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Filelfo, Francesco

di Pier Giorgio Ricci - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Filelfo, Francesco

Pier Giorgio Ricci

La ‛ lectura Dantis ' del celebre umanista (Tolentino 1398 - Firenze 1481) s'inserisce negli anni del suo primo, tempestoso soggiorno a Firenze, durato dall'autunno del 1429 alla fine del 1434. Stipendiato dal comune per le cattedre che riguardavano gli studia humanitatis, tenne, nell'anno accademico 1431-32, anche quella pubblica lettura della Commedia che, sospesa nel dicembre del 1425 per le difficoltà finanziarie del comune fiorentino, esausto dalla lunga guerra con il duca di Milano, era stata nel 1430 ripresa dal frate francescano Antonio Neri d'Arezzo in Santa Maria del Fiore. Degli umanisti che avevano insegnato a Firenze, nessuno si era, prima del F., prestato a commentare pubblicamente la Commedia; ma egli aveva buone ragioni per cercare di guadagnarsi in tal modo il favore popolare. A insegnare nello Studio fiorentino era stato chiamato da Palla di Nofri Strozzi, e a Firenze aveva l'appoggio di tutta la fazione antimedicea, capitanata da Rinaldo degli Albizi e Niccolò da Uzzano; nemici acerrimi gli erano pertanto tutti coloro che si stringevano intorno a Cosimo de' Medici: in particolare, tra i letterati, Niccolò Niccoli e Carlo Marsuppini.

La ‛ lettura ' della Commedia da parte del grande umanista aveva dunque un significato culturale che strettamente si connetteva con le vicende politiche. Intorno al nome di D. si raccoglievano i ‛ repubblicani ', e il F. esaltava D. come autore insuperabile anche in confronto ai classici: " non ardirei alchun altro degli antichi per mio giudicio preporli "; e spiegava la Commedia sprezzando un famoso giudizio del Niccoli: " il leggiere di questo divin poeta, chiamato dai miei ignorantissimi emuli leggiere da chalzolai et da fornai ". Posta dunque volontariamente dal F. in un clima di accese rivalità, di opposte posizioni culturali e di profondi odi politici, la ‛ lettura ' dantesca venne tenacemente contrastata dalla fazione medicea. Il F. l'aveva cominciata con una prolusione che esaltava il " suavissimo et mellifluo eloquio " di D. e " l'armonica melodia del suo divino poema ", e l'aveva condotta sino al settimo canto dell'Inferno, quando, a istigazione degli avversari, gli ufficiali dello Studio cassavano tutte le ‛ condotte ' già stabilite, nominando, con deliberazione del 23 ottobre 1431, nuovi ‛ lettori ': Carlo Marsuppini prendeva il posto del F. nell'insegnamento della retorica, mentre la ‛ lettura ' dantesca veniva affidata a un canonico di S. Lorenzo, il pisano Lorenzo di Giovanni.

Ma la vittoria della fazione medicea durò poco: agli 8 di dicembre i sostenitori del F. riuscirono a ottenere un'ordinanza con la quale egli veniva solennemente ripristinato nella sua cattedra (retorica, poesia, greco e filosofia morale) con le condizioni fissate nel mese di luglio. Gli avversari tentarono allora di ostacolare l'insegnamento del F. privandolo delle comodità necessarie, e ci volle un 'altra ordinanza degli ufficiali dello Studio per assegnare esplicitamente all'umanista " scolas seu cameras in quibus legat et doceat " e inoltre " unam cathedram transportandam et collocandam in ecclesia Sanctae Mariae del Fiore seu alibi, ut eidem domino Francisco placuerit, pro lectura Dantis ". Senza peraltro ottenere che la fazione medicea si rassegnasse; anzi, quando il F., il 21 dicembre, riprese la lettura della Commedia pronunciando un discorso nel quale scopertamente attaccava i suoi nemici, si giunse al punto d'impedire la ‛ lettura ' con la violenza, talché ci volle un'altra urgente ordinanza che minacciava pene severissime contro coloro che " se iactaverunt et iactant dictas scolas et seu cameram et cathedram invadere et occupare, seu ipsum dominum Franciscum impedire quominus legat ".

Giustamente il F. poteva dunque chiamare " mia fatichevole et pericholosissima impresa " quella ‛ lettura ' dantesca; pure non se ne ritrasse, anzi trovò il modo di accrescere la sua popolarità addestrando i giovani in pubbliche orazioni, come ci attesta Vespasiano da Bisticci: " Per esercitare gli scolari et dare loro riputatione, faceva fare a ognuno una orazione vulgare et recitavala in Santa Liberata, in sul pergamo, in publico, et in questo modo dava loro animo ".

Protetto dunque da largo favor popolare e dalla forza della fazione antimedicea, riuscì al F. di condurre la ‛ lettura ' fino al termine dell'anno accademico, sventando tra marzo e aprile una nuova trama degli avversari per farlo espellere da Firenze; e il 29 giugno 1432 la concludeva coram populo col discorso di un allievo de laudibus Dantis. Ma la prudenza gli consigliò di non continuarla anche nel nuovo anno accademico: una deliberazione degli ufficiali dello Studio il 17 novembre 1432 mantenne pertanto il F. " ad legendum Rhetoricam et Poesiam ", ma affidò la lettura della Commedia all'aretino Antonio Roselli, " artium et medicinae doctor ", amico del F., ma di lui meno avversato dalla fazione medicea.

Lo Zippel, il più accurato biografo degli anni fiorentini del F., reputò che per la ‛ lettura ' della Commedia il F. non avesse ricevuto un incarico ufficiale; ma Vespasiano da Bisticci attesta che " per contentare gli appetiti delle lettere, lo condussono a leggere Dante in Santa Liberata, il dì delle feste ". Se, d'altra parte, l'incarico non fosse stato ufficiale, male si comprenderebbe l'intervento dei magistrati preposti allo Studio fiorentino per difendere le letture dantesche del F. dall'ostilità degli avversari. Lo Zippel reputò anche che la ‛ lettura ' fosse incominciata ancor prima che s'aprisse l'anno accademico (dove le lezioni s'incominciavano nella seconda quindicina di ottobre), basandosi soprattutto sul fatto che il F. alla ripresa delle lezioni, il 21 dicembre, dichiarò di aver già esposto, prima d'interrompersi, sette canti dell'Inferno. Ma poiché ignoriamo quando il F. sospese le lezioni, e seppure sappiamo quanto tempo dedicasse alla spiegazione di ciascun canto, ogni ipotesi riesce arrischiata. Aveva invece ragione lo Zippel nel sostenere che la lettura del F. fu del tutto gratuita; lo attesta l'umanista medesimo: " senza alchun altro o pubblicho o privato premio... chominciai quello poeta pubblichamente a leggiere ".

Bibl. - G. Prezziner, Storia del pubblico Studio e delle Società scientifiche e letterarie di Firenze, I, Firenze 1819, 91-102; G. Zippel, Il F. a Firenze (1429-1434), Roma 1899; E. Garin, D. nel Rinascimento, in " Rinascimento " s. 2, VII (1967) 13-14. Le deliberazioni degli ufficiali dello Studio, in G. Gherardi, Statuti dell'Università e Studio fiorentino, Firenze 1881, 245, 414-418, 424. Le due orazioni recitate dal F. all'inizio della lettura e alla ripresa di essa il 21 dicembre 1431 (la data è sicura, e soltanto per svista lo Zippel, cit. [p. 28 n. 3], propose di correggerla) sono state stampate tre volte: nella Vita di F.F., di C. De' Rosmini, Milano 1808, I, 119 ss.; da M. Dello Russo, Due orazioni di F.F., Napoli 1867; e nell'opuscolo anonimo Sepolcrum Dantis, Firenze 1883, 25-34; dove si possono leggere anche l'Oratio de laudibus Dantis coram populo habita III kal, iulii 1432 (pp. 35-42) e il discorso di un altro discepolo del F. (pp. 43-48). Ma s'avverta che le prolusioni del F. e le orazioni dei suoi allievi s'incontrano in più manoscritti fiorentini. il Gherardi citò: Firenze, Bibl. Naz. Magliabechiani VIII 54, 1271, 1384, 1385, 1430; IX 54; XXV 345; Bibl. Lurenziana 43, 24 e 26; 89 sup. 27; 90 sup. 34. Lo Zippel aggiunse Bibl. Naz., Palatino 51; Riccardiani 1200 e 2272. Che il F. tenesse la sua lettura gratuitamente fu dimostrato dallo Zippel, in Il Trentino a D. Alighieri, Trento 1896, 68 ss.

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francescano
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