MANZANO, Francesco di
Nacque l'8 genn. 1801, a Giassico, frazione di Cormons. Figlio secondogenito di Leonardo, discendente di un'antica famiglia castellana e membro del Parlamento friulano, e di Antonia Nicoletti, appartenente anch'essa a una famiglia nobile cividalese, compì la sua formazione sotto la guida di due precettori: J. Pigani e, qualche anno più tardi, N. Jacuzzi. Proseguì gli studi presso il collegio dei padri somaschi e le scuole pubbliche a Cividale, dove la famiglia si trasferì per alcuni anni (1811-13). Nel 1819 frequentò un corso filosofico a Udine per poi passare nel 1821, "impulsato dal […] vivissimo amore alla Pittura" (Cenni autobiografici, in F. di M., 1983, p. 92), a studiare presso l'Accademia di belle arti di Venezia, dove rimase fino al 1825. A causa di una forte oftalmia, abbandonò allora gli studi artistici e ritornò presso la casa di famiglia a Giassico, dove trascorse tutta la sua vita.
L'interesse per la pittura e le arti, che gli valse alcune segnalazioni nel periodo di studio veneziano, rimase "una cara ricreazione" (ibid.) anche negli anni della maturità, quando produsse pregevoli dipinti e disegni. Riconducibile all'amore per le "belle arti" fu anche uno dei pochi spostamenti (un paio di viaggi a Graz, a Trieste o nelle principali località friulane) che il M. intraprese nel corso della sua vita: poco più di un mese, nel dicembre 1834, nelle terre e cittadine del Friuli occidentale e del Veneto, per Treviso e Venezia, fino a Padova e Vicenza. Breve e circoscritto tour, di cui ci restituisce con tono partecipe annotazioni sui luoghi visitati, dettagliate descrizioni di chiese e palazzi, di dipinti e manufatti artistici nel manoscritto inedito Memorie del nostro viaggio.
Afflitto da una condizione di salute non buona, attraversò in maniera defilata le vicende movimentate di un secolo, l'Ottocento, lungo quasi come l'arco della sua vita, e di un luogo, quell'instabile territorio di confine che dal 1866 divideva il Regno d'Italia dai domini imperiali, ma che nella prima metà del secolo e dopo la caduta della Repubblica di Venezia aveva conosciuto anche la dominazione francese e asburgica (nel 1866 il M. rimase suddito austriaco come la località in cui era attivo). Non mancò peraltro di partecipare alla vita pubblica e di ricoprire cariche amministrative: presiedette un paio di volte alle elezioni dei deputati al Consiglio dell'Impero per il distretto di Gradisca; in vari anni fu consigliere di Comuni limitrofi, in particolare di quello di Brazzano dal 1827 per più di sessant'anni e, sempre di questo, podestà nel 1828-29 e nel 1850-54.
Ma l'impegno sostanziale della sua vita si vide soprattutto in due campi: la cura dei suoi interessi economici e degli affetti familiari e, per oltre un cinquantennio, a partire dagli anni Quaranta fino alla sua morte, l'operosa e indefessa applicazione agli studi storici.
Il M. si sposò una prima volta, il 2 marzo 1829, con Orsolina Sellenati che solo tre anni più tardi morì di parto, lasciandolo con il figlio Edoardo; una seconda volta, il 9 luglio 1835, con Giovanna de Puppi di Cividale, sua compagna per oltre cinquant'anni (morì nel 1886) e madre di Ildegonda, morta neonata, e di Alfredo, nato nel 1841. La cura dei due figli, l'attenzione con cui ne seguì la formazione e gli studi sono ampiamente testimoniati nelle sue carte personali e nelle lettere, e si accordano con la generale propensione pedagogica manifestata dal M. anche nel suo impegno civile e scientifico, con l'importanza da lui attribuita all'istruzione dei giovani e, in essa, al ruolo svolto dalla storia, e da quella patria in particolare.
Gli aspetti educativi della disciplina storica si evidenziano bene nella sua opera divulgativa Compendio di storia friulana (Udine 1876; rist. anast., ibid. 1976): una sintesi di storia patria dalle origini fino all'inizio del XIX secolo, dedicata per l'appunto alla "studiosa gioventù friulana". In essa sono condensate alcune caratteristiche del lavoro storico del Manzano. Per quanto distante dalle posizioni ideologiche e dai toni di acceso patriottismo di alcuni contemporanei - quali P. Antonini o P. Valussi - e lontano dunque dalle scelte militanti che avevano mosso questi ultimi nella lettura delle vicende storico-politiche del confine austro-italiano, il M. fu tuttavia capace di penetrare lo spirito del tempo e di elaborare una sua posizione storiografica. Essa, fra l'altro, se meglio valutata, indurrebbe a mitigare il giudizio piuttosto severo espresso nei suoi confronti dalla storiografia successiva, che ha rilevato il carattere disimpegnato e poco originale della sua produzione storica. In ogni caso, il Compendio ebbe il pregio di trattare, in una sintesi organica di lungo periodo, la storia del territorio friulano nel suo insieme: le vicende sia del Friuli occidentale, la cosiddetta Patria del Friuli, sia di quello arciducale. E questo perché il M., nella narrazione degli avvenimenti storici, non tralascia di soffermarsi anche sugli usi, i costumi, la vita sociale ed economica, portando l'attenzione su tutti quegli aspetti che potevano sottolineare il carattere unitario del Friuli e della sua popolazione, di là dalle perduranti divisioni imposte dalla politica.
L'agile sintesi offerta nel Compendio fu preparata dal lungo lavoro di tessitura documentaria e di ricostruzione cronologica offerto nei sette volumi degli Annali del Friuli, ossia Raccolta delle cose storiche appartenenti a questa regione, pubblicati a Udine tra il 1850 e il 1879 (rist. anast., Bologna 1975).
L'arco cronologico coperto era molto ampio, ma la raccolta di notizie storiche risulta fortemente sbilanciata in favore dell'Età medievale. Mentre le prime quattro epoche - quella romana, dei regni barbarici, della dominazione dei Franchi, di Berengario e degli Ottoni - occupano il primo volume, ben cinque dei volumi seguenti sono dedicati alla trattazione storica del periodo compreso fra il 1000 e il 1420, corrispondente al dominio temporale dei patriarchi di Aquileia, cui mise fine la conquista veneziana. L'ultimo volume, il settimo, costituisce una Aggiunta all'epoca VI, e dunque un'integrazione dell'opera, in cui il M. descrive il periodo della dominazione veneziana nel Friuli occidentale dal 1420 al 1797. La motivazione di questo volontario indugiare sulla storia del dominio patriarchino era tutta inscritta nell'idea che in quel periodo il "Friuli venne a far mostra di sé siccome Stato Sovrano fra i principali d'Italia" (Annali, VI, p. 331) mentre successivamente le sue vicende avrebbero potuto solo essere ricomprese nella più generale storia della Repubblica veneziana, di cui costituiva la provincia più orientale: asimmetria, questa, che avrebbe segnato a lungo la storiografia successiva fino in tempi molto recenti. Il giudizio piuttosto severo che gravò sulla principale opera del M. - impianto meramente compilatorio e di registrazione cronologica, assenza di spessore critico, sorpassata erudizione aggravata dall'uso di fonti non sempre primarie, dal ricorso a storie universali poco pertinenti alla ricostruzione storica regionale o, ancor più, dal credito attribuito alla produzione storiografica seicentesca, spesso infondata - può tuttavia essere attenuato se si considera quanta parte della migliore storiografia non solo locale (G. Bianchi, J. Pirona, V. Joppi) ma anche degli altri Stati italiani ed europei fosse impegnata in quegli anni in una preliminare sistemazione della documentazione storica e nella raccolta di materiali per servire alla ricostruzione delle storie patrie. Lo stesso M. si premurò di sensibilizzare a tale compito le istituzioni pubbliche e, in un discorso tenuto all'Accademia agraria di Gorizia nel 1845 alla presenza dell'arciduca Giovanni, propose l'istituzione di una commissione incaricata di individuare e ordinare archivi e documenti.
Parte originale e ricca della ricerca del M. fu quella riguardante la storia dei castelli friulani e le notizie relative ad alcune famiglie aristocratiche. La prima costituì un interesse sempre vivo del M.: dal discorso tenuto presso l'Accademia agraria di Gorizia nel 1831 fino al Prospetto preparatorio ad una Storia dei castelli friulani che nel 1881 ancora programmava (Archeografo triestino, s. 2, VIII [1881-82], pp. 115-143). La sua competenza genealogica è invece attestata dalla collaborazione che prestò a P. Litta per la realizzazione delle sue Famiglie celebri italiane (Milano 1819-53), coadiuvandolo nella compilazione delle tavole sui della Torre (particolarmente il ramo di Gorizia); così come dai legami amicali e scientifici che ebbe con G.B. Di Crollalanza, al quale offrì materiali e utili ragguagli per le sue Memorie storico-genealogiche della famiglia di Manzano (Fermo 1874). Il M. fu in relazione con il Gabinetto Vieusseux di Firenze e con il gruppo di intellettuali che dette vita all'Archivio storico italiano, con la Deputazione veneta di storia patria e con altre rilevanti istituzioni e accademie italiane e austriache, così come con numerosi eruditi e storici locali.
Di un certo rilievo, nella sua produzione più tarda, furono i Cenni biografici dei letterati ed artisti friulani dal secolo IV al XIX (Udine 1884; rist. anast., Bologna 1966), integrati qualche anno dopo con nuove o modificate voci (Nuovi cenni biografici dei letterati ed artisti friulani dal secolo IV al XIX, Udine 1887), che contenevano indicazioni biografiche su oltre settecento personaggi della cultura friulana, estesa anche in questo caso ai territori oltre l'Isonzo.
Il M. morì a Giassico il 6 marzo 1895.
Oltre alle opere già citate, occorre ricordare Marcantonio Nicoletti. Cenni biografici - Il castello di Cormons, Venezia 1880; Cenni storici sui confini del Friuli e la sua nazionalità, Udine 1894; Bertrando patriarca di Aquileia, ibid. 1962.
Fonti e Bibl.: Manoscritti del M. sono conservati presso la Biblioteca civica "V. Joppi" di Udine, Fondo Principale, Archivio Manzano, 1686-1856 (contenente anche documenti e carte della famiglia). I manoscritti 1686-1735 sono copie e studi preparatori delle sue opere (alcune inedite) o di discorsi tenuti in varie occasioni pubbliche. Meritano segnalazione particolare 1698 e 1699: Cenni autobiografici; 1705: Elenco dei libri posseduti (dal M. nel 1834); 1713: Memorie del nostro viaggio (1834); e, infine, 1727 (Frutto delle mie letture) e 1728 (Libro contenente svariati argomenti dettati da Francesco di Manzano e scritti di suo pugno). Si veda inoltre l'esaustiva Scheda bibliografica di D. Kenda, in F. di M. storiografo e pittore (1801-1895) (catal.), a cura di G. Bergamini - G.B. Panzera, Cormons 1983, pp. 101-104 (alle pp. 91-95: Cenni autobiografici). Sul M. si vedano G. Occioni-Bonaffons, F. di M., in Archeografo triestino, s. 2, XVI (1890), pp. 3-8; P.S. Leicht, F. di M. e la storiografia friulana, in Memorie storiche forogiuliesi, XVII (1921), 3-4, pp. 103-115; G. Marchetti, Il Friuli: uomini e tempi, II, Udine 1979, pp. 649-657.