FREDIANI, Francesco (al secolo Domenico)
Nacque il 23 dic. 1804 a Pruno, frazione montana del comune di Stazzema, in Versilia, e fu battezzato col nome di Domenico che muterà in Francesco entrando nell'Ordine francescano. Suo padre, Ermenegildo (ma in realtà si chiamava anch'egli Domenico), in seguito famoso viaggiatore in Oriente e avventuriero, lo abbandonò bambino per seguire prima le guerre napoleoniche e poi altre chimere. La madre, Maria Angela Vangelisti, morì prestissimo, per cui il F. crebbe affidato a una zia materna che viveva nella vicina Pietrasanta, la quale lo mandò a scuola nel locale istituto degli scolopi. Sull'educazione allora ricevuta egli sarà sempre molto critico.
Vestito l'abito dei minori osservanti nel convento di S. Romano di Lucca il 19 febbr. 1823, il F. passò i sei anni successivi seguendo corsi di filosofia e teologia presso quello di S. Francesco nella stessa città. Il 6 genn. 1829 fu ordinato sacerdote e, nel 1831, fu incaricato di insegnare filosofia nel convento dell'Ordine a Prato. Il F., per tre anni, malvolentieri assolse l'incarico, giacché riteneva la filosofia, ancora proposta in latino, di nessuna utilità per i giovani alunni spesso quasi privi della cultura umanistica di base; cosicché preferì passare a insegnare lettere latine e italiane, giovandosi - nell'analizzare la grammatica e la sintassi - della lettura dei grandi classici. Nel 1839 fu istituita in tutte le province dei minori osservanti la cattedra di sacra eloquenza e al F. venne affidato l'insegnamento della nuova disciplina a S. Domenico di Prato dal maggio 1839 al febbraio 1845.
Era quello uno stimolante momento di risveglio culturale nella cittadina toscana, guidato dall'Accademia Pratese, cui il F. fu ascritto, e dal seminario, cosicché anche il convento dei francescani divenne luogo d'incontro e di scambio per un gruppo di persone colte che amavano riunirsi intorno al Frediani. In tal modo egli venne accostandosi con sempre maggior passione alla letteratura italiana, in particolare a quella "del buon secolo della lingua", cioè alle forme classiche del Trecento, fino a divenire esperto in materia di filologia italiana.
Lo dimostrano alcune sue pubblicazioni in quel campo, come il Fiore di poesie liriche (Prato 1845), in cui propone buoni esempi di lingua (da Guittone d'Arezzo a Giacomo Leopardi), illustrandoli con note di storia e linguistica; o Spoglio dell'Ovidio Maggiore (ibid. 1852), analisi delle voci più significative usate da A. Simintendi nel suo volgarizzamento in prosa delle Metamorfosi; o Il libro dell'Ecclesiaste, volgarizzamento del buon secolo ora per la prima volta pubblicato (Napoli 1854); per non parlare di molte fra le sue lettere, che sono vere piccole monografie filologiche, tanto da essere sovente citate nel Dizionario dei sinonimi… di N. Tommaseo, il quale (nella prefazione alla 7ª ed., Milano 1884, p. LVIII) gli rendeva atto dell'importante contributo.
La corrispondenza del F. resta parte fondamentale della sua opera: essa sarà raccolta e pubblicata diciotto anni dopo la sua morte, per interessamento dell'antico amico C. Guasti, segretario perpetuo della Crusca, in Lettere familiari e filologiche del padre F. F.…, a cura di A. Gallicani (Pistoia 1874).
Intorno al 1850 il F. lavorò a una "Biblioteca francescana toscana", che sperava venisse presa ad esempio da tutte le altre province francescane, ma non riuscì mai a condurla a termine. Quando nel 1852 apparve a Parigi Les poètes franciscains en Italie au treizième siècle, egli, entusiasta, scrisse subito all'autore A.F. Ozanam per proporgliene la versione italiana e trovò in P. Fanfani un degno traduttore - che coadiuvò personalmente facendogli inserire nel lavoro i Cantici spirituali di U. Panziera -, onde poté veder la luce I poeti francescani in Italia (Prato 1854), in cui però il nome del F. non figura affatto.
Gli interessi linguistici e l'amore per il suo Ordine lo spinsero a concentrare i suoi studi là dove quei due filoni parevano coincidere, il XIV secolo: nacque così l'idea di un'approfondita ricerca indirizzata a una serie di pubblicazioni critiche di testi serafici di quel periodo, che egli denominò "Biblioteca classica sanfrancescana", e di cui col Guasti concertò i programmi, facendo circolare dal gennaio 1845 "l'avviso tipografico" che prevedeva inizialmente un'antica traduzione della Vita latina di s. Francesco, opera di s. Bonaventura conservata presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, alcuni testi critici dei Fioretti, i Cantici, i trattati spirituali del Panziera, due opuscoli di s. Bonaventura e un Viaggio in Siria di Niccolò da Poggibonsi. L'iniziativa non incontrò il favore del pubblico, neanche nell'ambito degli stessi conventi francescani, e naufragò, pur se alcuni fra i testi in programma saranno in seguito pubblicati da altri.
Non potendo realizzare un così vasto programma d'insieme il F. dovette accontentarsi di alcune isolate pubblicazioni teologiche e storiche: Regola del serafico s. Francesco volgarizzata… con cenni sull'Ordine e varie preghiere (Prato 1847), il Catechismo francescano del padre Lodovico da Pelago, del quale il F. fornisce in prefazione una Vita (ibid. 1851; la Vita, ristampata a parte, ibid. 1861), il Triduo in onore di s. Elisabetta d'Ungheria (ibid. 1851). In campo storico vanno ricordate la Biografia di mons. Giovacchino Salvelli (ibid. 1840) e la più impegnativa Cronica di Firenze… dall'anno 1501 al 1546, opera del frate minore G. Ughi, in lingua purissima, in Archivio stor. italiano, VII (1849), App. XXIII, pp. 97-274, con un ricco apparato di note e una lunga introduzione (pp. 99-111). I molti scritti minori del F., dei più svariati generi (vite di santi, leggende, critica letteraria, prefazioni, versi, epigrafi), vennero da lui raccolti in volume e pubblicati col titolo Prose e versi… (Prato 1853; 2ª ed. ampliata, Napoli 1854).
Il F. non volle mai accettare cariche nell'Ordine, se si esclude quella di definitore, che assunse nel 1847 solo per meglio condurre avanti la sua riforma dell'insegnamento; nel 1844 aveva rinunziato al segretariato generale. Lo stesso atteggiamento tenne nei riguardi delle accademie. Non amò viaggiare e, a parte brevi spostamenti nei luoghi nativi, non lasciò mai Prato fino al 1753, con la sola eccezione di un breve soggiorno a Roma, dove conobbe A. Mai.
La sua salute era sempre stata malferma: nel 1753 peggiorò, donde la necessità di un viaggio a Roma, per "cambiare aria". Vi rimase due mesi, dal dicembre 1853 al gennaio 1854, non ricavandone però alcun beneficio. Si spinse allora fino a Napoli, dove giunse il 24 gennaio, alloggiando presso S. Maria la Nova. Poi, alla ricerca di clima e condizioni migliori, passò per vari conventi francescani del Napoletano: Aversa, Sorrento e infine Marano. In Campania, se non trovò gran giovamento per la salute, si inserì però felicemente negli ambienti colti: B. Puoti, B. Fabricatore, C. Troya gli furono vicini e A. Ranieri gli prestò cure affettuose.
In quei tre anni si occupò principalmente della ristampa napoletana di Prose e versi e del progetto di una nuova edizione dei Fioretti, dei quali intendeva ricomporre il testo latino attraverso il controllo delle fonti e il confronto fra i codici, traendo nuovi elementi dalle Conformità di Bartolomeo da Pisa e dallo Speculum sancti Francisci; curò pure una ristampa del sovramenzionato lavoro filologico sull'OvidioMaggiore, che uscì appunto a Napoli nel 1854, e pubblicò (ibid. 1854) la bella traduzione antica dell'Ecclesiaste.
Il F. morì nel convento di Marano il 10 ag. 1856, e fu sepolto a Napoli, nel chiostro di S. Maria la Nova.
Nel 1883 a Livorno apparve con lo pseudonimo di Calambrone un volumetto, Cento sonetti in vernacolo livornese, che i principali repertori bibliografici considerano opera postuma del F., insieme con Romolo e Remo, scherzo comico (Firenze 1879): tuttavia tale tipo di letteratura, così lontano dalla personalità del F. e dalle sue scelte, spingerebbe a ipotizzare che possa trattarsi di lavori di un omonimo, vista anche l'ampia diffusione del cognome Frediani in Toscana.
Fonti e Bibl.: Prato, Biblioteca Roncioniana, Raccolta Guasti, Originali, III, 50: Tipografia Guasti, 256, Carteggio Frediani; Ibid., Cose varie pratesi, V, 253; Ibid., Collezione autografi, n. 1 (carteggi); Ibid., Scritti vari, fascio II, 9 (necr. del F., agosto 1856); Bassano del Grappa, Bibl. civica, Carteggio Ferrazzi, IV, 74 (lettera del F. da Napoli, 10 maggio 1854); Ibid., Carteggio canoviano, Epistolario, 1-71, nn. 1478-87 (10 lettere del padre del F. dal 1814 al 1820); Roma, Bibl. nazionale, Autografi, A, 62, nn. 35 s. (15 lettere di S. Betti al F. dal 1848 al 1856); Ibid., A, 114, n. 6 (lettera di L. Fornaciari da Lucca, 7 nov. 1853); Ibid., A. 160.29 (lettera di C. Troya da Napoli, 20 luglio 1856); Ibid., A. 195.17 (lettera di mons. G. Audisio, 5 maggio 1846). Si veda, inoltre: G. Audisio, Lezioni di eloquenza sacra, III, Napoli 1853, p. 94; C. Guasti, F. F., in Arch. stor. ital., n.s., III (1856), pp. 241-245 (poi in Opere, II, Prato 1895, pp. 62-67); E. Bindi, Elogio funebre del padre F. F. minore osservante…, Firenze 1857; Marcellino da Civezza, Biografia del padre F. F. minore osservante, Genova 1857 (2ª ed. Milano 1858); G. Silvestri, In funere p. Francisci Frediani, Pistoriis 1857; Libro d'Oltremare di fra Niccolò da Poggibonsi, a cura di A. Bacchi della Lega, II, Bologna 1881, pp. 255-258 (rec. di F. Zambrini che ricorda il lavoro del F. per pubblicare quel testo); G.T. Tozzi, Francesco d'Assisi, saggio letterario, Bologna 1890, p. 13; A.A. Latimari, F. F., in Luce e amore, I (1904), pp. 226-231; M. Sena, F. F., saggio critico, Nola 1926; N. Rosati, Per la biografia del padre F. F. o.f.m., in Luce e amore, s. 2, I (1928), pp. 3-6; L. Oliger, Quattro precursori del moderno movimento francescano, Roma-Torino 1930, pp. 10-19; Enc. cattolica, V, col. 760; Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XVIII, coll. 1178 s.