FABBRICA, Francesco
Sconosciuti sono gli estremi biografici di questo pittore milanese operoso nei primi decenni del sec. XVIII in Lombardia e in Piemonte. Benché lo Zani (1821) lo dica attivo nel 1680, le prime notizie documentate su di lui risalgono al 1710. In tale anno gli furono pagate lire 200 dall'amministrazione dell'ospedale Maggiore di Milano per i ritratti dei benefattori Gerolamo Carcano e Giovan Battista Carcano (Milano, Archivio Ospedale Maggiore, Registri di contabilità, Mastro uscite 1702-1719, f. 505).
Perduto il secondo ritratto (presso l'ospedale esiste una seconda versione firmata da un altro pittore, Paolo Castello), il primo, che secondo una consolidata tradizione iconografica raffigura il benefattore in piedi, con la veduta sullo sfondo della facciata dell'ospedale, è ispirato compositivamente al ritratto di Lelio Parravicino di Andrea Porta (1692), di cui riecheggia in forma indebolita i caratteri maratteschi (Porzio, 1981, p. 162).
Sempre nel 1710 il F., in collaborazione con il quadraturista bolognese Giovan Battista Rocca, eseguì un affresco, perduto, nel seminario di Asti (Mondo, 1990, p. 708).
Fra la primavera del 1711 e l'autunno del 1712 si colloca la sua opera maggiormente impegnativa, eseguita nuovamente in collaborazione con il Rocca: la decorazione, prevalentemente ad affresco, della controfacciata e delle tre navate della cattedrale dell'Assunta di Asti (Mondo, 1988; Id., 1990).
Committente fu il cistercense milanese Innocenzo Migliavacca, vescovo di Asti dal 1693 al 174, al quale si deve l'imponente rinnovamento in forme barocche della cattedrale; l'elaborato programma iconografico svolto dal F. comprende, come soggetti principali, Storie di s. Secondo e della cattedrale sulle pareti, Glorie degli Ordini religiosi, degli apostoli e dei dottori della Chiesa sulle volte, e, nella cupola, la Gloria del Paradiso e i Quattro evangelisti. I modelli compositivi e stilistici sono da ricercare nella pittura milanese dello scorcio del Seicento: lo schema della cupola astigiana, per la quale il F. seguì il disegno approntato nel 1710 da Sebastiano Taricco, discende direttamente da quello della cupola milanese di S. Alessandro, affrescata tra il 1683 e il 1686 da Filippo Abbiati e Federico Bianchi (quest'ultimo, attivo anche nella cappella di S. Filippo del duomo di Asti).
Una lettera del 23 maggio 1712 di don Ambrogio Rattazzi a Giorgio Rainaldi, abate del monastero cistercense di S. Ambrogio della Vittoria di Parabiago, informa che il F., latore della lettera, tornava da Asti a Milano e si stava portando a "Busto Grande" (Busto Arsizio?) per un'opera che doveva intraprendere, ed era inoltre impegnato con la chiesa milanese di S. Erasmo per tre dipinti su tela (cfr. Gatti Perer, 1966, p. 129, doc. 79).
Non identificabile l'opera del F. a Busto Arsizio, dispersi con le soppressioni i dipinti della distrutta chiesa milanese di S. Erasmo, il documento è nondimeno importante quale testimonianza dei rapporti del pittore con l'Ordine cistercense, per il tramite evidentemente del Migliavacca. È peraltro incerto se la sua presentazione all'abate del monastero di Parabiago, in quegli anni in fase di rinnovamento, abbia sortito qualche frutto: la Gatti Perer (1966) propone di attribuirgli le pale d'altare del Battesimo di Gesù e dell'Assunta con i ss. Ambrogio e Bernardo nella chiesa di S. Ambrogio della Vittoria, e per quest'ultima il riferimento al F., per il controllato accademismo che mostra analogie con gli affreschi astigianì, appare molto verosimile. Altrettanto ipoteticamente può essere avanzata l'attribuzione al F. della tela con il Miracolo di fra Avemaria nella sagrestia dell'abbazia di Chiaravalle Milanese, altro importante complesso cistercense (G. Coppa, in Chiaravalle, Arte e storia, Milano 1992).
Del 3 dic. 1712 e del 31 luglio 1713 sono due lettere con cui il F. sollecita ad Asti la "residua mercede" di lire 3.075 dovutagli dal vescovo Migliavacca per gli affreschi del duomo (cfr. Coppa, 1984, pp. 39, 50 n. 25); il 27 genn. 1715 il pittore milanese Pietro Gilardi, dopo un sopralluogo nel duomo di Asti, stimò in lire 12.000 piemontesi l'opera di pittura realizzata dal F. (cfr. Mondo, 1988, p. 64).
Al 10 gennaio e al 17 luglio 1717 risalgono pagamenti al F. per dipinti su tela da parte dei gesuiti di S. Maria di Brera a Milano (cfr. Coppa, 1984).
Dispersi i dipinti in seguito alla soppressione del collegio gesuitico di Brera, la mano del F. si riconosce tuttora nella decorazione ad affresco del soffitto di una sala della attuale Biblioteca nazionale Braidense, già sede dell'antica biblioteca gesuitica, con la raffigurazione di Allegorie delle arti, delle scienze e della teologia, che ripropongono gli schemi compositivi macchinosi e grevi sperimentati ad Asti.
Il 23 marzo 1718 il F. fu pagato lire 100 per il ritratto del conte Giovan Battista Nava Landriani, benefattore dell'ospedale Maggiore di Milano (Milano, Archivio Ospedale Maggiore, Registro di contabilità, Mastro uscite 1702-1719, f. 735), ancora una volta ispirato ai modi di Andrea Porta (Porzio, 1981, p. 165, scheda 279). Il 23 ott. 1722 il F. fu pagato lire 45 per avere fatto "un ritratto della Reale Principessa" di Piemonte (cfr. Schede Vesme, 1966).
Nel 1723, secondo una memoria stesa nel 1887 dal conte Alfonso Visconti di Saliceto e tuttora conservata nella villa, il F. avrebbe dipinto a fresco nella villa Alari (poi Visconti di Saliceto) di Cernusco sul Naviglio (Coppa, 1984).
La costruzione della villa, su progetto dell'architetto Giovanni ' Ruggeri, ebbe inizio intorno al 1703 per concludersi intorno al 1719, sicuramente entro il 1725 venne ultimata la cappella, consacrata in quell'anno con la dedicazione ai Ss. Giacinto e Teresa, patroni dei proprietari, Giacinto Alari e la moglie Teresa Gariboldi (Coppa, 1979).
Dei numerosi ambienti affrescati sono opera del F. le volte di due sale e di un'alcova al piano terreno (con la raffigurazione della Flora, dell'Aurora e di un Putto con fiori), dello scalone d'onore (con l'Apoteosi di Ercole, allusiva probabilmente all'ascesa sociale del fondatore della villa, Giacinto Alari) e di quattro sale al piano nobile (con i seguenti soggetti: Il Tempo rapisce la Giovinezza; La Bellezza; Le tre Parche; Il giudizio di Paride); sua è inoltre la decorazione ad affresco della cupola della cappella, con la Gloria di s. Giacinto, che ripropone su scala ridotta lo schema della cupola del duomo di Asti.
Le concordanze con gli affreschi astigiani sono stringenti anche perché il F., artista di non grande levatura, è piuttosto povero di inventiva e ama di conseguenza replicare, nell'ambito di un repertorio consolidato e legato a schemi formali tardoseicenteschi, soluzioni compositive e tipologie. Comuni ai due cicli sono le composizioni macchinose, per gli scorci in sottinsù studiatamente elaborati, e per l'enfatico atteggiarsi dei personaggi, le cui pose ricevono evidenza da una descrizione anatomica esageratamente marcata, specie nelle figure femminili. Gli affreschi meglio riusciti sono quelli di formato ridotto, dalla struttura compositiva semplificata, in cui la pittura non è appesantita dalla teatralità ridondante che contraddistingue le sue invenzioni maggiormente elaborate: è il caso della Flora, dell'Aurora, della Bellezza, medaglie in cui una cromia più morbida e leggera di quanto non avvenga abitualmente nel F. si accompagna ad una certa grazia settecentesca. Vengono confermate le influenze di Andrea Porta (di cui si veda per confronto il quadrone con l'Offerta del tesoro aTeodolinda del duomo di Monza, dei primissimi anni del Settecento) e di Federico Bianchi (per le analogie, in questo caso, con gli affreschi mitologici della villa Visconti Banfi di Rho, a lui riconosciuti dalla Bossaglia; cfr. A. Barigozzi Brini-R. Bossaglia, Disegni del Settecento lombardo, Vicenza 1973, p. 25).
Secondo documenti dell'Archivio della Confraternita di S. Sebastiano a Vercelli riportati dal Vesme (II) nel 1740 il F. (il Vesme preferisce pensare, ma con scarsa verosimiglianza, ad un più giovane pittore omonimo) avrebbe dipinto la pala dell'altar maggiore dell'oratorio della Confraternita; al medesimo artista il Vesine (ibid.), senza citare la sua fonte, attribuisce il quadro all'altare di S. Carlo nella chiesa di S. Filippo di Chieri.
Altre opere del F. sono elencate nelle guide milanesi del Settecento. Secondo il manoscritto di G. Biffi [1704-05], nella chiesa di S. Vittore al Corpo sarebbe di sua mano il quadro sul lato dell'epistola nella cappella di S. Francesca Romana (terza a destra); sono manifestamente del F., vicinissime stilisticamente alle Glorie dei santi di Asti, le Allegorie di Virtù ad affresco sulle vele della volta dell'anticappella e, nella cappella, la tela ovale raffigurante la Madonna con s. Francesca Romana e s. Bernardo Tolomei. Il Latuada (1738, p. 351), forse confondendo con la cappella di S. Francesca Romana, afferma che nella chiesa di S. Vittore la seconda cappella di destra (dedicata alla Vergine) "è dipinta da Francesco Fabbrica milanese", mentre le tele che oggi vi sono esposte (raffiguranti la Fuga in Egitto, l'Annunciazione e la Natività) non mostrano riferimenti con il pittore. Sempre secondo il Latuada (p. 354), nel chiostro dell'attiguo monastero olivetano si trovavano "varie Storie dell'Antico Testamento" ad affresco (perdute), di Pietro Gilardi, Carlo Vimercati, del F. e del veronese Martino Cignaroli. Nella chiesa di S. Maria del Paradiso gli viene attribuita la S. Anna con Maria bambina, che risente dell'influenza del Legnanino (S. M. Legnani) nella morbidezza dei passaggi chiaroscurali (Latuada, 1737; Bartoli, I, 1776, p. 195). Nel duomo di Milano gli viene attribuita la dodicesima tela del ciclo di Storie del Sacro Chiodo, con la Navigazione di s. Elena, "improntata ad un generico marattismo" (Arslan, 1966, p. 76).
Sulla base dei due principali cicli di affreschi (Asti, Cernusco), il F. si dimostra artista di statura mediocre, pressoché insensibile alle correnti maggiormente innovative del barocchetto milanese dei primi decenni del Settecento (Legnanino, C. Preda), ed invece inserito nella corrente accademica di ispirazione emiliana e marattesca che fa capo a G. A. Borroni, a P. Gilardi e a P. Maggi, quando addirittura non ripropone, per il tramite di F. Bianchi, da cui fu fortemente influenzato, stilemi seicenteschi tardobarocchi.
Fonti e Bibl.: G. Biffi, Pitture, scolture et ordini d'architettura narrate co' suoi autori da inserirsi a' suoi luoghi nell'opera di Milano ... [1704-05 circa], a cura di M. Bona Castellotti-S. Colombo, Firenze 1990, p. 82; S. Latuada, Descrizione di Milano, III, Milano 1737, p. 7; IV, ibid. 1738, pp. 351, 354; F. Bartoli, Notizie delle pitture, sculture ed architetture che ornano le chiese e gli altri luoghi pubblici di tutte le ... città d'Italia, I, Venezia 1776, pp. 60, 195; P. Zani, Enc. metodica critico-ragionata delle belle arti, I, 8, Parma 1821, p. 164; G. Casalis, Diz. geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il re di Sardegna, I, Torino 1835, p. 449; G. Bosio, Storia della Chiesa di Asti, Asti 1894, p. 262; A. Fermini, Settecento lombardo. Villa Visconti a Cernusco, in Rivista di Monza, IV (1936), II, pp. 13-16; Schede Vesme. L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, II, Torino 1966, p. 448; M. L. Gatti Perer, La chiesa e il convento di S. Maria della Vittoria a Parabiago, Milano 1966, pp. 9, 129; E. Arslan, Le pitture del duomo di Milano, Milano 1966, pp. 76-79; R. Bossaglia, L'arte dal manierismo al primo Novecento, in Storia di Monza e della Brianza, V, Milano 1971, p. 149; S. Incisa, Asti nelle sue chiese e nelle sue iscrizioni, Bologna 1976, p. 15; N. Gabrielli, Arte e cultura ad Asti attraverso i secoli, Torino 1977, pp. 20 s.; N. Scapino, La cattedrale di Asti e il suo antico borgo, Asti 1977, pp. 56-69; S. Coppa, Note documentarie sulla villa Alari Cernusco sul Naviglio, in Arte lombarda, XXIV (1979), 51, pp. 81-92; F. Porzio, in La Ca' Granda (catal.), Milano 1981, pp. 162, 165, 367; C. Perogalli-P. Favole, Ville dei Navigli lombardi, Milano 1982, pp. 154-61; S. Coppa, in S. Coppa-E. Ferrario Mezzadri, Cernusco sul Naviglio. Villa Alari, Cernusco sul Naviglio 1984, pp. 33-51; M. Bona Castellotti, La pittura lombarda del '700, Milano 1986, pp. 666 s.; F. Porzio, in Ospedale Maggiore Ca' Granda. Ritratti antichi, Milano 1986, nn. 102, 109; G. Monaca, Asti, un duomo, una città, Asti 1987, p. 242; D. Mondo, I pittori F. e Rocca, in Il Platano, XIII (1988), pp. 54-65; C. Mossetti, in La pittura in Italia. Il Settecento, I, Milano 1990, p. 45; D. Mondo, ibid., II, ibid. 1990, p. 708; S. Coppa, La pittura del Seicento e del Settecento, in Chiaravalle. Arte e storia un'abbazia cistercense, a c. di P. Tomea, Milano 1992, pp. 450, 453; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon..., XI, p. 147.