GIANGIACOMO, Francesco
Figlio di Gaetano, nacque a Roma nel 1783.
All'inizio del secolo XIX divenne il primo allievo romano del pittore J.-B.-J. Wicar, che si era trasferito stabilmente in città a partire dal 1801. Le prime notizie sull'attività del G. si ricavano dalle numerose lettere a lui inviate da Wicar, di cui fu il più stretto collaboratore non solo in questioni artistiche. Durante i suoi numerosi viaggi il maestro affidava infatti al G. il compito di seguire i suoi affari e le sue relazioni sociali, oltre alla cura dei suoi allievi e del suo atelier romano. È all'artista francese che il G. deve i suoi primi incarichi e le prime conoscenze importanti. Nel 1803 il suo nome appare in una lista di artisti segnalati da Wicar per fornire i disegni per le incisioni dell'Iconographie grecque ou Recueil des portraits authentiques des empereurs, rois et hommes illustres de l'antiquité di E.Q. Visconti; al G. venne assegnata l'esecuzione dei disegni per i ritratti di Scipione l'Africano e di Socrate. Divenne quindi allievo dell'Accademia di S. Luca dove, il 17 giugno 1805, vinse il secondo premio della seconda classe di pittura giungendo alle spalle di Antonio Caliari ma precedendo B. Fumagalli e B. Pinelli.
In una lettera del 16 marzo 1807 Wicar incitava il G. a prendere parte con un dipinto al concorso Balestra presso la stessa Accademia con la promessa di fornirgli, se possibile, un aiuto "segreto". Attraverso il pittore francese il G. si legò in amicizia con V. Pacetti, V. Camuccini e A. Canova. Nonostante il carattere non facile di Wicar, il G. intrattenne sempre buoni rapporti con il maestro, fino alla morte di questo (1834). In segno di riconoscenza, Wicar gli lasciò in eredità "Due Accademie disegnate dal vero, Otto cartoni di Megns (sic) a contorni, ed un cartone rappresentante l'Immagine di Nostro Signor Gesù Cristo ricavato da Fr. Sebastiano del Piombo" (Ansaldi, p. 486).
Da Wicar, abilissimo disegnatore e incisore, nonché collezionista di disegni dei maestri italiani, il G. apprese una non comune perizia grafica che lo portò a divenire uno dei disegnatori più attivi nella Roma di inizio XIX secolo, specializzato soprattutto nel campo dell'incisione di traduzione a contorno delle opere pittoriche romane di Quattro e Cinquecento. Partecipò per esempio alla serie di 37 incisioni tratte dalla volta della Sistina di Michelangelo, ideata nel 1803 da Domenico Cunego.
Presso la Calcografia nazionale di Roma sono conservati tre suoi disegni a carboncino: Il diluvio universale, Il serpente di bronzo e Giuditta e Oloferne. Quest'ultimo, precedentemente attribuito a Giacomo Conca, viene restituito al G. da M. Miraglia sulla base dell'inventario della Calcografia camerale del 1861. La loro esecuzione, benché datata genericamente entro il 1828, anno in cui la serie venne incisa in rame da Luigi Fabri, è da collocarsi entro il primo decennio del secolo.
Del 1809 è la serie di acqueforti a contorno dedicata agli affreschi delle stanze di Raffaello (Dieci soggetti ricavati dalle pitture di Raffaele nelle camere del Vaticano), interamente disegnata e incisa dal G. che, a partire dal 1810, iniziò un lungo rapporto, protrattosi fino al 1835, con la Calcografia camerale per conto della quale disegnò e incise a contorno la serie di 16 stampe raffiguranti Le pitture della cappella di Nicolò V. Opere del Beato Giovanni Angelico da Fiesole esistenti nel Vaticano (1810). Sempre nel 1810 eseguì i disegni (Roma, Calcografia nazionale) per una serie di 14 incisioni, eseguite più tardi per conto della Calcografia camerale, dal titolo Lunette in parte danneggiate che esistevano nel chiostro grande di S. Maria del Popolo dipinte da Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, dallo Spagna e da altri scolari di Pietro Perugino, demolite in 1811.
I rami tratti dai disegni vennero eseguiti solo nel 1831 da Gregorio Cleter, Antonio Puccinelli, Nicola Aureli e Pietro Mancion. Il G. realizzò inoltre i disegni, di ubicazione ignota, degli affreschi del Trecento e di primo Quattrocento presenti in S. Giacomo al Colosseo, eseguiti nel periodo immediatamente precedente la demolizione della chiesa avvenuta nel 1816 (Guattani).
Agli anni 1814-15 è datata la serie di 10 disegni (Roma, Calcografia nazionale), riproducenti gli affreschi dell'abside di S. Onofrio al Gianicolo, che venne incisa da Mancion tra il 1832 e il 1833 per la Calcografia camerale. Altri 10 disegni a matita (ibid.) vennero eseguiti dal G. per la serie di incisioni, da lui stesso realizzate, dedicata agli affreschi del Pinturicchio nella cappella Bufalini in S. Maria in Aracoeli a Roma: la serie viene datata tra il 1819 e il 1831 da M. Miraglia, che la collega all'intervento di restauro nella chiesa eseguito da Giuseppe Candida sotto la direzione di Camuccini nel 1818-19.
Nello stesso periodo realizzò i disegni preparatori per la serie di incisioni riproducenti Le vetrate dipinte da fra Guglielmo de Marcilla esistenti nel coro della chiesa di S. Maria del Popolo in n. 13 tavole: le scene vennero incise da vari autori tra cui Gioacchino Lepri, Pietro Trasmondi e Nicola Aureli, sempre per la Calcografia camerale. Dei 13 disegni 12 sono conservati presso la Calcografia nazionale di Roma e sono stati datati tra il 1819, data leggibile sulla filigrana del disegno con L'Annunciazione, e il 1831, data degli incidatur più precoci della serie, terminata nel corso del 1835 (Miraglia). Perduto è il disegno del G. per il rame inciso da Antonio Banzo con L'incontro di Gioacchino e Anna.
Alla metà degli anni Dieci - comunque dopo la Restaurazione - il G. ideò e fornì due disegni (ubicazione ignota) per una serie di incisioni dedicate alle vicende di Pio VII durante il periodo napoleonico, Il cardinal Pacca si reca da Pio VII nel giorno del suo arresto, 6 settembre 1808 e Assalto a Pio VII il 6 luglio 1809, rispettivamente incisi da Giovanni Paolo Lasinio e Giuseppe Calendi. Documentano invece l'attività più tarda del G. in Calcografia camerale una serie di 8 disegni (1830-31 circa) dedicati agli affreschi dell'abside di S. Croce in Gerusalemme. La corrispondente serie incisoria - eseguita da Michele Torres, Giovanni Francioni, Lucio Lelli, Cesare Nalli, Antonio Puccinelli, Bernardino Consorti e Ludovico Prasseda - forma un'unica opera con un'altra serie, tratta da disegni del G. e dedicata agli affreschi di S. Maria del Popolo (Varie pitture di Bernardino di Betto… esistenti nell'apside… di S. Croce in Gerusalemme in n. 8 tavole e in S. Maria del Popolo… in n. 11 tavole).
I disegni da S. Maria del Popolo, 21 in tutto, vennero però realizzati dal G. in un momento posteriore rispetto a quelli da S. Croce, ossia tra il 1831 e il 1835, e comprendono anche le riproduzioni degli affreschi del coro della chiesa, non menzionati nel frontespizio della serie incisoria, ancora in corso di esecuzione nel 1843. I rami tratti da S. Maria del Popolo furono eseguiti, tra gli altri, da Gioacchino Lepri, Stanislao Morelli, Bernardino Consorti e Nicola Aureli.
Sempre su commissione della Calcografia camerale il G. eseguì inoltre i disegni, tutti incisi da Lepri, per 38 ritratti di cardinali, per la maggior parte creati da Pio VII tra il 1803 e il 1823, che si distinguono per un'acuta resa introspettiva delle fisionomie degli effigiati.
Almeno dal 1816 il G. ricoprì, dietro segnalazione di Canova, la carica di direttore della Scuola romana di disegno e pittura presso l'ospizio apostolico del S. Michele a Ripa Grande, che manterrà fino a tarda età.
Presso l'Archivio dell'Istituto romano di S. Michele sono conservati un cospicuo numero di schizzi, disegni preparatori e alcune accademie eseguiti a matita e carboncino. I fogli sono stati rilegati nel 1860 in un album nel cui frontespizio appare un sonetto dedicato dagli allievi del S. Michele al loro maestro in occasione del suo compleanno. Benché databili a epoche differenti, i disegni mostrano un'immutata adesione agli stilemi neoclassici appresi da Wicar e una spiccata attenzione alla pittura italiana del primo Rinascimento, già documentata nel lungo lavoro incisorio.
A partire dagli anni Venti è nota l'attività del G. come restauratore di dipinti per chiese romane.
Nel 1825 intervenne sui quadri in S. Maria dell'Orazione e Morte. All'inizio degli anni Cinquanta restaurò, per conto della Congregazione illirica, gli affreschi sulle volte di S. Girolamo degli Schiavoni (Giornale di Roma, 26 genn. 1853). Nello stesso periodo condusse, insieme con G. Candida, i restauri dei dipinti murali delle sale degli Imperatori, degli Apostoli e di Costantino del palazzo Lateranense.
Scarsi sono i dati sull'attività pittorica del G.: benché egli venga sempre ricordato nei documenti come pittore, l'unico dipinto oggi noto è la pala a olio raffigurante S. Michele Arcangelo nella chiesa del Ss. Salvatore nell'ospizio di S. Michele a Ripa, dove si conserva; prima di venire collocato su uno degli altari laterali, il dipinto fu esposto nel Pantheon raccogliendo ampi consensi (Diario di Roma, 16 sett. 1818). Nel 1824 il G. è comunque ricordato da Keller tra i "pittori d'istoria, e di ritratti" attivi a Roma.
Sempre nel 1824 il G. risulta residente in via della Schiavonia, numero 15, dove viveva con la moglie, Chiara Petrolini, e con i loro otto figli, Carolina, Scipione, Caterina, Anna, Eugenia, Elsa, Rosa e Tertulliano. L'ultimo figlio, Quintiliano, nacque il 10 ag. 1826. Nello stesso anno il G. venne accolto tra i Virtuosi del Pantheon (Diario di Roma, 26 apr. 1826). Da una lettera inviata a T. Minardi nel 1833, si ricava che il suo studio era in via della Vittoria, al numero 25.
Il G. morì a Roma il 22 febbr. 1864 e venne sepolto nel cimitero di S. Lorenzo al Verano.
Tra i suoi allievi, sono da ricordare lo scultore Luigi Amici, che lo ritrasse in un bel busto in marmo conservato presso l'istituto romano di S. Michele, gli incisori Luigi Calamatta, Paolo Mercuri e Paolo Neri.
Suo allievo fu anche il figlio Tertulliano, nato a Roma nel 1823. All'Istituto romano di S. Michele è conservato un suo Ritratto dell'anziano padre, firmato e datato 1861. Angelo De Gubernatis (Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, p. 592) lo ricorda come "pittore di fatti storici e ritrattista" e cita una serie di dipinti non più rintracciabili, tra cui un S. Francesco che veste un povero del suo mantello, inviato in Cile; una Madonna con Bambino per il collegio di Fermo; un S. Girolamo, inviato in Dalmazia; un Ritratto del cardinal Massaia inviato a Montevideo. Nel 1867 Tertulliano partecipò all'esecuzione del grandioso apparato effimero costruito nella basilica Vaticana per la festa svoltasi il 29 giugno in occasione del XVIII centenario del martirio dei ss. Pietro e Paolo. Nella stessa occasione vennero canonizzati Giosafat vescovo, Pietro de Arbues, Paolo della Croce, Leonardo da Porto Maurizio, Francesca delle Cinque Piaghe, Germana Cousin e i 19 martiri gorcomiensi, i cui miracoli vennero illustrati in grandi stendardi dipinti che pendevano dalle arcate della navata centrale, in parte eseguiti da Tertulliano. Egli realizzò un altro stendardo in occasione della canonizzazione di Benedetto Giuseppe Labre, svoltasi in S. Pietro il 22 sett. 1881. Fornì inoltre i disegni per i ritratti di oltre 40 cardinali, incisi per conto della Calcografia camerale prevalentemente da Nicola Moneta e raffiguranti i cardinali creati da Pio IX nel sesto decennio del secolo.
Tertulliano, che abitò nella casa paterna in via della Schiavonia, morì a Roma il 17 genn. 1892 senza moglie né figli.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dell'Accademia di S. Luca, Registro dei concorsi, v. 56, f. 43; Ibid., Archivio storico del Vicariato, Parrocchia di S. Lorenzo in Lucina, Stati anime, 1824; Parrocchia di S. Rocco a Ripetta, Battesimi, 1823, 1826; Ibid., Defunti, 1864; Parigi, Archives Doucet, Dossier Wicar; G. Brunel - I. Julia, Correspondance des directeurs de l'Académie de France à Rome, n.s., II, 1, Roma 1984, p. 409; Diario di Roma, 16 sett. 1818 e 26 apr. 1826; C. Guattani, Memorie enciclopediche sulle antichità e belle arti di Roma per il MDCCCXVII, II, Roma 1819, pp. 130 s.; E. Keller, Elenco di tutti i pittori…, Roma 1824, p. 86; S. Betti, Notizie intorno alla vita e alle opere del cav. Giambatista Wicar pittore di Lilla, Roma 1834, p. 18; G.B. Vermiglioli, Di Bernardino Pinturicchio…, Perugia 1837, p. 68; E. Ovidi, La Calcografia romana e l'arte dell'incisione in Italia, Roma-Milano 1905, p. 68; L. Callari, I palazzi di Roma, Roma 1932, p. 305; G.R. Ansaldi, Documenti inediti per una biografia di G.B. Wicar, Roma 1936, pp. 406, 486; P. Arrigoni - A. Bertarelli, Piante e vedute di Roma e del Lazio conservate nella raccolta delle stampe e del disegni del Museo di Castello Sforzesco, Milano 1939, p. 129; I francesi a Roma. Residenti e viaggiatori nella Città Eterna dal Rinascimento agli inizi del Romanticismo (catal.), Roma 1961, p. 342; M.A. Scarpati, in Disegni di T. Minardi (1787-1871), (catal.), I, Roma 1982, p. 2; A. Mattirolo, Le scuole d'arte, in Il S. Michele a Ripa Grande, a cura di F. Sisinni, Roma s.d., pp. 185-202; La Sistina riprodotta. Gli affreschi di Michelangelo dalle stampe del Cinquecento alle campagne fotografiche Anderson (catal.), Roma 1991, pp. 161 s.; E. Borea, Le stampe dai primitivi e l'avvento della storiografia artistica illustrata, II, in Prospettiva, 1993, n. 70, pp. 50-74; I disegni della Calcografia 1785-1910 (catal.), a cura di M. Miraglia, I, Roma 1995, pp. 539-602; M. Gordon - M. Aldega, J.-B.-J. Wicar. Drawings, Roma 1995, p. 34; Corpus delle feste a Roma, II, Il Settecento e l'Ottocento, a cura di M. Fagiolo, Roma 1997, pp. 397, 429; G. Capitelli, "L'ignobil masso": la perduta chiesa di S. Giacomo al Colosseo e la sua decorazione pittorica attraverso la documentazione archivistica, letteraria, iconografica, in Roma moderna e contemporanea, VI (1998), 1-2, pp. 57-81; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 582 s.