De Sanctis, Francesco
Critico letterario e uomo politico (Morra Irpina, odierna Morra De Sanctis, Avellino, 1817 - Napoli 1883). Di famiglia borghese, studiò prima a Napoli presso uno zio prete e poi, dal 1833, alla scuola del marchese Basilio Puoti, purista, uno dei punti di riferimento della cultura napoletana. Dopo aver avuto una prima esperienza di insegnamento, giovanissimo, già nella scuola dello zio, insegnò in seguito al Collegio militare della Nunziatella (dal 1841) e alla scuola privata di Vico Bisi aperta dallo stesso Puoti. Di questa sua prima attività didattica rimane testimonianza negli appunti degli allievi che attestano la sua visione laica della storia, il suo impegno progressista, un rigoroso rifiuto di ogni astrattismo nonché un esplicito avvicinamento al metodo hegeliano e allo studio delle maggiori letterature europee. Nel 1848 partecipò attivamente alla rivoluzione napoletana a fianco dei suoi allievi sulle barricate. Espulso dall’insegnamento, si rifugiò in Calabria, ma nel dicembre 1850 fu arrestato e rinchiuso a Castel dell’Ovo (Napoli). Giudicato politicamente molto pericoloso e perciò bandito dal Regno fu imbarcato per gli Stati Uniti ma, aiutato da alcuni amici, riuscì a sbarcare a Malta e raggiunse il Piemonte, rifugio di molti esuli napoletani. Durante la fuga calabrese e la prigionia elaborò due saggi su Leopardi e Schiller (Introduzione all’epistolario di G. Leopardi e Sulle opere drammatiche di F. Schiller), compose un dramma in prosa, Torquato Tasso, studiò la lingua tedesca, lesse la Logica di Hegel e tradusse Handbuch einer allgemeinen Geschichte der Poesie di Rosenkranz. Durante il periodo torinese (settembre 1853 - marzo 1856), De Sanctis apparve molto isolato rispetto al potere accademico e politico cittadino: esperienza centrale del periodo furono alcuni corsi di lezioni pubbliche su Dante e la collaborazione alla rivista «Il Cimento» di Torino con alcuni saggi che rappresentano un vero e proprio punto di arrivo della sua critica militante e del suo atteggiamento polemico nei confronti di alcune forme di letteratura. È del 1855 uno degli studi leopardiani più importanti di De Sanctis, Alla sua donna. Poesia di G. Leopardi, in cui egli traccia un’immagine di poeta laico e materialista, interprete della civiltà contemporanea, l’unico poeta italiano che si pone al livello della grande poesia nel mondo moderno. Nel 1856 fu incaricato dell’insegnamento di Letteratura italiana al Politecnico federale di Zurigo e vi rimase fino al 1860. In questo periodo elaborò importanti studi critici su Dante, Petrarca e la poesia cavalleresca ed entrò in contatto con gli ambienti culturali europei (Jacob Burckhardt, Theodor Vischer). Il saggio Dell’argomento della Divina Commedia (1857) rappresenta il punto d’arrivo della ricerca zurighese, dove viene affermato il rifiuto del sistema hegeliano ma viene al contempo confermata la validità degli strumenti di analisi e di approccio al testo ricavabili dall’estetica di Hegel. Nell’ultima fase dell’esilio zurighese De Sanctis affidò la sua riflessione filosofica più compiuta al saggio Schopenauer e Leopardi (1858). Nell’autunno del 1860, dopo la spedizione di Garibaldi nel Mezzogiorno, si recò a Napoli: nominato governatore della provincia di Avellino e quindi direttore dell’Istruzione a Napoli, impostò una vera e propria trasformazione della scuola, della cultura e dell’accademia napoletana chiamando all’università Bertrando Spaventa, Ruggiero Bonghi, Antonio Ranieri e molti altri esponenti della cultura liberale. Eletto deputato al primo Parlamento unitario, fu ministro della Pubblica istruzione con Cavour e Ricasoli (dal marzo 1861 al marzo 1862) e qui continuò sulla linea già tracciata a Napoli. Dopo l’incarico ministeriale fu direttore, dal 1863 al 1867, del giornale «L’Italia» e appoggiò il gruppo emergente della Sinistra costituzionale che nel 1865 ottenne proprio nel Sud il suo primo successo elettorale. Tornato agli studi, dal 1866 al 1871 pubblicò in volume i Saggi critici, il Saggio critico sul Petrarca, che ripropone un corso di conferenze tenuto a Zurigo, e la Storia della letteratura italiana. Quest’opera (due volumi pubblicati a Napoli tra il 1870 e il 1871), rappresenta la sintesi del pensiero critico di De Sanctis alla luce della filosofia posthegeliana e del Romanticismo europeo. Nata come testo scolastico la Storia della letteratura delinea un quadro storico della civiltà letteraria italiana dal XIII al XIX secolo procedendo per grandi nodi tematici. Nel 1871 ottenne la cattedra di Letteratura comparata all’università di Napoli e in questa sede tenne quattro corsi annuali su Manzoni, la scuola cattolica liberale, la scuola democratica e Leopardi procedendo a una sistematizzazione della cultura italiana ottocentesca. Con la raccolta i Nuovi saggi critici (1872) lo studioso inaugurò una serie di articoli e conferenze sugli orientamenti della letteratura contemporanea in chiave realistica che proseguì fino ai suoi ultimi studi. In occasione delle elezioni politiche del 1874, costretto a un secondo ballottaggio per le irregolarità riscontrate nel voto nel suo collegio a Lacedonia, De Sanctis intraprese un viaggio tra i comuni dell’Irpinia: il racconto di quell’esperienza fu pubblicato nel 1876 con il titolo Un viaggio elettorale. Nel 1878 tornò al ministero della Pubblica istruzione chiamato da Cairoli. Nonostante la sconfitta sui punti più qualificanti del suo programma (per esempio sulla formazione dei maestri e sul maggiore spazio da dare alla cultura scientifica), combatté l’analfabetismo e l’ingerenza della Chiesa e riuscì a lasciare una traccia duratura nell’ordinamento scolastico del paese con l’inserimento dell’educazione fisica tra le materie d’insegnamento. Nel 1880, colpito da una grave malattia agli occhi, rassegnò le dimissioni. Gli studi più importanti elaborati nell’ultimo decennio di vita teorizzano la modernità del realismo in letteratura (Studio sopra Emilio Zola, 1878; Il darwinismo nell’arte, 1883), ritornano sugli argomenti delle lezioni napoletane del 1875-76 con lo Studio su G. Leopardi (pubblicato postumo nel 1885) di cui rimangono celebri le riflessioni sulle figure femminili degli idilli, e infine lasciano incompiuto il progetto ambizioso di un’autobiografia di cui De Sanctis non riuscì a portare a termine che la prima parte (poi pubblicata da Pasquale Villari con il titolo La giovinezza, 1889).