FONTANESI, Francesco
Nacque a Reggio Emilia il 4 ott. 1751 da Giovanni e Chiara Prati. Compì i primi studi sotto la guida dello scenografo G. Bazzani e di P. Zanichelli, pittore di prospettiva; allo stesso tempo conobbe l'opera di F. Galli Bibiena, più volte attivo a Reggio nella prima metà del Settecento, nonché quella dello scenografo A. Paglia (Pigozzi, 1988, pp. 9, 33, cui si rimanda per le notizie bio-bibliografiche).
Nel 1770 realizzò il progetto per la mascherata Il trionfo della pace rappresentata a Reggio e, due anni dopo, lavorando in collaborazione con i pittori G.B. Fassetti, F. Bartoli e A. Recalcati, eseguì le scene dell'Astratto, ovvero Il giocator fortunato, dramma giocoso per musica di N. Piccinni allestito presso il teatro del Pubblico.
Tra il 1772 e il 1773 fu a Bologna dove, presso l'Accademia Clementina, seguì le lezioni di G. Civoli, disegnatore di architettura teatrale, e di V.M. Bigari, scenografo e quadraturista, e in breve tempo s'impossessò degli stilemi neoclassici che la scuola bolognese, con a capo A. Basoli, prediligeva. Rientrato a Reggio Emilia, nel 1774 eseguì la finta cupola della chiesa dei SS. Nazario e Celso. Entrato a far parte dell'Accademia degli Ipocondriaci, il 21giugno 1775 vi tenne la sua prima comunicazione, dal titolo Architettura civile. Dell'ornato (Reggio Emilia, Biblioteca municipale, ms. D. 164).
Qui il F. mostrò di prediligere l'ordine dorico, per l'architettura in generale e, in special modo, per la costruzione dei teatri; quanto all'ornamentazione, rifiutò quella ridondante di tipo rococò per una più lineare e funzionale all'oggetto decorato.
Nel 1776 il F., "pittore teatrale" del duca di Modena (Pigozzi, 1988, p. 33), fu nominato accademico d'onore dell'Accademia Clementina di Bologna. Nello stesso anno tenne la sua seconda comunicazione all'Accademia degli Ipocondriaci sulle Vite de' pittori reggiani. Sempre nel 1776, ancora per il teatro del Pubblico di Reggio, disegnò le scene della Principessa di Tingi e di Janis e Almansi, o sia La costanza vince ogni ostacolo, due balli di P. Franchi: dopo questa stagione i balletti divennero costanti negli allestimenti reggiani, nonché nella produzione scenografica del Fontanesi.
Nel 1781, nominato cavaliere dal duca Ercole III, disegnò le scene per Foresto, azione scenica con balli ed esercizi cavallereschi allestita presso il teatro del collegio S. Carlo a Modena. L'anno seguente si trovò a Parma durante l'allestimento dell'Alessandro e Timoteo, di A. Sarti, e si interessò alle scene disegnate da P. Gonzaga, del quale divenne amico.
Del Gonzaga lo colpirono l'uso di netti contrasti tra chiaro e scuro e l'impiego delle ombre e della luce, ottimi strumenti per fornire una diversa profondità alla scena, che risultava così semplificata: limitata in profondità, incorniciata da quinte sia architettoniche che arboree, era interamente concentrata verso il proscenio; tale impostazione scenografica, che venne seguita dal F., mirava ad ottenere l'illusione della profondità.
Tra il 1783 e il 1786 il F. fu attivo presso il teatro del Pubblico di Reggio Emilia. Nel 1786 lavorò per il teatro La Pergola di Firenze, disegnando le scene per Ifigenia in Tauride, dramma per musica di A. Tarchi, e per il ballo di F. Clerico L'incendio di Troia. L'anno seguente fu impegnato come scenografo a Roma per il teatro Alibert: realizzò le scene per l'Alessandro delle Indie di P. Metastasio e per Melite riconosciuta, dramma per musica di A. Tarchi. Nell'autunno del 1787 si trasferì a Venezia ove rimase fino al 1792, senza per questo interrompere i suoi rapporti con Reggio Emilia. Iniziò la sua attività di scenografo presso il teatro Venier in S. Benedetto realizzando le scene per l'Ademira (1787), dramma per musica in tre atti di A. Tarchi.
Nel 1790 a Livorno, dove si era recato per disegnare le scene dell'opera La morte di Cesare di F. Robuschi, allestita presso il teatro degli Avvalorati, incontrò A. Niccolini, il quale, entusiasta del suo lavoro, cercò di entrare a far parte della sua scuola. Nello stesso anno fu a Brescia per allestire, presso il teatro dell'Accademia degli Erranti, l'Ademira di A. Tarchi e l'Idalide, ossia La vergine del sole di D. Cimarosa.
Sempre nel 1790 fece parte, insieme con B. Buratti e S. Stratico, della commissione giudicatrice che assegnò ad A. Selva l'incarico di edificare il nuovo teatro La Fenice. Il F., inoltre, eseguì la decorazione interna della sala teatrale.
Andata distrutta nel 1808 a causa di un incendio, questa decorazione è nota attraverso un disegno, facente parte di un gruppo di cinque, attribuiti alla mano del F. o a quella di F. Guardi (Arslan, 1955). Il F. decoro ancora il soffitto e dipinse il primo sipario, andato perduto, mentre il secondo venne affidato al Gonzaga.
Il F. disegnò inoltre le scene per I giuochi di Agrigento di G. Paisiello, opera con cui s'inaugurò il nuovo teatro La Fenice il 16 maggio 1792. Nello stesso anno venne esposto il Catafalco in memoria di Angelo Emo che, eseguito su disegno del F. da Antonio Canova, è tutt'ora custodito presso il Museo dell'Arsenale di Venezia. Nel dicembre dello stesso 1792 il F. ricevette da Pietroburgo una lettera del Gonzaga che lo invitava a raggiungerlo per lavorare come scenografo. Il F. non si recò in Russia e si trasferì invece a Milano, ove collaborò come scenografo al teatro alla Scala lavorando per le opere Cinna, di A. Prati, nel dicembre del 1792, ed Egilina, di G.B. Borghi, nel gennaio del 1793.
Negli ultimi anni della sua vita il F. alternò la sua attività tra Reggio e Modena. Nel 1793 però si recò in Germania perché chiamato a decorare il teatro di Francoforte e nel gennaio del 1795 fu invitato a lavorare per il teatro Haymarket di Undra, ma non vi andò. Nello stesso anno fu a Barga, presso il teatro degli Accademici Differenti, dove fu impegnato sia come pittore decoratore sia come scenografo.
Il F. morì a Reggio Emilia l'8 ott. 1795.
L'ultima scenografia del F. venne allestita postuma l'anno seguente presso il teatro del Pubblico della sua città, per La molinara ossia L'amor in contrasto, dramma giocoso per musica di G. Paisiello. L'eredità dei suoi insegnamenti fu raccolta dagli allievi C. Carnevali e G. Lucini; inoltre dai suoi disegni i pittori E. Montavoci e F. Rocca trassero un album (Raccolta di scene teatrali dei più celebri autori moderni, Bologna 1806) che contribuì alla diffusione del nuovo impiego della luce sulla scena.
Dalla collezione dei figli Saverio e Ignazio provengono i disegni del F. custoditi a Reggio Emilia presso la Biblioteca municipale, i Civici Musei e l'istituto d'arte "G. Chierici".
Fonti e Bibl.: Del cavaliere F. F., in Notizie biografiche... in continuazione del cav. abate Girolamo Tiraboschi, Reggio Emilia 1833, I, pp. 179-228; E. Arslan, Gli ultimi disegni noti di Francesco Guardi, in Commentari, VI (1955), pp. 127-131 passim; L'arte del Settecento emiliano. Architettura, scenografia, pittura di paesaggio (catal.), Bologna 1980, pp. 200-203, 259 s., tavv. 257-261; Il teatro Grande di Brescia, Brescia 1986, pp. 32, 36; M. Brusatin - G. Pavanello, Il teatro La Fenice..., Venezia 1987, pp. 33, 35, 71, 90, 97, 132, 135 s., 148-189, passim; M. Pigozzi, Disegni di decorazione e di scenografia nelle collezioni pubbliche reggiane, Reggio Emilia 1984, pp. 12-14, 32-39, tavv. 97, 139; Id., in F. F. 1751-1795. Scenografia e decorazione nella seconda metà del '700 (catal., Reggio Emilia), a cura di M. Pigozzi, Bologna 1988, pp. 9-46 (con bibl.); M. Viale Ferrero, La spettacolarità, in Storia dell'opera italiana, Torino 1988, V, pp. 85, 87; S. Zatti, in Settecento lombardo (catal.), Milano 1991, p. 471; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 189; Enciclopedia dello spettacolo, V, pp. 504s.