FEA, Francesco
Originario di Chieri (Torino), è documentato dal 1607 al 1652 come pittore della corte sabauda (cfr. Schede Vesme, cui ci si riferisce se non diversamente indicato). Le prime notizie lo segnalano impegnato a Torino nella decorazione della grande galleria situata fra il castello (palazzo Madama) e il palazzo del vescovo (distrutto da un -incendio) dove Federico Zuccari, chiamato dal duca Carlo Emanuele 1, si era servito di alcuni maestri locali, tra cui Guglielmo Caccia detto il Moncalvo; il F. era probabilmente uno dei suoi collaboratori. Dalle Schede Vesme risultano pagamenti nel 1607 per pitture di decorazione quali "festoni, nicchie, cartelli".
I successivi pagamenti ci permettono di seguire le complesse vicende costruttive della residenza ducale: il F. infatti fu chiamato nel 1608 per l'indoratura e gli affreschi in alcune sale del cosiddetto "Paradiso", un'ala cinquecentesca ampliata da Emanuele Filiberto e situata tra la galleria verso levante e il palazzo dei vescovo. Anche quest'ultimo edificio fu oggetto di ampliamenti e modificazioni tanto da essere chiamato nei documenti dell'epoca "palazzo nuovo": il F. il "9 febraro 1608" ricevette 30 ducatoni per i quadri dipinti nelle stanze del "novo palazzo di S. A." (Arch. di Stato di Torino, Sez. riunite, art. 180/3, c. 320). Dal 1608 al 1609 si succedono un pagamento "per saldo della fattura delli frisi fatti nella sala del Castello verso la galleria" e altri pagamenti relativi a dipinti eseguiti sempre per il castello. I successivi restauri, rimaneggiamenti o distruzioni di tutti questi edifici hanno fatto scomparire le decorazioni secentesche: del F. purtroppo oggi nulla si può vedere e la sua vicenda artistica è ricordata solo dai documenti.
Il F. fu attivo anche durante i festeggiamenti avvenuti a Torino nel 1608 per le nozze delle infante sabaude Margherita con Francesco Gonzaga di Mantova e Isabella con Alfonso d'Este di Modena.
Per l'occasione si organizzarono tornei e spettacoli in maschera a cui parteciparono cavalieri e dame del Ducato e principi stranieri. In piazza Castello furono costruite due macchine sceniche molto alte, rappresentanti i castelli della Vittoria e della Gloria militare; in mezzo si trovava una tela con funzione di sfondo, dipinta dal Fea. In questa occasione il pittore eseguì anche "quadri per la soffitta del salone dei tornei", pagati il 20marzo 1608 (Bouquet, 1978, p. 34 n. 129). Secondo quanto è stato ricostruito da Franca Varallo (1991), dopo il pranzo si combatté nella piazza un torneo contro un manichino armato; di sera si continuò la sfida in una sala (detta appunto dei tornei), costruita a piano terra del palazzo ducale: la scenografia rappresentava un palazzo, il cielo stellato e ai lati il monte Parnaso e, di fronte, il tempio della Gloria. La facciata del palazzo era ricca di colonne dorate, nicchie con statue e una porta bronzea con un'iscrizione latina.
Nel 1620 il F. dipinse il fregio con armi intorno al salone del palazzo nuovo del duca: questo tipo di decorazione fu un suo genere specifico, testimoniato indirettamente dai nipoti Antonio e Giovanni Francesco Cerutti, spesso chiamati Fea per la continuità con il lavoro del nonno (vedi la voce Cerutti in questo Dizionario). Nel 1652 infatti i due pittori rivendicavano presso Carlo Emanuele II il diritto di dipingere armi secondo una tradizione familiare già ben consolidata proprio a partire dall'attività del nonno (cfr. Schede Vesme, II, p. 459).
Nel 1620 àl F. venne saldato il conto "per la fattura et colori forniti per recolorire et accomodare la soffitta del salone grande" di Racconigi (gli affreschi sono perduti). Nel 1631, poiché i pagamenti per i lavori nel palazzo ducale non erano ancora stati effettuati, il duca Vittorio Amedeo I gli donò una casa presso Chieri del valore corrispondente alla somma dovuta. Nel 1633 il F. fu pagato per "mettere oro e far pitture" nella galleria grande del palazzo nuovo. È in questa occasione che si ha notizia per la prima volta dei due aiutanti, i nipoti Antonio e Giovanni Francesco Cerutti. Dalle Schede Vesme risulta ancora un affresco nella chiesa della Consolata a Torino raffigurante il Beato Amedeo "fatto di mano del fu Francesco Fea di Chieri, qual pingeva del 1600 circa".
Un altro nipote del F. fu Domenico, detto "dei fiori" per il genere pittorico a cui si dedicava. Sue notizie risalgono al 1634, anno in cui fu pagato "in consideratione di diversi quadri" dipinti per il cardinale Maurizio di Savoia, colto rappresentante a Roma della corte, in contatto con Cassiano Dal Pozzo. Nel 1636-37era al servizio del duca, che gli commissionò quadri di fiori per la piccola galleria del palazzo e pagò le spese del suo soggiorno a Torino (Schede Vesme, p. 461).
Fonti e Bibl.: Schede Vesme, II, Torino 1966, pp. 459, 461 s.; V. Moccagatta, Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, le opere di Torino e la Galleria di Carlo Emanuele I, in Arte lombarda, VIII (1963), p. 208, L. Mallé, Le arti figurative in Piemonte, Torino 1974, p. 42; Storia del teatro Regio di Torino, I, M.-Th. Bouquet, Il teatro di corte..., Torino 1978, p. 34; F. Varallo, Il duca e la corte, Torino 1991, pp. 175 n. 16, 179 n. 25, 182 n. 39; Diz. enciclopedico Bolaffi..., IV, p. 341.