DEPOLETTI (de Poletti), Francesco
Nacque a Roma il 25 apr. 1779.
Rivelò ben presto una felice disposizione per le belle arti e, di ingegno versatile, si dedicò con successo alla pittura, al mosaico, al restauro della ceramica antica, all'antiquariato. Secondo il Visconti, che ne ha lasciato un'ampia epitome della vita nel necrologio apparso sul Giornale di Roma del 1854, egli apprese i principî del disegno e della pittura nello studio di Pompeo Batoni. Ma più che di un alunnato diretto conviene piuttosto parlare di una formazione nell'ambito dei modi batoniani, tenuti in grande conto dall'ultima generazione settecentesca dei pittori, dato che il D. aveva soltanto otto anni quando il celebre pittore moriva nel 1787. Fino a che punto egli avesse fatto propri i valori formali del Batoni è comunque impossibile stabilire, essendo del tutto sconosciuta allo stato attuale la sua opera pittorica. P, noto soltanto che egli si specializzò nella pittura di paesaggio, riportandone grande lode.
Probabilmente sullo scorcio del '700 si accostò allo studio della tecnica musiva, interessandosi in particolare al mosaico minuto, un campo artistico allora in grande espansione.
Sfruttando la possibilità di filare lo smalto, gli artisti romani, a partire da Giacomo Raffaelli, attivo in questo settore fin dal 1775, diffusero un'arte del tutto originale. Riducendo lo smalto in bacchette sottilissime e ricavando successivamente da esse tessere di minuscole proporzioni, ottennero il risultato di poter stendere il mosaico anche su superfici di pochi centimetri, eguagliando gli effetti della miniatura. Le possibilità di applicazione risultarono molteplici e il proliferare delle botteghe romane specializzate nel mosaico minuto costituisce una conferma dell'apprezzamento tributato dai contemporanei al nuovo genere artistico.
Il Moroni menziona due volte il D., ricordandolo prima tra i più distinti artisti del mosaico attivi a Roma agli inizi del sec. XIX, e in seguito tra i proprietari delle botteghe più fiorenti della città. Il suo studio si trovava al n. 32 di via Condotti, in una zona di forte richiamo turistico. Due mosaici del D., firmati e datati 1818 e 1819, sono stati pubblicati dal González Palacios (1982), che li indica in collezione privata.
Si tratta delle riproduzioni dei due celebri paesaggi di Claude Lorrain della Galleria Doria di Roma. Di questi quadretti parla il Visconti, affermando che si trovavano allora a Firenze, nella villa del principe A. Demidoff, il padre del quale li aveva commissionati al Depoletti.Il Visconti ricorda inoltre tre quadretti, esposti alla prima mostra capitolina delle arti e dell'industria romana tenuta nel 1810, raffiguranti Unpaese tratto da Salvator Rosa; una copia dell'Aurora del Guercino; una veduta del Sepolcro dei Plauzi, tratta da un originale di A. De Angelis. Per queste opere il D. consegui la medaglia d'argento di prima classe. La notizia della premiazione fu pubblicata anche sul Giornale del Campidoglio dell'1° settembre 1810. In seguito l'artista eseguì una copia di La caccia di Diana del Domenichino della Galleria Borghese di Roma che il Visconti dice acquistata insieme ad un'altra opera, Lo scudo di Achille, da lord Bristol (in quegli anni, Frederich William Hervey, quinto conte di Bristol). Lo scudo diAchille del D., opera ricordata anche dal Guattani (1819), probabilmente si ispirava al celebre tavolo tondo in mosaico raffigurante lo stesso tema, eseguito presso lo Studio vaticano del mosaico tra il 1812 e il 1818, donato nel 1825 da Leone XII a Carlo X re di Francia e oggi nel Museo di Versailles. L'ultimo mosaico ricordato dal Visconti, posteriore al 1819, è Un paese, definito di giusta grandezza, tratto da un originale del romano G. Gabrielli e posseduto allora dal card. G. Antonelli, segretario di Stato del pontefice e prefetto dei Sacri Palazzi apostolici.
Nel 1824, probabilmente verso la fine dell'anno. il D. si trasferì a Napoli con la famiglia, della quale non si hanno altre notizie, chiamato da Ferdinando I perché si occupasse della lavorazione dei quadri e fregi in mosaico per la chiesa di S. Francesco di Paola in via di costruzione, e dell'organizzazione di una scuola di mosaico sul tipo di quella attiva a Roma in Vaticano. Questi programmi non ebbero seguito a causa della morte del sovrano avvenuta il 4 gennaio 1825. Il D. tuttavia seppe trarre utili esperienze dal suo soggiorno napoletano entrando in contatto con uno dei più abili restauratori del Museo Borbonico, Daniele Sabano, ed apprendendo da lui la tecnica del restauro dei vasi etruschi, disciplina ancora poco diffusa a Roma dove era prerogativa di un Giovanni Cresceni, anch'egli napoletano, che la esercitava nel più assoluto riserbo. Il D. trasse immediatamente vantaggi da questo studio poiché, in coincidenza con il suo rientro a Roma, avvennero importanti scoperte di vasellame etrusco a Canino, Corneto, Ceri ed in altri centri dell'Etruria marittima. L'arte appresa a Napoli fece del D. l'artista più richiesto per il restauro dei reperti di scavo. Lavorò per il Museo Gregoriano a Roma e fu poi per lo stesso scopo a Parigi, Londra, Berlino, Monaco, Pietroburgo. Questi viaggi favorirono anche la sua attività di antiquario e gli consentirono nel contempo di conoscere la cultura artistica europea.
Il D. morì a Roma il 15 sett. 1854.
Oltre alle lodi per i risultati ottenuti nell'attività artistica, il Visconti tributa al D. riconoscimenti anche per l'abnegazione con cui svolse l'incarico di deputato per la pubblica incolumità per il rione Campo Marzio, in occasione dell'epidemia di colera che colpì Roma nel 1837. Per tali servigi l'artista fu insignito della medaglia d'oro da Gregorio XVI.
Fonti e Bibl.: Necrologio: P. E. Visconti, in Giornale di Roma, 27 sett. 1854, pp. 911 s.; Giornale del Campidoglio, 10 sett. 1810, pp. 407 s.; G. A. Guattani, Memorie enciclopediche..., IV, Roma 1819, p. 157; G. Brancadoro, Notizie riguardanti le Accademie di belle arti, Roma 1834, p. 75; A. Busiri Vici, Il celebre Studio del mosaico, Roma 1901, p. 24; D. Ledoux-Lebard, Un présent de Léon XII à Charles X, in Antologia di belle arti, 1977, 2, pp. 212 ss.; C. Pietrangeli, Mosaico in piccolo, in Bollettino dei Musei comunali di Roma, XXV-XXVII (1978-80), 1-4, p. 83; M. G. Branchetti, in D. Petochi-M. Alfieri-M. G. Branchetti, I mosaici minuti romani..., Roma 1982, pp. 16, 29, 32 n. 12, 56; S. Rudolph, Giuseppe Tambroni e lo stato delle belle arti a Roma nel 1814, Roma 1982, p. 74; A. González Palacios, Mosaici e pietre dure, Milano 1982, pp. 25 s., 28, 30; M. G. Branchetti, in Mosaici minuti romani del 700 e dell'800 (catal.), Roma 1986, p. 169; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-ecclesiastica, XLVII, pp. 78, 80.