FEROCI, Francesco
Nacque a San Giovanni Valdarno (in provincia d'Arezzo) il 16 apr. 1673 da Ottavio e da Teresa Toci. Non si hanno notizie sui primi anni di vita, ma è certo che ancora in giovane età entrò nel collegio Eugeniano di Firenze. Contemporaneamente alle discipline teologiche ed a quelle letterarie, sotto la guida del gesuita P. Ghezzi, intraprese gli studi musicali, dedicandosi alla teoria, all'arte del contrappunto ed alla tecnica organistica e cembalistica, frequentando dal 1688 la scuola di G. M. Casini. Dopo diversi anni di studio poté dedicarsi alla carriera concertistica, esercitando dal 1697 l'attività di organista in numerose chiese di Firenze; fu, tra le altre, a S. Lorenzo, S. Marco, S. Felicita, S. Croce, Orsaninichele e la Ss. Annunziata. Ebbe modo di svolgere concerti anche nei paesi limitrofi: Figline, San Giovanni Valdamo, Montevarchi, Castiglion Fiorentino e Cortona lo ospitarono fino al 1701. Risale a questo periodo il fermento per la composizione, di impronta prettamente sacra e sovente legata alle necessità liturgiche. Nel 1702 entrò nuovamente nella scuola dei Casini, ma questa volta nelle vesti di docente di organo: tra i suoi allievi è da ricordare F. M. Veracini, che segui i suoi insegnamenti fino al 1711. Inoltre il F. ebbe l'incarico di sostituire temporaneamente, nell'ufficio di primo organista del duomo, il Casini stesso, alquanto malato e oberato da altri compiti presso la corte medicea. Con la scomparsa del Casini, nel febbraio 1719, si aprì la possibilità per il F. di essere nominato definitivamente primo organista.
La procedura consueta di S. Maria del Fiore prevedeva che il posto fosse messo a concorso, ma la commissione, appositamente costituita, giudicò il musicista idoneo a tale ruolo, anche in considerazione dei diciotto anni di supplenza tenuti presso quella sede. L'11 marzo del 1719 venne pertanto accettata la supplica per l'incarico, avanzata dal F., come risulta dalle note contenute in Suppliche, rescritti e ordini del governo, presso l'Archivio dell'Opera di S. Maria dei Fiore.
Il periodo che seguì tali avvenimenti vide il F. nel pieno dell'attività concertistica, compositiva, nonché letteraria: si dedicò al genere della "poesia bernesca", stile poetico burlesco tipico della tradizione toscana. Occupato saldamente il posto di primo organista presso il duomo, si dedicò alacremente alla composizione di mottetti, duetti, responsori e salmi per piccole forinazioni vocali, nonché di versetti e sonate per organo; continuò nel contempo l'attività didattica, circondato da un cospicuo numero di allievi. Il suo stato di salute però peggiorò al punto da costringerlo spesso a tenere le lezioni presso la propria dimora. Nel 1735 Bonaventura Matucci, uno tra i suoi migliori allievi, lo affiancò nell'attivita organistica presso il duomo, sostituendolo in diverse occasioni. Nonostante le precane condizioni fisiche, il F. non abbandonò la composizione e nel 1736 terminò la stesura del Concerto CXXX alternato col 1º e 2ºorgano, altrimenti noto come Concerto per organo sull'aria della "Martina" (dalnome del violinista genovese Martino Bitti, autore dell'aria ripresa dal Feroci). Il 25 luglio dello stesso anno avvenne la prima esecuzione pubblica del lavoro al duomo, di cui offrono ampio resoconto le Notizie di Casa Salvini. Da tale documento risulta che il. F. suonava ancora in quel periodo.
Coevi del Concerto per organo sull'aria della "Martina" sono i Responsi della settimana santa, per tre voci virili: la grafia incerta del manoscritto rivela lo stato precario di salute del musicista, che nel 1744 fu costretto ad abbandonare l'incarico di primo organista presso il duomo. Il Matucci allora lo sostituì definitivamente, come risulta dalla supplica del 30 luglio dello stesso anno, rivolta al granduca Francesco Stefano di Lorena. Il F. non perse però l'onorario, in virtù dei suoi meriti artistici e del servizio reso per tanti anni con "molto credito"; ebbe tuttavia il compito di seguire ancora per qualche tempo il perfezionamento musicale del Matucci.
Il F. si ritirò pertanto a vita privata, finché la morte lo colse a Firenze il 25 nov. 1750. Ad un anno dalla scomparsa, G. Lami, professore di storia ecclesiastica e direttore dal 1740 delle Novelle letterarie, curò su quelle pagine una breve biografia dello scomparso. Oltre ai dati già noti sulla vita del F. ed un elogio alla sua attività di musicista e di prelato, questa contiene la notizia che i manoscritti originali, sia musicali sia di opere letterarie, erano conservati presso il marchese Folco Rinuccini. Fra i suoi allievi si ricordano, oltre ai già citati F. M. Veracini e B. Matucci, Domenico Palafuti, noto nell'ambiente fiorentino come suonatore di tiorba, e il nipote G. Feroci.
Il F. ha lasciato tutta la produzione manoscritta, mentre alcune opere sono uscite per la stampa solo postume. Le carte peraltro risultano prive di qualsiasi datazione e ciò ne rende difficile un ordinamento cronologico. Il Fabbri, maggiore studioso del F., ha rilevato qualche indizio utile dall'analisi della grafia delle pagine autografe. Si deve tenere conto inoltre che alcune composizioni, contenute in biblioteche ed archivi di Firenze, sono di altra mano.
Fino ad oggi sono note le seguenti opere: Responsi della settimana santa, per due tenori e basso (Berlin, Staatsbibliothek, ms. autogr. L. 111); Messa da Requiem, Versetti ed altre cose per organo (ibid., ms. L. 112); Versetti e sonate per organo (ibid., ms. autogr. L. 113); Concerto CXXX alternato col 1º e 2ºorgano (ibid., ms. in parte autogr. L. 309); 'Proelevazione' per organo (ibid., ms. L. 347); Quare fremerunt gentes, salmo a tre voci (ibid., ms. autogr. senza segnatura); Adoramus Te Christe, mottetto per due tenori e basso (Cambridge, Fitzwilliam Museum, ms. 107); Che sarà di te, D'improvviso riede il riso, Amor, che far deggio, Aure care, Nel seno d'amore, Del mio sen, duetti profani con basso continuo per il cembalo (Londra, British Library, ms. 199); Che sarà di te, presente anche nel ms. 176 della British Library; Aure care, contenuto nel ms. B-2031 della Bibl. del Conservatorio "L. Cherubini" di Firenze; Ferma, o caro, arresta, duetto per soprano, contralto e basso continuo per il cembalo (Bruxelles, Bibl. del Conservatorio, ms. 693; Londra, British Library Add. 31490); Versetti da sonarsi nell'organo per le messe doppie, da morto... (Bologna, Bibl. dei Conservatorio "G. B. Martini", ms. Z/95); Ioseph fili David, Cum accepisset Iesus, Vere languores nostros, In craticula te Deum, Assumpta est Maria, mottetti a quattro voci dispari (Firenze, Bibl. del Conservatorio, ms. E. I. 135); Fughe e toccate per organo (Lucca, Bibl. del Seminario, ms. B. 287); mottetti vari conservati nell'Archivio dell'Opera S. Maria del Fiore di Firenze, ms. vol. XVIII, parte V. Di queste opere sono state successivamente inserite in edizioni a stampa: Adoramus Te Christe, in V. Novello, The Fitzwilliam music, V, London 1825; Elevazione, in A. Esposito, Cento pezzi classici, Bergamo 1965; Toccata, Tre piccole fughe, in Id., Pagine organistiche, I, Bergamo 1975.
Ad eccezione di alcuni duetti a carattere profano, l'opera del F. è di impronta prettamente sacra, in accordo con la precipua attività di organista. All'interno di tale produzione possiamo considerare le composizioni vocali e quelle per organo. Lo stile delle prime appare ancora legato all'opera del Casini, sia per la tecnica compositiva, sia per la concezione estetico-formale. L'uso di procedimenti contrappuntistici fugati, di imitazioni, di strutture armoniche verticali, non è mai pura speculazione compositiva ma sempre finalizzato all'espressione sacrale dell'arte. I ventisette Responsi della settimana santa incarnano questa dimensione di semplicità formale: l'uso di tre voci virili rende la composizione ancora più interessante per quanto riguarda la costruzione polifonica delle parti. Così la presenza di andamenti accordali, sovente interrotti da pause, contribuisce alla creazione di un'atmosfera ricca di arcaicità e misticismo. Ben diversa la posizione del F. rispetto al Casini per quanto riguarda la produzione organistica. Qui egli rinuncia allo stile polifonico imitativo ed a quello strettamente fugato, preferendo lo sviluppo melodico, sostenuto dalle voci gravi che, perdendo la loro autonomia, si riuniscono in una struttura verticale di tipo accordale. Cosi nel primo movimento (vivace) del Concerto CXXX, detto della Martina, iltema viene proposto alternativamente dai due organi, con il sostegno di lunghi pedali. Nei Versetti per organo, preferiti rispetto a forme più sviluppate come le toccate e le fughe, il F. concentra in poche battute il contenuto musicale, prediligendo figurazioni a carattere melodico con spunti cromatici.
Giuseppe, nipote dei precedente, nacque a San GiovanniValdarno il 24 ag. 1729. Intraprese gli studi di composizione ed organo con lo zio e come lui scelse l'abito talare. Terminata la preparazione musicale e quella religiosa, divenne organista e maestro di cappella, stabilendosi nel 1756 presso la collegiata di S. Giuliano a Castiglion Fiorentino; risale a quell'anno la composizione dell'oratorio La Passione di Nostro Signor Gesù Cristo, terminato probabilmente ad Arezzo. Nel periodo successivo si dedicò all'insegnamento ed alla composizione di repertorio musicale liturgico, in funzione della sua attività di maestro di cappella; non meno attivo fu nel ruolo di organista all'interno della collegiata. Nel 1768 portò a termine l'oratorio Giaele (Arezzo), mentre nel 1770 fu la volta de Il trionfo di David nella disfatta di Golia, una cantata sacra a tre voci, su libretto di N. Salvemini (il solo libretto presso la Bibl. Marucelliana di Firenze). Probabilmente Ch. Burney ascoltò questo lavoro a Figline Valdarno durante il suo viaggio in Italia nel 1770, riportandone le sue impressioni in The present state of music in France and Italy del 1771, riferendosi ad un "abate Feroce". Basandosi su queste notizie, R. Eitner confuse lo zio con il nipote. L'ultimo lavoro di cui si ha notizia è l'oratorio Abigaille, misteriosa figura della B. V. Maria, terminato ad Arezzo nel 1777. M. Fabbri conferma la sua presenza a Castiglion Fiorentino intorno al 1781, come maestro ed organista della collegiata.
Giuseppe morì a Castiglion Fiorentino (Arezzo) il 5 apr. 1793.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. naz., ms. Magl. IX-73: A. M. Biscioni, Giunte alla Toscana letterata del Cinelli, c. 124v (per Francesco); Ibid., Bibl. Marucelliana, ms. A-139: Notizie di Casa Salvini, anno 1736 (per Francesco); Bologna, Bibl. d. Conserv. "G. B. Martini", ms. Misc. H/62:G. B. Martini, Scrittori di musica e fabbricatori di strumenti musicali, p. 116 (per Francesco); C. Lami, in Novelle letterarie, XII, Firenze 1751, pp. 369 ss. (per Francesco); Ch. Burney, The present state of music in France and Italy, London 1771, p. 239 (per Francesco e Giuseppe); R. Lunelli, Organari stranieri in Italia, in Note d'archivio per la st. musicale, XXXVII (1937), p. 72 (per Francesco); G. Frotscher, Geschichte des Orgelipiels und der Orgelkoniposition, II, Berlin 1959, pp. 797 ss. (per Francesco e Giuseppe); M. Fabbri, F. F. nella scuola organistica fiorentina del XVIII secolo, in Musiche italiane rare e vive da G. Gabrieli a G. Verdi, in Chigiana, XIX (1962), pp. 145-160 (per Francesco e Giuseppe); R. Zanetti, La musica italiana nel Settecento, II, Busto Arsizio 1978, pp. 887 s., 1112 (per Francesco), p. 776 (per Giuseppe); A. Esposito, L'organo, Rivista di cultura organaria e organistica, XX, Bologna 1982, p. 180 (per Francesco); R. Eitner, Quellen Lexikon der Musiker, III, p. 420 (per Francesco); Die Musik in Gesch. und Gegenwart, XVI, coll. 213 s.; Enc. della musica Rizzoli-Ricordi, II, p. 452; The New Grove Dict. of music and musicians, VI, p. 476; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, II, p. 735.