeli, ispirati a quelli della lunetta della già citata Pala Colonna, vengono stemperati dall'adesione a fonti culturali più propriamente altotiberine e signorelliane, in particolare nello schema compositivo, ripreso da quello dell'Annunciazione di Luca (Volterra, Pinacoteca comunale). Significativo è comunque il fatto che i committenti, desiderosi, come risulta anche dal contratto, di avere un dipinto conforme ai modi di Raffaello, scegliessero come loro artista proprio F., evidentemente unico seguace del maestro, a quella data, nella regione.
Successiva al 1506 sembrerebbe essere un'altra Annunciazione, oggi al Museo del duomo di Città di Castello e in origine, probabilmente, nella cappella Uberti dello stesso duomo, ove la vide il Titi nel Seicento. L'opera presenta alcune analogie con un riquadro della predella della Pala Oddi di Raffaello, oggi alla Pinacoteca Vaticana. Rispetto alla lunetta della tavola di Ognissanti, raffigurante il medesimo soggetto secondo moduli ancora quattrocenteschi, qui F. si aggiorna a un più sciolto gusto cinquecentesco, mentre, nella lunetta posta a coronamento del dipinto, raffigura il Padreterno secondo la tipologia raffaellesca da lui già utilizzata.
Per le analogie stilistiche a F. va probabilmente assegnato anche un frammento di una tavola più vasta (Angelelli - De Marchi, 1991, p. 151, fig. 274), verosimilmente una Trinità, anche se il cattivo stato di conservazione e la frammentarietà della stessa rendono impossibile una valutazione definitiva. Comunque quest'opera sembrerebbe essere in rapporto con la Trinità di Raffaello in S. Severo a Perugia, e quindi databile dopo il 1507-1508. Un'altra sua opera, una tavola raffigurante S. Donnino e s. Giobbe in S. Maria Nuova a Città di Castello, andò distrutta durante il terremoto del 1789.
Nessun riscontro hanno trovato finora le notizie della partecipazione di F. a imprese decorative a Roma, fornite dal Titi (1686), suo primo biografo. Ignoto è l'anno di morte.
Fonti e Bibl.: F. Titi, Ammaestramento utile e curioso di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma, Roma 1686, pp. 166, 447, 456; G. Magherini Graziani, L'arte a Città di Castello, Città di Castello 1897, pp. 172 s.; W. Bombe, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, VI, Leipzig 1912, p. 151; A. Venturi, Storia dell'arte ital., Milano 1913, VII, 2, pp. 748-750; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria, Spoleto 1923, pp. 120 s.; V. Corbucci, Il palazzo di Alessandro Vitelli e la Pinacoteca di Città di Castello, Città di Castello 1931, pp. 64 s.; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting. The Renaissance painters of Umbria, The Hague 1933, XIV, pp. 311, 447-450; Raffaello giovane e Città di Castello (catal.), Città di Castello 1983, pp. 84, 139, 184-186, 198-203; Pittura in Umbria tra il 1480 e il 1540. Premesse e sviluppi nei tempi di Perugino e Raffaello, Milano 1983, pp. 18, 41 s., 44, 191; F.F. Mancini, Raffaello e F. Tifernate: un documento e alcune precisazioni, in Antichità viva, XII (1983), 5-6, pp. 27-34; S. Ferino Pagden, The early Raphael and his Umbrian contemporaries, in Studies in the history of art, XVII (1986), pp. 99 s.; Pinacoteca comunale di Città di Castello, I, Dipinti, a cura di F.F. Mancini, Perugia 1987, ad Indicem; W. Angelelli - A.G. De Marchi, Pittura dal Duecento al primo Cinquecento nelle fotografie di G. Bombelli, Milano 1991, p. 151.