GADDI, Francesco
Nacque a Firenze il 9 febbr. 1441 da Angelo di Zanobi e da Maddalena Ridolfi.
La famiglia, che annoverava tra i suoi membri ben tre pittori di una certa notorietà, come Gaddo, Taddeo e Agnolo di Taddeo, dalla fine del sec. XIV si dedicò soprattutto all'attività manifatturiera, nell'ambito dell'arte della lana e dal Quattrocento anche all'attività bancaria, aprendo filiali a Venezia e a Roma (quest'ultima specializzata soprattutto nelle operazioni di prestito a membri della Curia pontificia). In conseguenza di queste attività, Angelo e Taddeo, rispettivamente padre e zio del G., si trovarono a occupare i primi posti nella gerarchia dei contribuenti del quartiere di appartenenza, quello di San Giovanni, sia in occasione della "prestanza" del 1403 (in cui superarono lo stesso Giovanni di Bicci, padre di Cosimo de' Medici) sia del catasto del 1427. Per quanto attiene all'esercizio delle cariche pubbliche, con il padre, Angelo, leale sostenitore di Cosimo de' Medici, i Gaddi entrarono decisamente nella ristretta cerchia di famiglie fedeli ai Medici che - dopo il 1434 a rotazione - rivestirono le principali cariche di governo.
Il curriculum di studi del G. fu dapprima indirizzato alla carriera ecclesiastica, ove egli si limitò tuttavia al conseguimento dei soli ordini minori, tornando ben presto allo stato laicale. In seguito continuò a studiare, pur senza seguire un regolare corso, estendendo progressivamente il campo delle sue conoscenze alla letteratura latina e greca, alla filosofia e alla patristica, alla medicina e all'astronomia. Fu amico dei principali letterati del tempo, molti dei quali gli furono colleghi nella Cancelleria fiorentina, come Cristoforo Landino, Alessandro Braccesi, Bartolomeo Scala. Di Marsilio Ficino fu forse l'allievo prediletto. Proseguì tuttavia anche l'approfondimento del diritto canonico: nel 1485 chiese e ottenne, nell'ambito della Curia pontificia, di essere esaminato, al fine di conseguire il dottorato in questa disciplina, cosa che avvenne nel mese di novembre.
Benché allo studio avesse dedicato le migliori energie, soprattutto nel periodo della giovinezza, non restano del G. opere teoriche o composizioni letterarie; a testimoniare la profondità della sua cultura e la vastità dei suoi interessi vi sono soltanto le lettere da lui scambiate con le personalità politiche più in vista - e non soltanto fiorentine -, i libri di ricordi da lui scritti con intenti puramente pratici e privati e, soprattutto, l'inventario della sua biblioteca, che annovera più di duecento codici e opere a stampa, quasi equamente ripartiti tra autori classici, testi patristici e opere giuridiche.
Gli interessi culturali non furono i soli a essere coltivati dal G. che, soprattutto prima del 1475, si occupò assiduamente anche delle aziende di famiglia e per questo motivo risedette per lunghi periodi a Roma, ove collaborava col fratello Girolamo nella conduzione della filiale romana del banco Gaddi. Era anche socio nelle aziende manifatturiere dei Gaddi e di altre società finanziarie con sede in Firenze. Per la grande varietà delle attività in cui era impegnato il G. era iscritto alle arti della lana, cambio e medici e speziali, di quest'ultima essendo più volte console. In seguito fu anche iscritto all'arte dei giudici e notai (dal 1478 per la componente dei notai, dopo il 1485 per quella dei giudici). Di queste numerose attività economiche egli lascerà progressivamente, una volta che la politica sarà divenuta la sua occupazione quasi esclusiva, la conduzione ai fratelli e ai nipoti.
Al 1475 dovette risalire, stando al suo Libro di ricordi, il definitivo ritorno del G. a Firenze; grazie alle relazioni familiari non gli fu difficile entrare nell'entourage mediceo e, grazie alle sue doti personali, divenire non solo uno fra i più stretti collaboratori di Lorenzo il Magnifico, ma efficiente strumento operativo della sua politica estera. La prima occasione di mettersi in luce si presentò nella primavera del 1478, nel corso dei drammatici avvenimenti che culminarono nella congiura dei Pazzi.
Nei giorni immediatamente precedenti l'attuazione della congiura Lorenzo de' Medici era stato tendenziosamente invitato a recarsi a Roma da Girolamo Riario per discutere della situazione, ma, non volendo da un lato rifiutare l'invito e subodorandone d'altro canto i motivi fraudolenti, decise di inviare in sua vece il G., in qualità di suo uomo di fiducia; questi si trovava dunque a Roma il 26 apr. 1478, giorno dell'agguato nella cattedrale fiorentina. Quando l'insurrezione fu repressa e i principali responsabili in parte giustiziati e in parte fatti prigionieri, il G. fu inviato a Firenze dagli emissari della Lega italica (ormai divisa in due tronconi dalla politica nepotistica di papa Sisto IV: da un lato Firenze, Venezia e Milano; dall'altro il papa, il re di Napoli e la Repubblica di Siena) per convincere Lorenzo de' Medici a liberare il giovane cardinale Raffaele Sansoni, nipote di Girolamo Riario, trattenuto dai Fiorentini come complice della congiura.
Per portare a termine l'incarico egli fece più volte la spola tra Roma e Firenze, finché il 12 maggio si giunse alla scarcerazione del cardinale. Di lì a poco, il 18 maggio, essendo nel frattempo scoppiate le ostilità con il papa, si dispose a Firenze la creazione dei Dieci di balia, la magistratura straordinaria che sovrintendeva alla conduzione della guerra e agli approvvigionamenti militari; data la delicatezza della situazione, lo stesso Lorenzo de' Medici entrò a farne parte. Per la Cancelleria dei Dieci, che costituiva il braccio operativo della magistratura, fu deciso che a sovrintendervi fosse non il primo cancelliere della Repubblica, com'era consuetudine, bensì due personaggi fedelissimi alla casa Medici: Niccolò Michelozzi, segretario personale di Lorenzo il Magnifico, e lo stesso G., che oltretutto non era notaio e la cui posizione fu legalizzata con l'iscrizione a sanatoria nell'arte dei giudici e notai. Nell'ambito della Cancelleria dei Dieci al G. toccò occuparsi della corrispondenza esterna con gli altri Stati italiani ed esteri. In tal modo egli poté acquisire, oltre alle tecniche cancelleresche, una grande familiarità con il mondo della diplomazia, determinanti - tanto le une quanto l'altra - per l'assunzione permanente, a partire dal 1488, nella Cancelleria fiorentina con il ruolo di segretario degli Otto di pratica, la magistratura a carattere permanente che aveva nel frattempo sostituito i Dieci di balia.
Nel decennio intercorso tra le due esperienze nella Cancelleria fiorentina - durata pochi mesi la prima, protrattasi per circa dieci anni la seconda -, il G. fu quasi di continuo impegnato in missioni diplomatiche, come oratore ufficiale della Repubblica fiorentina, presso vari potentati italiani ed esteri o, semplicemente, come inviato personale di Lorenzo il Magnifico con l'incarico di sbrigare incombenze di carattere privato, come ad esempio nel 1486 le trattative di matrimonio del figlio Piero con Alfonsina Orsini. Tuttavia, dati gli inestricabili nessi che univano ormai gli interessi del governo fiorentino con quelli della famiglia Medici, non furono rari i casi in cui missioni affidate al G. dal Magnifico fossero poi ratificate dagli organi dello Stato e pagate con fondi pubblici o, al contrario, casi in cui agli scopi ufficiali di un'ambasceria si aggiungessero incarichi da svolgere nello stesso luogo o durante il percorso per esclusivo interesse del Magnifico.
La prima di queste missioni ebbe inizio il 15 sett. 1478, quando il G. fu mandato, oratore al re di Francia, "come uomo di detto Lorenzo" (Ricordi, c. 90), cioè come inviato personale del Magnifico. In Francia rimase più di un anno, tornando a Firenze solo nel mese di ottobre 1479, in compagnia di un emissario del re di Francia Luigi XI con il compito specifico di adoperarsi per una rapida risoluzione del conflitto ancora aperto tra Lega italica (ormai ristretta a Firenze, Milano e Venezia) da un lato, papa, re di Napoli e Repubblica di Siena dall'altro. Affinché l'azione del G. risultasse più incisiva, poco prima che egli lasciasse la Francia il re lo aveva nominato proprio segretario.
In Italia il G. rimase solo pochi mesi, per di più consumati in continui viaggi a carattere diplomatico presso varie corti: inviato il 2 dic. 1479 a Siena il G. vi incontrò il duca di Calabria e il duca di Urbino, comandanti dell'esercito napoletano, affinché fossero presi accordi preliminari per il viaggio a Napoli del Magnifico. Da Siena il G. proseguì per Roma, ove giunse il 12 dicembre: qui doveva giustificare presso il papa il viaggio a Napoli del Medici. In questa occasione il papa si lamentò per il fatto che mentre a Napoli il Magnifico si recava di persona, presso il pontefice si faceva rappresentare da un semplice segretario.
Ripartito da Roma il 15 dicembre, il G. giunse il 19 a Napoli, ove era stato preceduto da Lorenzo e dove partecipò ai suoi colloqui col re Ferdinando. Nel marzo 1480 lasciò Napoli per Roma, allo scopo di perfezionare gli accordi presi nel febbraio tra il papa e l'oratore ufficiale della Repubblica fiorentina.
Tornato a Firenze ai primi di aprile 1480 ne ripartì il 25 maggio, nuovamente inviato in Francia. Questa missione si protrasse fino al mese di aprile del 1482: la sua presenza alla corte doveva rappresentare la conferma dei tradizionali legami di amicizia e alleanza politica tra Firenze e la Francia. Egli doveva sollecitare l'intervento del re a favore di Firenze nella questione della restituzione dei territori occupati dal duca di Calabria: quello della "restituzione delle terre" è l'argomento ricorrente nella corrispondenza del G. di questo periodo. Inoltre convincere il re ad accettare il nuovo equilibrio venutosi a creare tra gli Stati italiani dopo la pace del 1480, con il ristabilito accordo tra Firenze e Napoli e i mutamenti dinastici a Milano, e le offerte di amicizia di Ludovico il Moro, nuovo signore della città: il G. aveva ricevuto da quest'ultimo un incarico specifico in questo senso.
Non è del tutto chiaro quale sia stato l'effettivo esito di questa seconda missione francese del G., dal momento che è andata dispersa la corrispondenza relativa. All'inizio egli dovette superare la diffidenza di Luigi XI nei suoi confronti: era infatti sospettato di un atteggiamento troppo arrendevole nei confronti del re di Napoli. Sembra però che il G. fosse riuscito a riguadagnare in breve il terreno perduto nei confronti del re di Francia, dato che prima del ritorno a Firenze, questi lo nominò consigliere e "maître des requêtes" delle cose d'Italia. Anche Ludovico il Moro ebbe parole di elogio per il G. e per il ruolo di mediatore da lui svolto alla corte di Francia. In Francia poté intrecciare importanti amicizie con personalità francesi e con agenti diplomatici di altri Stati. Stabilì con Philippe de Commynes uno stretto legame destinato a durare molti anni; strinse amicizia col cardinale Giuliano Della Rovere, che si trovava in Francia come legato apostolico; tra l'altro questa amicizia fruttò al G. la nomina a conte palatino da parte del Della Rovere.
Dopo una breve sosta a Firenze il G. ripartì il 22 luglio per Roma, ove si trovava il duca di Calabria, impegnato in operazioni militari contro Roberto Malatesta da Rimini, capitano delle truppe pontificie. Il G. seguì per alcuni mesi gli spostamenti dettati dalle necessità militari, agendo presso di lui come oratore di Firenze, finché il 6 genn. 1483 tornò in patria. Il 18 marzo ripartì per Roma, ove doveva occuparsi di questioni riguardanti il banco Medici. Durante il suo breve soggiorno romano maturarono le premesse dell'affidamento al G. da parte del papa Sisto IV dell'importante incarico di collettore per il Ducato di Milano di un'imposizione fiscale di 30.000 ducati, il cui gettito sarebbe andato per 1/3 a favore della Camera apostolica e per i restanti 2/3 a favore dell'Erario ducale. Il 31 marzo 1483 partì da Roma per recarsi a Milano ad assolvere il nuovo incarico; durante il viaggio effettuò una breve sosta a Firenze, ove Lorenzo de' Medici gli consegnò una lettera di credenziali per Ludovico il Moro.
L'onere di tesoriere nel Ducato di Milano si protrasse a lungo, dal momento che sul finire del mandato, l'8 giugno 1484, fu raggiunto da un breve pontificio che lo incaricava della riscossione di un secondo sussidio per un gettito di altri 30.000 ducati. In quest'incarico fu confermato, dopo la morte di Sisto IV, dal successore Innocenzo VIII con breve del 19 sett. 1484. Nel successivo mese di ottobre tornò brevemente a Firenze per appoggiare la candidatura del fratello Taddeo a membro della Signoria e sollecitò l'intervento diretto di Lorenzo de' Medici, che faceva parte del Collegio degli accoppiatori, gli incaricati di predisporre le liste dei candidati ai pubblici uffici. In dicembre, risolta positivamente la questione, poté tornare a Milano e portare a termine l'incarico di tesoriere pontificio, che si protrasse fino al febbraio 1485.
Dopo essersi recato a Roma a consegnare i libri contabili alla Camera apostolica, ritornò a Firenze, donde ripartì nel successivo ottobre come oratore fiorentino a Milano, incaricato di convincere Ludovico il Moro della necessità di sostenere militarmente il re di Napoli, impegnato nella repressione della rivolta dei baroni, facendo leva sul fatto che la presenza di un forte Regno nell'Italia meridionale era condizione necessaria per il mantenimento della pace e dell'equilibrio nella penisola. Doveva inoltre contrattare la ripartizione delle spese della condotta di Virginio Orsini, capitano delle truppe della Lega.
Tornato a Firenze, il 1° marzo 1486 entrò in carica come priore per il quartiere S. Giovanni. Durante il bimestre di carica fu celebrato il suo matrimonio con Oretta di Iacopo Guasconi, dalla quale ricevette una dote di 1200 fiorini "di suggello". Con la moglie andò ad abitare in una casa di affitto nel quartiere S. Giovanni, da cui poi nel 1492 si trasferì in una casa di proprietà nel "popolo" di S. Ambrogio, nel quartiere di S. Croce, acquistata l'anno prima dai monaci della badia fiorentina. Dal 1486, per otto anni, fece parte della famiglia anche il nipote Alessandro, detto Gaddo, figlio del fratello Luigi, rimasto orfano dei genitori.
Il 12 giugno ripartì da Firenze, essendo stato nel frattempo nominato, unitamente a Piero di Gino Capponi, commissario generale presso l'esercito della Lega. Tornato a Firenze, il G. ripartì subito per Pisa, ove doveva imbarcarsi diretto a Napoli, portando con sé una bombarda e una consistente somma di denaro destinati al re di Napoli. Non si poté imbarcare per motivi organizzativi e, chiesto e ottenuto il permesso dei Dieci di balia, fece ritorno a Firenze, da cui una malattia contratta durante il viaggio non gli permise di allontanarsi per un lungo periodo: pertanto dovette rinunciare a portare a termine l'incarico. Lorenzo non gli perdonò la defezione, benché provocata da motivi indipendenti dalla volontà del G. e questo episodio rappresentò uno dei rarissimi screzi che gettarono, sia pure temporaneamente, ombra su un lungo e proficuo rapporto di collaborazione.
Nell'aprile 1487 fu inviato oratore al pontefice e a Roma rimase tutto il mese di maggio; nel giugno si recò nelle Marche a far opera di mediazione per conto del papa con Roccolino da Osimo, feudatario ribelle della Chiesa. Il 1° novembre dello stesso anno entrò in carica come membro della magistratura degli Otto di guardia e balia che sovrintendeva all'ordine pubblico. Era ancora in carica quando il 1° genn. 1488, fu scelto come segretario degli Otto di pratica. Ma il suo servizio in Cancelleria come segretario degli Otto non segnò la fine delle sue peregrinazioni: il 3 sett. 1488 andò ambasciatore al duca di Milano, ove rimase fino all'11 dicembre; il 4 sett. 1489 fu inviato alla Signoria di Siena; il 28 dic. 1492 andò ambasciatore a Venezia; nel maggio 1493 fu inviato a Roma a mediare la controversia sorta tra il pontefice e Virginio Orsini; nel mese di aprile 1495 fu inviato al duca di Urbino Guidubaldo di Montefeltro per trattare la sua condotta come capitano generale delle milizie fiorentine.
Di tutte queste missioni egli redigeva minuziosi resoconti, in cui annotava le spese sostenute, gli accrediti ricevuti da parte del governo fiorentino o del banco Medici (a seconda del fatto che la missione fosse pubblica o per conto dei Medici), l'elenco delle lettere spedite. I dati salienti di questi "quadernucci" vennero poi trasferiti nel suo Libro di ricordi, che copre il periodo 1477-99. Quasi allo stesso lasso di tempo risalgono le annotazioni apportate dal G. al Priorista (registro contenente i nomi dei componenti della Signoria di Firenze, dal 1282, anno della istituzione, in avanti), cominciato e compilato dal padre fino agli anni Ottanta del Quattrocento (v. Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 62). Dopo la morte di questo fu il G. a continuarlo fino al 1495 e ad accompagnare, come già suo padre, all'elenco dei priori e dei gonfalonieri di Giustizia la narrazione di avvenimenti di storia cittadina. La sua attendibilità come testimone di avvenimenti fu ben conosciuta anche dai contemporanei: Piero Parenti, autore di una monumentale Storia di Firenze (ora conservata presso la Bibl. nazionale di Firenze), si rivolse a lui per ottenere notizie di prima mano sulla crisi del 1478 (cfr. Carteggio R.A. Martini - G.G. Bottari, Bibl. Corsiniana di Roma, Mss. Cors. 44.F.10, c. 33). Contemporaneamente al servizio in Cancelleria e negli intervalli delle missioni diplomatiche riuscì a esercitare anche alcuni uffici pubblici in città: oltre a quelli già menzionati fu membro dei Dodici buonuomini dal 15 marzo 1494 e occupò vari incarichi nell'ambito dell'arte dei giudici e notai.
Dopo la morte del Magnifico (1492) aveva continuato a collaborare con il figlio Piero; alla cacciata di questo da Firenze, in seguito al rivolgimento istituzionale dell'8 nov. 1494, molti fedeli dei Medici furono perseguitati. Il G. (del quale tuttavia erano noti i legami con i Medici), fu pregato dagli esponenti del nuovo regime di rimanere in Cancelleria, nel ruolo che avesse preferito. Scelse pertanto il ruolo di secondo cancelliere, carica di minor prestigio rispetto a quella di primo cancelliere, ma più intrinseca con il potere politico. Ad essa di lì a poco si aggiunse quella di segretario dei Dieci di balia, magistratura che, in seguito al ripristino del regime popolare del 1494, aveva nuovamente sostituito quella degli Otto di pratica.
Il G. tenne queste cariche fino al 1498, quando fu operato un completo rinnovamento del personale della Cancelleria fiorentina e il ruolo di secondo cancelliere da lui detenuto fu conferito a Niccolò Machiavelli. Non venne meno tuttavia la sua collaborazione con il governo fiorentino.
Rivestiva l'incarico di commissario quando, in una località imprecisata della Valdichiana, ov'era impegnato, morì il 7 nov. 1504.
Dal suo matrimonio con Oretta Guasconi non nacquero figli; pertanto eredi dei suoi beni e della sua raccolta libraria, che costituì il nucleo originario di quella biblioteca gaddiana che nel sec. XVI era considerata la più importante biblioteca privata di Firenze, furono i figli del fratello Taddeo.
Fonti e Bibl.: Il carteggio familiare e personale del G. è da considerarsi disperso; ne rimane un sintetico resoconto nel carteggio tra Rosso Antonio Martini e Giovanni G. Bottari conservato a Roma, Biblioteca dell'Accademia dei Lincei e Corsiniana, Cors. 44.F.10. Del G. si conservano in Archivio di Stato di Firenze, Acquisti e doni, 3: Libretto per l'andata di Roma; 4: Libro di spese nell'andata a Milano; 5: Quadernuccio di spese e altre cose per l'andata a Venezia; Tratte, 62: Priorista (iniziato dal padre Angelo); cfr. inoltre: Ibid., Catasto, 622, c. 228; 923, c. 41; 1015, c. 594; Tratte, 80, c. 125v e Mediceo avanti il Principato, ad indices; Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana: Acquisti e doni, 213: F. Gadda, Libro di ricordi (parzialmente pubbl. da C. Bologna, Inventario di mobili di F. di Angelo G., Firenze 1883, per nozze Bumiller-Stiller); le lettere di Lorenzo de' Medici al G., e riassunti delle lettere del G. al Magnifico in Lorenzo de' Medici, Lettere, dir. da N. Rubinstein, I-VI, Firenze 1977-90, ad indices; J. Gaddi, Elogiographus scilicet Elogia omnigena, Florentiae 1638, pp. 201-248; G. Negri, Istoria dei fiorentini scrittori, Ferrara 1729, p. 187; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins, I, Paris 1859, p. 104; A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica fiorentina, Firenze 1902, pp. 29, 421, 730 s., 762, 832; D. Mazzi, La Cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, ad indicem; L. Sozzi, Lettere ined. del Commynes a F. G., in Studi di bibliografia e di storia in on. di T. De Marinis, IV, Verona 1964, pp. 205-262; G. Cecchini, La guerra della congiura dei Pazzi e l'andata di Lorenzo dei Medici a Napoli, in Bullettino stor. senese, LXXIX (1965), p. 298; L. Martines, Lawyers and statecraft in Reinassance Florence, Princeton 1968, pp. 90, 236, 403, 495; C. Bec, La biblioteca di un alto borghese fiorentino: F. G., in Cultura e società a Firenze nell'età della Rinascenza, Roma 1981, pp. 197-205; A. Verde, Lo Studio fiorentino, IV, 2, Firenze 1985, p. 557; V. Arrighi - F. Klein, Dentro il palazzo: cancellieri, ufficiali, segretari, in Consorterie politiche e mutamenti istituz. in età laurenziana, Firenze 1992, pp. 91-93.