DEL NERO, Francesco
Nacque a Firenze il 13 maggio 1487 da Piero di Francesco e da Ginevra di Clemente Guidotti. La madre era stata sposata in prime nozze con Ludovico Corsini e ne aveva avuta una figlia, Marietta, andata poi sposa a Niccolò Machiavelli, cosicché quest'ultimo divenne cognato del Del Nero.
Nel settembre 1514 il D. cominciò ad investire il proprio denaro nelle attività bancarie e commerciali di Filippo Strozzi, relegando in secondo piano l'attività di lanaiolo ereditata dal padre e dedicando tutte le proprie energie a curare gli interessi del socio, soprattutto dopo il trasferimento di lui a Roma. Per intercessione dello Strozzi, che nel dicembre del 1514 lo aveva raccomandato a Lorenzo de' Medici per il posto di provveditore allo Studio, il D. fece il suo ingresso nella vita pubblica. Questo incarico lo mise in contatto con i maggiori dotti del suo tempo e gli permise di favorire il cognato Machiavelli, procurandogli l'incarico di scrivere le Istorie fiorentine.
Per due volte, nel 1516 e nel 1522, fu priore; altre due volte, nel 1517 e nel 1523 fece parte dei Dodici buonuomini e nel 1526 fu gonfaloniere di Compagnia. Nello stesso periodo ed ancora per merito dello Strozzi divenne vicedepositario della Signoria.
L'ufficio di depositario era stato creato presumibilmente nel 1494, durante il periodo di reggimento popolare, allo scopo di permettere al Consiglio maggiore di controllare le iniziative fiscali dei Dieci di balia per finanziare la guerra contro Pisa. In questo periodo il depositario non aveva alcuna autonomia, dovendo ottenere per ogni singolo pagamento l'approvazione preventiva. Al ritorno al potere dei Medici, il depositario fu sciolto da questo vincolo, rimanendogli soltanto l'obbligo di presentare i libri di conti agli Otto di pratica (che nel frattempo avevano sostituito i Dieci nella gestione degli affari militari) per l'approvazione in sede di consuntivo. Sotto i Medici quello di depositario divenne il posto chiave nella gestione delle spese militari; pertanto fu sempre affidato a persone di fiducia dei signori di Firenze. Ma dietro i vari depositari ufficiali, colui che di fatto gestiva i movimenti finanziari era sempre Filippo Strozzi, tanto che quest'ultimo, senza mai rivestirne ufficialmente la carica, era l'unico depositario riconosciuto dai contemporanei. Egli avrebbe voluto per il D. la carica di depositario titolare, ma, per la giovane età di quest'ultimo, dovette accontentarsi dell'incarico di vicedepositario. Comunque tale ruolo subalterno si rivelò in seguito molto utile perché il D. poté effettuare tutte le operazioni finanziarie che lo Strozzi gli suggeriva, riparandosi dietro il nome del depositario ufficiale.
In queste operazioni, che avevano il duplice scopo di favorire i Medici (mettendo a loro disposizione il denaro della banca Strozzi) e di arricchire i banchieri (che si facevano pagare un interesse del 10-15%sulle somme prestate), il D. fungeva quasi da alter ego dello Strozzi. Quando quest'ultimo si trasferi a Roma, alla corte di Clemente VII, di cui divenne depositario generale, le due depositerie di Firenze e Roma vennero a trovarsi praticamente nelle stesse mani; ciò rese possibili frequenti spostamenti di ingenti capitali tra le due depositerie e tra queste e la banca privata degli Strozzi.
Per mimetizzare queste manovre, il D. usava tenere due serie distinte di scritture contabili: una privata, che riportava l'esatta entità e natura degli spostamenti di denaro effettuati; l'altra ufficiale, in cui i conti venivano camuffati prima di essere presentati agli Otto per l'approvazione; una volta che i conti avevano ricevuto l'approvazione egli era libero da ogni responsabilità. Nella corrispondenza Strozzi-D. ci sono continui accenni a tali "quaderni" tenuti separatamente dai conti della depositeria.
Nel 1527, quando i Medici furono di nuovo estromessi dal potere, alcune delle ambigue attività del D. vennero alla luce: uno dei primi atti del nuovo governo popolare fu l'istituzione di una commissione speciale, detta dei "tribolanti", che doveva sottoporre a revisione tutti i movimenti di pubblico denaro effettuati dopo il 1494. A questa commissione furono presentate varie accuse contro il D.; le principali erano: di aver accumulato guadagni illeciti comprando con fondi della depositeria metalli preziosi, da cui aveva fatto coniare un'ingente quantità di monete di, bassa lega, i mirandolini, che aveva poi usato per pagare le truppe papali di stanza alla Mirandola; e di aver effettuato operazioni finanziarie irregolari con fondi pubblici. Egli però, tempestivamente avvertito dal gonfaloniere di Giustizia Niccolò Capponi, cognato dello Strozzi, distrusse tutti i suoi quaderni privati di conti; le scritture pubbliche già approvate dagli Otto non furono investigate. Le prove contro di lui si ridussero ad una sola scrittura che egli non aveva potuto distruggere perché si riferiva ad operazioni ancora in corso; pertanto fu riconosciuto colpevole soltanto di due reati minori: aver male amministrato i fondi dello Studio; aver registrato come suo proprio un credito nei confronti di Clemente VII, che era invece pertinente al Comune. Fu perciò condannato soltanto ad una multa dì 3.000 fiorini, in seguito ridotta.
Questo episodio gli dimostrò però che Firenze non era più un ambiente favorevole e si trasferì a Roma, ove papa Clemente VII glì dette varì incarichi di revisore di conti in vari luoghi dello Stato pontificio e lo nominò tesoriere generale della Camera apostolica. Mantenne tuttavia interessi nella sua città, ove agiva per mezzo del fratello o di altri procuratori. Nel 1530 fu eletto a far parte della Balia che a Firenze doveva preparare il passaggio dal regime repubblicano al principato di Alessandro de' Medici, ma sembra che non si sia mosso da Roma. Ad Alessandro concesse un prestito di 2.000 scudi quando, nel 1532, si recò a Pisa ad incontrare Clemente VII.
La morte di questo papa, avvenuta nel 1534, e il rifiuto del successore di avallarne i debiti infersero duri colpi al D.: il solo affare della costituzione della dote di Caterina de' Medici, in cui era uno dei quattro mallevadori del papa nei confronti della banca Strozzi, gli costò la perdita di 50.000 fiorini; inoltre il nuovo papa gli tolse l'incarico di tesoriere e sottopose i suoi libri di conti ad una minuziosa revisione. Stando al priorista Ricci, fu anche condannato per irregolarità contabili ad una multa di 40.000 ducati e messo in carcere per qualche tempo.
In seguito il D. si trasferì a Napoli, dove risiedette almeno dal 1538 al 1555. Fu testimone del terremoto di Pozzuoli del 1538, di cui ci ha lasciato un ampio resoconto in una lettera, poi stampata dal Palermo, inviata al fiorentino Niccolò Del Benino. L'inchiesta cui la sua opera di tesoriere fu sottoposta da Paolo III ebbe un seguito nel 1544, quando, con breve del 30 marzo, fu chiamato a Roma per fornire chiarimenti sulla passata gestione della Tesoreria e fornito di un ampio salvacondotto; non è sicuro però che egli abbia accolto l'invito. Dal 1555 i documenti lo mostrano di nuovo residente a Roma, dove sembra essere rimasto fino alla morte. Nel dicembre 1558 gli giunse la nomina a senatore da parte di Cosimo I, duca di Firenze.
Il D. fu l'artefice della fortuna economica della sua famiglia: nonostante i colpi inferti alla sua posizione dal successore di Clemente VII, riuscì in breve tempo, dedicandosi soprattutto ad operazioni di prestito di denaro a interesse, a ricostituire la sua fortuna. Alla sua morte lasciò al figlio Francesco, detto Cecchino, la somma di 15.000 scudi d'oro, oltre ad un palazzo e a dodici case a Roma, nel rione Ponte. Questo figlio era illegittimo, dato che il D. non si sposo mai, ed era stato in seguito legittimato. Il D. comprò per lui l'ufficio di cubiculario e ne volle assicurare l'avvenire con il lascito suddetto, ma istituì suo erede universale il fratello Agostino, cui lasciò, oltre ad un considerevole patrimonio immobiliare, la somma di 30.000 scudi d'oro.
Morì a Roma il 12 luglio 1563 e fu sepolto nella chiesa di S.Maria sopra Minerva, in una tomba fatta appositamente erigere dal fratello Agostino.
Fonti e Bibl.: Le carte private del D. si trovano unite all'Archivio Torrigiani Malaspina nella villa Torrigiani di Montecastello (Pisa). Un volume di estratti di questo archivio è stato donato all'Archivio di Stato di Firenze a corredo del fondo Torrigiani Appendice. Di questo volume manoscritto che, in quanto mezzo di corredo, non ha una vera e propria segnatura archivistica, ci si e valsi largamente per la presente biografia. Sono stati inoltre consultati: Archivio di Stato di Firenze, Balie, 46, cc. 157v-160; Raccolta genealogica Sebregondi, s. v. Del Nero; Raccolta genealogica Ceramelli Papiani, s. v. Del Nero; Ufficiali dello Studio, 8, c. 142;Firenze, Bibl. naz., ms. E. B. 14.1: Ricci, Priorista, Quart. S. Spirito, cc. 183-297;G. Manni, Serie dei senatori fiorentini..., Firenze 1722, p. 85;F. De' Nerli, Commentario de' fatti civili occorsi nella città di Firenze dall'anno 1512 al 1532, Augusta 1728, p. 152;B. Varchi, Storie fiorentine, Colonia 1781, pp. 49, 458; Narrazioni e docum. sulla storia del Regno di Napoli dall'anno 1522 al 1567..., a cura di F. Palermo, in Arch. stor. ital., s. 1, IX (1846), pp. 93-96;F. Vettori, Sommario della storia d'Italia dal 1511al 1527, a cura di A. von Reumont, in Arch. stor. ital., s. 1,App., t. VI (1848), p. 359;G. B. Busini, Lettere a B. Varchi, Firenze 1864, pp.6, 8, 18, 20, 51, 69, 76 s., 85, 97, 99, 108, 188;F. Guicciardini, Carteggi, a cura di P. G. Ricci, VI, Roma 1955, p. 174;Id., Dall'assedio di Firenze al II convegno di Clemente VII e Carlo V, L'Aquila s.d., pp. 16, 35, 115; P. Villari, N. Machiavelli e i suoi tempi, Firenze 1882, II, pp. 121 s., 502, 503 s.; III, pp. 121, 324, 333, 364, 417, 420; O. Tommasini, La vita e gli scritti di N. Machiavelli, II, Roma 1911, pp. 212, 254, 898, 902;C. Roth, L'ultima Repubblica fiorentina, Firenze 1929, pp. 71, 151;L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze nella storia e nell'arte, Firenze 1972, II, p. 675ss.; M. M. Bullard, F. Strozzi and the Medici, Carribridge 1980, passim.