DENANTO (de Nanto, da Nanto), Francesco
Figlio di un Iacopo e di origine savoiarda, come si apprende dalle sottoscrizioni delle sue opere ad intaglio - "Franciscus lacobi Denanto sindit" "Franciscus Denanto de Sabaudia" (ma la località di provenienza dovrebbe essere Nantua, nell'attuale dipartimento dell'Ain) -, il D. fu operoso nella prima metà del XVI secolo nell'Italia settentrionale, con ogni probabilità a Venezia e a Bologna. In mancanza di notizie documentarie e letterarie su questo xilografò, la sua attività è ricostruibile unicamente sulla base della produzione incisoria.
L'unico termine di riferimento cronologico è dato dalla cornice del ritratto di Ludovico Ariosto che figura al penultimo foglio dell'edizione dell'Orlando furioso, pubblicata a Ferrara da Francesco Rosso da Valenza nel 1532 e che tuttavia potrebbe essere anteriore a questa data. Le altre xilografle pervenuteci appartengono, secondo la maggioranza degli studiosi, al decennio precedente e sono tratte da invenzioni di artisti bolognesi o attivi a Bologna: Francesco Francia, Amico Aspertini, Girolamo da Treviso il Giovane. La sua opera maggiore consiste in una serie di almeno tredici legni con scene della Vita di Cristo, intagliati su disegni di Girolamo da Treviso e databili per i caratteri stilistici delle invenzioni, come ha fatto rilevare la Zava Boccazzi (1958), tra il 1520 e il 1525, vale a dire al periodo iniziale dell'attività bolognese di Girolamo, che precede l'esecuzione dei suoi dipinti monocromi con i Miracoli di s. Antonio da Padova nella cappella Guidotti in S. Petronio (1525-26).
Nella serie xilografica sono evidenti, a differenza del ciclo pittorico, reminiscenze venete: il caratteristico rapporto tra le figure, gli scarni elementi architettonici e i fondali di paesaggio di ascendenza giorgionesca, nonché l'inconfondibile tipologia dei personaggi, rimandano ai primi dipinti noti di Girolamo, databili tra la fine dei secondo decennio e gli inizi del terzo, come le tele con Agar e l'angelo e Isacco che benedice Giacobbe del Musée des beaux-arts di Rouen.
Alle undici xilografie della serie catalogate dal Passavant (1864, pp. 213 s.), tutte firmate - l'Annunciazione, l'Adorazione dei magi, la Guarigione del gottoso, Cristo e la samaritana, l'Ingresso a Gerusalemme, la Lavanda dei piedi, la Crocifissione, la Deposizione nel sepolcro, la Resurrezione, Cristo e la Maddalena, l'Ascensione - si debbono aggiungere altri due pezzi firmati segnalati dal Nanni (1963), raffiguranti l'Adorazione dei pastori e l'Ultima cena, di cui ci rimangono i legni e le tirature ottocentesche della tipografia modenese Soliani. Il nome dell'inventore (nella stessa forma che compare nei monocromi di S.Petronio) "Hieronimus Tarvisius (Tervisius) pincsit" si trova nelle stampe con la Samaritana e l'Ultima Cena.
Non appartengono invece alla Vita di Cristo del pittore veneto un'incisione firmata raffigurante la Sacra Famiglia con i ss. Sebastiano, e Rocco, aggiunta dal Passavant (1864, n.23), e le altre xilografie firmate che Passavant ha ripreso dal Nagler (1860) con la Predicazione del Battista e la Decollazione del santo, erroneamente incluse nella serie e collegate a Girolamo da Treviso dal Kristeller (1922). Mentre la Sacra Famiglia denunzia la sua dipendenza dal Francia, è stato chiarito che la Predicazione del Battista e una Circoncisione, non firmata ma sicuramente autografa, pubblicata dal Venturoli (1982) che la data al periodo 1520-25, derivano da disegni di Amico Aspertini, artista di cui sono ben noti i rapporti con la produzione grafico-editoriale (cfr. Romano, 1981, p. 52, n. 5); e si può credere che pure una rarissima xilografia firmata, raffigurante la Vita degli anacoreti nel deserto, collegata dal Nagler (1860) all'affresco del Camposanto di Pisa, si basi su una copia eseguita dal pittore bolognese. Il doppio filetto che incornicia le storie del Battista e la Circoncisione e la corrispondenza delle misure potrebbero inoltre indicare la loro appartenenza a una serie aspertiniana perduta o incompiuta. Esiste infine una xilografia con la Conversione di s. Paolo, pubblicata dalla Karpinski (1976) come una derivazione da Girolamo Genga, ma che ricalca più verosimilmente, come aveva gia suggerito l'Oberhuber (in Early Italian engravings [catal.], Washington 19733 p. 44), una composizione dello stesso Aspertini. Ancora a un disegno del Francia sembra ispirata una stampa con S. Giovanni Battista a mezza figura, firmata (esempl. a Parigi, Bibliothèque nationale), che ha forse un pendant nell'incisione raffigurante Cristo agli inferi, della stessa raccolta, che presenta un'analoga incorniciatura (Kristeller, 1913).
La produzione del D. è stata ricollegata costantemente all'ambiente artistico veneziano, dove è probabile che lo xilografo abbia iniziato la sua attività fra i numerosi artigiani dediti all'incisione e all'illustrazione del libro. Il suo linguaggio incisorio largo e robusto, l'uso dei lunghi tratteggi paralleli e incrociati in fitte trame differenziate e altre caratteristiche tecniche rivelano lo studio dei modelli tizianeschi del secondo decennio e delle xilografle giovanili di Domenico Campagnola; ma soprattutto veneziana è la tendenza "a una trascrizione tonale e coloristica, da conseguirsi con ogni ripiego messo a disposizione dalle possibilità stesse dell'intaglio specifico. Denanto si valeva delle risorse grafiche del bianco e nero come d'una tavolozza pittorica, a base di punteggiati, intrecci, screziature e simili, rassortiti in chiaro sul fondo campito dello sbozzo" (De Witt, 1938). Mancano tuttavia, a prescindere dal suo rapporto con Girolamo da Treviso, precise testimonianze dell'attività o di contatti del D. con l'ambiente veneziano. L'attribuzione proposta dal Nagler (1860) di un grande Paesaggio con la fuga in Egitto "di carattere tizianesco", contrassegnato con il monogramma "DN", non ha alcun fondamento preciso e tantomeno può essergli assegnata la xilografia raffigurante un Paesaggio con quattro putti, con lo stesso monogramma, che si presenta come una rozza combinazione di elementi desunti da opere di Domenico Campagnola (cfr. Muraro-Rosand 1976, nn. 39, 76). Non sembra neppure sostenibile l'attribuzione al D. del bellissimo ritratto dell'Ariosto, su disegno di Tiziano, pubblicato nell'edizione ferrarese dell'Orlando del 1532, e non tanto per la qualità dell'intaglio, superiore al suo livello abituale, ma per il fatto che questa xilografia risulta indenne dalle tarlature presenti sulla cornice firmata in cui e inserita e che servì anche per il frontespizio del volume, forse intagliata dal D. per una precedente edizione.
Ben più fondata è dunque l'ipotesi di un'attività prevalentemente emiliana del D., attestata oltre che dalla paternità delle invenzioni, dalla presenza di un consistente gruppo di suoi legni nella raccolta della antica tipografia granducale dei Soliani di Modena, ora nella Galleria Estense (vedine le impressioni moderne nelle raccolta: Catalogo generale delle incisioni in legno per uso di tipografie di varie epoche di antica spettanza degli eredi di Bartolomeo Soliani, Modena 1864; Incisioni in legno esistenti nella Reale Tipografia degli Eredi Soliani, Modena 1928).
Fonti e Bibl.: Sino al 1913 si veda P. Kristeller, 1913, ma vedi anche: P. Zani, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti, I, 7, Parma 1821, p. 290; II, 7, ibid. 1821, p. 153; G. K. Nagler, Künstler-Lexicon, III, München 1841, p. 339; X, ibid. 1841, p. 310; Id., Die Monogrammisten, II, München 1860, p. 492, n. 1261; J. D. Passavant, Le peintre-graveur, I, Leipzig 1863, p. 150; VI, ibid. 1864, pp. 213 s., 225 ss.; W. Korn, Tizians Holzschnitte, Breslau 1897, pp. 34-37; P. Kristeller in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, Leipzig 1913, p. 63; D. von Hadeln, Ober Zeichnungen der früheren ZeitTizians, in Jahrbuch der Königlich Preuszischen Kunstsammlungen, XXXIV (1913), p. 249; [V. Massena] Prince d'Essling, Les livres à figures vénitiens de la fin du XVe siècle et du commencement du XVIe, III, Florence-Paris 1914, n.494; P. Kristeller, Kupferstich und Holzschnitt in vier Jahrhunderten, Berlin 1922, p. 301; M. Pittaluga, L'incisione ital. nel Cinquecento, Milano 1930, pp. 264 s., 331 n. 56; A. Pompeati, L'Ariosto, Milano 1933, p.280; L. Servolini, Un incisore piemontese del Cinquecento, F. D., Torino 1936; A. De Witt, Ancora di Gaspare Ruina, in Boll. d'arte, XXXI (1938), pp. 444 s.; H. Tietze-E. Tietze Conrat, Titians woodcuts, in The Print Collector's Quarterly, XXV (1938), pp. 347, 353 n. 4; F. Mauroner, Le incisioni di Tiziano, Padova 1943, n. 8; A. De Witt, L'incisione ital., Milano 1950, pp. 115 s.; F. Zava Boccazzi, Tracce per Gerolamo da Treviso il Giovane in alcune xilografie di F. D., in Arte veneta, XII (1958), pp. 70-78; N. Nanni, Uno xilografo ital. del Cinquecento, F. da Nanto, in Rass. grafica, 1963, n. 118, pp. 24 ss.; A. Petrucci, Panorama dell'incisione ital. Il Cinquecento, Roma 1964, p. 100 n. 114; K. Oberhuber, Renaissance in Italien 16. Jahrhundert (catal.), Wien 1966, pp. 121 s.; P. Dreyer, Tizian und sein Kreis (catal.), Berlin 1971, pp. 20, 47 s.; M. Muraro-D. Rosand, Tiziano e la xilografia veneziana del Cinquecento (catal.), Vicenza 1976, pp. 84, 109, 117; C. Karpinski, Some woodcuts after designs of Titian, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXXIX (1976), pp. 268 s.; G. Romano, Verso la maniera moderna: da Mantegna a Raffaello, in Storia dell'arte ital., VI, 1, Torino 1981, p. 52; P. Venturoli, Introduzione ad Amico Aspertini incisore, in Ricerche di storia dell'arte 1982, n. 17, pp. 76 s.; G. Dillon, Girolamo da Treviso, in The Genius of Venice 1500-1600 (catal.), London 1983, ad Indicem; I legni incisi della Galleria Estense. Quattro secoli di stampa nell'Italia settentrionale, Modena 1986, pp. 135 ss.