FLORIO, Francesco
Nacque a Udine l'8 genn. 1705 dal conte Sebastiano e da Lavinia Antonini dei conti di Saciletto. Compiuti i primi studi nelle scuole dei barnabiti di Udine (per i quali conserverà sempre sentimenti di gratitudine e che beneficherà con generose donazioni), il F. seguì poi i corsi del locale seminario, nell'ambito del quale a diciotto anni tenne una pubblica disputa di filosofia che attirò su di lui l'attenzione del patriarca d'Aquileia Dionigi Dolfin, che lo spinse ad abbracciare lo stato ecclesiastico (1724). Nel 1726passò all'università di Padova, dove raggiunse una perfetta conoscenza delle lettere greche sotto D. Lazzarini, laureandosi in utroque iure nel 1730. Il 21 dic. 1727 era stato ordinato sacerdote dal Dolfin, che lo fece eleggere canonico teologo del capitolo di Aquileia. Nel 1732era però nuovamente a Padova per ricevervi dalle mani di G. Serry, del quale divenne amicissimo, la laurea in sacra teologia.
Rientrato in Friuli, per un certo tempo si dedicò allo studio e alla traduzione dei testi originali di Origene, Clemente Alessandrino, Eusebio di Cesarea, Tertulliano, s. Cipriano, s. Ambrogio e Rufino d'Aquileia, portando contemporaneamente avanti ricerche e studi sulle antichità d'Aquileia e del suo patriarcato. Ma furono proprio questioni pratiche relative a questo che vennero ad impegnarlo altrimenti: infatti la giurisdizione della diocesi, che si estendeva sia sul territorio della Repubblica veneta sia su quello dell'Impero, era sempre stata causa di controversie, finché nel 1733due editti cesarei, che pretendevano d'imporre novità nella gestione del capitolo di cui il F. era membro, vennero a rompere il già precario equilibrio. Il 30 dicembre i canonici implorarono la protezione della Serenissima, subito accordata: il F. con un collega fu inviato a Vienna per intavolare negoziati, che ebbero inizio il 23 genn. 1734, con risultati assai soddisfacenti, visto che le misure austriache vennero annullate. Nel 1736, in compagnia del fratello Daniele, il quale già era stato con lui a Vienna, si recò in missione a Roma per conto del patriarca Daniele Dolfin, nipote di Dionigi, di cui era ormai il fiduciario. Qui frequentò assiduamente i maggiori esponenti della cultura romana, e specialmente il P. G. Bianchini dell'Oratorio, col quale rimase in corrispondenza. Nel 1740 il Dolfin lo incaricò di concludere il sinodo diocesano da lui indetto, per la quale occasione il F. pubblicò l'Oratio in dimittenda Synodo Aquilejensi... Utini celebrata ... (inserita in Constitutiones synodales, Utini 1741, pp. 172-88). Nel maggio 1748, in compagnia del canonico A. di Montegnacco, partì di nuovo per Roma, questa volta per sostenervi i diritti della "città e ceto nobile" di Udine nei riguardi dell'Ordine di Malta.
Era accaduto che l'altro fratello del F., Filippo, si fosse visto respingere dal priorato di Venezia della venerabile lingua d'Italia dell'Ordine la documentata petizione che aveva presentato per essere ammesso cavaliere di giustizia, con la motivazione che l'appartenenza al Consiglio nobile di Udine (al quale i Florio, anche se di non gloriosa origine, erano iscritti dal 1518) non offriva sufficienti garanzie di purezza. A Roma il F. ed il Montegnacco si appellarono a Benedetto XIV, che rimise la questione al Consiglio dell'Ordine. Fu tirato in ballo per un parere perfino L.A. Muratori (C.G. Mor, Un parere inedito del Muratori sulla nobiltà dalla città di Udine, Modena 1949, e lettera del Muratori al F., 13 nov. 1749, in Arch. Florio di Udine). La decisione fu favorevole ai ricorrenti e il prestigio del F. se ne avvantaggiò, anche se il Montegnacco cercò di attribuirsi il merito del successo.
A Roma il F. fece nuove conoscenze che, come quelle con mons. G. Garampi e con il domenicano G.A. Orsi, entrambi poi cardinali, divennero vere e durature amicizie; collaborò anche utilmente con P. Ballerini, distaccato dalla Serenissima presso l'ambasciata a Roma per seguire la questione del patriarcato d'Aquileia.
Per Aquileia il F. si batté con tutte le sue forze, ma invano, ché la bolla di soppressione fu emessa il 6 luglio 1751, con la nomina di un vicario apostolico che provvedesse alla spartizione del territorio fra le nuove diocesi di Udine, veneta, e di Gorizia, austriaca, entrambe arcivescovili e metropolitane, istituite dalla bolla 18 apr. 1752. In questa trasformazione il F., già canonico teologo del soppresso capitolo aquileiese, fu nominato primicerio di quello creato a Udine.
Nel gennaio 1758 egli intraprese un terzo viaggio a Roma, questa volta su incarico del Senato veneto.
Negli anni immediatamente precedenti si era manifestato a Venezia un forte movimento giurisdizionalista, sostenuto da alcuni degli uomini più influenti della Repubblica, quali A. Tron, P. Renier, P. Barbarigo, capeggiato e teorizzato da A. di Montegnacco, già compagno del F. a Roma, movimento sfociato nel decreto senatorio del 7 sett. 1754 che introduceva misure molto drastiche contro i privilegi ecclesiastici, generando in tal modo una pericolosa tensione con la S. Sede. Il F., del quale esiste nell'Arch. Florio di Udine una fitta corrispondenza col Montegnacco sull'argomento, lasciava trapelare di non essere d'accordo con le tesi di quello, creando una irreversibile divergenza di opinioni fra loro. A Roma, dopo lunghe trattative, si giunse ad una sospensione del decreto per quattro mesi. Il 30 marzo ripresero le conferenze, di cui il F. fu magna pars: la morte di Benedetto XIV nel maggio e l'avvento di Clemente XIII risolsero molti problemi, onde il 6 luglio il decreto fu revocato, anche se negli anni seguenti la politica veneziana continuò nella stessa direzione, spingendo il F. ad assumere posizioni di forte opposizione.
Nel 1766 il nuovo arcivescovo G.G. Gradenigo lo nominò vicario generale dell'arcidiocesi di Udine: lo rimarrà per ventisei anni, anche sotto N. Sagredo, divenendo la guida e il punto di riferimento di gran parte del clero friulano. Ai primi di marzo dello stesso anno Clemente XIII gli annunciò di averlo elevato alla sede vescovile di Adria e Rovigo, ma egli presentò immediatamente vive istanze per esserne esentato, adducendo motivi di salute e ricorrendo ai buoni uffici di alcuni cardinali amici (G.V. Ganganelli, C. Rezzonico), onde il papa si decise a dispensarlo, con lettera del card. A. Negroni del 6 apr. 1766.
Le vere ragioni di tale rinuncia vanno forse ricercate, come alcuni vollero, nei gravi problemi che il governo di quella diocesi presentava in quegli anni ("imbrogli che hanno dato disturbo a più vescovi"), ma più ancora nel suo timore di dover, come la maggior parte dei vescovi veneti, asservirsi completamente alla Repubblica in opposizione alla S. Sede, cosa incompatibile con le sue convinzioni.
Il 13 marzo 1782 Pio VI, in viaggio verso Vienna, ospitato in Udine a palazzo Antonini, si incontrò con il F., dimostrandogli stima (nel 1858 a Udine uscirà postuma una Descrizione inedita del passaggio di S.S. Pio VI ...). Nel 1786, nella sua veste di vicario generale, il F. aveva portato a termine un lavoro richiestogli dall'arcivescovo, che si conserva manoscritto, Sullo stato dell'arcidiocesi di Udine (in Bibl. comunale di Udine, ms. XXVII-938). Negli ultimi anni il F. venne a contrasto con l'arcivescovo N. Sagredo, per motivi a noi ignoti; il 9 giugno 1790 gli scrisse pregandolo di "voler destinare altro soggetto al titolo di Vicario Generale" (Arch. Florio di Udine, lettere Dolfin - Gradenigo - Sagredo al Florio). Tuttavia tali dimissioni non vennero accettate, perché egli rimase in carica fino alla morte, che lo colse a Udine, alla presenza di A. Cortenovis, il 16 marzo 1792.
Solo una parte degli scritti del F. venne pubblicata da lui, mentre un'altra, e cospicua, vide la luce postuma. Il primo lavoro in cui risulta essersi cimentato furono gli statuti dell'Accademia fondata a Udine nel 1731 dal patriarca Dionigi Dolfin: in quell'occasione egli pronunciò il discorso inaugurale (Discorso sopra l'Immacolata Concezione..., poi pubblicato nella raccolta postuma più avanti illustrata) e nel 1747, quando il patriarca Daniele Dolfin ricostituì l'Accademia, ne fu direttore. Fu anche membro dell'Arcadia col nome di Poliandro Ecalio (l'Onomasticon degli Arcadi reca Paliendro) e della Colombaria di Firenze con quello di Dotato. Per quest'ultima pubblicò Sopra il deposito di Gastone patriarca di Aquileia sepolto nella chiesa di S. Croce di Firenze (in Memorie di varia erudizione della Società Colombaria..., II, Livorno 1752, pp. 43-102). Nel 1748 a Roma diede alle stampe un'opera di grande respiro ed erudizione, frutto di anni di ricerche, su un teologo spagnolo del V secolo, Bacchiarii monachi opuscula de fide, et de reparatione lapsi ad codices Bibliothecae Ambrosianae, nec non adpriores editiones..., che gli meritò grandi lodi dagli studiosi, fra cui il Gori e il Muratori, e un elogio da Benedetto XIV. Negli anni successivi si trovò coinvolto in una controversia storico-paleografica con i fratelli Gerolamo e Pietro Ballerini a proposito dell'autenticità (da lui sostenuta) di tre antichi documenti veronesi relativi al capitolo della cattedrale di Verona, già pubblicati da F. Ughelli; egli sostenne le sue tesi con Dissertazioni due de' privilegi ed esenzioni..., Roma 1754, e con Nuova difesa dei tre documenti veronesi, ibid. 1755. Seguirono una Vita del beato Bertrando patriarca d'Aquileia co. Gian Domenico Bertoli, inserita nel vol. 11, 2, pp. 919 ss., di Scrittori d'Italia di G.M. Mazzuchelli. Nel 1766 a Venezia (con ristampa nel 1768) pubblicò un'opera di grande importanza per definire le sue posizioni politiche: Le mani morte ossia Lettera all'autore del ragionamento intorno ai beni posseduti dalle chiese, in cui, in vivace polemica con il suo antico collega Montegnacco, sostiene con abilità e con la solita erudizione un antigiurisdizionalismo senza incrinature, generalmente condiviso dall'ambiente colto udinese. Nel 1774 apparve la prima di numerose biografie elogiative cui si dedicherà negli anni, l'Elogio del conte Francesco Beretta patrizio udinese (premesso all'opera postuma di quello, Scisma dei Tre Capitoli, Venezia), cui seguirono Elogio di monsignor Francesco Trento… Udine 1787, Elogio del conte Daniele Florio, ibid. 1790, commosso ricordo del fratello; Jacopus Belgradus S.I. (inserito in Fitae italorum ... di A. Fabroni, XVII, Pisis 1798, pp. 326-368) e Memorie del conte Sebastiano Florio proposte per esemplare ai nipoti... (Udine 1885, per nozze De Concina - Florio), in cui delinea la figura del padre. Vanno ancora ricordate: De martyribus lugdunensibus dissertatio. Accedit altera de Iesu Christi divinitate contra auctorem lexici..., Bononiae 1779; De sancto Gregorio Illiberitano libelli de fide auctore, nec non de sanctis Hilario, et Hieronymo Origenis interpretibus dissertationes, ibid. 1789. Di grande rilievo alcune delle opere pubblicate postume, quali: De quodam Hegesippi fragmento et de nonnullis ss. Patrum mendose hactenus editis, ac nunc primum emendatis opuscula duo postuma, ibid. 1793, che doveva esser parte di una grande opera su Rufino di cui si parla in Memorie per servire la storia letteraria, XX, Venezia 1793, pp. 173-76; Osservazioni sopra il libro di mr. Holland- Réflexions philosophiques sur le système de la nature, Londres 1772, Udine 1798, un saggio apologetico; Discorsi alle sacre vergini, pubblicati nell'entrare che fa nel nobile collegio delle signore dimesse di questa città la nobile signora c.ssa Vittoria Florio pronipote dell'autore, ibid. 1805, ponderoso trattato di divulgazione teologica; viene poi la maggiore delle pubblicazioni postume, Dissertazioni accademiche ed altri opuscoli inediti..., con la vita del medesimo scritta da mons. Angelo Fabroni trasportata in italiano ed arricchita di note dal P. don Carlo Maria Narducci barnabita, Roma 1816; le ultime cose che siano state pubblicate sono Lettera a Giandomenico Bertoli (2 apr. 1746), in Lettere inedite quattro, per nozze Gattorno-De Rocco, San Vito 1836, pp. 7-12, e Florio e Muratori. Lettere due per nozze Florio - Ciconi Beltrame, Udine 1898. Dall'esame complessivo di tali opere e dei carteggi si evidenzia, oltre il già segnalato atteggiamento contro il giurisdizionalismo, una fiera presa di posizione avversa alle "libertà gallicane", che rivela una straordinaria conoscenza degli autori francesi. Contrario al rigorismo in morale, mostrò una decisa simpatia per la Compagnia di Gesù, e visse con dolore le vicende della soppressione, assumendo (ma solo nella corrispondenza privata) una posizione critica.
Le opere inedite compiute del F. sono diciotto e si trovano elencate alle pp. 100-105 del lavoro di R. Nogaro. Innumerevoli manoscritti del F., o a lui pertinenti, sono così distribuiti: Arch. di Stato di Udine, Arch. Florio, buste 7, 10, 41, 42, 43, 44, 45, 47, 59, 60, 62, 70, 73, 76, 77, 92; Udine, Arch. Florio, per lo più lettere al F. senza precisa catalogazione, contrassegnate dal nome o dalla categoria dei mittenti (fra esse alcune del Metastasio, particolarm. elogiativa quella del 6 ott. 1771); Ibid., Arch. capitolare, Fondo Bini, lettere di varia erudizione, buste IV, XXIV, XXX; Ibid., Biblioteca comunale V. Joppi, mss. 470, 605, 649, 933, e Fondo Joppi, ms. 238; Persereano di Pavia di Udine, Arch. Florio, lettere e minute varie, fra cui importanti quelle al can. G.D. Bertoli, dal 1732 al 1762; Udine, Bibl. arcivesc., mss. 160, 364, 401 c. 71, 500.
Fonti e Bibl.: Necr. in Notizie del mondo, 24 marzo 1792, p. 190; Nuova Raccolta d'opuscoli..., XXVII (1742), pp. 61-157; XXVIII (1743), p. 24; A.F. Gori, Symbolae litterariae..., II, Florentiae 1748, pp. 47-92; Novelle letterarie… XV (1754), col. 514; n.s., XVIII (1787), coll. 357 s.; G.G. Liruti, Notizie della vita e delle opere scritte dai letterati del Friuli, I, Venezia 1760; II, ibid. 1762; III, Udine 1781; IV, Venezia 1830, ad Indices; G. Sbruglia, Elogio di mons. F. F., preposito, Udine 1787; P. Braida, Orazione in morte di mons. F. F., Bassano 1792; A. Fabroni, Francisci et Danielis Floriorum fratrum vitae, Florentiae 1795(estratto da Vitae Italorum..., XVI, Pisis 1795, pp. 27-117, dove alle pp. 107-109 sono elencate le opere edite del F., e a 110 s. le inedite); G. Gamba, Galleria dei letterati ed artisti più illustri delle provincie austro-venete che fiorirono nel sec.XVIII, Venezia 1822, pp. 39, 156s. (con ritratto); F. Mander - F. Blasich, Serie cronologica dei vicari generali di Aquileia e di Udine, Udine 1883, p. 21; Lettere di A. Zanon sull'agricoltura dirette a mons. F...., Udine 1884; F. di Manzano, Cenni biografici de' letterati ed artisti friulani, Udine 1885, pp. 89 ss.; G. De Renaldis, Memorie storiche dei tre ultimi secoli del patriarcato d'Aquileia (1411-1751), Udine 1888, pp. 484 ss.; C. Del Negro, Accademia di scienze eretta in Udine dal patriarca D. Delfino, Udine 1893; D. Fiorot, Nota sul giansenismo veneto nei primi decenni del sec. XVIII, in Nuova Riv. stor., XXXV (1951), pp. 199-226; R. Nogaro, F. F. nell'ambiente friulano del Settecento, Udine 1966(con ritratto; alle pp. 11-24 fonti e bibliografia; pp. 86-94, elenco delle opere edite in vita; pp. 95-100, opere edite postume; pp. 100-105, opere inedite); Gli Arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, a cura di A.M. Giorgetti Vichi, Roma 1977, pp. 205, 322; L. Cargnelutti, Antonio Zanon e la famiglia Florio, in Metodi e ricerche, n.s., XI (1992), I, pp. 79-114; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti..., III, pp. 215 ss. (sulla biblioteca di palazzo Florio; cfr. anche i voll. XLVI, XLIX, LXXVIII, ad Indices); C. von Wurzbach. Biographisches Lexikon..., IV, pp. 268 s.