DA COLLO, Francesco
Nacque a Conegliano (Treviso) intorno al 1480 da una nobile famiglia originaria di Ceneda (att. Vittorio Veneto). Si dedicò all'attivita diplomatica al servizio di Massimiliano I di Asburgo: l'imperatore lo nominò cavaliere e lo impiegò in numerose occasioni, presumibilmente negli anni 1508-1519, stando alla Nota expensarum relativa alla missione in Moscovia in cui il D. parla di undici anni di servizio (J. Fiedler, Die Allianz, p. 289). Egli stesso racconta di essersi "adoperato in molti viaggi per servitio di sua Maestà così in Francia al Christianissimo Re Francesco d'Angulem, come a Napoli, et in diverse città d'Italia, et precipuamente a Roma, et in Venetia presso l'altezza del Serenissimo mio Prencipe" (Trattamento di pace, c. 2); al ritorno da Mosca egli si recò inoltre in Spagna per riferire del suo operato al successore di Massimiliano (J. Fiedler, Die Allianz, p. 288).
Della sua vita e della sua attività non si hanno notizie particolareggiate; le principali si traggono dalla sua opera e dall'introduzione che ad essa scrisse il nipote Latino, che ricorda come lo zio "altri negotii gravissimi e importanti hebbe per se stesso a trattare, et a finire, come da lettere originali del medesimo Imperatore, di Ferdinando Re di Bohemia, di Francesco duca di Milano (del quale fu ordinario ambasciatore presso il Duca di Savoia), del Duca di Borbone, e d'altri principi" (ibid., p. XII).
Rappresentante di una delle più ragguardevoli famiglie di Conegliano, al D. si rivolse il podestà nel 1532 e nel 1536, perché coordinasse i preparativi per una degna accoglienza a Carlo V che, a capo delle sue truppe, avrebbe pernottato nel borgo. A Conegliano morì nel 1571, come si legge sulla pietra tombale nella cappella della Beata Vergine - oggi sconsacrata - sita nell'avito palazzo che sorge sulla piazza della cittadina, presumibilmente non molto dopo che il nipote Latino l'ebbe conosciuto "in età d'anni presso a novanta" (ibid., p. XI). Il suo nome è legato al viaggio che intraprese nel 1518 in Moscovia come nuntius imperiale per tentare di comporre l'annoso conflitto tra Polacchi e Moscoviti e unire i due contendenti in una lega per la lotta comune contro il sultano.
Nel progetto, caldeggiato per motivi diversi tanto da Venezia quanto dalla S. Sede, la Moscovia occupava un posto rilevante; il conflitto che la opponeva alla Polonia costituiva però un grave intralcio. Massimiliano I, che intratteneva rapporti amichevoli con entrambi i sovrani, offrì allora al pontefice la propria mediazione e inviò a Mosca dapprima, nel 1517, il segretario regio Sigismondo Herberstein e successivamente, nell'aprile del 1518, il D. e il nobiluomo padovano Antonio de Conti per trattare direttamente con Basilio III la pace con la Polonia o, in alternativa, la conclusione di una tregua quinquennale.
Al D. l'imperatore affidò, inoltre, un incarico particolare di tutt'altro genere: appassionato di cosmografia, egli aveva avuto e letto con interesse il nuovissimo Tractatus de duabus Sarmatiis (Cracovia 1517) di Maciejz Miechowa, dotto umanista e medico di Sigismondo I, che, in contrasto con Tolomeo, affermava che "i monti Allani, Rifei e Hiperborei quivi non sono" e che "vengono i gran fiumi Tanai e Volga, et altri anchora dalla Moscovia, e nascono in paese piano, fangoso e boschereccio, non occupato da monti alcuni" (Historia delle due Sarmatie, Venezia 1584, pp. 3 e 72). Stupito da tali affermazioni, Massimiliano I chiese al D. di "investigar con ogni possibile diligentia il vero" (Trattamento di pace, c. 5) e riferirgliene al ritorno.
Dalla partenza fino al rientro nei primi mesi del 1519 il D. tenne un diario in cui annoto con cura i vari eventi del viaggio, le defatiganti trattative con i dignitari moscoviti, le notizie che sul gran principe e sul suo regno era riuscito a raccogliere.
L'opera, che il D. intendeva pubblicare, restò però inedita, e inedita restò la versione italiana che dell'originale latino - ora perduto - fece nel 1558, su incarico della Serenissima, un altro nobile cittadino di Conegliano, Fabio Sbarra, titolandola Tratato moscovitico con gli accidenti (tale manoscritto è attualmente conservato nella Biblioteca Jagellonica di Cracovia, rp. 7149 II).
Solo vari decenni dopo, quando con la morte del figlio Marco (1596) la discendenza diretta del D. si estinse, il nipote Latino, prendendo possesso del palazzo dello zio, ritrovò il testo latino, lo tradusse a sua volta in italiano e lo diede alle stampe - purtroppo non integralmente - col titolo Trattamento di pace tra il Serenissimo Sigismondo Re di Polonia, et Gran Basilio Prencipe di Moscovia havuto dalli Illustri Signori, Francesco da Collo, Cavallier, Gentil'huomo di Conegliano, et Antonio de Conti, Gentil'huomo Padovano, Oratori della Maestà di Massimilian, Primo Imperatore l'anno 1518. Scritta per lo medesimo Sig. Cavalier Francesco. Con la relatione di quel viaggio, et di quei paesi settentrionali, de' monti Riphei, et Hiperborei, della vera origine del fiume Tanai, et della Palude Meotide, Padoa 1603.
L'opera, che il Ciampi cita come "rarissima e più antica di ogni altra a me nota" (Sullo stato dell'arti..., p. 21) offre molteplici ragioni d'interesse. Consapevole della complessa realtà europea in cui la missione si colloca, il D. si sofferma anche su alcune gravi questioni del momento: i problemi sollevati dalla protesta di Martin Lutero; gli sforzi di Massimiliano per assicurare la successione imperiale al nipote Carlo; la attività di Niccolò Schönberg, nunzio pontificio, che l'imperatore temeva si recasse in Moscovia, ma "mentre furno in quella regione non si ebbe di esso frate alcun aviso intorno la sua venuta" (Trattamento di Pace, c. 5). Segue poi la descrizione del viaggio, dalle soste più importanti, come quella a Cracovia dove il D. venne ricevuto dal re Sigismondo, a quelle più brevi nei centri minori, che pure il D. ricorda ad uno ad uno minuziosamente. La parte centrale dell'opera attiene alla permanenza della ambasceria in Moscovia, dalla solenne udienza concessa all'arrivo dal gran principe, durante la quale con grande eloquenza il D. disegnò un quadro della vastità delle conquiste ottomane, della miserevole schiavitù della Chiesa greca, del pericolo che il sultano rappresentava anche per la Russia, fino al momento della partenza, il 4 genn. 1519. Oltre alle estenuanti trattative con i boiari, "descritte parola per parola come negli atti originali russi" (Karamzin), risoltesi in un fallimento perché non portarono né alla pace né alla tregua quinquennale, il D. offre numerose testimonianze curiose e di prima mano sulla corte moscovita. Quasi in appendice al suo diario, l'autore presenta infine una descrizione del regno moscovita affrontandone brevemente i vari aspetti: la figura del sovrano ed il suo illimitato potere sulle cose e le persone; i territori del regno ed i popoli che li abitano; la costituzione dell'esercito; la religione; l'abbondanza e varietà delle risorse naturali; infine, i monti ed i fiumi principali. Su questo ultimo punto, memore della esplicita richiesta dell'imperatore e inserendosi nella polemica aperta dall'opera del Miechowita, il D. non esita, sulla base di quanto appreso "dal maestro Nicolò Lubecense, medico celeberrimo, et in diverse scientie, et particolarmente nella Cosmographia, et Astrologia peritissimo, et Ugrino Bazerovich huomo universale et de gran pratica" (Trattamento di pace, c. 38) a riaffermare l'esistenza dei famosi monti "Hiperborei e Riphei", a convalidare, insomma, l'architettura tolemaica dell'estremo lembo d'Europa, dando così tra i primi il proprio contributo ad una più diretta conoscenza della Moscovia che, sia pure tra contraddizioni e - come è qui il caso - imprecisioni, l'Europa andava allora scoprendo.
Fonti e Bibl.: Conegliano, Arch. st. com., b. 487 bis: Cronachetta di Conegliano dall'anno 1402 all'anno 1594; Ibid., b. 487, n. 20: D. Del Giudice, Mem. di Conegliano; Ibid., b. 560, n. 1: Miscell. Graziani, f. 284; S. Ciampi, Sullo stato dell'arti e della civiltà in Russia, prima del regno di Pietro il Grande, in Antologia, XXXI (1828), pp. 21 ss.; 25 s.; N. M. Karamzin, Istorija gosudarstva rossiiskogo (Storia dello Stato russo), Sankt-Peterburg 1842, II, 7, pp. 56 s.; S. Ciampi, Bibliogr. critica delle antiche reciproche correspondenze dall'Italia colla Russia, colla Polonia ed altre parti settentrionali, I, Firenze 1834, p. 87; III, ibid. 1842, pp. 98 s.; P. Amat di S. Filippo, Biografia dei viaggiatori ital. colla bibliografia delle loro opere, I, Roma 1882, p. 255; Pamjatniki diplomatičeskich snošenii drevnej Rossii s deržavami inostrannymi (I monum. delle relazioni diplom. dell'antica Russia con le potenze straniere), Sankt-Peterburg 1851, coll. 339 ss.; J. Fiedler, Die Allianz zwischen Kaiser Maximilian I. und Vasilij Ivanovič, Grossfürsten von Russland, von dem Jahre 1514, in Sitzungsber. der Kayserl. Akad. der Wissenschaften, Phil.-hist. Kl., XLIII (1863), 2, pp. 279-89; S. M. Solov'ev, Istorija Rossii s drevnejšich vremen (Storia della Russia dai tempi più antichi), Sankt-Peterburg 1894, I, p. 1625; Enciklopedičeskij slovar' (Dizionario encicl.), X, Sankt-Peterburg 1893, p. 38; Encyklopedia Powszechna (Encicl. universale), Warszawa 1898, III, p. 187; Bol'šaja Encikiopedija (La grande encicl.), VIII, Sankt-Peterburg 1902, p. 43; P. Pierling, La Russie et le Saint-Siège, Paris 1906, I, pp. 219, 269, 286; W. Pociecha, Królowa Bona(1494-1557) (La regina Bona ...), Poznań 1949, II, pp. 137, 517; A. Cronia, La conoscenza del mondo slavo in Italia, Padova 1958, p. 135; K. Buczek, Maciej Miechowita jako geograf Europy wschodniej (Maciei il Miechowita, geografo dell'Europa orientale), in Maciej z Miechowa(1457-1523).Historyk, geograf, lekarz, organizator nauki (Maciej da Miechow..., Storico, geografo, medico, organizzatore di scienze), Wroclaw-Warszawa 1960, pp. 119-121.