FACCHINI, Francesco
Nacque a Forno (ora frazione di Moena, in provincia di Trento) il 24 ott. 1788 da Domenico e Margherita Degaudenz. Dal sacerdote Cristoforo Welponer fu avviato a Cavalese nel 1803 agli studi ginnasiali, frequentò poi il primo corso di umanità a Trento e concluse quindi questi corsi a Innsbruck. Qui, nel 1808, si iscrisse all'università, fu quindi a Landshut e nel 1813 si trasferì a Padova, ove si laureò in medicina il 26 nov. 1815. Per coprire le spese dei propri studi il F. cedette la maggior parte dell'eredità paterna al fratello Tomaso. Dopo la laurea si trasferì a Milano e a Pavia, ove risiedette per circa due anni. Nel 1817-18 tornò in patria, in Val di Fassa. Non avendo ottenuto la condotta di Roncegno in Valsugana, come egli desiderava, accettò interinalmente la condotta di Moena nel 1818, per trasferirsi l'anno successivo a Vigo di Fassa, ove tenne la condotta fino al 1838, anno in cui si ritirò dalla pratica medica.
Nel 1818 il F. pubblicò a Trento il suo primo scritto Il tifocontagioso. Si tratta di un poema didascalico in cui il F. intese servirsi della poesia come mezzo di comunicazione che, possedendo più energia e grazia, meglio si prestava a diffondere tra la popolazione cognizioni utili ad arrestare la diffusione di quel morbo implacabile. Pur dichiarandosi contrario ai sistemi medici, come quello browniano, e al "grossolano empirismo" (p. 14), il F. riconobbe che "non vi può esser medico senza qualche teoria medica" (p. 11). Egli ritenne che il tifo contagioso potesse essere generato dalla putrefazione dei cadaveri e dalla combinazione delle particelle fisiche con la sostanza dei nervi. Quanto alla cura, si dichiarò contrario a un eccesso di medicamenti e suggerì una dieta ferrea, l'uso di emetici, l'assunzione di frequenti tisane zuccherate e, tra i rimedi esterni, lozioni ed effusioni fredde. Pur simpatizzando con l'uso ponderato delle leggi della polarità in medicina, con l'omeopatia e con i medicamenti galenici, il F. utilizzò ampiamente anche il salasso nella cura, ad esempio, della tisi polmonare ulcerosa. A questo proposito va sottolineato che durante la sua pratica medica egli compì anche autopsie per accertarsi della causa di morte di alcuni pazienti.
Nonostante fosse assorbito dalla pratica medica, il F. iniziò a dedicarsi allo studio delle scienze naturali e, in particolare, della geologia e della botanica. Nel 1838 pubblicò le Considerazioni geologico-botaniche sopra la valle di Fassa, e di Fiemme nel Tirolo italiano, in Nuovi Annali delle scienze naturali (s. 1, I [1838], 2, pp. 241-260), uno scritto che, pure in versione stilisticamente diversa, venne ristampato postumo sotto forma di opuscoletto (Considerazioni geologico-botaniche intorno alla valle di Fassa e Fiemme, Rovereto 1862).
Interessato alla questione dell'origine delle Alpi, il F. indagò con attenzione la relazione di reciproca giacitura del porfido augitico e della dolomite nelle valli di Fassa e di Fiemme che erano state oggetto privilegiato di studi da parte di L. von Buch, di A. von Humboldt, di G. Brocchi e di G. Marzari Pencati. Profondo conoscitore sia di questi studi, sia delle patrie vallate, il F. mostrò come il porfido ricoprisse sempre, dove esistente, la dolomite e non ne fosse mai ricoperto. Per spiegare come mai il porfido non ricoprisse invece le più alte eminenze dolomitiche egli scartò criticamente sia la teoria della ritirata del mare, sia quella dell'azione atmosferica e dei fiumi per sostenere la teoria dei sollevamenti che gli consentiva di spiegare tutta una serie di fenomeni geologici particolari. Inoltre egli mise in evidenza, con una serie di esempi, come nello studio della vegetazione alpestre occorresse non solo tenere conto dell'altitudine e del clima, ma anche della natura del terreno su cui potevano crescere solo specie determinate.
Stanco della pratica medica, amareggiato da una serie di contenziosi e desideroso di interamente dedicarsi alle predilette ricerche botaniche, il F. si ritirò, nel 1838, nella sua casa di San Giovanni di Fassa, alternando una sedentaria vita di studioso con lunghe escursioni che lo portarono a esplorare sistematicamente la flora dell'attuale Trentino-Alto Adige con ampi sconfinamenti in Veneto, Lombardia e Austria. Sebbene egli nulla pubblicasse, fu presto riconosciuto come botanico competente e ricercato da numerosi scienziati di lingua tedesca e di lingua italiana, cui inviò esemplari di specie mai prima segnalate nella sua regione dalla letteratura specializzata o, addirittura, da lui scoperte per la prima volta come il Sempervivum dolomiticum o la Scabiosa vestina. Per questo il suo nome appare spesso citato in opere di fioristi come H.G.L. Reichenbach (Icones Flores germanicae et helveticae..., Lipsiae 1834-70, V, p. 29), F. von Hausmann (Flora von Tirol, Innsbruck 1851-55, pp. 1162 s.) e W.D.J. Koch (Synopsis florae germanicae et helveticae..., Lipsiae 1857, pp. 96 s.) e per questo fu aggregato a diverse società scientifiche come, ad esempio, la Polchia bavarese nel 1842, la Naturforschende Gesellschaft des Osterlandes di Altenburg, sempre nel 1842, e la Regia Societas botanica di Ratisbona nel 1844.
Il F. predispose due erbari: uno costituito da esemplari da lui stesso raccolti e l'altro da specie che gli inviavano in cambio i suoi corrispondenti. Tuttavia non fu esclusivamente un florista, ma ebbe vivissimo l'interesse per questioni teoriche come ben si evince dal suo carteggio con F. Ambrosi e dal suo intervento nella polemica tra G. Amici e M. J. Schleiden sulla fecondazione delle piante.
Il F. aveva partecipato alla quarta riunione degli scienziati italiani tenuta a Padova nel 1842, ove aveva letto, tra l'altro, una memoria sul valore tassonomico del colore dei fiori (Atti della quarta riunione degli scienziati italiani, Padova 1843, p. 335) e ove Amici ne lesse una sulla fecondazione delle orchidee. Nel 1845 egli fornì per il pubblico tedesco una sintesi accurata della concezione di Amici sottolineando come, per giudicarla, fosse necessario ripeterne le osservazioni con la medesima potente strumentazione ottica (Ueber die Amici'sche Ansicht von der Befruchtung der Pflanzen, in Flora, XXVIII [1845], pp. 193-198) e nel 1847 pubblicò la traduzione in tedesco del testo di Amici (Ueber die Befruchtung der Orchideen. Abhandlung des Ritter Johann Baptist Amici, ibid., XXX [1847], pp. 249-261).
Come risulta da un suo carteggio inedito il F. aderì alla causa italiana ma, nel 1850, se la prese con "que' spacconi politici [che] hanno mandato in perdizione la causa della libertà e nazionalità italiana" (lettera del 10 febbr. 1850 a F. Ambrosi). Oltre a deplorare la fatale condizione dell'Italia in politica, il F., che aveva una notevole conoscenza della ricerca scientifica nei paesi di lingua tedesca, lamentava sia il fatto che a metà secolo l'Italia non avesse ancora una "Flora" degna di quel nome, sia la retorica e "ciarlataneria" di molti studiosi italiani. In rapporto con altri studiosi locali, come P. Cristofori e F. Ambrosi, egli testimoniava, con la sua attività, il lento emergere nel Trentino di una comunità scientifica locale tesa a esplorare con meticolosità crescente la flora, la fauna e la conformazione geologica del territorio patrio.
Sofferente di un tumore allo stomaco, si spense nella sua casa di San Giovanni di Fassa (prov. di Trento) il 6 ott. 1852.
Eredi universali costituì, per metà, il fondo dei poveri del suo paese natale e per l'altra metà i suoi nipoti, mentre predispose che il suo erbario andasse all'Ambrosi, che lo trovò "collocato con un ordine pienamente scientifico in 5 grandi armadi ben connessi e chiusi ermeticamente" (lettera di F., Ambrosi a F. Zeni dell'11 nov. 1852, in Archivio della Biblioteca del Museo civico di Rovereto, Carteggio F. Zeni, II, lett. 145). L'Ambrosi ne fece buon uso: pochi anni dopo, infatti, pubblicò, dedicandola alla memoria del F., la Flora del Tirolo meridionale... opera disposta dietro il metodo naturale ed elaborata sull'erbario facchiniano e proprio (2 voll., Padova 1854-57), in cui sono presenti, in appendice, due scritti dello stesso F. (Observationes in plantis monocotyledoneis, App. III del vol. I, pp. 821-837; e Observationes in plantis dicotyledoneis, App. II del vol. II, pp. 117-122, 286 s., 358 s., 748-759). Purtroppo, tuttavia, la maggior parte della biblioteca dei F. fu messa all'asta e andò dispersa, così come le sue carte e i suoi manoscritti. Uno di questi, dal titolo Flora Tiroliae Cisalpinae, fu acquistato a Vigo da J. Pescosta e quindi da V. Gredier, il quale lo prestò a F. von Hausmann perché ne curasse l'edizione che apparve nel 1855 col titolo di Flora von Süd-Tirol quale primo fascicolo della Flora Tirols, nello Zeitschrift des Ferdinandeums für Tirol und Vorarlberg (s. 3, V [1855], pp. I-VIII, 1-152). Al testo Hausmann aggiunse una introduzione e un ricco apparato di note. Oppositore dei neoterici, che tendevano a sostituire i binomi linneani, il F. fu un fedele seguace di Linneo, del suo concetto di specie e del suo tipo di divisione in classi. Oltre a fornire informazioni sulla morfologia di ogni specie indicata, egli indicò, per quelle più rare, la località ove le aveva rinvenute, facendo osservazioni di carattere ambientale e riferimento a caratteristiche stazionali e vegetazionali. Pur non essendo uno scritto compiuto, la Flora Tiroliae Cisalpinae costituisce, insieme con l'erbario, l'opera più significativa del F.: quella, cioè, che a giusto titolo lo fa considerare come "il capostipite di una serie di botanici trentini che in seguito hanno approfondito le ricerche da lui iniziate sulla flora regionale" (F. Pedrotti).
Nel 1980 è apparsa a Bolzano una riproduzione anastatica di Il tifo contagioso e nel 1989 il Comune di Moena ha riprodotto la Flora Tiroliae Cisalpinae con una presentazione e l'indice dei nomi a cura di F. Pedrotti.
Fonti e Bibl.: L'erbario del F. è conservato a Trento presso il Museo Tridentino di scienze naturali; alcune lettere del F. ai familiari sono nell'Archivio privato della famiglia Daniele Facchini a Forno; 44 lettere del F. a Francesco Ambrosi sono presso la Biblioteca comunale di Trento (ms. 1767), mentre una piccolissima parte (66 volumi in tutto) di ciò che costituiva la sua biblioteca privata è conservata presso la Biblioteca comunale di Moena.
G. A. Pritzel, Thesaurus literaturae botanicae ommum gentium, Lipsiae 1871-77, p. 104; F. Ambrosi, Naturalisti trentini. Ricordi biografici, in Bull. d. Soc. veneto-trentina di sc. nat., IV (1889), 3, pp. 138-166, in particolare pp. 157-161; Id., Scrittori ed artisti trentini, Trento 1894, pp. 269 s., 517; F. Largaiolli, Bibliografia del Trentino (1475-1903), Trento 1904, pp. 117, 227, 243; Il dr. F. F. da Forno di Fiemme, in Boll. dell'Ass. medica tridentina, XXXX (1925), pp. 336-339; L. Bonomi, Naturalisti, medici e tecnici trentini. Contributo alla storia della scienza in Italia, Trento 1930, pp. 46 s.; G. Dalla Fior, F. F. nel centenario della sua morte, in Soc. di sc. nat. del Trentino-Alto Adige, III (1952), 3, pp. 1-4; S. Sommariva, F. F. del Pontera, in Nosha Jent, n. 9, settembre 1964; n. 10, ottobre 1964; Id., F. F. medico e botanico (1788-1852), in Strenna trentina, 1980, p. 132; Bibliografia geologica d'Italia, XVIII, Trentino Alto Adige, a cura di G. Perna - G. Tomasi, Trento 1983, p. 163; M. Ferrari, F. F., in Strenna trentina, 1988, pp.127 ss.; F. F. del Pontera (Forn 1788-Vich 1852), in Nosha Jent, 24 ott. 1988; F. Festi, Rovereto e la botanica, in Atti della Acc. roveretana degli Agiati, s. 6, XXX (1990), B, pp. 85-122, in particolare 91 s., 108.