ERCOLE, Francesco
Nacque a La Spezia il 1º maggio 1884, da Pietro, docente universitario e studioso di lettere latine, e Sabrina Porta. Indirizzatosi verso studi umanistici, si laureò in giurisprudenza nel 1907 presso l'università di Parma. I suoi primi studi furono rivolti a un approfondimento della storia del diritto privato e in particolare degli sviluppi applicativi e delle alterazioni del diritto romano nel Medioevo, inizialmente riferiti al territorio parmense. Pubblicò così La dote romana negli statuti di Parma (Parma 1908), Vicende storiche della dote romana nella pratica medioevale dell'Italia superiore (Roma 1908) e un testo su Il diritto delle persone e il diritto di famiglia nel cod. civile parmense (Milano 1912).
Questi studi lo spinsero ad un ampliamento di ordine storico delle sue ricerche e nel 1910 si occupò dei rapporti tra Comuni e signorie e del loro sviluppo in principati, un argomento sul quale ritornò anche in seguito. Analizzò il problema del superamento della diarchia tra Comuni e signorie, riscontrabile nella permanenza di forme giuridiche che non esprimevano più una realtà politica in evoluzione. Ciò costituiva per l'E. il punto debole della signoria e il motivo della sua scarsa resistenza agli urti esterni. Il principato, eliminando questa discrepanza tra Stato di diritto e Stato di fatto, aprì la strada allo Stato moderno e centralizzato.
Il taglio analitico e l'approccio tematico rimasero, anche nelle trattazioni storiche, quelli di un giurista. Questo rappresentò l'elemento di novità che suscitò l'interesse intorno alle sue opere.
In un saggio del 1911, edito a Bologna, che ebbe il plauso di P. Egidi, si occupò dei rapporti tra Impero e Papato nella tradizione giuridica bolognese e nel diritto pubblico italiano del Rinascimento.
Contemporaneamente iniziò una serie di studi sul pensiero e l'opera di Dante, raccolti successivamente in due volumi sul Pensiero politico di Dante (Milano 1927), in cui ricostruì le origini e gli aspetti peculiari della cultura politica del poeta, trovando in essi il germe del Rinascimento. L'E. affermò essere stata caratteristica peculiare di Dante l'avere introdotto l'immanentismo nella scolastica medioevale, tesi che non trovò, allora, molta considerazione.
Nel 1914 fece un viaggio di studio in Germania e curò l'edizione critica del Tractatus de tyranno di Coluccio Salutati (Berlino 1914). La prefazione, tesa a mettere in luce la specificità del Salutati trattatista, tradotta dal tedesco, fu poi inserita nel volume Da Bartolo all'Althusio, edito a Firenze nel 1932.
Accanto a questa attività di ricerca iniziò quella didattica in qualità di docente universitario di storia del diritto italiano, presso la libera università di Urbino, dove rimase dal 1912 al 1914. Gli avvenimenti dell'epoca, l'imminente scoppio della prima guerra mondiale, lo videro partecipe su posizioni interventiste che espresse sulle colonne della Idea nazionale.
Nel 1914 e fino al 1916 passò alla università di Sassari come ordinario di storia del diritto italiano. Da lì all'ateneo di Cagliari, che lasciò nel 1920.
In questi anni divenne prevalente in lui l'interesse per la storia del pensiero politico, che portò alla pubblicazione, nel 1914, di un saggio sulle vicende costituzionali della Repubblica fiorentina e di due significativi scritti su Bartolo (L'origine francese di una nota formula bartoliana, in Arch. stor. it., LXXIII [1915], 2, pp. 241-294, e Studi sul diritto pubblico e sulle dottrine politiche di Bartolo, Roma 1917). Il più importante fu però una terza opera su Lo Stato nel pensiero di Nicolò Machiavelli (Roma 1917). Quest'ultimo suddiviso in due parti, "Lo Stato beneordinato" e "Lo Stato corrotto", in modo tale da evidenziare quella che secondo l'E. rappresentava la contrapposizione centrale nell'opera di Machiavelli. Del 1921 è un altro saggio sulla lotta tra le classi alla fine del Medioevo.
L'E. si trasferì nel 1920 all'università di Palermo. Nel capoluogo siciliano incentivò il suo impegno politico nel partito nazionalista divenendo membro del Comitato centrale e presidente della sezione cittadina. L'impegno alimentò l'interesse per la politica e per la storia politica e così, accanto a Il Registrum Magnum del Comune di Piacenza, edito a Novara nel 1921, del quale l'E. curò la pubblicazione insieme con A. Corna e A. Tallone, e al primo volume, tre anni più tardi, di una Storia del diritto pubblico, apparvero nel biennio 1924-1926 nuovi saggi su Machiavelli, raccolti nel volume La politica di Machiavelli (Roma 1926).
L'E. venne nominato nel 1923 rettore dell'università di Palermo, carica che ricoprì per nove anni, e nel 1924 cambiò cattedra divenendo ordinario di storia moderna. Dopo la unificazione dei nazionalisti con il partito fascista, si iscrisse nel 1923 al Partito nazionale fascista (PNF), divenendo membro del direttivo federale di Palermo. Si affiancò da quel momento all'attività didattica un impegno politico assiduo, che lo portò alle più alte cariche nello Stato fascista.
Nel settembre 1924 fu nominato, da parte di Mussolini, ma su indicazione del PNF, membro di una commissione di 15 persone col compito di studiare le riforme istituzionali da apportare al regime statutario, in sintonia con l'avvento del fascismo. Il 31 gennaio dell'anno seguente, mediante decreto del presidente del Consiglio, la commissione fu ufficialmente insediata, dopo l'elevamento a 18 del numero dei membri (da cui prese il nome di commissione dei diciotto o dei soloni). Presieduta da G. Gentile, la commissione terminò i lavori, molto seguiti dalla stampa ed oggetto di forti polemiche, a fine giugno. Nel contempo l'E. entrò anche a far parte della commissione per la riforma delle leggi ecclesiastiche del Regno, costituita da Alfredo Rocco. Di questa commissione, oltre all'E., furono chiamati a far parte tra gli altri A. Giannini, A. Solmi e i canonici delle tre basiliche patriarcali di Roma, e la presidenza fu affidata a P. Mattei-Gentili proveniente dalla destra del partito popolare. La commissione su indicazione di A. Rocco si rivolse all'esame dei problemi dell'applicazione della legge delle Guarentigie del 1871, in particolare relativamente alle materie del riordinamento, amministrazione e conservazione della proprietà ecclesiastica, configurando una nuova disciplina organica.
Negli anni 1925-1926 l'E. intervenne in più occasioni nel dibattito intorno ai caratteri del partito fascista, con scritti e discorsi raccolti nel volume Dal nazionalismo al fascismo (Roma 1928), in cui sostiene che la positività del fascismo è individuabile nel suo carattere superpartitico, in quanto il fascismo, alla luce della sua missione, considera il partito come elemento puramente strumentale, conservando in questo senso il carattere di movimento democratico. Dal 1927 collaborò alla rivista Educazione fascista.
Storicizzando in modo assai discutibile, ritrovò le radici del fascismo unitario e antidemocratico nella concezione del primato del Gioberti federalista come nel Mazzini democratico (un suo volume su Giuseppe Mazzini fu poi pubblicato a Urbino nel 1938), di cui il fascismo veniva a costituire una sintesi superiore di pensiero. In questa rivista e in articoli collaterali elaborò la tesi secondo la quale il fascismo, non può non concepire il popolo italiano come cattolico e quindi la necessità di un regime composto da due sovranità cooperanti delle quali la seconda, lo Stato, comprende in sé la Chiesa. Questo in base al principio che gli uomini sono tali in quanto appartengono ad uno Stato.
Le sue teorie trovarono un ulteriore sviluppo in un saggio edito a Roma nel 1928, che dà il titolo al volume Dal nazionalismo al fascismo, in cui l'E. esaminò liberalismo e fascismo cogliendo nella polarità individuo-Stato la ragione della loro contrapposizione, tesi per la quale entrò in polemica con A. Carlini, autore di una recensione su Critica fascista.
Scrisse un saggio su Savonarola che insieme con quelli su Machiavelli fu pubblicato in Da Carlo VIII a Carlo V, a Firenze nel 1932, dedicato all'esame della crisi della libertà italiana, e nella miscellanea Pensatori e uomini d'azione del 1935 (Milano).Nel 1929 venne eletto deputato e lo rimase per due legislature fino al 1939. Divenne ministro dell'Educazione nazionale il 20 luglio 1932 fino al 24 genn. 1935. Sotto il suo ministero fu costituita la Giunta centrale per gli studi storici di cui fu vice presidente. Fu inoltre nominato presidente dell'Istituto nazionale di cultura fascista.
L'attualità politica e il suo impegno non assorbirono completamente la sua attività ed in quegli anni pubblicò i nuovi saggi su Dante e Bartolo da Sassoferrato (1932), ma, soprattutto, si dedicò allo studio del Risorgimento con lavori di carattere biografico su Crispi, Carlo Alberto, Garibaldi, che, anche nell'ambito della sua attività storiografica, sono di scarso rilievo, conclusi da due saggi: Gli Stati italiani e l'Europa durante il Risorgimento (Napoli 1936) e Il contributo del pensiero italiano alla evoluzione della idea di Stato nella storia moderna..., in Rivista st. ital., LV (1938), 3, pp. 1-16.
Nel 1935 passò alla cattedra di storia moderna dell'università di Roma, presso la quale tenne anche, dal 1936 al 1941, l'incarico di storia del Risorgimento. Fu presidente dell'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea e vicepresidente di quello di storia del Risorgimento. Divenne socio dell'Accademia dei Lincei il 18 giugno del 1936. Scrisse nel 1939 una Storia del fascismo (2 volumi), pubblicata a Milano, continuando nella sua linea apologetica e, dopo la caduta del regime, aderì alla Repubblica sociale.
L'E. morì a Gardone Riviera (prov. di Brescia) il 18 maggio 1945.
Bibl.: Necrol.: N. Rodolico, Comm. del corrisp. F. E., in Atti dell'Acc. naz. dei Lincei, s. 8, II (1947), pp. 49-52; P. M. Arcari, Le elaborazioni della dottrina nazionale, Firenze 1934-1939, pp. 830, 834, 836, 913; A. Aquarone, L'organizz. dello Stato totalitario, Torino 1965, pp. 23, 53 ss., 208; F. Margiotta Broglio, Italia e S. Sede, Bari 1966, pp. 129, 466; A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1966, p. 649; R. De Felice, Mussolini il fascista, Torino 1966, I, pp. 194, 670; M. Missori, Gerarchie e statuti del P.N.F., Roma 1986, ad Indicem; Enc. Ital., XIV, p. 196; App. I, p. 561; App. II, 1, p. 867; Enc. Dantesca, II, p. 719.