INCONTRI, Francesco Gaetano
Nacque a Volterra il 19 marzo 1704 dal patrizio Paolo Cosimo, cavaliere di S. Stefano e preposto dei Priori, e dalla nobile dama pisana Maria Corintia Cosi.
Gli Incontri, una delle famiglie volterrane più antiche e nobili, radicata sul territorio sin dal secolo IX, registrano tra i loro esponenti alcuni dei rappresentanti più in vista della cosa pubblica e della compagine ecclesiastica locale.
L'I. ricevette la prima educazione nella città natale, nel collegio di S. Michele dei padri scolopi, dove attese con profitto a studi umanistici ed eruditi. Terminata la prima formazione, approdò nel 1722 all'Università di Pisa, tappa comune a tutti i giovani toscani che nei decenni centrali del secolo formarono il nerbo del ceto dirigente leopoldino, come anche a gran parte di coloro che, come lui, dopo la laurea inutroque iure si sarebbero invece dedicati alla carriera ecclesiastica.
Gli anni pisani dell'I. furono di studio rigoroso e ritirato, secondo quanto riporteranno anni più tardi gli Annali ecclesiastici; seguì le lezioni di diritto di B.L. Migliorucci, B. Tanucci e G. Averani, ma anche quelle di G. Grandi, dal quale mutuò una vera passione per gli studi di matematica, che s'impegnerà costantemente a promuovere per la formazione del suo clero. Parallelamente, benché fosse il primogenito, volendo essere ammesso agli ordini sacri si applicò da solo allo studio della teologia morale, penetrando a fondo le Sacre Scritture, i Padri (specialmente s. Agostino), s. Tommaso e le fonti di storia ecclesiastica.
Rientrato a Volterra nel 1727, fu canonico della cattedrale, quindi coadiutore dell'arcidiacono e curato maggiore. Già dotato di vasta cultura, l'I. manifestò particolare sensibilità per l'educazione del clero, alternando le opere del suo ministero all'insegnamento nella propria dimora del diritto canonico e della geometria a beneficio della gioventù ecclesiastica volterrana. Ma non era destinato a rimanere a lungo in patria, poiché, su proposta di Francesco Stefano di Lorena a Clemente XII, il 5 maggio 1738 fu chiamato a ricoprire la sede vescovile vacante di Pescia.
Così, secondo un uso comune nella vita religiosa toscana del tempo, assurse alla dignità vescovile circa un lustro prima del quarantesimo anno d'età. Con questa dignità e su incarico pontificio presiedette la commissione fiorentina nel processo di beatificazione di Giuseppe Calasanzio. Solo tre anni più tardi, nel 1741, il granduca lo indicò al nuovo pontefice Benedetto XIV per ben più alta carica: il 29 maggio 1741 divenne infatti arcivescovo di Firenze, avendo G.M. Martelli rassegnato la carica. Iniziava così, in piena età muratoriana, il lungo episcopato dell'I., che si colloca nella fase di moderazione lambertiniana, nella quale i vescovi italiani assunsero un po' ovunque nelle diocesi una nuova centralità, esercitata con un diverso modo di rapportarsi al clero e alle popolazioni e una differente consapevolezza del proprio ruolo.
Del resto già nel 1740 Benedetto XIV, da poco salito al soglio pontificio, aveva promulgato la Ubi primum, che ribadiva i doveri del buon pastore. L'I. parve averli recepiti sin dagli anni di Pescia, come attestano le sue pastorali per quella diocesi; non è casuale che nei primi anni a Firenze facesse ripubblicare a beneficio del suo gregge alcune lettere del cardinale G. Lanfredini, scritte sullo scorcio degli anni '30 per la diocesi di Osimo e Cingoli, con indicazioni per i pastori d'anime sui compiti loro assegnati e permeate di un certo spirito borromaico. Esse confluiranno nel primo volume di Lettere pastorali istruttive dell'illustre e reverendissimo monsignore… Incontri arcivescovo di Firenze per buon governo della sua diocesi, Firenze 1745. Un secondo volume uscirà nel 1754, e nel 1771 ne verrà fatta una seconda edizione arricchita, nella cui introduzione lo stampatore F. Moucke ricorderà il plauso ottenuto dalla raccolta in una lettera di Benedetto XIV del 25 genn. 1755, in cui l'I. veniva paragonato per dottrina ed erudizione ai "pastori […] che sono di là da' monti" (Lettere pastorali…, Firenze 1771, p. V).
In queste epistole, che l'I. diffuse dai primi anni dell'episcopato (nel 1786-89, nell'edizione integrale delle Opere, l'editore R. Bonini pubblicherà anche le pastorali dell'ultimo decennio, per coprirne tutto l'arco cronologico), oltre a più generiche notifiche di indulti quaresimali e tridui, si rintracciano alcuni momenti precisi del percorso apostolico dell'I., in linea con quanto si era venuto consolidando intorno alla metà del secolo circa il rapporto dei vescovi con il clero e i fedeli.
A ciò può quindi riferirsi l'interesse che l'I. manifestò fin dall'arrivo a Firenze per il seminario della città, come attesta una pastorale del 1746 in cui ribadì la centralità dello studio dei sacri canoni e della storia ecclesiastica anche attraverso una disamina delle fonti. L'I., infatti, si preoccupò subito di far istituire presso la scuola del seminario una nuova cattedra di istituzioni canoniche e una di matematica; promosse anche una scuola di Sacre Scritture, arricchendo la biblioteca di una pregevole collezione di Padri della Chiesa, e l'insegnamento del greco. Tale progetto educativo, ribadito trent'anni dopo in un'altra pastorale (1771), suscitò l'elogio di G. Lami, che spesso nelle colonne delle Novelle letterarie si soffermò sull'attività del suo arcivescovo. La preoccupazione per l'istruzione del clero si ritrova anche alla base di un altro scritto dell'I. degli anni '50, i Saggi di dottrina, d'erudizione e di morale appartenenti alle sacre ordinazioni… compilati per utile ed instruzione de' cherici della diocesi fiorentinadal suo pastore (Firenze 1756), ampio excursus sugli ordini sacri minori e maggiori, che muove da una distinzione tra chierici e laici interna alla società e ne traccia l'evoluzione dai primi secoli della Chiesa, dalla tonsura fino al sacerdozio, con citazioni delle Scritture e dei Padri ma anche di J. Mabillon, C. Fleury e del De synodo diocesana di Benedetto XIV.
Nel clima generale di questi anni, improntato a un acceso antigesuitismo, l'I. si mosse su piani differenti. Nel 1754 tradusse alcune lettere del gesuita F. Seedorff in funzione antiluterana e antideista. Questo non gli impedì di maturare in teologia morale, nel momento più acceso del dibattito antigesuitico e antiprobabilista, la sua opera più compiuta e profonda, il Breve trattato delle azioni umane con annotazioni per lo schiarimento della materia ad uso della gioventù ecclesiastica (Torino 1760), fatto pubblicare dall'allora preside del collegio ecclesiastico di Superga, l'abate A. Martini, poi suo successore nella cattedra fiorentina, che vi pose una dedica al cardinale G.V.F. Delle Lanze.
Il Trattato ebbe cinque edizioni, di cui due postume, tra la seconda metà del '700 e i primi decenni del secolo successivo. Oltre a negare l'esistenza d'una legge di natura scissa dalla rivelazione cristiana, con un rinvio al rigorismo di D. Concina, l'I. attaccò il probabilismo, che aveva "infettato" la morale cattolica circa il problema della coscienza e della salvezza delle anime, in sintonia con G.V. Patuzzi. Ma nell'opera vi è pure un forte richiamo antigiansenista nel disegnare il rapporto tra grazia efficace e sufficiente, e dunque nell'affrontare la questione della libertà dell'individuo, in cui si ravvisano spunti della posizione agostiniana di G. Berti e di E. Noris, ma pure echi precisi di s. Tommaso. Così il Trattato pose di diritto l'I. nella schiera dei fautori della sana dottrina, improntata a un vivo antigesuitismo soprattutto nelle note, redatte dal Martini (che fu anche revisore del manoscritto, steso sin dal 1741, e curatore della stampa). Ma furono le recensioni fatte dalle Novelle letterarie in due riprese, sullo scorcio del 1760 (non è certo un coinvolgimento del Martini anche in questo caso), che accentuavano la vis antiprobabilistica e l'interpretazione di grazia sufficiente data nell'opera, a provocare a Roma la denuncia dei gesuiti al S. Uffizio e l'intervento della censura. Agli inizi del 1761 Lami pubblicò alcune rettifiche, non riuscendo peraltro a evitare la disapprovazione del Giornale gesuitico verso l'arcivescovo, e una lettera accusatoria nei confronti del suo scritto.
Anche in Toscana, a Pistoia, non mancarono forti attacchi da parte gesuita. L'I., non volendo sbilanciarsi troppo a favore del regalismo leopoldino, si dispose a perdonare, proteggendo i gesuiti al punto da subire un richiamo dal sovrano quando, nel 1773, esitò a estendere e a far rendere esecutiva nella diocesi la circolare regia recante il breve di Clemente XIV sulla soppressione della Compagnia, che vietava ai suoi membri la predicazione e l'esercizio del ministero della penitenza. La posizione dell'arcivescovo non fu quindi sempre in linea con quella del governo toscano.
Anche in precedenza, nel decennio in cui la Reggenza sperimentava le prime riforme sul terreno religioso, l'I. aveva travalicato l'esercizio puramente pastorale della propria autorità lamentando presso la Curia romana gli abusi attuati contro la religione nella diocesi, suscitando la protesta dei rappresentanti della Reggenza. Questi e altri episodi peraltro non scalfirono la considerazione che verso di lui nutrirono sia il governo sia il sovrano durante il suo lungo arcivescovato, così come le molte altre personalità laiche ed ecclesiastiche, tra cui per primi i cinque pontefici che segnarono la sua epoca.
A un filone muratoriano, condiviso da molti ecclesiastici del tempo, appartiene la Spiegazione teologica liturgica e morale sopra le celebrazioni delle feste diretta a' cherici della città e diocesi fiorentina (Firenze 1762), che riprende i temi di una pastorale del 1° genn. 1744, in piena disputa sulle feste, tratto saliente del pontificato di Benedetto XIV. L'operetta non fu solo una interpretazione storico-erudita; animata da un intento parenetico, si spostò su un piano liturgico-morale nel richiamo al dettame tridentino, citando quali punti di riferimento soprattutto s. Bernardo, s. Agostino e s. Tommaso, e ribadendo la necessità di un culto permeato dalle regole della morale cristiana e della Chiesa delle origini.
Gli ultimi anni di vita dell'I. coincidono con la presenza al suo fianco di S. de' Ricci, suo vicario generale dal 1775 al 1780, che riuscì a coinvolgerlo in due importanti progetti editoriali non immuni da istanze gianseniste. Su richiesta del sovrano, de' Ricci lo convinse infatti a sottoscrivere la pubblicazione, a beneficio delle scuole della diocesi, del Catechismo di C.-J. Colbert, in sostituzione di quello di Roberto Bellarmino. Dopo aver esitato e aver apportato varianti, per evitare forti reazioni da parte di Pio VI e della Curia, l'I. si persuase dell'opportunità dell'operazione, del resto già tentata, pur senza successo, dall'arcivescovo T.B. Della Gherardesca nel 1717. L'altro progetto che in questo periodo ferveva a Firenze, sotto il patrocinio di Pietro Leopoldo, era l'edizione delle opere di Machiavelli, sostenuta dallo stesso de' Ricci, che ne aveva incaricato gli abati R. Tanzini e B. Follini. L'I., pressato dal nunzio C. Crivelli e sulle prime contrario all'impresa, mutò poi parere per l'intervento del suo vicario, mostrandosi anzi fine conoscitore ed estimatore degli scritti del segretario fiorentino.
Non ne vide però la pubblicazione, avvenuta nel 1782. Morì infatti a Firenze il 25 marzo 1781.
Numerosi elogi funebri ne tratteggiarono personalità e opere. Emerge da tutti il profilo di un uomo dotto, riservato, animato da un mecenatismo che si espresse nella volontà di arricchire la biblioteca arcivescovile e molti luoghi di culto con opere d'arte, oltre che da una pietas religiosa che mosse sempre la sua lunga azione pastorale.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo Passerini, 188, Incontri, cc. 1, 8, 11; 220, Incontri, c. 1; Effemeridi, 1050, s. 2, vol. IX (1781), cc. 1564v-1565r; Palatini, 1083, cc. 21-25; Novelle letterarie, VII (1746), coll. 1-3, 737 s.; XXI (1760), coll. 785 ss., 802 ss.; XXII (1761), coll. 180 ss.; XXVIII (1767), coll. 209-211; n.s., II (1771), coll. 401-404; III (1772), coll. 33 s., 65-67; XII (1781), coll. 209-211; XXVII (1786), col. 785; Giornale gesuitico o sia Estratto delle opere che si pubblicano contro i gesuiti, II (1761), p. 49; Gazzetta toscana, 1771, n. 44, p. 173; 1781, n. 13, pp. 49-51; Annali ecclesiastici, 6 apr. 1781, n. 14, pp. 110-112; Relazione dell'ultima infermità, morte e sepoltura dell'illustriss. mons. F.G. I.… coll'orazione funebre del can. Vincenzio Bartoli, Firenze [1781]; Orazione funebre in morte dell'ill.mo e rev.mo mons. F.G. I.… recitata dal dottore Rinaldo Lanini, Firenze 1781; [D. Pacchi], De vita Francisci Cajetani Incontrii… commentarius, Florentiae 1781; In morte dell'ill.mo e rev.mo mons. F.G. I.… orazione funebre del p. F.M. Soldini, Firenze 1781; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, Firenze 1754-62, II, p. 226; VIII, p. 105; IX, pp. 75, 133; X, p. 346; G.V. Patuzzi, Trattato della regola prossima delle azioni umane nella scelta delle opinioni, Venezia 1758, II, p. 181; A.F. Giachi, Saggio di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra, Firenze 1786, p. 169; F. Fontani, Elogio del dr. Giovanni Lami, Firenze 1789, pp. 209 s., 220; A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, I, Pisis 1790, p. 390; Raccolta di notizie storiche riguardanti le chiese dell'arcidiocesi di Firenze, a cura di L. Santoni, Firenze 1817, p. 411; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, I, Modena 1827, pp. 134 s.; E. Repetti, Diz. geografico fisico e storico della Toscana, Firenze 1843, V, p. 818; Supplemento, p. 277; F. Inghirami, Storia della Toscana, XIII, Fiesole 1844, pp. 231 s.; A. Zobi, Storia civile della Toscana dal 1737 al 1848, Firenze 1850-52, I, pp. 272 ss. e Appendice, pp. 51 s.; II, pp. 122-132, 279 ss. e Appendice, pp. 102 ss.; Memorie di Scipione de' Ricci vescovo di Pistoia e Prato, scritte da lui medesimo e pubblicate da A. Gelli, Firenze 1865, I, pp. 21-36 e passim; E. Sanesi, Il seminario fiorentino nel Diario del suo fondatore e nelle Memorie dei suoi rettori, Firenze 1913, pp. 41-47; A.C. Jemolo, Il giansenismo in Italia, Bari 1928, pp. 220-223, 255, 266, 358; E. Damming, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del XVIII secolo, Città del Vaticano 1945, p. 110; P. Stella, La "apostasia" del card. Delle Lanze (1712-1784). Contributo alla storia del giansenismo in Piemonte, Torino 1963, pp. 34-36; G. Procacci, Studi sulla fortuna di Machiavelli, Roma 1965, p. 373; A. Wandruszka, Pietro Leopoldo. Un grande riformatore, Firenze 1968, p. 430; F. Venturi, Settecento riformatore, I, Da Muratori a Beccaria, Torino 1969, p. 139; C. Lamioni, Tra giansenismo e riformismo: la nomina di Antonio Martini ad arcivescovo di Firenze (1781), in Rass. stor. toscana, XXII (1976), pp. 13 s., 16-19; P.E. Caioli, I principali avvenimenti e i personaggi più noti del giansenismo toscano sotto Pietro Leopoldo I, Firenze [1984], pp. 25 s., 61 s.; A. Marrucci, I personaggi e gli scritti. Diz. biogr. e bibliogr. di Volterra, in Diz. di Volterra, III, Pisa 1997, pp. 1052 s.; M. Rosa, Settecento religioso. Politica della ragione e religione del cuore, Venezia 1999, pp. 156, 193 s., 196, 206 s., 221; P. Giovannoni, Un'opera a quattro mani. Il Breve trattato delle azioni umane. Agostinismo e antiprobabilismo negli arcivescovi I. e Martini, in Vivens Homo, XI (2000), pp. 193-233; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, VI, pp. 217, 339.