FOSCARI, Francesco (detto Franzi)
detto Franzi Nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Simeon Piccolo, nel 1356, figlio di secondo letto di Giovanni del cavaliere Nicolò, e di Franceschina, a sua volta vedova di un Michiel.
Nulla sappiamo della giovinezza del F., se non che nel 1386 risulta fidanzato con una greca la cui famiglia aveva origini albanesi, Sterina (o Statira) Bua Spatas, figlia di Sguros di Giovanni, despota di Lepanto (Naupaktos). Le nozze - prova non dubbia dei forti interessi che allora i Foscari avevano nella mercatura col Levante - furono tuttavia celebrate solo il 7 luglio 1395; da Sterina il F., che dopo il matrimonio trasportò la sua residenza nella parrocchia di S. Aponal, ebbe in dote 11.000 perperi ed in più il castello di Dragomeston, dove forse soggiornò qualche tempo; si impadronì poi di questa terra Carlo Tocco, signore di Cefalonia, mentre Lepanto, dopo un primo tentativo esperito nel 1402, fu brutalmente conquistata e annessa allo Stato "da mar" proprio dal Comune veneziano, nel 1407. Tramontate dunque le ambizioni connesse con il possesso di un feudo in Grecia e con prestigiose parentele, al F. non rimasero che l'oro portatogli da Sterina e i numerosi figli ch'essa gli assicurò ben presto. Occupato in questioni familiari, il F. non si accostò subito alla politica; nel 1395 è comunque capo di sestiere, l'11 nov. '97 come podestà di Noale ottiene dai savi del Consiglio di poter spendere 400 lire di piccoli per il restauro della rocca; due anni più tardi fu tra i Signori di notte. Podestaria a parte, le cariche urbane facevano parte dei servizi di sicurezza e della giurisdizione di prima istanza; un salto qualitativo si registra invece a partire dall'anno 1400, allorché il F. venne eletto savio agli Ordini per il semestre luglio-dicembre. L'esperienza nell'occasione acquisita sulle questioni relative allo Stato "da mar" fu verosimilmente alla base di una sua missione a Zara (l'elezione è del 6 luglio 1401), per mediare sui diritti relativi a certe saline, rivendicati dalla Comunità dell'isola di Pago.
Il 22 febbr. 1403 la madre Franceschina testava, lasciando il F. suo commissario ed erede di redditizi immobili a Venezia; era dunque sufficientemente dotato per assumere il carico di impegnative ambascerie: il 20 maggio 1404 fu inviato a Bologna, dove - in accordo con Bartolomeo Nani, che già si trovava nella città emiliana - avrebbe dovuto dirimere certe controversie che opponevano il cardinal vicario Baldassarre Cossa agli Estensi; un mese dopo (26 giugno) vennero inviate ulteriori istruzioni al F., che intorno al 20 agosto dovette rientrare a Venezia per qualche giorno, onde ricevere nuovi chiarimenti. Ripartì per Bologna a fine mese, per rimanervi sino agli inizi del 1405: nel frattempo era stato elevato al soglio pontificio Innocenzo VII, cui Venezia - tramite il F. - promise il proprio appoggio contro l'antipapa Benedetto XIII.
Richiamato da Bologna il 2 genn. 1405 per assumere la carica di consigliere ducale (nella legazione gli subentrò Fantino Dandolo), il 5 maggio dello stesso anno fu autore della tremenda "parte" contro i Veronesi assediati dalle truppe veneziane, ai quali si intimava un ultimatum risolutivo, sotto pena del saccheggio della città.
Qualche giorno dopo (12 maggio 1405) il F. veniva eletto capitano in Polesine, ma riuscì a sottrarsi a una disagevole permanenza fra i soldati "propter aliquod impedimentum persone, satis omnibus manifestum". La mancata partecipazione a una diretta gestione degli eventi bellici non gli impedì, tuttavia, di proporsi ancora una volta quale campione di risolutezza contro Verona, che proprio non voleva saperne di arrendersi all'esercito marciano; e così il 10 giugno proponeva in Senato la confisca dei beni di Giovanni Pellegrini ed Antonio Maffei, "propter quos principaliter Veronenses perseverant in obstinatione sua, et duritate". Due mesi più tardi, il 13 agosto, era nominato fra i quattro provveditori da inviare a Vicenza, per affiancare il rettore nella struttura da conferire alla Camera fiscale; l'incarico fu espletato nel breve giro di un paio di settimane, giacché il F. era nuovamente a Venezia il 5 settembre di quello stesso 1405, come savio alla Guerra, ed in tale veste il 15 settembre venne incaricato di mediare tra il cardinal legato di Bologna, Bartolomeo Raimondi, ed il rappresentante fiorentino Rinaldo Albizzi; dopo di che fu nominato podestà e capitano di Feltre. Nella cittadina il F. si trattenne poco più di un anno, verosimilmente impegnato in una quantità di incombenze derivanti dalla recente annessione di quel territorio allo Stato marciano.
Il 18 marzo 1407 era già rimpatriato, poiché in quel giorno rifiutava "pro eundo extra" un'ambasceria presso il nuovo giovane marchese di Mantova, Giovanni Francesco Gonzaga; non sappiamo dove precisamente il F. avesse in animo di recarsi, allontanandosi dalla sua città: certo è possibile collegare il dato con l'imminente conquista veneziana di Lepanto (27 maggio 1407), affidata al comandante in Golfo Fantino Michiel, anche se i tempi non sembrano collimare: il 3 giugno il F. era infatti già a palazzo ducale, quale testimone del patto d'amicizia tra il Comune ed i signori di Arco, nel Trentino; in seguito, il 9 luglio proponeva l'invio di truppe a Corone, nel Peloponneso, nella veste di consigliere ducale, carica che tenne quantomeno sino alla fine del 1407. In seguito il F. entrava giudice di Petizion ed alla fine del 1408 assumeva il capitanato di Vicenza, che nella seconda metà di marzo dell'anno successivo doveva interrompere per qualche giorno, onde giustificarsi a Venezia da un'accusa di estorsione relativa al precedente ufficio. La vicenda non ebbe tuttavia ripercussioni negative nella carriera del F., il quale anzi, rientrato nella sede vicentina, il 26 giugno 1409 otteneva dal Senato i fondi per procedere al restauro del palazzo pretorio.
Al termine del mandato, il 1° ott. 1409 entrava a far parte del Consiglio dei dieci, ma nel giugno 1410 lasciava l'alta carica per assumere quella di auditore delle Sentenze, che tenne sino al luglio dell'anno successivo, allorché dovette lasciare Venezia per recarsi duca a Candia; nell'isola greca il F. rimase circa un anno e mezzo e forse neppure stavolta la sua condotta fu esente da sospetti se, il 13 febbr. 1413, per ordine del Senato gli venivano sequestrati denari inviatigli "a cambio" dalla Camera fiscale cretese. In agosto entrava comunque a far parte di nuovo del Consiglio dei dieci, svolgendovi le funzioni di inquisitore. Il F. lasciò la magistratura alla fine del febbraio 1414, quando compare eletto tra i savi "ad scansandum expensas". Nel frattempo la tregua che Venezia aveva precedentemente stipulato con Sigismondo di Lussemburgo appariva precaria, e questo spinse il governo marciano a rafforzare il dispositivo militare: pertanto il F., insieme con il collega Lorenzo Bragadin, fu incaricato di recarsi a Padova, Vicenza e Verona per riscuotere gli arretrati dei quali le Camere andavano debitrici. Prima di intraprendere questo itinerario - che risulta concluso il 27 apr. 1414 - era stato chiamato a far parte di un'ambasceria al re di Napoli, Ladislao, ma la morte di quest'ultimo avrebbe poi impedito che la missione avesse luogo.
Il 1° ottobre dello stesso anno il F. entrava nuovamente nel Consiglio dei dieci, che lo nominava inquisitore; il suo nome ricompare poi il 16 giugno 1417 tra gli avogadori di Comun, allorché insieme con il collega Bulgaro Vitturi pose sotto accusa gli ufficiali alle Rason Vecchie, a motivo di una sentenza contestata; rimase a lungo nell'Avogaria, sino alla fine del febbraio '19: in questa veste, l'11 maggio 1418 era stato eletto membro del Collegio contro i sodomiti, collegio istituito, nel quadro di un maggior controllo dell'ordine pubblico, per reprimere tale pratica.
Ancora savio alla Guerra per un breve periodo (marzo-giugno 1419), quindi consigliere ducale per il solo semestre luglio-dicembre, nuovamente savio alla Guerra dal gennaio al settembre 1420 e - con la mutata denominazione di savio di Terraferma - dal gennaio al giugno '21 e dal luglio all'ottobre '22, fu anche capitano a Verona nei mesi compresi tra il luglio '21 ed il giugno '22.
Tranne questo rettorato, l'attività del F. in questi anni così intensi fu dedicata essenzialmente alla conduzione della politica estera nel settore militare: Venezia si era allora impadronita del Friuli e si apprestava a volgersi ad occidente, a valicare le "colonne d'Ercole" del Mincio e del Garda per lanciarsi nella pianura lombarda. Sarebbe stato Francesco Foscari, suo nipote, il protagonista di questa esaltante e drammatica stagione, e sarebbe toccato proprio al F., quale membro anziano o vicedoge (era stato eletto consigliere ducale all'inizio del 1423), il trionfo di porgergli il camauro il 15 apr. 1423: alla suprema carica dello Stato saliva un rappresentante della sua famiglia, il figlio nato da un suo fratellastro ed allo stesso tempo, quasi incredibilmente, da una sua sorellastra.
In seguito, in base alla legge, il F. non poté più far parte del Minor Consiglio; qualche mese dopo fu eletto luogotenente della Patria del Friuli, dove rimase sino al luglio '24. Due procure rilasciate ai figli Paolo e Filippo, una nel febbraio e l'altra in proprio in luglio, ossia poche settimane prima di lasciare Udine, inducono a pensare che il F. avvertisse ormai vicina la fine. Ritornato a Venezia, vi morì tra il settembre 1424 ed il febbraio 1425.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi…, III, c. 509; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, c. 16rv; Arch. di Stato di Venezia, Archivio Gradenigo rio Marin, b. 333: P. Gradenigo, Lavoro storico cronologico biografico sulla veneta famiglia Foscari, p. 17; Ibid., Avogaria di Comun. Balla d'oro, reg. 162, c. 72r (concerne i figli); sull'amministrazione patrimoniale del F. (con particolar riferimento al feudo di Dragomeston ed all'eredità lasciata dalla moglie Sterina, testatrice il 16 ott. 1428): Ibid., Corporazioni religiose. Scuola di S. Maria del Rosario, b. 29: Commissaria Girardi; Ibid., Archivio Gradenigo rio Marin, b. 89/3. Per la carriera politica: Ibid., Segretario alle Voci. Misti, reg. 13, cc. 5r, 164v; Ibid., Senato. Misti, regg. 44, cc. 77v-78r, 437v; 47, cc. 4r, 25rv, 431v e passim; 48, cc. 57v, 89r, 176r, 183v; Ibid., Senato. Deliberazioni secreta, regg. 1, cc. 8r-9r; 2, cc. 8v, 22r, 44r, 46v, 48r, 76v, 81v, 83v, 108r, 109v-110r, 137r, 139v, 145v, 148r; 3, c. 81v e passim; 4, c. 131r; 5, cc. 178v, 181r, 184r; 7, cc. 70v, 92v, 133r, 138r, 175r, 203v; 8, cc. 4r e passim, 65v, 76r; Ibid., Raccolta delle leggi statutarie del Ser.mo Maggior Consiglio…, XX, cc. 32v, 204r; Ibid., Collegio notatorio, regg. 4, cc. 17r, 21r, 76r, 78r, 81v, 89r, 90r, 98v, 133r, 151r; 5, cc. 78r, 100v, 126v, 186v, 204r; Ibid., Consiglio dei dieci. Misti, reg. 9, cc. 49r, 58r, 62v, 107r, 108r, 112r, 114v, 119r, 141v, 166r, 184v, 194r; C.N. Sathas, Documents inédits relatifs à l'histoire de la Grèce au Moyen-Âge…, II, Paris 1881, pp. 64, 125, 178; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, III, Venezia 1883, pp. 275, 323; VI, ibid. 1903, p. 260; R. Fulin, Gl'inquisitori dei Dieci, in Archivio veneto, II (1871), p. 310; I. Raulich, La caduta dei Carraresi signori di Padova. Con documenti, Padova 1890, p. 67; V. Lazzarini, I Foscari conti e signori feudali, Padova 1895, pp. 11 s., 17; Id., L'acquisto di Lepanto (1407), in Nuovo Archivio veneto, XV (1898), pp. 269 s., 275, 281; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1960, pp. 163, 165; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v., tav. I.