FIORENTINO, Francesco
Nacque a Sambiase (ora Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro) il 10 maggio 1834 da Gennaro e Saveria Sinopoli; della sua educazione si occuparono gli zii materni Giorgio e Bruno Sinopoli. A quattordici anni entrò nel seminario di Nicastro, dove rimase tre anni. Influenzato inizialmente negli studi dalla lettura di P. Galuppi e di V. Cousin, cominciò ad mteressarsi alle opere di V. Gioberti di cui apprezzò l'impegno civile e la visione della storia. Si dedicava nello stesso periodo allo studio della patristica e della scolastica, frequentando la biblioteca del convento dei cappuccini. Nel corso di questi studi tradusse alcune opere di s. Agostino, di s. Bonaventura e di s. Anselmo. Lasciato il seminario, si recò a Catanzaro per studiare scienze giuridiche e lì rimase fino al conseguimento della licenza nel 1857. Uno spirito patriottico d'eredità giobertiana lo portò, nel 1860, al passaggio di Garibaldi, ad aggregarsi alle truppe guidate dal generale F. Stocco, seguendole fino al Voltumo. L'anno seguente iniziò l'attività di insegnante presso il liceo di Spoleto; quattro mesi dopo si trasferì al liceo di Maddaloni (Caserta). Nel luglio aveva pubblicato Il panteismo di Giordano Bruno (Napoli 1861), opera che gli procurò una certa notorietà.
Il saggio, dedicato alla colta marchesa Marianna Bacinetti Florenzi Waddington, risentiva ancora dell'influenza del Gioberti, specie per ciò che concerne la religione. Ma di là dalle posizioni espresse sul Bruno è importante rilevare come per il F. ricerca filosofica e impegno civile fossero profondamente intrecciati. Tramite la ricerca filosofica riteneva possibile rintracciare le premesse platonico-pitagoriche che facevano della filosofia italiana il fulcro del progresso civile e religioso.
Fu così nominato professore straordinario di storia della filosofia presso l'università di Bologna, su indicazione del ministro C. Matteucci. Il 15 nov. 1862 nella prolusione, incentrata sul rapporto tra natura e spirito, tracciava il suo programma filosofico.
Quello che al F. interessava mettere in risalto era l'intreccio fra i due elementi e il loro rapporto dialettico. Inoltre, nella prolusione ritornò sul problema storiografico, affermando che nello svolgimento dei diversi sistemi di pensiero è escluso qualsiasi rapporto causale tra ambiente, società e sviluppo della filosofia, che si compie invece del tutto liberamente, senza alcuna necessità. La prolusione è importante perché rappresentò l'incontro con Hegel, stimolato dalla lettura delle opere di B. Spaventa da lui appena conosciuto: sarà lo stesso F. a riconoscere il proprio "debito" con una lettera indirizzatagli nel gennaio 1863. L'hegelismo di Spaventa influenzò profondamente il F.; ma non fu un'adesione totale, anche se alcune sue affermazioni e la militanza nella scuola hegeliana di Napoli potrebbero farlo credere. Su un impianto idealistico si innestarono infatti elementi kantiani, un certo immanentismo, e infine la rivalutazione di alcuni aspetti del positivismo. Tutto ciò ha condotto a significative divergenze di valutazione tra gli studiosi che si sono occupati di lui (basti pensare a quelle tra R. Mondolfo e G. Gentile).
L'accostamento allo Spaventa portò il F. a rivedere la sua lettura del Gioberti in senso immanentistico. Ma l'influenza di Spaventa è visibile soprattutto nel Saggio storico sulla filosofia greca, scritto nel 1862 (e pubblicato a Firenze nel 1864 con l'aggiunta della prolusione Aristotele e la filosofia letta nell'università di Bologna per l'anno 1863-64), basato sugli studi di E. Zeller. L'apprezzamento di questo verso il lavoro del F. fu tale da farlo appositamente recare a Napoli nel 1873 per conoscerlo.
Nell'opera il F. analizzava il pensiero greco senza l'assillo della sistemazione, che egli considerava esiziale per la ricerca filosofica. Il problema preso in esame era quello logico gnoseologico della dialettica che per il F. trovava la sua espressione più alta in Platone: la dialettica platonica è "il modo in cui si forma il logos". Il merito di Aristotele risiedeva nell'aver scoperto le categorie, conferendo maggior rigore alla dialettica stessa: infine, il pensiero greco trovava coronamento nella dialettica hegeliana.
L'anno stesso della pubblicazione del saggio sulla filosofia greca fu promosso a professore ordinario. Con la prolusione Aristotele e la filosofia il F. espose le coordinate metodologiche dei suoi studi, ed in particolare la convinzione dell'esistenza di una concatenazione logica nello sviluppo della storia della filosofia, che permette di spiegare un sistema filosofico attraverso la ricerca dei suoi antecedenti logici nei sistemi che lo hanno preceduto. Egli ne diede un esempio d'applicazione nel saggio su Metro Pomponazzi. Studi storici sulla scuola bolognese e padovana del sec. XVI, con molti documenti inediti, terminato nel 1867 e stampato a Firenze l'anno dopo.
Nelle intenzioni del F. questa doveva essere la prima delle biografie degli aristotelici bolognesi (avrebbe dovuto presentarle nelle riunioni della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna di cui era membro); ma poi non proseguì nel lavoro. Del pensiero del filosofo mise in luce l'intreccio fecondo tra vecchio e nuovo al fine di evidenziare i trapassi, le innovazioni, le conquiste inconsapevoli; il Pomponazzi dimostrava così, per il F., un singolare accostamento all'immanentismo, sia pure in una cornice religiosa tradizionale.
Il F. aveva oramai spostato la sua attenzione dal problema della dialettica a quello storico-filosofico. Porsi l'obiettivo di studiare lo sviluppo dei sistemi filosofici "senza ricorrere a cagioni accidentali e estrinseche" non voleva dire omettere la contestualizzazione storica e culturale degli oggetti del suo studio. Concludeva infatti il saggio sul Pomponazzi riassumendo i risultati di un'epoca nel "rifiuto delle cause sovrannaturali, e la riconosciuta intimità del pensiero nel mondo", accompagnati da una "critica severa dei dogmi religiosi", Ma, soprattutto, sottolineando l'esigenza di approfondire lo studio delle singole scuole per fare storia della filosofia.
Allo stesso periodo appartengono le polemiche con F. Acri e A. Conti. Contro il primo, che rivolgeva al metodo hegeliano la critica di astrattezza, ribadì i meriti di quel metodo, consistenti nel guardare alla storia della filosofia ricercando la razionalità (necessaria) del suo sviluppo. Del secondo criticò il paradigma religioso utilizzato per giudicare della bontà dell'una o dell'altra filosofia.
Sempre del 1867 è il saggio sul positivismo e il platonismo in Italia, scritto in risposta alla prolusione su La filosofia positiva e il metodo storico, tenuta da P. Villari nell'Istituto di studi superiori di Firenze.
Questi aveva incitato i filosofi ad abbandonare la speculazione per concentrarsi sui "fatti e le leggi sociali e morali ... ritrovando nelle leggi storiche le leggi dello spirito umano" (Il Politecnico, Milano, s. 4, I, [1866], I, pp. 1-29). All'amico il F. rimproverava di non avere capito che è la filosofia che produce la storia e che i fatti storici sono effetto dei mutamenti dello spirito.
Contemporaneamente all'attività di studioso il F. si era accostato all'impegno politico. Già nel 1868 con G.B. Ercolani e Villari aveva elaborato un progetto di riordino dell'università italiana che prevedeva la concentrazione degli atenei in tre sole sedi (Torino, Napoli, Firenze, con una grande scuola normale nella sede toscana). Nel 1870 venne eletto deputato al Parlamento, nel collegio di Spoleto, e sedette nei banchi della Destra storica. Riconfermato nella successiva legislatura (1874), fu poi bocciato nelle due successive. La mancata rielezione lo lasciò particolarmente amareggiato, anche perché essa era avvenuta in un collegio della Calabria, dove era stato convinto a presentarsi da alcuni amici.
Il F. ebbe la consapevolezza del compito storico che spettava al Parlamento nella costituzione dello Stato unitario: famose sono le lettere da lui inviate a S. Spaventa nel 1876, a seguito della discussione svoltasi a Montecitorio sulla convenzione di Basilea, in cui si soffermava sulle caratteristiche dello Stato moderno. Egli avviava il ragionamento delineando il passaggio dallo Stato "religioso" a quello "guerriero" e i passaggi successivi fino allo Stato moderno, organismo nazionale comprendente diverse attività. Quest'ultimo per il F. conferisce unità pratica all'unità teoretica rappresentata dalla nazione. Allo Stato moderno, essenzialmente etico, competono il diritto e l'insegnamento, mentre alla Chiesa, da esso separata, compete solo la fede. Posizione che lo aveva portato nel 1872, come ricorda Gentile, ad essere l'unico deputato della Destra a difendere la proposta di legge di C. Correnti per l'abolizione delle facoltà teologiche.
Poco dopo essersi sposato (il 28 ott. 1871) con Restituta Trebbi, da cui ebbe quattro figli, si trasferì nell'ateneo di Napoli ad insegnare filosofia della storia, lasciando Bologna, dove negli ultimi tempi era stato al centro di alcune polemiche. Una di queste l'aveva contrapposto a G. Carducci che, attaccate duramente le tesi di A.C. De Meis su Il Sovrano, aveva dato dello studioso di scarso valore al F. intervenuto a difenderle. Al De Meis il F. dedicò il saggio su Bernardino Telesio, ossia studi storici sull'idea della natura nel Risorgimento italiano (I-II, Firenze 1872-73): nella dedica indicava il pensiero del Rinascimento come "la sola filosofia che si possa chiamare schiettamente italiana". Il saggio, che presenta lo stesso impianto di quello su Pomponazzi, attirò critiche sul F., che reagì invitando a prescindere dalle generiche accuse di hegelismo e ad indicare eventuali errori interpretativi. Peraltro i lavori su Pomponazzi e Telesio ebbero un ffiscreto successo e furono tradotti all'estero. Dei suoi meriti filosofici era convinto anche F. De Sanctis, che, divenuto ministro della Pubblica Istruzione, gli affidò l'incarico di curare la pubblicazione delle opere del Bruno. Dato inizio al lavoro, il F. si arrestò dopo la pubblicazione del primo volume (I. Bruni Nolani, Opera Latine conscripta..., I-II, Napoli 1879-80), per l'impossibilità di ottenere alcune opere del filosofo custodite nella Biblioteca imperiale di Pietroburgo.
Si era adoperato perché il re intervenisse direttamente presso l'imperatore Alessandro, ma con le dimissioni del De Sanctis si dissolse anche questa possibilità. Il lavoro proseguì comunque sotto la direzione di V. Imbriani e C.M. Tallarigo.
Negli anni che seguirono la pubblicazione del saggio sul Telesio si era dedicato alla storiografia filosofica, approfondendo lo studio su F. Petrarca e altri autori minori. La polemica con i pensatori toscani di orientamento spiritualistico, che potevano contare su La Nuova Antologia, convinse il F. e gli altri a dotarsi di un analogo strumento. Nacque così nel capoluogo campano (1872) il Giornale napoletano di filosofia e lettere, diretto da B. Spaventa, da Imbriani e dal F.; interrotta dopo un anno, la rivista riprese nel 1875 con il nuovo titolo di Giornale napoletano di filosofia, lettere, scienze morali e politiche, diretta dal solo Fiorentino. Nel 1875 egli lasciò Napoli per ricoprire a Pisa la cattedra di filosofia teoretica e, per incarico, quella di pedagogia. Con la prolusione del 1876 su Positivismo ed idealismo la sua filosofia conosceva un ulteriore sviluppo; i due sistemi rappresentavano per lui i due poli di una arbitraria e sterile contrapposizione, con l'unico risultato di attaccare qualsiasi tipo di speculazione.
Entrambi hanno in comune, per il F., il disegno di fondare la scienza sopra un unico principio e un unico metodo, ed entrambi negano il principio dell'altro. Al contrario si devono collegare i fatti e le idee in un'unica serie. L'idealismo può essere vuoto, il positivismo può essere cieco, se scompagnati l'uno dall'altro, era la sua conclusione. Affermazioni che hanno fatto parlare di orientamento neokantiano.
Alla rinnovata polemica dell'Acri con la scuola hegeliana di Napoli il F. rispose con lo scritto su La filosofia contemporanea in Italia (Napoli 1876). Acri criticava gli accostamenti operati dal F. tra pensatori italiani e filosofi tedeschi, ritenendoli forzature, e sosteneva l'originalità di ogni pensatore. Il F. replicò ribadendo la necessità di un lavoro approfondito, volto a rintracciare i riferimenti anche nascosti nell'opera di ciascun pensatore, ma anche quella di "colmare quelle lacune a cui l'autore non ha badato". Tra il 1879 e il 1881 vide la luce a Napoli il Manuale di storia della filosofia ad uso dei licei, segnalatosi a lungo per la completezza.
Nel 1880, spinto anche da polemiche interne all'ateneo pisano, fece ritomo a Napoli per occupare, tre anni più tardi, la cattedra che era stata dello Spaventa. Coadiuvato dal Tallarigo nella direzione del Giornale napoletano, riprese in mano gli studi sul Bruno. La riapertura di un bando di concorso dell'Accademia dei Lincei lo spinse a dedicarsi con maggiore organicità alla filosofia del Quattrocento. E mentre lavorava a un'opera, il cui titolo avrebbe dovuto essere Risorgimento filosofico nel Quattrocento (uscita postuma nel 1885 a Napoli, a cura di V. Imbriani), colto da malore, morì a Napoli il 22 dic. 1884.
Altri scritti del F.: Prolusione al corso di storia della filosofia (Bologna, 15 nov. 1862), in G. Gentile, Frammenti di storia della filosofia, s. I, Lanciano 1926; E. Kant ed il mondo moderno (prolusione letta a Bologna nov. 1864), in Civiltà italiana (Firenze), 1865, t. I, pp. 1-3, 17-19, 33-37; Lettere sopra la Scienza nuova, ibid., 2° trimestre, nn. 1-2, 5, 7, 11-12; Del positivismo e del platonismo in Italia, in Riv. bolognese di scienze e lettere, I(1867), pp. 42-51, 135-156; Religione e filosofia, ibid., pp. 532-552.
Fonti e Bibl.: E. Di Carlo, Relazione tra V. Cousin e F. F., in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, V (1935), pp. 79-83; Lettere di F. F. a Silvio Spaventa sullo Stato moderno, in A. C. De Meis - F. Fiorentino, I problemi dello Stato moderno, a cura di F. Battaglia, Bologna 1947; L. Franco, Lettere di F. F. ad E. Capalbi, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, XXIV (1955), pp. 55-59, 447-484; M.L. Cicalese, Dai carteggi di P. Villari, Roma 1984, ad Indicem; L. Ferri, Necrol. di F. F., in Rend. dell'Accademia dei Lincei, classe di sc. storiche, s. 4, 1 (1884-1885), pp. 9699; Onoranze a F. F., in Giornale napol. di filos. e lettere, novissima serie, I (1885), I, pp. 1-112; V. Julia, F. F. filosofo, Cosenza 1885; In memoria di F. F. (numero unico), Catanzaro 1889; G.M. Ferrari, Commemor. di F. F., Torino 1891; Commemor. di F. F., Nicastro 1909; G. Gentile, Le origini della filosofia contemporanea, Messina 1922-23, III, pp. 439-459; Id., Documenti ined. sull'hegelismo napoletano: il primo scolaro di B. Spaventa, in Frammenti di storia della filosofa, Lanciano 1926, pp. 200-236; D. Bosurgi, F. F., in Logos, XV (1932), pp. 278-287, 350-365; F. Zerella, F. F. e la sua unità spirituale, Benevento 1934; D. Bosurgi, Il pensiero filosofico di F. F. nella storia della sua formazione, in Logos, XVII (1934), pp. 33-44, 130-140, 306-316; XVIII (1935), pp. 117-132; M. Barillari, Il pensiero di F. F., Napoli 1935; Onoranze a F. F. nel cinquantenario della sua morte, I, Cronaca delle onoranze; II, Discorsi ed articoli, a cura del Comitato univers. napoletano, Napoli 1935; A. Renda, Il pensiero di F. E, Catanzaro 1935; R. Mondolfo, Per l'interpretazione di F. F., in Arch. di storia della filosolia ital., VI (1937), pp. 32 s.; M. Galluppi, Francesco Acri e le sue relazioni con F. F. e mons. Agostino Tagliaferri, in Samnium, XII (1939), pp. 72-81, 178-185; XIII (1940), pp. 44-52; XIV (1941), pp. 71-82; XV (1942), pp. 32-41; C. Alliney, I pensatori della seconda metà del XIX sec., Milano 1942, pp. 115-117; R. Mondolfo, F. F. nel quarantennio della morte, in Da Ardigò a Gramsci, Milano 1962, pp. 45-97; L. Malusa, La storiografia filosofica ital. nella seconda metà dell'Ottocento, Milano 1977, ad Indicem; E. Garin, Storia della filosofia ital., Torino 1978, ad Indicem; N. Siciliani De Cumis, Il Vico di F. F., Napoli 1979; Ist. ital. per gli studi filosofici e Bibl. naz. di Napoli, Gli hegeliani di Napoli..., Napoli 1987, passim; A. Bagnato, F. F. e la nuova storiografia filosofica italiana…, in Incontri meridionali, n. 3, 1992, pp. 319-332.