FAÙLI, Francesco (in religione, Anselmo di S. Luigi Gonzaga)
Nacque a Santa Lucia nel suburbio di Prato il 17 sett. 1817, ottavo dei nove figli di Michele, mugnaio, e di Annunziata Settesoldi. L'aro.biente parentale dovette essere pervaso da un'intensa religiosità se tre delle sue zie si fecero clarisse a Firenze e un'altra rimase nubile e morì in odore di santità. Il F. studiò latino al ginnasio pubblico di Prato e completò i corsi umanistici sotto la guida d'un maestro privato. A diciannove anni entrò fra i carmelitani scalzi nel convento di noviziato di S. Maria delle Grazie d'Arezzo, dove ne vestì l'abito il 13 marzo 1836, assumendo il nome di Anselmo di S. Luigi Gonzaga. Fece la sua professione solenne il 19 sett. 1841 nel convento di S. Paolo Apostolo di Firenze. Qui, dopo aver terminato gli studi di filosofia e di teologia, il 21 nov. 1841 fu ordinato sacerdote.
Essendosi distinto negli studi teologici, venne destinato a insegnare ai giovani confratelli. Nominato prelettore di teologia dal definitorio provinciale del 10 maggio 1843, fu inviato nel collegio di S. Niccolò a Siena. Per motivi di salute, nel giugno 1847 fu trasferito nel collegio di S. Paolo Apostolo di Firenze come prelettore "in litteris et scientiis philosophicis".
Anche se non disponiamo di scritti ove siano espresse le sue posizioni su queste materie, i biografi contemporanei mettono in risalto, in filosofia, il profondo attaccamento all'ontologia tomista (non senza qualche venatura rosminiana) e, in teologia morale, l'avversione agli schemi rigidi dei vari sistemi o scuole (cfr., in proposito, le testimonianze di G. Pierini nella Stella del Carmelo, pp. 55 s.).
Successivamente il F. fu chiamato a ricoprire diverse cariche interne all'Ordine dei carmelitani scalzi: nel 1852 fu definitore provinciale e segretario dello stesso organo; il 28 apr. 1855 superiore o moderatore della provincia toscana per il triennio seguente; tre anni più tardi primo discreto o consigliere del convento di S. Paolo Apostolo di Firenze; nel 1859 secondo definitore generale dell'Ordine e, infine, nel giugno 1865, quarto definitore provinciale, nel cui ufficio rimase anche dopo la soppressione delle corporazioni religiose decretate dallo Stato italiano nel 1866.
Durante il periodo del suo insegnamento nell'Ordine il F. pubblicò alcune opere di carattere letterario e ascetico. I Sermoni di s. Bernardo volgarizzati nel buon secolo di nostra lingua (Firenze 1855) uniscono l'interesse ascetico con quello filologico. Dedicati ai giovani del suo Ordine come "modello per sacra eloquenza" fondata sui padri della Chiesa e come testo di buona lingua utile per rinnovare, nella parte letteraria, l'istruzione claustrale, furono trascritti da due codici della Biblioteca Riccardiana di Firenze contenenti il volgarizzamento del beato Giovanni Tavelli da Tossignano (1386-1446), di cui il curatore tracciava anche un breve profilo (pp. XV-XXVI). Oltre che nella trascrizione, il lavoro maggiore del F. consisté in una larga annotazione del testo rivolta specialmente a chiarirne il significato letterale. L'edizione del F. non era esente da mende sul terreno filologico e un critico severo come Pietro Fanfani non risparmiò le critiche.
Carattere prevalentemente edificatorio rivestono la Vita di s. Michele dei santi dell'Ordine dei trinitari scalzi per la redenzione degli schiavi (Roma 1862), fondata sul processo di canonizzazione e su una precedente pubblicazione settecentesca del p. Niccolò della Vergine, postulatore della causa; la Vita della b. Maria degli Angeli religiosa professa carmelitana scalza (Roma 1865, 2 ediz., Torino 1866, riveduta ed accresciuta di due appendici, tra cui alcuni scritti ascetici della beata); il Compendio della vita della b. Maria degli Angeli (Verona 1865), che ebbe un'altra edizione nello stesso anno a Palermo e venne tradotta in diverse lingue.
Con il Saggio filosofico sul governo civile secondo i principj di monsignor Fénelon arcivescovo di Cambrai (Firenze 1859), in anni in cui si era "molto discorso - egli scriveva - intorno ai civili reggimenti, ed alle prerogative in ispezial modo della monarchia" in modo poco giudizioso, il F. intese proporre la traduzione dell'Essai di Fénelon per riaffermare il carattere illegittimo della Rivoluzione, i diritti della sovranità e la sottomissione del popolo alla potestà civile. Le forme di governo sono libere ma quando l'autorità è stabilita nelle diverse forme "non puossi più ribellare contra le di lei decisioni" (p. 111).
La permanenza a Roma per cinque anni e gli incarichi che gli vennero affidati nelle diocesi fiorentina (come esaminatore prosinodale e confessore di monasteri) e fiesolana misero il F. in vista della S. Sede, che prima se ne servì come consultore per alcuni affari relativi alla Chiesa toscana e poi lo elevò alla cattedra episcopale di Grosseto.
Preconizzato a questa sede vescovile il 22 febbr. 1867, ricevette la consacrazione il 24 marzo seguente e fece il suo ingresso solenne nella cattedrale grossetana solo il 10 agosto di quell'anno.
Come molte altre diocesi italiane, quella di Grosseto era da lungo tempo rimasta vacante per i contrasti fra lo Stato e la S. Sede. Nei quasi nove anni che erano trascorsi dalla morte dell'ultimo vescovo, mons. G.D. Mensini, si erano succeduti vari vicari capitolari nell'amministrazione della diocesi anche se non sempre nelle elezioni erano state rispettate le regole canoniche. Il F. si trovò, Pertanto, a governare in una situazione difficile, aggravata dalla diffusione delle idee anticiericali e eterodosse (nella contigua diocesi di Montalcino operava in quegli anni David Lazzaretti).
Nella prima Epistola pastoralis ad clerum et populum (Roma 1867), portante la data della sua consacrazione episcopale, il F. si soffermava specialmente sul "servizio pastorale" che aveva davanti a sé, ma non mancava di tessere un ricordo nostalgico verso i "santi gioghi del Carmelo". Ad essa seguirono altre pastorali per la quaresima incentrate sulla necessità della preghiera e della mortificazione (Grosseto 1868), sulla difesa dell'immortalità dell'anima contro gl'increduli (ibid. 1869), sul "delitto" della bestemmia e sulla profanazione dei giorni festivi come conseguenza delle "cattive dottrine" (ibid. 1871), sulla "guerra alla religione" e sul dovere di amare il papa (ibid. 1872), sulla definizione conciliare della sua infallibilità, inerranza e impeccabilità (ibid. 1873). Quest'ultima pastorale era certamente un'eco della sua partecipazione al concilio Vaticano I, dove il F. si mantenne legato al gruppo dei vescovi toscani che, a metà aprile 1870, aveva presentato una petizione per il rinvio della discussione sull'infallibilità dopo quella sugli schemi De fide e De Ecclesia. Per porre fine ai contrasti dottrinali, dopo l'accordo intervenuto fra maggioranza e minoranza dei padri conciliari, il F. e altri suoi confratelli rinunciarono a prendere la parola nella congregazione del 4 luglio 1870.
Nei primi anni dell'episcopato egli rivolse le maggiori cure alla riforma del clero. Nonostante le forti resistenze, riuscì a restaurare la disciplina ecclesiastica e il decoro del culto divino nelle chiese, facendo appello non solo alla sua notevole autorità morale ma, in qualche caso, allo stesso braccio secolare. Nell'azione pastorale verso i fedeli si prodigò nel servizio personale presso la cattedrale, compì la visita pastorale e, soprattutto, affidò a missionari, chiamati anche da lontano, il compito di supplire a quell'opera di evangelizzazione che il clero secolare non poteva svolgere nel modo migliore anche per la sua insufficienza numerica.
Per contrastare, poi, le idee anticlericali e antiromane, ideò, fondò e animò La Sentinella cattolica, "periodico della provincia di Grosseto", che cominciò a uscire il 4 genn. 1874. Avvalendosi di corrispondenti da Roma, da Livorno, da Firenze e da Siena, il settimanale intendeva trattare argomenti non solo di morale e di politica, ma anche "un tantino" di storia e letteratura, non tralasciando, ovviamente, le notizie locali. La sua ispirazione apologetica e intransigente era chiaramente espressa nel programma che vedeva nel romano pontefice "il vindice universale della pubblica moralità, la scaturigine di vita e d'infallibilità nella Chiesa" contro le distruzioni che sarebbe venuta operando la massoneria.Il 28 genn. 1876 il F. fu assalito da febbre malarica, il giorno seguente volle intraprendere il viaggio verso Prato, dove morì il 31 gennaio.
Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. della Provincia toscana dei carmelitani scalzi presso il convento di S. Paolino, Sezione religiosi, reg. A n. 413; Ibid., E. Brogi, Pubblicazioni della Provincia toscana O.C.D., 1640-1987 (dattiloscritto); H. Fisquet, Biographies portraits et autographes des pires du concile premier du Vatican, Paris 1871, pp. 203 s.; Raffaello dell'Immacolata Concezione, Elogio funebre di mons. fr. A. F. vescovo di Grosseto..., Prato 1876; P. Fanfani, Ricordo di mons. A. F. vescovo di Grosseto, Firenze 1876; La Stella del Carmelo, III (1876), pp. 55 s.; F. Cagnacci, Scritti, scrittori ed uomini celebri della provincia di Grosseto, I, Grosseto 1874, p. 43; Bartolomeo di S. Angelo, Collectio scriptorum O.C.D., II, Savona 1884, pp. 190 ss.; P. Barabesi, Bibliografia della provincia di Grosseto, Siena 1930, nn. 871, 2889, 3000, 3615; M. Maccarrone, Il concilio Vaticano I e il "Giornale" di mons. Arrigoni, Padova 1966, I, p. 400; II, p. 176; Bernardo di S. Teresa [E. Puccioni], La chiesa di S. Paolo Apostolo in Firenze. Religiosi e laici illustri e benemeriti, Firenze 1978, pp. 33-40; G. Minucci, La città di Grosseto e i suoi vescovi, II, Firenze 1988, pp. 420 s.; Lettere pastorali dei vescovi della Toscana, a cura di B. Bocchini Camaiani-D. Menozzi, Torino 1990, pp. 104 s.; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica…, VIII, Patavii 1979, p. 292.