DRIOLI, Francesco
Nacque a Isola d'Istria il 19 ott. 1738 da Antonio, in una modesta famiglia. Perduta la madre in tenera età, fu accolto dal canonico Giovanni Goina, che provvide alla sua educazione. A quattordici anni venne mandato a Trieste per apprendere l'arte della mercatura presso le ditte Cartuli e Simonetti. Dopo i cinque anni di apprendistato si impiegò a Zara, quale agente, nel negozio di mercerie Fratelli Scarpi, corrispondenti dei Simonetti di Trieste. Ben presto dette il via ad una proficua attività propria, con l'acquisto di un negozio di mercerie e con l'avvio nel 1759 della lavorazione di rosolio maraschino. Ai segreti di questa distillazione si è detto essere stato probabilmente iniziato dal veneziano Giuseppe Carceniga (la grafia del cognome è data dal Teja che a p. 6 n. 2 fa riferimento a documenti) cui si doveva la notorietà del maraschino di Zara. Certo è che il D., con successivi perfezionamenti al processo di distillazione, riuscì ad estrarre dal frutto aspro e scuro della marasca prodotta a Jesenice, nel circondario di Almissa, un rosolio forte, fragrante e anche perfetto per purità e limpidezza, che venne subito apprezzato. Nel 1768 il D. alienava il negozio di mercerie, concentrandosi nella produzione del solo maraschino.
L'industria del maraschino a Zara era un aspetto della più ampia e generale crescita economica, nell'industria, l'agricoltura e i commerci, promossa a ridosso della metà del sec. XVIII dalla Repubblica di Venezia nel suo territorio oltremare per contrastare il progressivo accerchiamento austriaco. L'attività avviata dal D. è il primo esempio, in campo liquoristico dalmata e italiano, di un'azienda produttiva finalizzata a un mercato di ampio respiro, con sue particolari strutture amministrative, commerciali e finanziarie. La rete commerciale, assai articolata, era imperniata su corrispondenti e commissionari ubicati a Trieste e Fiume - che coprivano l'area mitteleuropea e damibiana fino in Russia -, a Venezia, ad Ancona, a Senigallia, successivamente a Livorno, a Marsiglia e infine a Londra, da dove il liquore avrebbe raggiunto i territori di dominio inglese ed il Nuovo Mondo. I corrispondenti erano ditte di export-import che acquistavano il maraschino e assicuravano al D. materie prime (tra cui lo zucchero) e sussidiarie acquistate sui loro mercati. Per essi lo stesso D. si prestava ad operare sulla piazza di Zara quale loro commissionario. acquistando e vendendo articoli diversi, in un intreccio di rapporti finanziariamente regolati con partite reciproche di compensazione sulla base di periodici estratti conto. Contrariamente agli altri distillatori, il D. trattò inizialmente solo marasche, ma dal 1780, quando ormai la sua produzione aveva raggiunto un'area molto ampia di presenza, decise di ampliare la gamma dei prodotti per andare incontro alle richieste del mercato.
L'inizio della dominazione austriaca, nel 1797, diede un ulteriore impulso alla produzione, che poteva oramai espandersi in tutto il territorio asburgico. Nel 1803, per superare le lungaggini burocratiche frapposte alla concessione dell'aulico passaporto, richiesto per le spedizioni entro i territori ereditari, il D. chiese, ed ottenne l'anno seguente, di poter fregiare la ditta e i suoi prodotti con l'insegna dell'Aquila imperiale e colla iscrizione "C.[esarea] R.[egia] Fabbrica privilegiata". Con la pace di Presburgo (1805) subentrava a quella asburgica l'amministrazione francese, che concedeva di sostituire l'insegna imperiale con l'Aquila francese e di modificare l'iscrizione in "Imperial Regia Fabbrica privilegiata". Zara entrò a far parte del Regno Italico e dal 1809 delle Province Illiriche. Il periodo francese non fu dei più proficui per l'azienda, le cui esportazioni erano continuamente messe a repentaglio dalla presenza di navi inglesi nell'Adriatico, dalle difficoltà di rifornimento e dal rincaro dei prezzi delle materie prime.
Il 14 luglio 1808 il D. morì a Zara, lasciando erede della fabbrica, degli edifici e magazzini connessi, delle ricette e istruzioni e dei crediti il nipote Giuseppe Salghetti, associato fin dal 1798 alla sua attività, alla condizione di assumere il cognome Drioli e conservare l'intestazione della ditta.
Viceconsole fin dal 1788 prima di Spagna, poi dello Stato pontificio e del re di Napoli e di Sicilia, il D. fu un esponente di spicco della Comunità zaratina, anche per il matrimonio con Antonia (Tonina) Salghetti, figlia del ricco mercante Iseppo Salghetti, avvenuto nel 1764. Fu chiamato a far parte del corpo dei protettori non legali dei carcerati presso il tribunale di prima istanza istituito a Zara sotto il governo Dandolo, e si prestò a far da perito nella liquidazione di avarie marittime.
La ditta proseguì la produzione, sotto la stessa ragione e famiglia. Si susseguirono nella direzione, dopo Giuseppe Salghetti Drioli (1808-1822), la vedova Giuseppina (1822-1843), come tutrice dei figli Francesco e Giovanni. Dopo un biennio di comproprietà, a seguito di divisione ereditaria, diresse la ditta Francesco Salghetti Drioli (1845-1876), noto pittore, amico del Tommaseo, poi Simeone, figlio di questo (1876-1921), quindi Francesco Salghetti Drioli, figlio di Simeone (1921-1943). L'apprezzamento della produzione fece diventare la ditta - caso unico nella liquoristica - fornitrice ufficiale, e con diritto a fregiarsi contemporaneamente, degli stemmi delle case regnanti di Austria, Italia e Inghilterra. A Francesco successe Vittorio Salghetti Drioli dal febbraio al dicembre 1943; trasferitosi per ragioni belliche in Italia, costruì ex novo la fabbrica a Mira di Venezia, mantenendone la direzione dal 1945 al 1974, anno della sua morte. Con Vittorio, ultimo del suo ramo, si estinse questa famiglia di industriali zaratini, la cui storia è racchiusa nella ricchezza documentaria dell'archivio familiare e di quello dell'Historijski Archiv di Zara.
Fonti e Bibl.: Vicenza, Archivio privato famiglia Salghetti Drioli; Zara, Historijski Archiv; Relazione sulle condizioni della colonia italiana in Zara, compilata nel 1782 dal r. agente consolare P. Brattanich, in Rivista dalmatica, LVII (1986), 1, pp. 51-63; A. Teja, La fabbrica di maraschino F. D. all'epoca del suo fondatore (1759-1808), Genova 1938 (con altra bibl., note documentarie e riproduz. di docc. nel testo); B. Caizzi, Industria e commercio della Repubblica veneta nel XVIII secolo, Milano 1965, pp. 24-27 e passim; D. Foretič, Oekonomskim prilikama u Dalmaciji u drugoj polovici XIX stolječa do prvog svjetskog rata (Condizioni economiche in Dalmazia dalla seconda metà del XIX secolo fino alla prima guerra mondiale), in Hrvatski narodni preporod u Dalmaciji i Istri (Risveglio nazionale croato in Dalmazia e Istria), Zagreb 1969, pp. 9-45; Id., Društvene prilike u Dalmaciji od polovice XIX stolječa do prvog svjetskog rata (Condizioni sociali in Dalmazia dalla metà del XIX secolo fino alla prima guerra mondiale), ibid., pp. 46-76; B. Jurič, Razvoj industrije u Zadru od pojave prvih manufaktura do suvremene industrijske ekspanzije (Lo sviluppo dell'industria a Zara dalle prime manifatture fino all'espansione industriale contemporanea), in Radovi instituta JAZU u Zadru, XIX (1972), pp. 499-524; Š. Peričić, Dalmacija uoči pada Mletačke republike (La Dalmazia al tempo della caduta della Repubblica Veneta), Zadar 1975, pp. 27-50 e passim; D. Salghetti-Drioli, F. D. e l'industria del maraschino a Zara, in Rivista dalmatica, LX (1989), 2, pp. 89-102; I. Pederin, Njemački putopisi po Dalmaciji (Memorie di viaggio tedesche sulla Dalmazia), Split 1989, pp. 211 ss.