Ferrara, Francesco
Economista e uomo politico (Palermo 1810 - Venezia 1900). Diresse l’ufficio di statistica per la Sicilia, schierandosi in difesa della libertà economica. Espressosi pubblicamente contro il governo dei Borbone, all’inizio del 1848 fu incarcerato ma, un mese dopo, insorta la Sicilia, venne liberato. Eletto nel Parlamento siciliano, in seguito alla restaurazione borbonica scelse l’esilio volontario a Torino. Entrato in contatto con Cavour, fu dal 1848 al 1850 redattore del «Risorgimento». Con Cavour tuttavia ruppe i rapporti alcuni anni dopo perché lo riteneva un liberista poco rigoroso. A Torino insegnò Economia politica all’università fino al 1859. Fu poi consigliere della Corte dei conti e, nel 1867, per pochi mesi, ministro delle Finanze nel governo Rattazzi. Eletto, lo stesso anno, deputato, prese parte alle più importanti discussioni di carattere economico e finanziario. Le sue esperienze politiche furono segnate dallo stretto rapporto con Quintino Sella, il cui risultato più consistente fu la redazione del progetto per l’introduzione dell’imposta sul macinato. Nel 1881 venne nominato senatore. Fu il più autorevole esponente della teoria economica classica in Italia e il principale economista del periodo risorgimentale. Di radicate convinzioni liberiste, dette un fondamentale impulso agli studi economici. Tra i suoi scritti più rilevanti sono da annoverare le Prefazioni ai volumi della prima e seconda serie della Biblioteca dell’Economista (1850-1870), ripubblicate insieme, col titolo Esame storico critico di economisti e dottrine economiche (1889-90), e nelle quali sono presentate diverse innovazioni teoriche. Tra le più note è quella del «costo di riproduzione», che può considerarsi il ponte di passaggio tra la teoria classica del valore, basata sull’oggettivo costo di produzione, e quella soggettiva della scuola austriaca, fondata sull’utilità marginale. Importanti anche le Lezioni di economia politica (1935) e i saggi Della moneta e dei suoi surrogati (1858).