DEGRADA, Francesco
Nacque a Milano il 23 maggio 1940 da Luciano, impiegato, e Hirte De Libero; lo zio materno, che ebbe una fondamentale importanza nella formazione intellettuale di Degrada, era il poeta, narratore e critico d’arte Libero De Libero. Conseguita la maturità classica al Liceo Cesare Beccaria, Degrada si laureò in Lettere nell’Università degli Studi di Milano (1964). Contemporaneamente si diplomò in pianoforte con Anita Porrini (1961) e in composizione con Bruno Bettinelli (1965) nel Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, dove studiò anche direzione d’orchestra nella classe di Antonino Votto, frequentando altresì la Scuola di Paleografia musicale di Cremona; tra i suoi compagni di studi in Conservatorio vi furono Armando Gentilucci e Riccardo Muti.
Insegnò storia della musica nei conservatorii di Bolzano (1965-1966), Brescia (1967-1968), Milano (1966-1974), indi nell’Università degli Studi di Milano dapprima come assistente (1965), poi come docente incaricato (1973) e infine come professore ordinario (1980). Negli anni Sessanta e Settanta fu attivo anche come clavicembalista e direttore, soprattutto alla testa del Complesso barocco di Milano da lui fondato nel 1967, realizzando per l’etichetta Arcophon alcune pregevoli incisioni discografiche di musiche del Sei e del Settecento italiano. Nel 1971 si sposò con Anna Pavan; dal matrimonio nacque l’anno seguente il figlio Luigi.
Il periodo in cui Degrada fu titolare della cattedra nell’Università di Milano (1980-2005) segnò l’autentico radicamento e sviluppo delle discipline storico-musicali in un ateneo dove, sino a quel momento, l’insegnamento della storia della musica era rimasto relegato in una condizione precaria, affidato per decenni a liberi docenti o professori incaricati, seppur illustri, che in precedenza avevano ricoperto il posto di bibliotecario presso il Conservatorio milanese: Gaetano Cesari (1924-1934), Federico Mompellio (dal 1950), Guglielmo Barblan (dal 1960). Il radicamento diede ottimi frutti in senso pedagogico-didattico: numerosi sono i musicologi oggi attivi nei ranghi universitari e conservatoriali che alla scuola di Degrada hanno goduto di una formazione intellettuale e professionale egregia.
Dalla cattedra dell’Università di Milano, in un periodo di generale sviluppo della musicologia in Italia, Degrada acquisì notorietà internazionale, tenendo corsi, lezioni e conferenze in molte università europee, negli Stati Uniti e in Giappone, organizzando numerosi convegni musicologici in Italia e all’estero; alcuni suoi scritti furono anche tradotti in inglese, francese e tedesco. Negli anni fu membro dei comitati direttivi di alcuni prestigiosi periodici come la Rivista italiana di musicologia, Studi musicali e Il Saggiatore musicale (contribuendo in prima persona alla fondazione di quest’ultimo nel 1994), nonché dei comitati editoriali per l’edizione critica delle opere di Giovanni Battista Pergolesi, Antonio Vivaldi e Giuseppe Verdi; fece parte del comitato scientifico dell’Istituto di studi verdiani. Diresse inoltre alcune collane di volumi e di edizioni musicali: Discanto e poi Contrappunti per La Nuova Italia, Musica e spettacolo e Civiltà musicale napoletana per Ricordi, casa editrice della quale fu consulente sin dal 1971. Tra le numerosissime sue collaborazioni con istituzioni ed enti di produzione musicale, particolarmente significative e durature furono quelle con la RAI, la Radio della Svizzera italiana e il teatro alla Scala. Fu anche membro dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia e della Academia Europaea di Londra.
Ampi e variegati, gli interessi di Degrada studioso spaziavano dal Rinascimento all’attualità; se vi si potevano individuare alcuni temi conduttori, questi erano innanzi tutto l’opera italiana con le sue mutevoli vicende e implicazioni internazionali dalle origini al primo Novecento, la civiltà musicale napoletana del Settecento, la cantata da camera fra Sei e Settecento, il dibattito estetico e la storia delle idee, ma anche le tendenze della nuova musica tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento. Tra gli autori da lui più studiati e amati – giacché per Degrada l’interesse storico-critico non era mai disgiunto dal sincero apprezzamento estetico – s’incontrano Monteverdi e Vivaldi, Domenico Scarlatti e Pergolesi, Gluck e Mozart, Verdi e Gian Francesco Malipiero.
Se si prendono in considerazione i primi scritti di Degrada, vi si ravvisano già alcuni tratti essenziali dello stile e, per così dire, del timbro che caratterizzarono i lavori successivi. Al di là dei due volumi di indici della Rivista musicale italiana (Firenze 1966) e della Rassegna musicale (Firenze 1968), i primi saggi, dedicati soprattutto ad autori e argomenti settecenteschi, manifestano un orientamento metodologico e culturale piuttosto sfaccettato; fatto, questo, per nulla scontato nel contesto della musicologia italiana degli anni Sessanta. Alla forte impronta idealistica e crociana, all’epoca ancora dominante, Degrada intreccia infatti sin dall’inizio un’attenzione scrupolosa al dato testuale. Nei suoi scritti, tale attenzione si coglie nella correttezza del ritrovamento, dell’impiego, della lettura e dell’interpretazione storica dei documenti; nell’importanza attribuita alla conoscenza e dunque alla ricostruzione filologica della tradizione testuale delle composizioni musicali; nel ruolo determinante dell’analisi stilistica e strutturale per la valutazione estetica; infine, nella necessità di interpretare il fatto musicale riconducendolo al suo più ampio contesto storico, sociale e culturale.
È alla luce di questo flessibile orientamento metodologico che Degrada iniziò a studiare la civiltà musicale napoletana del Settecento e alcuni dei suoi primi attori (Giovanni Battista Pergolesi, Nicola Porpora, Francesco Durante, Domenico Scarlatti), aprendo nuove prospettive che indicarono l’esigenza di una sostanziale revisione critica e storiografica su tali argomenti. Si pensi nello specifico agli studi su Pergolesi, di cui Degrada incominciò a occuparsi sin dalla tesi di laurea (Giovanbattista Pergolesi: contributo ad un’interpretazione critica, relatore Guglielmo Barblan), e a quanta parte vi ricoprano la storia della recezione della figura del compositore e della sua musica, le questioni di attribuzione e i fenomeni di falsificazione che per due secoli hanno aggravato non poco le ricerche su questo autore. Oltre a dedicare a Pergolesi, interesse di una vita intera, un numero assai cospicuo di saggi e a curare i primi quattro numeri della miscellanea Studi Pergolesiani (1986, 1988, 1999 e 2000), nell’arco di quarant’anni Degrada raccolse una quantità impressionante di documentazione e di materiali preparatorii per la monografia che alla fine non riuscì a portare a compimento ma della quale aveva già dettato il titolo, assai indicativo: Giovanni Battista Pergolesi: un viaggio nell’immaginario musicale.
D’altra parte tutto il lavoro di Degrada fu connotato da un gusto per la demistificazione e dall’inclinazione a sottoporre a un serrato vaglio critico i luoghi comuni più abusati, le più consolidate concrezioni della storiografia musicale, per metterne a nudo le sovrastrutture ideologiche e culturali e per ripensarne in chiave problematica e propositiva gli elementi costitutivi. È per questa ragione se ancor oggi i suoi scritti appaiono decisivi per la discussione critica di certi temi, autori e capolavori della storia musicale. Si prendano, per esempio, i concetti di ‘opera napoletana’ e ‘scuola napoletana’, dei quali Degrada si occupò a fondo e a più riprese con straordinaria penetrazione critica, dimostrando come entrambi, più che corrispondere a una realtà storica fondata su uno stile e un metodo pedagogico specificamente connotati, siano piuttosto il frutto di un’artificiosa costruzione storiografica ottocentesca mirata a rivendicare in retrospettiva il primato di Napoli. Ma si potrebbe ricordare pure il contributo alla riscoperta di Domenico Scarlatti come complessa figura a tutto tondo, non solo geniale compositore di sonate per tastiera ma anche autentico maestro di cappella autore di pregevolissima musica vocale, sacra e profana.
D’altro canto la finezza critica e la lucida tensione interpretativa di Degrada si manifestarono in una serie di saggi dedicati alla storia dell’opera, alcuni dei quali raccolti nei due volumi dal titolo Il palazzo incantato: studi sulla tradizione del melodramma dal Barocco al Romanticismo (Fiesole 1979). I temi trattati in quegli scritti si concentravano intorno a una costellazione – una costruzione artistica, storica e culturale si direbbe – i cui punti di riferimento erano Monteverdi, appunto l’opera napoletana, Gluck, Mozart, Bellini e Verdi. Sull’integrazione e interazione dei generi e dei livelli retorici, che caratterizza lo stile del più maturo teatro musicale mozartiano, e sugli aspetti della drammaturgia verdiana – in particolare in un’opera sperimentale come Macbeth – Degrada ritornò poi più volte. Col passare degli anni il suo lavoro fu sempre più sostanziato dalla convinzione che per cercare di comprendere un certo fatto, concetto o prodotto storico-musicale fosse assolutamente necessario ricondurlo al contesto originario; da cui lo sforzo, per lo studioso, di prendere le distanze dal presente in cui vive, dal proprio modo di pensare e agire, per provare a mettersi quanto più possibile nei panni degli attori di una data epoca. Si legge nell’ultimo saggio su Pergolesi, apparso postumo: «credo che una delle maggiori difficoltà – e al contempo necessità – della ricerca storico-musicale sia quella di spogliarsi di un certo modo, che ci appartiene, di concepire le cose, e di sforzarsi invece di guardarle con l’occhio dei protagonisti, calandosi all’interno di una realtà culturale, anzi antropologica, che è profondamente diversa dalla nostra. Più si studia una data realtà storico-artistica e più ci si rende conto che in ogni ambito della ricerca – compreso quello delle edizioni critiche – è assolutamente impossibile arrivare a qualche esito credibile e fondato senza inserire un certo prodotto musicale o teatrale-musicale nella realtà antropologica alla quale esso aderisce, una realtà che è quanto mai lontana dalla nostra» (Degrada, 2006, p. 141).
Proprio da questa difficoltà e al contempo necessità di prendere le distanze dal presente – e dunque anche da sé – per poter comprendere qualcosa del passato, da questa proiezione utopica della conoscenza traeva impulso per Degrada il fascino della ricerca storica e musicologica; una ricerca che puntava a indagare e afferrare il senso profondo di un’esperienza o di un’opera musicale, il suo potenziale di significati e implicazioni culturali, la sua attualità.
L’attenzione al testo e il costante rapporto con la musica viva che connotavano il lavoro di Degrada si concretizzarono nell’interesse per la filologia e la storia dei testi musicali ma anche per la prassi esecutiva: sicché ben presto la realizzazione di edizioni divenne un aspetto assai rilevante della sua attività. Intendendo la filologia in senso dinamico e propositivo, come chiave d’accesso ai significati delle opere, curò decine di revisioni e di edizioni critiche di musica italiana del Settecento (Durante, Hasse, Jommelli, Pergolesi, Porpora, Sarro, Sarti, Alessandro e Domenico Scarlatti, Vivaldi); di particolare importanza fu anche la nuova edizione, riveduta sulle fonti, della Bohème di Puccini approntata per conto dell’editore Ricordi (1990). In queste edizioni, sempre concepite in funzione della concreta destinazione esecutiva, confluivano il metodo scientifico del filologo, la formazione e la sensibilità del musicista, l’impegno culturale per una corretta valorizzazione e fruizione delle composizioni del passato (via via aggiornata, nel corso dei decenni, alla luce della generale evoluzione dei presupposti e dei criteri editoriali nonché delle tendenze della prassi esecutiva).
Neppure dopo che, alla fine degli anni Settanta, l’esperienza di Degrada come esecutore e direttore d’orchestra fu conclusa, venne meno il coinvolgimento dello studioso nella vita musicale corrente. Da un lato vi fu la stretta collaborazione con gli interpreti, esponenti della prassi esecutiva storicamente orientata come Laura Alvini, Giovanni Antonini, Ottavio Dantone e Roberto Gini, oppure direttori come Riccardo Muti. Il rapporto con quest’ultimo si rivelò particolarmente fecondo, giacché Degrada prestò la propria consulenza nella rappresentazione di alcune opere dirette da Muti, segnatamente l’Otello di Verdi al Comunale di Firenze con la seconda versione del finale del terz’atto (regìa di Miklós Jancsó, 1980) e poi, alla Scala di Milano, Lo frate ’nnamorato di Pergolesi (Roberto De Simone, 1989), Nina o sia La pazza per amore di Paisiello (Ruggero Cappuccio, 1999) ed Europa riconosciuta di Salieri (Luca Ronconi, 2004; cfr. R. Muti, Ricordo di Francesco Degrada, in «Finché non sorge in ciel notturna face», 2009, pp. 280 s.). D’altro lato, il suo impegno sul versante della musica contemporanea si concretizzò in una trasparente militanza critica che lo indusse a occuparsi di Luigi Nono, Sylvano Bussotti, Luciano Berio e Salvatore Sciarrino, e quindi a far parte (dal 1994) del comitato artistico di Milano Musica, l’associazione per la musica contemporanea fondata da Luciana Pestalozza. Tra i saggi su autori contemporanei spiccano quelli scritti per i programmi di sala delle ‘prime’ assolute di alcune opere di teatro musicale: Al gran sole carico d’amore di Nono (Milano, alla Scala, 1975), La vera storia di Berio (Milano, alla Scala, 1982), L’ispirazione di Bussotti (Firenze, Comunale, 1988).
Dopo il divorzio dalla prima moglie e la relazione, protrattasi per molti anni, con la musicologa Anna Maria Morazzoni, nel 1992 Degrada sposò in seconde nozze Egizia Bonelli.
Morì a Milano il 20 maggio 2005 dopo breve malattia.
Si fornisce qui di seguito una succinta selezione degli scritti di Francesco Degrada, in aggiunta a quelli già citati nel testo; per una bibliografia completa si veda Fertonani, 2009. La raccolta Il palazzo incantato: studi sulla tradizione del melodramma dal Barocco al Romanticismo, I-II, Fiesole 1979, contiene saggi su Monteverdi, Domenico Scarlatti, Voltaire, Gluck, Hasse, Mozart, Cimarosa, Bellini e Verdi. I saggi sparsi sono raggruppati qui di seguito sulla base dell’argomento trattato. Su Malipiero e la ‘Generazione dell’Ottanta’: Gian Francesco Malipiero e la tradizione musicale italiana, in Omaggio a Malipiero, a cura di M. Messinis, Firenze 1977, pp. 131-152; La “Generazione dell’80” e il mito della musica italiana, in Musica italiana del primo Novecento, a cura di F. Nicolodi, Firenze 1981, pp. 83-96. Su Mozart: I molti volti di “Idomeneo”, in Musica senza aggettivi: studi per Fedele d’Amico, a cura di A. Ziino, Firenze 1991, pp. 197-218; Riflessioni sul “Don Giovanni” di Mozart, in Intorno a Massimo Mila, a cura di T. Pecker Berio, Firenze 1994, pp. 65-85; Mozart, la maschera, la musica, in Mozart Studien, VI (1996), pp. 43-58. Sull’opera e la musica napoletana del Settecento: L’opera a Napoli nel Settecento, in Storia dell’opera, a cura di A. Basso, I, Torino 1977, pp. 237-332; A. Planelli, Dell’opera in musica (Napoli 1772), edizione, introduzione e note, Fiesole 1981; “Scuola napoletana” e “Opera napoletana”: nascita, sviluppo e prospettive di un concetto storiografico, in Il Teatro di San Carlo, 1737-1987, a cura di B. Cagli - A. Ziino, Napoli 1987, pp. 9-20; Tre “lettere amorose” di Domenico Scarlatti, in Il Saggiatore musicale, IV (1997), pp. 271-316. Su Pergolesi: Lo “Stabat Mater” di Pergolesi e la parafrasi «Tilge Höchster, meine Sünden» di Johann Sebastian Bach, in Studi Pergolesiani, II (1988), pp. 155-184; “Lo frate ’nnamorato” e l’estetica della commedia musicale napoletana, in Napoli e il teatro musicale in Europa tra Sette e Ottocento, a cura di B.M. Antolini - W. Witzenmann, Firenze 1993, pp. 21-35; False attribuzioni e falsificazioni nel catalogo delle opere di Giovanni Battista Pergolesi, in L’attribuzione. Teoria e pratica, a cura di O. Besomi - C. Caruso, Basel 1994, pp. 93-114; Pergolesi, Giovanni Battista, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII, Kassel 2005, coll. 309-319; Strategie compositive e drammaturgiche nel “Flaminio” di Giovanbattista Pergolesi, in Studi Pergolesiani, V (2006), pp. 141-186. Su Verdi: Lettura del “Macbeth”, in Studi musicali, VI (1977), pp. 209-267; Observations on the genesis of Verdi’s “Macbeth”, in Verdi’s “Macbeth”: A sourcebook, a cura di D. Rosen - A. Porter, New York - London 1984, pp. 156-173; The “Macbeth” Scala libretto: a genetic edition, ibid., pp. 306-338. Su Vivaldi: Attualità di Vivaldi, in Antonio Vivaldi: da Venezia all’Europa, a cura di F. Degrada - M.T. Muraro, Milano 1978, pp. 80-89; Vivaldi e Metastasio: note in margine a una lettura dell’“Olimpiade”, in Vivaldi veneziano europeo, a cura di F. Degrada, Firenze 1980, pp. 155-181.
Degrada ha inoltre curato le seguenti edizioni musicali: Francesco Durante, Sonate per cembalo divise in studii e divertimenti, Milano 1978; Giovanni Battista Pergolesi, Domine ad ajuvandum me festina, mottetto per soprano solo, coro a 5 voci, 2 oboi, 2 corni, archi e organo, Milano 1978; Id., Confitebor tibi Domine, salmo per soli, coro a 5 voci, archi, organo e cembalo, Milano 1979; Id., Messa di s. Emidio, per soli e 2 cori di voci e strumenti, Milano 1998; Nicola Porpora, Salve regina, antifona per contralto, due violini, viola e basso continuo, Milano 1996; Domenico Scarlatti, La Dirindina, edizione critica, Milano 1985; Antonio Vivaldi, Cantate per soprano I-II e Cantate per contralto, 3 voll., Milano 1997 [1984-1995].
Dizionario enciclopedico della musica e dei musicisti. Le biografie, II, Torino 1985, p. 436; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, V, Kassel-Stuttgart 2001, coll. 681 s.; The New Grove dictionary of music and musicians, VII, London 2001, pp. 135 s.; G. Pestelli, D., la musica come vita, in La Stampa, 21 maggio 2005; E. Sala, Il magistero di F. D., in Il giornale della musica, giugno 2005; «Finché non sorge in ciel notturna face». Studi in memoria di F. D., a cura di C. Fertonani - E. Sala - C. Toscani, Milano 2009 (in partic. C. Fertonani, Introduzione pp. 7-12; Id. Nota bibliografica degli scritti e delle edizioni musicali di F. D., pp. 13-26).