FALCUCCI, Francesco Domenico
Nacque il 4 ott. 1835 a Magna Soprana, casale presso Rogliano (Capo Corso), all'estremo Nord della Corsica, in una famiglia benestante di antica origine toscana, da Luigi e da Margherita Tommasi. Passò i primi anni nel villaggio nativo con i fratelli Eugenio e Giovan Michele, conservando dei luoghi e delle atmosfere un ricordo commosso che lo condizionerà nella vita e negli studi. Nel 1841 la famiglia si trasferì a Livorno, dove il padre morì otto anni dopo e dove egli compì i primi studi, quelli elementari con maestri privati e quelli secondari presso l'Istituto di S. Sebastiano. Iscrittosi alla facoltà di diritto dell'università di Pisa, si trasferì ben presto a quella di Siena, dove si laureò in giurisprudenza nel 1858.
La sua natura schiva e meditativa lo portava verso una vita studiosa piuttosto che alla carriera forense, ed i sufficienti beni di fortuna gli consentirono di dedicarsi senza proccupazioni pratiche alla letteratura. Per i primi anni si applicò con foga allo studio dell'italiano ("...il aimait et étudiait avec passion les classiques; le style moderne, envahi par les barbarismes, offensait son goût ..."), dedicandosi a generi accademici, elogi, iscrizioni italiane e latine, ed annotando all'inverosimile il suo Fanfani (P. Fanfani, Vocab. d. lingua ital., Firenze 1855); ma studiò anche le lingue straniere, e pervenne ad una buona conoscenza, oltre che del francese dell'infanzia, anche dell'inglese, del tedesco, dello spagnolo e del portoghese.
Negli ambienti universitari di quegli anni aveva respirato il clima degli entusiasmi patriottici, pur nei personali limiti di un liberalismo moderato, cavouriano e antimazziniano: si è parlato di una partecipazione del F. alle azioni belliche del 1859, ma sembra appurato che egli si sia limitato a partecipare a Livorno alle riunioni vagamente cospiratorie della farmacia Crecchi e a pubblicare su Il Romito, foglio settimanale artistico, letterario e scientifico qualche articolo di ispirazione patriottica, come Ai morti per la libertà d'Italia (II, n. 22, 9 giugno 1860), o Alla memoria di Carlo Palagi (ibid., n. 34, 1º sett. 1860). Fu solo ai primi di ottobre del 1860 che si arruolò nel III battaglione della guardia nazionale toscana e partì per Milano, dove, dopo un discorso pubblico di M. d'Azeglio, arringò anch'egli la popolazione (Allocuzione ai Milanesi, ibid., n. 46, 24 nov. 1860); già rientrato a Livorno nella seconda metà di novembre, pur continuando il servizio per qualche tempo, riprese l'attività letteraria con numerose collaborazioni a Il Romito, ma anche a L'Alleanza di Milano, a La Benefica, strenna livornese, e a La Viola del pensiero. Ricordo di letteratura. In questo periodo è collocabile l'inizio dell'amicizia con Angelica Palli, la fervente patriota di origine greco-albanese sposata al corso G.P. Bartolomei, che teneva a Livorno un salotto politico-letterario, dirigeva Il Romito e viveva con grande partecipazione tutte le vicende del momento. Di natura entusiasta, questa spinse il F. a partire per Firenze, dove avrebbe dovuto trattare con alcuni editori la pubblicazione di suoi lavori poetici, principalmente di una traduzione (con note e una prefazione sulla poesia portoghese) de La lega dei Tarnoghi di J. G. Magalhães, uno scrittore brasiliano cui s'interessò il Guerrazzi.
Le trattative finirono in una delusione, ma fu durante quel soggiorno che il F., introdotto dal suo antico collega d'università I. Del Lungo e da I. C. Panattoni, fece la conoscenza di Niccolò Tommaseo. Ne scaturi un'amicizia che durò fino alla morte di quest'ultimo, attraverso una corrispondenza che stimolò il F. a riscoprire il suo legame con la patria corsa (il Tommaseo vi era stato esule nel 1838, aveva raccolto le lettere di Pasquale Paoli e compilato una raccolta di canti popolari corsi): lo ricorderà con una pubblicazione, Tommaseo. Ricordo (Livorno 1874).
Rientrato a Livorno, sempre stimolato dalla Palli Bartolomei, tornò con maggior lena alle attività giornalistiche, rivolgendosi più specificamente alle vicende politico-amministrative della città. Nel 1868, presentatosi candidato alle elezioni comunali, non fu eletto, ma venne chiamato a far parte della commissione per gli esami nelle scuole coni unali: ciò fu l'occasione per una serie di appassionati articoli sull'istruzione pubblica, fra cui L'educazione popolare e i premi (in L'Eco del Tirreno, n. 19, 7 ag. 1870), Le scuole pubbliche comunali (in L'Indicatore commerciale, n. 27, 27 genn. 1872), D'un nuovo ordinamento delle scuole primarie maschili livornesi (ibid., nn. 30-46, 30 genn.-15 febbr. 1872), I premi e l'educazione (ibid., n. 258, 14 sett. 1872), I maestri e la disciplina (ibid., n.270, 26 sett. 1872), Salubrità di alcune scuole elementari (ibid., n.279, 5 ott. 1872), nonché per una relazione al Consiglio comunale sugli esami a Livorno (Arch. munic. di Livorno, 1868, Atti, 108, n. 10602; 1870, 92, n. 9798). Per protesta contro alcune piccole irregolarità si dimise dalla deputazione alle scuole con lettera del 22 marzo 1873 (ibid., 1873, Atti, 35, n.2973), accettando però nell'ottobre di dedicarsi alla commissione per l'archivio comunale (pubblicò L'Archivio antico del Comune di Livorno, in L'Indicatore commerciale, n. 113, 27 apr. 1874), dove il lavoro di classificazione di antichi manoscritti era molto più vicino ai suoi crescenti interessi filologici e storico-linguistici. A in questo periodo che la sua attenzione per tali discipline viene coagulandosi intorno ai dialetti corsi, così legati per molti aspetti alla Toscana.
Partecipò ancora alla lotta politica locale in occasione delle elezioni del 1875, battendosi contro il conte P. Bastogi attraverso una campagna astensionistica; ma a questo punto, forse a causa di qualche attrito per la conduzione del circolo "G. Giusti" e di qualche dissenso col fratello Gian Michele che amministrava i beni livornesi della famiglia, decise di ritirarsi nella nativa Rogliano (vi era ritornato molte volte in vacanza per brevi periodi) e vi restò circa tre anni. In quel ritiro i suoi interessi linguistici cominciarono ad assumere rigore e impegno, ed il suo lavoro lessicale di raccolta dal vivo dei materiali prese concretezza, ormai esclusivamente orientato verso i dialetti corsi. Da allora, anche se nel 1881 rientrò a Livorno, tutto il suo tempo fu dedicato a quegli studi, e fu un lavoro davvero accanito, fatto anche di lunghe veglie che pare abbiano contribuito alla progressiva cecità che lo tormenterà dal 1888. In vita, del frutto di tanto lavoro non diede alle stampe quasi nulla, se si escludono: Saggi illustrati dei dialetti corsi, nel volume I parlari italiani in Certaldo alla festa del V centenario di messer G. Boccaccio (Livorno 1875, pp. 571-603), consistente nella traduzione della novella I, 9 del Decamerone nei dialetti di Rogliano, Bastia, Isola Rossa, Valle d'Alesani e Ajaccio, pubblicata anche a parte, Livorno 1875 (la copia della Bibl. Labronica, Misc. D, 258, 31, è fitta di aggiunte e correzioni autografe del F.); Le voci del desiderio doloroso presso i Còrsi e altri popoli, in Rassegna nazionale, 1º marzo 1886, pp. 35-46; e un estratto dell'introduzione della sua opera principale (che sarà postuma), Du dialecte, des moeurs et de la géographie de la Corse. Lexique comparé, Bastia 1888. La cecità, divenuta presto totale, sarà accompagnata negli ultimi anni da una paralisi progressiva: riusciva ancora a lavorare un poco con l'aiuto di una nipote, Anna Falcucci De Lorenzo presso la quale, abitante col marito medico condotto a Laerru in Sardegna, passò l'ultimo anno di vita e mori, il 10 sett. 1902 (Comune di Laerru, Atti di morte, 1902, II, n. 20; e Archivio parrocchiale di Laerru, Registro dei morti, VI, n. 322).
Dunque l'opera maggiore dei F., il Vocabolario dei dialetti, geografia e costumi della Corsica (Cagliari 1915), fu pubblicata postuma: egli la lasciò sfortunatamente non finita, avendo completato solo la lettera A, più volte copiata di sua mano, mentre tutte le altre erano più o meno incomplete ed allo stato di schede.
La nipote affidò i manoscritti a P. E. Guarnerio dell'università di Pavia, che aveva conosciuto il F. nel 1885, ed era uno specialista del dialetto sardo settentrionale, con qualche conoscenza anche dei dialetti corsi. Costui affidò le schede per una prima cernita a R. Di Tucci di Cagliari, poi le rivide egli stesso, aggiunse un'appendice di addizioni e correzioni, e le affidò per la stampa alla Società stor. sarda. L'opera (di pp. XXIII-474 in 8º grande) apparve proprio alla fine del 1914, in piena campagna interventista, ed ebbe lo strano destino per un lavoro di linguistica (peraltro accolto con lodi dagli specialisti di tutta Europa) di essere strumentalizzato dall'irredentismo che rivendicava la cultura italiana "conculcata" in Corsica (C. Salvioni al R. Istituto lombardo, I. Del Lungo all'Accademia dei Lincei, F. Novati all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, P. Rajna all'Ist. superiore di Firenze), il che suscitò vive reazioni in Francia. Il Guarnerio, con una lettera del maggio 1918 ad A. Clavel (cit. in Arrighi), ridimensionò la questione, evidenziando che se il predominio delle radici toscane esisteva nel Nord dell'isola, all'interno però prevalevano quelle autoctone, mentre il Sud era molto sardizzato. Ma l'importanza dell'opera consiste soprattutto nella novità; non vi era stato fino ad allora'alcun lavoro organico in quel campo, se si esclude un modesto vocabolario italiano-corso nell'Atlas linguistique de la France di j. Gilliéron-E. Edmont (Paris 1902-1912, con Suppl., ibid. 1920). Il Vocabolario del F. è molto di più, fornendo non solo parole, ma definizioni ed esempi, con circa 12.000 vocaboli registrati: la lettera A poi è un vero prodigio di completezza, con oltre 2.000 Voci. Come l'autore espone nell'Introduzione, le fonti scritte non offrirono molto, onde il grosso del materiale venne dalla lingua parlata, il che arricchisce l'opera col calore del documento vivente. Per i difetti, si può rimarcare che molte citazioni senza referenze bibliografiche non permettono la verifica; che l'autore, capocorsino e toscaneggiante, privilegia spesso i dialetti della Corsica settentrionale; che l'erudizione è talvolta intempestiva; che il moralismo e il pudore del F. arretrano davanti a tutte le espressioni crude, come nell'interpretazione dei proverbi. Di grande utilità sono invece i continui riferimenti a vocaboli sardi, genovesi, calabresi, catalani, greci, portoghesi, spagnoli, inglesi e francesi. L'opera non si limita, infine, solo al vocabolario vero e proprio, ma contiene anche una raccolta di proverbi e di locuzioni, un dizionario storico e geografico, ed un repertorio di costumi che tramanda con amore superstizioni, usi e leggende dell'isola. Circa 2.000 VOlumi della biblioteca dei F., molti annotati, furono donati dal fratello Eugenio alla Biblioteca comunale Labronica di Livorno, insieme con alcune carte e molti opuscoli, mentre le lettere risultano disperse.
Fonti e Bibl.: Una completa bibliografia delle opere e degli articoli del F. è pubblicata in Mediterranea, IV (1930), pp. 152-160. Oltre a quanto già citato nel testo, cfr. Firenze, Bibl. naz., Carteggio Tommaseo, pacco 78, F; Livorno, Bibl. Labronica, Raccolta autografi Bastogi, cass. 23, n. 138; necrol. in Gazzetta livornese, 17-18 sett. 1902; P. E. Guarnerio, Esordio, in F. D. Falcucci, Vocabolario..., cit., pp. I-XX; P. Arrighi, Falcucci (F. D.), Vocabolario còrso, in Revue de la Corse, historique et litteraire, II (1921), pp. 64-70, 107-116; A. Solmi, F. D. F. e la Soc. storica sarda, in Mediterranea, IV (1930), pp. 22 s.; E. Michel, F. D. F. patriota e cittadino livornese, ibid., pp. 2460 (critica in Il Marzocco, 25 genn. 1931, P. 3); G. Mazzoni, Qualche ricordo di F. D. F., ibid., pp. 71 s.; C. Merlo, F. D. F. e le versioni còrse della novella I, 9 del Decameron..., ibid., pp. 73-83; E. Michel, F. D. F. e Angelica Palli Bartolomei, ibid., pp. 84-97; L. Falcucci, Tra i corrispondenti di F. D. F., ibid., Pp. 102-110; S. Deledda, Echi di vita italiana in un carteggio inedito di F. D. F. (19 lettere a I. Del Lungo), ibid., pp. 111-15 2; E. Michel, F. D. F. e N. Tommaseo, in Mediterranea, V (1931), pp. 28-35 (critica in Il Marzocco, 19 apr. 1931, p. 3); G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1934, p. 1419; A. Falcucci De Lorenzo, F. F., Ricordo biografico, Milano 1941.