FRANCESCO di Giovanni, detto Francione
Nacque a Firenze nel 1428 da Giovanni di Francesco, legnaiolo, e da Monna Lena; abitò nel quartiere di San Giovanni, "popolo" di San Pier Maggiore (Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 78, c. 573; 76, c. 401).
La sua figura di legnaiolo e ingegnere militare è ricordata dal Vasari (1568) più che per le opere, giunte a noi in minima parte, per la sua funzione di guida e modello per alcuni artisti probabilmente formatisi come garzoni presso la sua bottega di tarsia e di intaglio del legno: in primis Giuliano da Maiano e Giuliano da Sangallo, ma anche Francesco Del Tasso e Baccio Pontelli. Inoltre F., se non inaugura, almeno consolida quell'iter formativo che, dall'esperienza di bottega artigianale impegnata nella fornitura di grandi apparati lignei, conduce a quella dell'architetto e dell'ingegnere militare.
F. aveva bottega in via dei Servi, all'angolo con l'attuale via del Castellaccio, la stessa che sarebbe stata poi utilizzata da Giuliano da Maiano. Qui iniziò la sua carriera dopo un'esperienza, probabilmente di sola formazione artistica, nel campo complesso della figura e dell'articolazione compositiva, come era previsto nel tirocinio di quei "maestri di prospettiva" la cui qualifica, per consuetudine, fin dal quarto decennio del Quattrocento, veniva identificata con quella di intarsiatore su legno.
Frequentemente si trovano menzionati a Roma negli anni 1458 e 1467 uno o più Francesco di Giovanni, investiti di vari ruoli, non del tutto compatibili fra loro, quali "carpentario" o "marmoraro" (Borsi, 1989, pp. 177-179): potrebbe trattarsi di una traccia per un possibile apprendistato di F. nella città papale.
Il fatto che l'immatricolazione all'arte dei maestri di pietra e legname (13 marzo 1470) sia più tarda rispetto ai primi lavori documentati di F. dimostra che la sua attività si svolse o fuori della città, o ancora in dipendenza di altre botteghe, probabilmente di quella paterna (Archivio di Stato di Firenze, Arte dei maestri di pietra e legname, 4, cc. 173 s.). È comunque con la qualifica di maestro di tarsia che F. compare a Pisa nei lavori della primaziale, dove, nel 1461, si impegnò a "facere uno sopracielo lavorato a quadri sopra'l coro di duomo di quadri 25" (Milanesi, 1901, p. 111 n. 131): un lavoro di immensa portata, che presuppone, da parte della committenza, una consapevolezza della capacità esecutiva del maestro.
Un Francesco di Giovanni - ricordato a Firenze e impegnato per il coro ligneo della Ss. Annunziata (1461-63) o all'Opera del duomo (1463) per la sola "raconciatura" di parti del grande apparato di tarsie avviato nel 1436 nella sagrestia delle messe da Antonio Ciaccheri - potrebbe anche essere identificato con F., tanto più che poco prima, nel 1460, un Francesco di Giovanni legnaiolo, residente nel popolo di San Pier Maggiore, lo stesso effettivamente abitato anni dopo da F., è presente al testamento del Ciaccheri; inoltre all'Annunziata, insieme con "Francesco di Nanni maestro del coro", lavorò Domenico di Francesco, detto il Capitano, che ritroveremo nel 1487 a Sarzana, proprio con F. impiegato nei lavori della rocca (Borsi, 1989, pp. 178, 214).
Nel 1468 a F. vennero allogati i sopracieli delle cappelle dell'Annunziata e dell'Incoronata, nel transetto del duomo di Pisa, per un totale di 72 lacunari quadri (l'intero apparato fu distrutto in un incendio del 1595). È stato inoltre ipotizzato un suo intervento ai lavori nel vicino palazzo arcivescovile (Giusti, 1992). Nel luglio del 1469 la malattia della madre a Firenze lo costrinse a lasciare momentaneamente i lavori pisani; ne approfittò per pagare il legname, già impiegato nei lavori della cittadella, presso i provveditori fiorentini: è forse questo uno dei primi impegni assunti da F. nel campo dell'architettura militare.
Dal 1470 F. operò in una sorta di équipe (non costituita in società) insieme con altre botteghe di legname: quella di Giuliano da Maiano e quella del più anziano Giovanni di Domenico da Gaiole, con l'aggiunta del legnaiolo casentinese (che non sappiamo se titolare di bottega) Francesco di Domenico, detto il Monciatto. "Francione da Fondamenti" è nominato per quarto - il secondo e il terzo sono Giuliano e il Gaiole - nella lista di 84 botteghe di legnaioli (Maestri di prospettiva in Firenze) compilata da B. Dei nel 1470 (Borsi, 1989, p. 181).
Nello stesso anno Giuliano da Maiano, che aveva ricevuto l'incarico del modello ligneo per il chiostro del monastero benedettino di Ss. Flora e Lucilla ad Arezzo, chiamò a consulto il Monciatto e "Francescaccio" (Fabriczy, 1903). Si trattò forse di uno scambio di cortesie dato che, sempre nel 1470, F. realizzò nella sua bottega fiorentina, per il duomo di Pisa, le grandi sedie lignee (con il postergale intarsiato) riservate ai priori, ai rettori e al capitano del Mare; a Firenze intanto Giuliano da Maiano eseguì le sedie per i celebranti. Questo lavoro, portato avanti a lungo dalle due botteghe, venne consegnato nel 1474; vi collaborò anche il giovane Baccio Pontelli che anche più avanti, in una lettera del 1481 a Lorenzo il Magnifico, si professerà "discepulo de Francione" (Gaye, 1839, pp. 274 s.).
Nel 1471 F., con Giuliano da Maiano e il Monciatto, ricevette la prestigiosa commissione - che si risolverà poi in un nulla di fatto - del coro ligneo per l'altare maggiore del duomo di Firenze, realizzato solo nel 1550 in marmo da Baccio Bandinelli. Sempre nel 1471 il Comune fiorentino affidò a questo gruppo, comprendente anche Giovanni da Gaiole, l'incarico per l'intero apparato ligneo, strutturale e decorativo, della parte settentrionale del palazzo dei Signori (palazzo Vecchio). Il lavoro, per il quale esistono pagamenti a partire dal 1475, comprendeva la divisione in due piani di un ampio salone con la creazione di tre sale: la prima, posta al piano nobile, detta poi dei Dugento, venne coperta da un soppalco composto da un solido quanto moderno sistema a travi lignee reticolari; al di sopra, più piccole, la seconda e la terza sala - sale dette dei Gigli o dell'Orologio e dell'Udienza - separate a loro volta da un tramezzo che rimane un capolavoro di carpenteria e di ingegneria muraria. Il tutto curato, secondo il Vasari, da Benedetto da Maiano, forse all'epoca ancor troppo giovane; in realtà svolto da maestranze più competenti, probabilmente sotto la supervisione del fratello di questo, Giuliano, se non proprio da F. (Cecchi, 1994). Riconducibile alla mano di F. e di Giuliano da Maiano sono le tarsie (1480) della porta della sala dei Gigli, realizzate su cartoni attribuiti a Sandro Botticelli o a Filippino Lippi.
Secondo Ferretti (1982, p. 521) spetterebbe a F. l'anta di sinistra, che raffigura Dante di profilo, col volto scavato in un mirabile commesso di essenze inserito in una nicchia alveolata in prospettiva; l'anta di destra, dove si trova la figura di Petrarca, sarebbe invece di Giuliano da Maiano. Un'altra fornitura per il palazzo dei Signori è quella di quattro panche in legno per la sala del Consiglio (Gaye, 1839, p. 575).
Nel 1472 F. partecipò come legnaiolo - qualifica alla quale veniva affidata la costruzione di fortificazioni campali, macchine ossidionali, supporti e traini per l'artiglieria ecc. - all'impresa militare di Volterra. Una volta conquistata la città da parte delle truppe capitanate da Federico da Montefeltro, il governo di Firenze si occupò del rafforzamento della stessa rocca e, approfittando certo della consulenza occasionale del condottiero e di altri esperti, tra cui F., fece costruire una fortezza quadrilatera (dal luglio 1472 al giugno 1473).
Nel 1475 F. ricevette da Pisa l'incarico di realizzare, in collaborazione col più giovane Baccio Pontelli, una cappella funeraria nel Camposanto in memoria dell'arcivescovo Filippo de' Medici. Il progetto della cappella, la costruzione della quale fu interrotta alle fondamenta, prevedeva un rivestimento di marmi all'esterno mentre l'interno doveva essere arricchito con stalli lignei.
Tre anni dopo ritroviamo F. impegnato in imprese militari; fu chiamato per occuparsi delle difese di Colle Val d'Elsa, minacciata dall'avanzata delle truppe della grande lega promossa da Sisto IV contro Firenze. Nel settembre del 1479 informò il Magnifico della cattiva tenuta delle mura sotto il fuoco nemico e dell'impegno a porre rimedio ai guasti (Milanesi, 1901, p. 128 doc. 150). Per questi lavori si valse della collaborazione dei legnaioli Giuliano da Sangallo e Francesco d'Angelo, detto il Cecca, che si era formato nella sua bottega; di difficile identificazione sono gli eventuali interventi di fortificazione eseguiti da F. nella piazzaforte riconquistata dai Fiorentini. Sempre nel 1478 F. affiancò Giuliano da Maiano nella stima di alcuni terreni acquistati da Lorenzo de' Medici nei pressi del complesso dei Servi di Maria alla Ss. Annunziata (Elam, 1978).
Nella portata al Catasto del 1480 F. dichiarò di essere "compagnio di Giuliano e Antonio di Francesco di Santo Gallo" e di tenere con questi "bottega a pigione da Lodovico Tedaldi la quale è posta in via de' Servi", con una pigione annua - assai elevata - di 7 fiorini (Archivio di Stato di Firenze, Catasto, 1018, c. 402 [423]). Sempre nel 1480 F. realizzò un modello ligneo della chiesa della Ss. Annunziata, in collaborazione col giovane Giuliano da Sangallo, subentrato probabilmente al da Maiano, citato nei primi documenti (Teubner, 1978). Nell'aprile dell'anno seguente compì una "ricognizione" presso la vecchia fortezza di Poggio Imperiale, vicino Poggibonsi; in tale occasione studiò il modo di rinforzare l'avamposto: un'iniziativa che venne attuata soltanto dal 1488, con un progetto del Sangallo (Pescatori, 1992).
Nel 1482 F. venne convocato a Firenze per esprimere un giudizio sulla spinosa questione della facciata del S. Spirito. Il tempio brunelleschiano vedeva i lavori avviarsi alla conclusione con la costruzione della facciata. Il problema riguardava - in mancanza di un disegno o di un modello del Brunelleschi - se adottare la versione tradizionale, a tre porte, ipotesi sposata anche da F., oppure quella a quattro porte, come un'antica testimonianza orale sembrava suggerire. Alla prima riunione nel 1482 si tentò il compromesso, costruendo un grande arco al centro della facciata (Borsi - Morolli - Quinterio, 1979, p. 327). Nel corso delle successive riunioni del 1484 e 1486, alle quali F. non prese parte, prevalse il partito delle tre porte, capeggiato da Giuliano da Maiano, mentre quello antagonista aveva avuto l'appoggio esterno del Sangallo e, forse, di Lorenzo de' Medici.
In quegli anni il Magnifico iniziò i lavori per la villa di Poggio a Caiano e, secondo la testimonianza vasariana (IV, p. 270), "n'aveva fatto fare più modelli al Francione e ad altri", per poi però affidare l'incarico al Sangallo. Il Borsi (1989, p. 190) si è chiesto se non sia stata questa fortuna del più giovane compagno di bottega a cambiare i rapporti tra i due: una risposta significativa potrebbe essere data dall'assenza del Sangallo nella costruzione del forte di Pietrasanta (aprile 1485), per il quale F. si valse della collaborazione di Francesco d'Angelo.
Nel giugno 1487 gli Otto di pratica incaricarono F., il Cecca e Domenico di Francesco (il Capitano), di realizzare le difese di Sarzana, già provata dagli scontri fra Fiorentini e Genovesi. Quando erano iniziati ormai da un anno i lavori di fondazione delle fortificazioni, i fratelli da Sangallo, Giuliano e Antonio, presentarono un modello alternativo, che godeva dell'appoggio del Magnifico. Il progetto, mostrato ai capomastri, F. e il Capitano, venne respinto probabilmente perché troppo complesso: una dimostrazione in più dei certo mutati rapporti fra il maturo legnaiolo e il suo allievo più noto.
Nel 1488 F. fu eletto ingegnere ufficiale della Repubblica insieme con il Cecca, che morì nel maggio dello stesso anno. Nel 1491 è ricordato fra i molti partecipanti al concorso per la facciata di S. Maria del Fiore, una competizione voluta dal Magnifico e risoltasi in un nulla di fatto. Chiudono la carriera di F. tre episodi significativi della sua parabola creativa. Il primo è la realizzazione, a partire dagli inizi degli anni Novanta, della nuova rocca di Sarzanello, nei pressi di Sarzana, nella quale fu affiancato dal più giovane Luca del Caprina.
Si tratta di un presidio, dalla forma di losanga, che in pianta si presenta come un triangolo equilatero con torrioncini circolari ai vertici, con anteriormente un secondo corpo triangolare, avente funzione di rivellino, circondato il tutto da un fosso romboidale. Questo lavoro - che ricorda certi modelli fatti costruire da Maometto II (1453) a difesa del varco del Bosforo (Rocchi, 1894) - sembra dimostrare un superamento delle precedenti tecniche fortificatorie, probabilmente condizionato dalle richieste della committenza conscia delle recenti conquiste di Francesco di Giorgio Martini o di Giuliano da Sangallo, autore, quest'ultimo, di due disegni che hanno fatto ipotizzare un'attribuzione della rocca in suo favore.
Del febbraio 1493 è un atto notarile, più simile a una sorta di relazione tecnica, con cui F. e Francesco Del Tasso stabiliscono il metodo da adottare a Firenze per la stima dei lavori nei cori lignei. Nel maggio dello stesso anno F. fu pagato per il modello ligneo di un lacunare tipo - eseguito su disegno di Giuliano da Sangallo e di Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca - per la volta a botte in pietra del vestibolo della sagrestia di S. Spirito.
F. morì a Firenze il 25 luglio 1495 e fu sepolto in S. Michele Visdomini.
Col testamento lasciò agli eredi, tra l'altro, la casa posta in via S. Cristofano, accanto a S. Croce, nel popolo di San Pier Maggiore. Qui aveva abitato con la moglie Lisabetta, di vent'anni più giovane, e con i figli Gian Battista, Nannina e Tommaso, nonché con la nipote Lorenza, figlia del fratello Lorenzo.
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