DE MARCHI, Francesco
Ingegnere e architetto militare, nato a Bologna nel 1504, morto ad Aquila nel 1576. Giovanissimo militò nelle truppe di Prospero Colonna, poi passò sotto il marchese di Pescara, e, morto questo, sotto Antonio di Leiva, tutti famosi capitani e ottimi intenditori di fortificazioni. Ebbe così occasione di visitare e studiare gran numero di fortezze, e d'impratichirsi nell'arte del bombardiere. Dopo la caduta della Repubblica fiorentina (1530), passò al servizio di Alessandro de' Medici, che, riconosciutane la perizia, lo impiegò con altri ingegneri militari a riattare le fortezze di Firenze e Pistoia, e lo condusse anche con sé a Napoli e a Roma. Morto il granduca, il D. M. fu chiamato a Roma da Paolo III, e con questi fu a Nizza (1538); poi, rientrato a Roma, fu dal papa creato gentiluomo romano e commissario delle artiglierie. Prese parte agli studî per la costruzione della cinta trasteverina e aiutò il Sangallo nel tracciamento dei lavori.
Poi, con Ottavio Farnese, nipote del papa, si recò nei feudi farnesiani degli Abruzzi. Ritornato a Roma (1542), rese noti per la prima volta i suoi studî di fortificazione con un atlante di 28 tavole, che dopo alcuni anni completò portandole a 161 (tale atlante costituisce un celebre codice Magliabechiano). Di poi seguì sempre il Farnese nell'agitata vita che questi ebbe; fu alla difesa di Mirandola e di Torchiara, e lavorò al restauro delle mura di Parma. Ucciso il Farnese, il D. M. si recò nelle Fiandre dove il re Filippo II lo colmò di onori. Ritornato a Piacenza entrò a far parte della corte della duchessa vedova Margherita, con la quale fu ancora nelle Fiandre, quando ella ne fu nominata governatrice; e là egli lavorò alle fortezze di Valenciennes, Malines e Anversa. Sempre al seguito della duchessa (1570) rientrò in Piacenza; e di qui recatosi a Bologna, ebbe da questa città la cittadinanza onoraria. Sempre al seguito della duchessa, si recò nei feudi di lei in Abruzzo, dove morì.
Il suo trattato Della architettura militare (Brescia 1599) segna indubbiamente un gran progresso nell'arte fortificatoria, perché con la profonda conoscenza che l'autore ebbe di questioni d'artiglieria, seppe armonizzare alla potenza di essa la difesa delle terre. L'opera fu plagiata largamente dagl'ingegneri stranieri, e moltissime proposte del D. M. presero poi il nome da altri autori. Sono del D. M. le proposte dei sistemi bastionati, dei fronti rettilinei e a tenaglia, dei fianchi retti e concavi, di falsebrache, barbacani, mezzelune, rivellini, berrette da prete, opere a corno e a corona, strade coperte con piazze d'armi, controspalti, cavalieri, casematte e fossi con manovra d'acqua. Nel Museo del genio di Castel S. Angelo in Roma è una sua grande tavola autografa col sistema d'attacco detto poi alla Vauban. Scrisse anche Ragionamenti su opere civili e militari e compilò due grossi volumi di piante di fortezze (109 italiane, 12 estere). Molte lettere private del D. M. sono nell'archivio di Parma.