SABATELLI, Francesco e Giuseppe
‒ Francesco nacque a Firenze il 22 febbraio 1803, primogenito di Luigi e di Luisa Brazzini.
Studiò con il padre, dimostrando, fin dagli esordi, un’inconsueta perizia tecnica. Secondo un noto aneddoto, a nove anni eseguì il disegno raffigurante Pier Capponi che lacera i turpi capitoli sul volto a Carlo VIII: il foglio suscitò l’ammirazione dell’ambiente artistico milanese, in primis di Giuseppe Bossi, e riscosse analogo successo a Firenze, dove fu esposto all’Accademia. Il marchese Pier Roberto Capponi, cui il foglio fu regalato anche per l’antico legame che lo univa alla famiglia, decise di ricompensare il giovane con quindici zecchini.
In Toscana Sabatelli accrebbe velocemente la propria fama; attraverso l’invio di alcune prove grafiche di valore (tra cui Giuseppe venduto dai fratelli) ebbe modo di accattivarsi le simpatie dell’ambiente fiorentino e, in particolare, del granduca Leopoldo II. In seguito alla presentazione del disegno La creazione degli animali, il granduca lo pose sotto la sua protezione.
Verso la fine del secondo decennio, al seguito del padre, si spostò da Milano a Firenze, dove presentò un disegno, la Samaritana al pozzo, che gli valse dal granduca una ricompensa di cento zecchini.
Dopo un breve soggiorno romano, forse proposto e sovvenzionato dallo stesso Leopoldo II, intervenne a palazzo Pitti, dove era già all’opera il padre Luigi, incaricato di progettare una decorazione per la cosiddetta sala de’ Novissimi. Il giovane pittore decorò l’ultima lunetta della sala – l’ottava – con l’affrescò Ettore mette in fuga i Greci, emulando il neomichelangiolismo di origine paterna.
Nel 1825 si ebbe una nuova collaborazione tra padre e figlio nella cappella Ricasoli in S. Croce, intitolata a S. Antonio: Francesco eseguì ad affresco per una delle due lunette S. Antonio che riprende Ezzelino da Romano, dai forti caratteri neosecenteschi.
Il buon esito delle prove a Pitti e a S. Croce, conseguito nonostante un quasi totale digiuno nella tecnica dell’affresco, spinse Leopoldo II a inviare Francesco a Venezia con l’incarico di eseguire una replica dell’Assunta di Tiziano. Nel 1827 l’artista presentò la copia (Firenze, Galleria dell’Accademia) all’Accademia di Firenze tra il plauso del pubblico e del granduca, che gli commissionò un soggetto manzoniano derivato dalla tragedia Il conte di Carmagnola. L’opera, rimasta allo stadio preliminare, ottenne le lodi di Niccolò Tommaseo.
Sempre nel 1827 eseguì l’Aiace d’Oileo (Firenze, Galleria d’arte moderna), grandiosa tela venata di influenze secentesche e debitrice della coeva invenzione di Francesco Hayez. Tale opera ne decretò il definitivo successo, suggellato anche dalla nomina a professore dell’Accademia fiorentina (16 settembre 1827). Nello stesso periodo Sabatelli s’impegnò nell’esecuzione del dipinto sottostante alla sua lunetta ad affresco nella cappella Ricasoli in S. Croce: ideò il S. Antonio che resuscita un morto, di cui portò a termine il cartone, ma che fu trasposto su tela dal fratello Giuseppe a causa della sua morte improvvisa. Infatti, ritornato a Milano, Francesco si ammalò di tubercolosi, e morì, a soli ventisei anni, il 18 agosto 1829.
Giuseppe nacque a Firenze il 24 giugno 1813, ottavo figlio di Luigi e di Luisa Brazzini. Dotato di un talento pari a quello del fratello Francesco, ne condivise l’analoga formazione, con una spiccata predilezione per la pratica disegnativa.
La prima apparizione pubblica si data al 1832, quando il Cristo libera l’indemoniato, un quadro da cavalletto, fu presentato dal padre al granduca Leopoldo II, il quale ricompensò il giovane con centoventicinque zecchini.
Nello stesso anno Giuseppe fu coinvolto nella decorazione della cappella di S. Antonio in S. Croce. Partendo dal bozzetto paterno, dipinse per una delle due pareti Il miracolo della mula; la scena riscosse notevole successo tra Milano e Firenze, tanto da essere scambiata per opera del padre. L’affermazione valse all’autore la protezione e un vitalizio – trenta scudi al mese – da parte del granduca, aprendogli la strada a numerose commissioni.
Tra le molte opere di carattere religioso, Giuseppe portò a compimento il ciclo per la cappella in S. Croce, eseguendo su tela il S. Antonio che resuscita un morto (1836) partendo dal cartone del fratello Francesco. Lavorò anche a Valmadrera, vicino a Lecco, nella chiesa di S. Gaetano, per lo stesso Giuseppe Gavazzi che aveva commissionato al padre la decorazione della calotta e dei pennacchi della parrocchiale del piccolo paese.
Sempre nel quarto decennio dipinse un S. Antonio Abate per la chiesa milanese di S. Tomaso ed eseguì i Miracoli di s. Filomena, tela offerta dal granduca e collocata sull’omonimo altare della chiesa di S. Francesco a Pisa (1838).
Contestualmente, si dedicò anche a soggetti profani. Nel 1838 dipinse un Torquato Tasso acquistato dall’americano Meredith Cholune e la cui ideazione è testimoniata da una serie di disegni (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi).
Fu nominato professore presso l’Accademia di Firenze il 15 settembre 1839, anno in cui ricevette il medesimo riconoscimento presso l’Accademia di Brera, ed eseguì il suo Autoritratto nel 1840 (Firenze, Galleria d’arte moderna).
Nel 1841, insieme al padre e al fratello minore Luigi junior fu impegnato nella decorazione della tribuna di Galileo nel palazzo della Specola a Firenze, dove si occupò – in collaborazione con il fratello – dell’esecuzione delle allegorie (Natura, Esperienza, Verità e Perseveranza) nei peducci della volta.
Intervenne, sempre con il padre e i fratelli Luigi junior e Gaetano, nella cappella del Sacramento nella chiesa fiorentina di S. Firenze, dove attese all’esecuzione di alcune figure di santi all’interno della vasta composizione raffigurante la Gloria della Vergine e, forse, impostò nei peducci le quattro allegorie – Carità, Fortezza, Prudenza e Purezza –, verosimilmente completate dai fratelli.
L’ultima tela, il Farinata degli Uberti alla battaglia del Serchio (Firenze, Galleria d’arte moderna), commissionata da Niccolò Puccini nel 1840 ed esposta nel suo studio nel 1842, gli procurò fama internazionale: da Vienna fu domandata una replica dell’opera e dalla Russia gli pervenne la richiesta di eseguire un Buondelmonte che non poté portare a termine. A causa della tubercolosi, Giuseppe morì infatti prematuramente, non ancora trentenne, il 27 febbraio 1843.
Fonti e Bibl.: F.D. Guerrazzi, Orazione in morte di F. S. pittore, Livorno 1829; Id., Della vita e delle opere di Giuseppe Sabatelli, professore nelle I.E.R. Accademie di Firenze e di Milano, Livorno 1843; Cenni biografici sul cav. prof. Luigi Sabatelli, scritti da lui medesimo e raccolti dal figlio Gaetano, pittore, Milano 1900.
C. Nuzzi, in Cultura neoclassica e romantica nella Toscana granducale. Collezioni lorenesi, acquisizioni posteriori, depositi (catal.), a cura di S. Pinto, Firenze 1972, pp. 220-222; S. Pinto, in Gli Uffizi. Catalogo generale, Firenze 1979, pp. 983 s., nn. A795, A798; E. Spalletti, in Garibaldi. Arte e storia (catal.), Firenze 1982, p. 107; I. Lapi Ballerini, Due episodi romantici in Santa Croce: le Cappelle di Sant’Antonio da Padova e dell’Immacolata Concezione, in Santa Croce nell’800 (catal.), a cura di M. Maffioli, Firenze 1986, pp. 175-202; Disegni dell’Ottocento dalla collezione Batelli (catal.), a cura di C. Sisi, Firenze 1987, pp. 45-50 nn. 20-26; B. Paolozzi Strozzi, in Ottocento e Novecento. Acquisizioni 1974-1989 (catal.), Firenze 1989, p. 121, n. 77; L. Bassignana, S., F., in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, II, Milano 1991, p. 1002; Ead., Sabatelli, Giuseppe, ibid.; F. Cajani, Contributi storici per lo studio della Bottega dei Sabatelli, in Contributi per lo studio della Bottega dei Sabatelli (1772-1899), a cura di F. Cajani, Besana Brianza 1997, pp. 5-40; C. Sisi, in Jacopo da Empoli (1551-1640). Pittore d’eleganza e devozione (catal., Empoli), a cura di R.C. Proto Pisani et al., Cinisello Balsamo 2004, pp. 174 s., n. 45; F. Leone, in Romantici e Macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea (catal., Genova), Milano 2005, p. 234, n. II.10.