GAI, Francesco
Nacque a Roma il 4 maggio 1835 da Paolo, romano, e Adelaide Rossini, originaria di Subiaco. Ebbe due sorelle, Giustina e Teresa, la quale ultima andò a vivere con il G. dopo essersi separata dal marito Camillo Orsini (se non altrimenti indicato, per le notizie documentarie riportate nel corso della voce si fa riferimento a Centi, 1982 e 1997).
Iniziò la sua formazione e la sua attività a Roma dove confidò nell'aiuto e spesso nell'ospitalità dello zio paterno Germano (al secolo, Giovanni), divenuto benedettino vallombrosano e al tempo residente nel convento annesso alla chiesa di S. Prassede. Nel 1851 il G. sostenne gli esami per l'ammissione all'Accademia di S. Luca di Roma, e nel 1852 iniziò l'alunnato.
Suoi maestri furono, tra gli altri, F. Cavalleri, F. Coghetti, F. Podesti e P. Tenerani. Fu un allievo diligente e pluripremiato; nel primo anno di corso si dedicò soprattutto al disegno. Nel 1858 ritrasse il religioso vallombrosano padre Stanislao Battistoni (Abbazia di Vallombrosa) e nel 1860 il maestro Pietro Tenerani (Roma, Accademia di S. Luca). Nel giugno 1860 firmò il contratto per dipingere due tele aventi per soggetto Il beato Ugonotto e SantaUmiltà, destinate al santuario della Madonna del Montenero (Livorno), dove si trovano ancora al di sotto dell'organo.
Nel 1863 gli venne affidato l'incarico di dipingere a fresco la Flagellazione nella lunetta posta al di sopra della porta d'ingresso al sacello di S. Zenone, nella chiesa di S. Prassede; nel corso dell'anno dipinse il ritratto della sorella Giustina (Roma, collezione F. Gai), e gli venne assegnato, ex aequo con Ignazio Carlo Ortiz di Malta, un premio straordinario di 100 scudi per il dipinto S. Luca Evangelista con i suoi simboli, eseguito nell'ambito del concorso Pellegrini indetto dall'Accademia di S. Luca.
Nel maggio del 1864 ricevette l'incarico di dipingere la pala con S. Giovanni Gualberto detta il testamento spirituale ai discepoli, da collocarsi sull'altare della cappella a lui dedicata in S. Prassede; la tela venne conclusa, firmata e datata nel 1865 e attualmente si trova nella sacrestia; nel 1870 presentò il dipinto all'Esposizione romana delle opere di ogni arte relative al culto cattolico insieme con due Interni del Sacro Speco di Subiaco (forse identificabili con le tele del Museo di Roma) e ricevette il "diploma del gran premio", riconoscimento che lo pose particolarmente in vista nell'ambiente artistico romano.
Nel 1865 ritrasse a pastello il padre Paolo (nella collezione degli Eredi Gai: F. G.…, 1963, tav. 11) e dipinse a fresco una lunetta con La Madonna, il Bambino e s. Giovannino nel palazzo del cardinale B.A. Antonucci a Subiaco, distrutta a seguito degli eventi bellici del 1944 (ne rimangono, conservati a Roma, un bozzetto, nella collezione M.A. Gai, e un disegno, nel Gabinetto nazionale delle stampe).
Nel 1867, su proposta dello zio don Germano, gli venne affidato l'incarico del restauro di tutti gli affreschi e ornati della chiesa di S. Prassede. Nel 1868 fu impegnato negli affreschi di una sala della villa Moraschi di Subiaco, per la quale aveva ideato una decorazione ispirata alla tela con la Caccia di Diana del Domenichino (Roma, Galleria Borghese): sul soffitto, oggi non più esistente a seguito di un crollo, il G. aveva dipinto Diana ed Endimione (bozzetto, Roma, collezione privata), alle pareti Diana a caccia, Diana al bagno, Diana assiste alla gara di tiro con l'arco (F. G.…, 1963, tavv. 72-80).
Nel 1869, in luglio, prese in affitto come studio un ambiente nel convento di S. Prassede, che mantenne fino al giugno del 1873; nel novembre, su segnalazione del maestro Podesti, gli fu affidato l'incarico di restaurare tre dipinti a fresco nel portico della chiesa romana di S. Maria in Trastevere. Nel 1870 eseguì il Ritratto di Francesco Podesti, conservato nel Museo di Roma. Il 16 febbr. 1871 sposò la nipote del Podesti, Guendalina Baldassarri di Recanati. Dipinse, altresì, il ritratto della Moglie (Roma, collezione Eredi Gai) e quello della suocera Carolina Podesti (pastello, Roma, Museo di Roma). Il 13 marzo, a Roma, venne approvato il progetto di decorazione dell'aula del Senato in palazzo Madama; il G. venne inserito nel novero dei quattro "rinomati pittori istorici" che avrebbero dipinto a tempera quattro figure allegoriche sul velario di mussola del plafond: al G. va riferita la Fortezza (F. G.…, 1963, p. 14 e tav. 71 con il cartone preparatorio che riporta l'errata datazione 1886). Il 24 marzo del medesimo anno venne nominato cattedratico di merito dell'Accademia di S. Luca, in sostituzione dello scomparso T. Minardi e, in ossequio alla tradizione, inviò il suo Autoritratto (Roma, collezione Eredi Gai: la tela fu successivamente ritirata dall'artista e sostituita con l'Autoritratto del 1900); il 14 novembre l'Istituto di belle arti delle Marche in Urbino comunicò al G. di averlo nominato socio onorario e lo pregò di inviare il suo Autoritratto: l'opera non fu mai spedita e solo molti anni dopo, nel 1909, fu inviato il ritratto del G. dipinto da F. Podesti (F. G.…, 1963, p. 16).
Il 28 dic. 1871 nacque a Roma il figlio Guido, e il 5 ag. 1873 il secondogenito Silvio. I due bimbi furono ritratti più volte dal padre in alcuni disegni: Guido nel 1873 e nel 1876; di Silvio si ricorda il disegno del 1876 (Roma, Gabinetto nazionale delle stampe). La Società di incoraggiamento alla pittura cristiana di Bologna gli conferì, nell'ottobre del 1876, un diploma con medaglia di bronzo per il dipinto La Sacra Famiglia, forse identificabile con il quadro di analogo soggetto, già nella collezione Giacinto Motta di Milano (F. G.…, 1963, tavv. 90 s.).
Nel 1877 fu incaricato dallo scultore F. Fabi Altini di decorare con un affresco la lunetta soprastante il monumento sepolcrale della marchesa Teresa Stampa Soncino, nel cimitero del Verano a Roma; il soggetto prescelto fu Giuda Maccabeo manda al Tempio le oblazioni per i defunti, raccolte al campo dopo la battaglia (ibid., p. 13); nello stesso anno ritrasse il religioso Don Placido Pieri (Abbazia di Vallombrosa).
Nel 1878 ritrasse Don GermanoGai (ibid.). Il 12 ottobre nacque a Marlia, presso Lucca, dove si era trasferito, la figlia Laura.
Il ritratto di Ignazio Iacometti fu completato nel 1879 (Incisa della Rocchetta, 1979, p. 78, fig. 250) come pure tre piccole tele ovali raffiguranti Mary Elizabeth Bradhurst Field, sua figlia M. Elizabeth FieldBrancaccio e il genero, il principe Salvatore Brancaccio (gli ultimi due in Mostra del centenario della Società…, 1929); la data "ottobre 1879" posta a tergo dei tre ritratti, segna l'inizio dei rapporti di committenza tra il G. e i membri delle due famiglie Field e Brancaccio.
Nel 1880 concluse tre opere da tempo iniziate: la grande pala con la Madonna della Salute concepita nel 1874 per una chiesa della Congregazione vallombrosana da costruirsi a Signol (o Loriol) in Francia, mai realizzata, per la quale aveva ideato anche il progetto architettonico (il dipinto è nella cantoria a destra dell'altare maggiore in S. Prassede); il ritratto della principessa Luisa Corsini nata Scotto, in chiave di garbata e sensibile vanitas, per cui disegnò anche la cornice dorata (1876: Centi, 1997, pp. 150-153, figg. 90 s., 93, 157-159); gli affreschi nella chiesa del Ss. Sacramento ad Ancona, come aiuto e collaboratore dell'anziano maestro Podesti, con le figure dei Quattro evangelisti nei pennacchi e il Salvatore in ovale sulla volta del coro.
Nel 1881 partecipò anche, ma senza successo, al terzo concorso per la decorazione della sala gialla nella sede del Senato.
Libero da incarichi impegnativi ebbe modo di esplicare fantasia, mestiere e non poca diplomazia per esaudire i desideri dei principi Brancaccio e dei Field; terminò così la permanenza del G. in Toscana, tra Marlia e Lucca, e si trasferì definitivamente a Roma.
Divenuto "l'artista di famiglia" dei Field, il G. si occupò non solo di dipingere ritratti, quadri celebrativi, soggetti mitologici e decorazioni per pareti e soffitti nel loro palazzo, divenuto poi Brancaccio, ma realizzò altresì disegni e progetti per mobili e arredi vari, restaurò tele antiche, ideò soluzioni architettoniche per il ninfeo e il caffeaus nel parco.
Nel 1880 progettò la decorazione di un ambiente chiamato "boudoir degli Specchi" con piccoli ritratti "all'antica" (pastelli e tele) raffiguranti nobili antenati (già nell'appartamento dei principi, oggi ricomposto in appartamento privato del piano superiore); si interessò del restauro integrativo e della decorazione di due portantine e due spinette, per una delle quali fornì i cartoni con Teorie di putti nei fianchi e Trionfo di Venere all'interno del piano di copertura; iniziò a lavorare ai cartoni per un ritratto di fanciulli (forse identificabile nella tempera su seta, già nel castello dei principi di San Gregorio da Sassola, con Eleonora, Carlo e Marcantonio Brancacciobambini: F. G.…, 1963, tav. 25); fornì i cartoni per un fregio con paesaggi entro cornici sorrette da putti, da dipingere su tele riportate, poste alle pareti della sala da pranzo dei Field; nel 1884 completò la grande tela con il ritratto della Principessa Brancaccio con i figli in giardino (Roma, Museo di Roma); forse intorno agli anni 1884-85 realizzò cinque sovrapporte per un salone dell'appartamento Field con La raccolta delle messi, La raccoltà dell'uva, L'accensione del fuoco, L'altalena, La mosca cieca (i bozzetti relativi ai primi tre soggetti, in collezione privata a Livorno; gli ultimi due a Roma nella collezione Eredi Gai); nella sala sono riferibili al G. anche le altre due sovrapporte monocrome con La caccia e La pesca (1890), e il progetto delle decorazioni in stucco con figure femminili, putti e fiori ispirati alle quattro stagioni; di datazione incerta, ma con tutta probabilità ante 1886, va collocata la volta dipinta a tempera con la Gloria della famiglia Brancaccio, ideata dal G., ma eseguita in gran parte da altra mano, in una saletta dell'appartamento principesco, come pure il progetto per un soffitto da decorare con tre tele riportate di soggetto mitologico (Centi, 1997, figg. 23-25). Prima del 1886 è il progetto per il caffeaus nel parco - ma non è certo che l'opera sia riferibile al G.: vi era conservata una statua egizia, il cosiddetto "Torello Brancaccio", restaurata e ricomposta con integrazioni dall'artista, e oggi in palazzo Altemps a Roma (Curto, 1978) - e post 1886 fu invece ivi realizzato, su suo disegno, il ninfeo (Roma, collezione Eredi Gai: Centi, 1982, figg. II.3-II.10), come pure un cancello che apre sulla villa. Nel 1886 impostò una grande tela celebrativa con Umberto I e Margherita di Savoia in visita ai principi Brancaccio, mai realizzata, di cui restano un nutrito corpus di disegni e tre bozzetti (Roma, Gabinetto nazionale delle stampe; collezione Eredi Gai; Museo di Roma); tra il 1890 e il 1891 va invece con probabilità collocato il progetto decorativo della stanza da letto della principessa Brancaccio, vicina tipologicamente all'alcova di palazzo Mansi di Lucca, per la quale eseguì, con l'aiuto di decoratori, il soffitto con la Toletta di Venere e quello con una teoria di Amorini in atto di sorreggere serti fioriti, disegnando anche un letto di parata e un mobile con specchiera. Per l'appartamento Field, sempre in palazzo Brancaccio, ideò la decorazione di un camerino con soffitto ospitante una tela antica, forse di Pietro Liberi, e un caminetto di gusto esotizzante in stucco dorato, come pure la decorazione della cosiddetta "sala da concerti", e quella della stanza da letto di Mary Elizabeth Field; per i soffitti di questi due ultimi ambienti aveva anche realizzato, rispettivamente, un bozzetto con il Trionfo di Nettuno, non eseguito (post 1888: Centi, 1997, figg. 58-64) e una tela con l'Aurora, conosciuta come Le Ore, che, ancora da ultimare nel 1895, fu rifiutata, sospesa e terminata nel 1904 (ibid., figg. 55-57).
Dal 1891, e sicuramente fino al 1893, fu incaricato di soprintendere ai lavori di ristrutturazione nel castello di San Gregorio da Sassola dove probabilmente restaurò gli affreschi antichi presenti (F. G.…, 1963, p. 15, tavv. 154 s.).
Nel 1896 raffigurò Eleonora Brancaccio con il figlio Leone Massimo da poco nato (Mostra del centenario…, 1929); infine, intorno al 1909, realizzò i bozzetti in creta per le sculture raffiguranti i busti di Elisabetta e Salvatore Brancaccio (gessi: entrambi a Roma, il primo nella collezione Fernanda Brancaccio, il secondo nella collezione Eredi Gai: Centi, 1997, figg. 67 s.) e dipinse una piccola tela ovale con il ritratto del principe Brancaccio (Roma, collezione Eredi Gai: Id., 1982, pp. 37, fig. I.11, e 38); lasciò in sospeso, dopo la morte della principessa (1909), alcuni lavori di sistemazione in locali pertinenti al castello di Roviano e alcuni disegni per grate, forse da apporre a protezione di fonti di calore. Relativo alla sua attività di progettista di interni e di arredi, nell'ambito della committenza Field-Brancaccio, rimane un nutrito corpus di disegni e studi, tutti in collezione Eredi Gai di Roma.
Gli impegni come artista delle famiglie Field e Brancaccio non impedirono al G. di dedicarsi ad altre opere e attività, anche se l'Arnaud (1886) lo ricorda come "poco operoso a Roma", pur se dotato di squisito gusto nelle composizioni decorative.
Nel 1891 lavorò alla cappella Ruggeri (ora De Amicis) nel cimitero del Verano affrescandovi La Madonna col Bambino, s. Chiara e s. Pietro; della distrutta decorazione rimangono un frammento staccato con testa di S. Pietro e studi vari (Roma, collezione Eredi Gai: F. G.…, 1963, tavv. 63-67).
Nel 1893 insegnò presso il Museo artistico industriale di Roma e nel 1894 fu nominato membro delegato del governo nel consiglio direttivo dell'istituzione per il triennio 1894-96, carica riconfermata per gli anni 1896-98 (lettere di nomina e conferma conservate nell'Archivio Gai).
Nel 1899 nella villa Muti-Bussi di Frascati restaurò e integrò alcuni affreschi: Il Mosè riceve le tavole della Legge, L'Eternità, L'Immortalità, Tobia che restituisce la vista al padre (F. G.…, 1963, p. 17, tavv. 82-84; Centi, 1982).
Nel 1903 nella lunetta sopra il portale della chiesa della Madonna del Mare a Pola venne posto il mosaico con una Madonna col Bambino e angeli, per la quale il G. aveva fornito i cartoni; nel catino dell'abside si trova il mosaico con La Madonna del Mare, sempre su suoi cartoni (Paleologo, 1996; cartoni e studi: Roma, collezione. F. Gai).
Nel 1904 dipinse una Deposizione a fresco nella cappella Fontana nel cimitero del Verano a Roma (F. G.…, 1963, p. 13, tavv. 43-45). Nel maggio del 1905 fu nominato socio, nella classe dei pittori, della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e nel giugno ricevette una medaglia d'oro, conferitagli da Pio X, per la preziosa collaborazione prestata nella Commissione consultiva per i restauri della cappella Sistina; nel corso dell'anno, si trasferì con la moglie a Livorno, in casa del figlio Silvio, pur mantenendo a Roma lo studio in palazzo Brancaccio e gli incarichi all'Accademia di S. Luca.
L'occasione per la sua permanenza a Livorno fu l'avvio dei lavori per la decorazione della cappella Orlando (consacrata nel 1906) nel cimitero della Misericordia su commissione di Giuseppe Orlando, per la quale affrescò L'angelo dell'annuncio della Resurrezione, nella lunetta esterna sopra il portale, e nelle pareti interne L'annuncio della Resurrezione, La Crocifissione, La Fortezza e la Vigilanza, La Fede, La Prudenza e la Temperanza, La Giustizia; ideò la decorazione in stucco, le statue della Meditazione e della Preghiera, il disegno del pavimento, gli arredi. Sempre per la famiglia Orlando disegnò la targa ricordo del varo dell'incrociatore "Pisa" (1909) e i dipinti per la cappella lignea di bordo per l'incrociatore "Georgios Averoff", varato nel 1912; per essa ideò due dittici, l'uno con S. Pietro e la Madonna, l'altro con Cristo e s. Giovanni Battista, e il prospetto dell'altare con Gli evangelisti Luca e Giovanni (F. G.…, 1963, tav. 157 e p. 17).
Nel luglio del 1913 entrò a far parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici che soprintendeva ai lavori di completamento e decorazione del monumento a Vittorio Emanuele II.
Nel 1916 iniziò a dipingere, senza portarla a termine, la tela Mosè salvato dalle acque (ibid., tav. 115), mentre furono completate tre tele a finto arazzo con putti giocosi in varie attitudini (due a Livorno in collezione Cannoniere, la terza a Roma in collezione M.A. Gai: Serafini, 1996).
Fu molto apprezzato come ritrattista, oltre alle effigi dei suoi familiari raffigurò tra gli altri Enrico Gui (1905: Roma, Accademia di S. Luca), la contessa Giovanna Scarpellini, I figli dei conti Scarpellini, il Conte Legrontec (tutti senza data, proprietà Scarpellini: F. G.…, 1963, tavv. 26-28). Il suo ultimo Autoritratto è del 1916 (Roma, Museo di Roma). Scarsissima fu la produzione paesaggistica (per un elenco completo dei suoi dipinti si veda F. G.…, 1963).
Nel 1883, con l'architetto E. Gui, fu incaricato dall'Accademia di S. Luca di riferire sui danni manifestatisi alle strutture murarie e agli affreschi del palazzo Farnese di Caprarola; nel 1904 promosse la riorganizzazione dei concorsi indetti dall'Accademia stessa insieme con G. Tadolini e M. Piacentini; nel 1907 gli venne conferita la medaglia di benemerenza in riconoscimento del suo costante impegno a favore dell'istituzione e nel 1910, insieme con U. Ojetti, curò un sommario riordino della collezione dei disegni di architettura, compresi i doni accademici e le prove di concorso anteriori ai "concorsi clementini"; nel 1913 fu eletto presidente, carica abbandonata dopo un anno per le cattive condizioni di salute. Nel 1915 progettò, con l'aiuto del suo ultimo figlio, Mario, architetto, una nuova sede per l'Accademia di S. Luca da costruirsi a Valle Giulia; ma la proposta venne rifiutata.
Il G. morì a Roma il 17 maggio 1917.
Fonti e Bibl.: Esposizione romana delle opere di ogni arte eseguite pel culto cattolico…, Roma 1870, p. 9; B. Capogrossi Guarna, Il monumento sepolcrale della marchesa Stampa Soncino…, in Il Buonarroti, s. 2, XIII (1879), p. 5; J. Arnaud, L'Académie de St-Luc à Rome…, Roma 1886, p. 294; Mostra del centenario della Società amatori e cultori di belle arti in Roma (catal.), Roma 1929, p. 17; Roma nell'Ottocento (catal.), Roma 1932, p. 169; F. G. artista romano. 1835-1917. Catalogo delle opere, Roma 1963; U. Barberini, Pitture di F. G. al Museo di Roma, in Bollettino dei Musei comunali di Roma, XIII (1966), pp. 1-3, fig. 1; M. Praz, Scene di conversazione. Conversation pieces, Roma 1971, pp. 156 s., fig. 121; S. Curto, Il Torello Brancaccio, in Hommages à Maarten J. Vermaseren, Leiden 1978, pp. 288 s., tavv. XXXVI-XXXIX; G. Incisa della Rocchetta, La collezione dei ritratti dell'Accademia di S. Luca, Roma 1979, ad indicem; M.C. Bonagura, Disegni romani di figura. 1800-1870 (catal., Galleria C. Virgilio), pp. 35 s., figg. 37, 76; A. Negro, Villa Arrigoni Muti, in Villa e paese. Dimore nobili del Tuscolo e di Marino (catal.), a cura di A.M. Tantillo Mignosi, Roma 1980, p. 180; G. Centi, Inizio di una ricognizione: i materiali dell'Archivio Capitolino e dello studio Gai (catal.), Roma 1982; F. Quinterio, in Palazzo Madama, Roma 1984, p. 197; C. Bon Valsassina, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, pp. 451 s., 455; A.V. Jervis, ibid., II, pp. 837 s.; E. Serafini, Saggi critici. Opere inedite del pittore F. G., Roma 1996, pp. 5-15; F. Paleologo, Il Famedio del marinaio italiano, in Bollettino d'archivio dell'Ufficio storico della marina militare, X (1996), 6, p. 27; A.R. Podesti, in Francesco Podesti (catal.), a cura di M. Polverari, Milano 1996, pp. 258 s.; G. Centi, in Il Museo nazionale d'arte orientale in palazzo Brancaccio, a cura di P. D'Amore, Roma 1997, pp. 30-62, 75-92, 99-130, 147-161 (con ulteriore bibl.).