GIANNI, Francesco
Nacque a Roma il 14 nov. 1750 da Pietro, originario di Castiglione d'Intelvi (presso Como), e Anna Bertollini di Mondovì, probabilmente trasferitisi a Roma al servizio di un prelato.
Alla nascita del G. i genitori versavano in condizioni economiche precarie, cosicché egli dovette lavorare fin dall'infanzia e non frequentò scuole. Fu garzone d'un carrozziere che lo trattava duramente, e una volta lo percosse con tale violenza da fratturargli alcune costole; i contemporanei attribuirono all'episodio la vistosa deformità che lo segnò a vita. Del ragazzo s'interessò allora il card. F. Pannocchieschi d'Elci, che aiutò il padre ad aprirgli sul Corso una piccola bottega di sarto per la confezione di gonnelle.
Lì cominciò a manifestare straordinarie doti di memoria ed estro nell'improvvisazione, che attrassero i passanti e furono ben presto conosciute in città. Col tempo affinò i suoi strumenti su popolari classici della letteratura (specialmente l'Orlando furioso), fino ad attrarre l'attenzione di personaggi qualificati del mondo letterario romano quali l'accademico F. Battistini, poeta estemporaneo egli stesso, che lo fece esibire nell'Accademia dei Forti, e mons. L. Tangarini, che lo sostenne finanziariamente, dato che ormai trascurava il lavoro di bottega (e presto lo avrebbe abbandonato del tutto). Costoro tentarono d'indurlo a studi regolari (su Dante e Tasso), ma il G. preferiva inseguire facili successi in piccoli spettacoli d'improvvisazione nelle bettole e nelle strade. Tuttavia a volte frequentava l'Arcadia, e i suoi protettori riuscirono a farlo ammettere all'Accademia dei Forti, dove cominciò a cimentarsi in tenzoni poetiche, allora in voga, con improvvisatori affermati come N. Berardi; vi riportò qualche successo, che lo rese noto fuori di Roma, anche grazie a non romani che vi si trovavano (da A. Verri a V. Monti, con il quale inizialmente si legò d'amicizia, A. Canova e V. Alfieri). Divenne leggenda la bravata del G. che, davanti a un palazzo in fiamme, declamò un'improvvisazione sul tema, fra gli applausi degli astanti. Nel 1777 fu ammesso in Arcadia, con il nome di Tirteo Megarese.
Lo scoppio della Rivoluzione francese destò nel G. un frenetico entusiasmo per le nuove idee; anche se non si era impegnato in modo concreto, dopo l'assassinio di N.-J. Hugou de Bassville (13 genn. 1793) si sentì ugualmente esposto alla reazione e forse quella sera stessa fuggì da Roma insieme con lo scultore giacobino G. Ceracchi. È possibile, però, che non corresse alcun pericolo e che la partenza fosse posteriore e dovuta alla ricerca di occasioni nuove più che a motivi politici, anche se poi li accampò. Tra l'altro è improbabile che un giacobino in fuga dedicasse una composizione al card. G.F. Albani, come il G. fece con il Poemettoperla morte del padre (edito a Firenze nel 1793).
A Firenze incontrò la senese Anna Pieri, moglie del marchese Giulio Brignole Sale di Genova, che forse aveva conosciuto a Roma e della quale s'innamorò; la seguì a Genova, dove la Pieri, influente negli ambienti letterari, divenne la sua protettrice ufficiale fino alla morte e l'introdusse dove poteva far meglio apprezzare le sue doti d'improvvisatore e la sbalorditiva memoria. In quegli ambienti trovò altri mecenati, fra i quali l'avvocato L. Corvetto, presidente nel 1797-98 del Direttorio della Repubblica ligure (provvidenziale per lui in seguito), e il marchese G.C. Di Negro, che per due anni l'ospitò e, per fargli ottenere e rinnovare (con cadenza bimestrale, e poi mensile) il permesso di soggiorno (avendolo la polizia classificato "pessimo soggetto"), lo presentò come precettore dei nipoti. Nell'autunno 1794, un altro illustre patrizio genovese, G.B. Cambiaso, l'ebbe ospite nella villa di Sestri, dove riuniva uno scelto gruppo di letterati e musicisti. Il G. vi ottenne un grande successo, quasi una consacrazione ufficiale, mentre il Cambiaso traduceva in latino le sue improvvisazioni, che il Di Negro giunse a celebrare in versi (Odiliriche…, Genova 1828, pp. 49 s.). Il G. partecipò ad accademie simili nei palazzi di L. Giustiniani e M. Lomellini e nel 1795 presso la dama Maria Tomasina Balbi, vedova del Cambiaso. Queste sedute d'improvvisazione (su temi svariati proposti dai presenti, spesso con metri obbligati) potevano prolungarsi fino all'alba ed erano talmente popolari che le gazzette del giorno seguente pubblicavano le composizioni più apprezzate, tra le quali, spesso, quelle del G. (v., per esempio, Avvisi…, 1794, n. 34, p. 265). Viziato dal successo, egli arrivò a pretendere l'esclusione dalle riunioni delle "facce antipatiche" che gli toglievano concentrazione. Le sue tenzoni poetiche con il duca napoletano G. Mollo, imparentato con cospicue famiglie genovesi, crearono vere fazioni. Fra gelosie e ripicche piovvero denunce anonime sul suo preteso passato giacobino, tanto che per ottenere il rinnovo della "bulletta" di soggiorno dovette produrre un attestato del proprio parroco.
Tuttavia nell'estate 1795 il rinnovo gli venne rifiutato; costretto a lasciare Genova, il G. si recò a Pisa, dove però si fermò poco. Già il 5 agosto improvvisava a Siena, dove il p. M. Ricca e F. Gagnoni gli proposero come tema I vasi linfatici (il testo fu poi pubblicato a Firenze nel 1795); il G., del tutto all'oscuro dell'argomento, dopo una breve informazione avuta da P. Mascagni, lo svolse con tale compiutezza ed eloquenza da sbalordire l'uditorio. Il 12 agosto, in un'accademia ancora più vasta, stupì i presenti poetando su Leda e Giove, avendo per condizioni fisse, poste al momento, che la composizione fosse di quaranta ottave con rime obbligate.
Dopo molte altre riunioni simili, tuttavia, la curiosità dei Senesi s'esaurì e il G. decise di passare a Firenze, pur sapendo che lì serpeggiava qualche freddezza nei suoi riguardi. Evitando di tenere pubbliche accademie, si esibì solo nei salotti, sollevando clamore per le contese poetiche con la celebre Fortunata Sulgher Fantastici. L'Alfieri, che vi assisté, trovò che la Fantastici, velocissima, improvvisava realmente, mentre il G., più lento, "componeva presto". Pare che quest'ultimo, innamoratosi dell'improvvisatrice e respinto, reagisse con lettere ingiuriose ed epigrammi velenosi; la querelle, nella quale entrò anche un'altra improvvisatrice allora celebre, la lucchese Teresa Bandettini, sfociò in un pelago di pettegolezzi, risentimenti e sfide. Intanto, però, il G. coltivava oculatamente relazioni che potessero giovargli: ottenuta la protezione di A. Miot, ministro di Francia a Firenze, tenne in casa di lui un'altra trionfale esibizione.
Era allora a Firenze anche il Monti, che sperava di ottenere raccomandazioni per Milano dal Miot; egli ebbe con il G. una formale ma interessata riconciliazione (già a Roma tra loro s'erano susseguiti liti e riavvicinamenti): pare però che il G. cercasse, attraverso le sue amicizie francesi, d'intralciare i progetti del Monti, che non mancò di ricambiarlo appena poté. Inoltre, anch'egli partì per Milano, dove cercò di entrare in politica, riuscendovi in qualche misura: dopo i preliminari di Leoben si esibì per Napoleone nella villa Crivelli a Mombello e il generale mostrò di apprezzarlo (si tramanda che esclamasse: "Questo gobbo ha del genio!"); nel novembre 1797 il Direttorio della Cisalpina lo nominò "benemerito della patria e cittadino attivo", e poco dopo membro del Corpo legislativo nel Consiglio degli iuniori per il dipartimento del Rubicone. Nel marzo 1798 il G. pubblicò a Milano i primi cinque canti del Bonaparte in Italia (rimasti senza seguito, sebbene ne avesse annunciati cento), ampiamente lodati sul Monitore italiano dal Foscolo, aspramente controbattuto dal Monti sul Compilatorecisalpino. Poi, però, sotto l'influenza di Teresa Pikler Monti, il Foscolo si allontanò da lui, tanto che, quando il G. scese con il Monti a insulti e calunnie (Giornale senza titolo, n. 86, 9 messidoro anno VI), pubblicò l'Esamedi N.U. Foscolosulle accuse contro V. Monti (s.n.t.), cui il G. ribatté con espressioni incredibilmente basse sulla Pikler nell'epigramma O tu che al suon della cornutalira.
Questa ridda d'intrighi fu interrotta nel 1799 dalle vittorie austro-russe e dal ritorno degli Austriaci in Lombardia. Il G. sostenne d'essere stato arrestato e imprigionato a Cattaro, da dove sarebbe tornato solo dopo la battaglia di Marengo, e quasi tutti i biografi danno l'episodio per reale. In realtà, egli non compare nella lista dei deportati ed è certo che già il 24 piovoso dell'anno VIII (14 febbr. 1800) improvvisava a Genova, in casa di un conte Serra, I Francesi inIrlanda, presente l'abate G.B. Casti. Il 13 termidoro (3 ag. 1800) era già a Parigi, dove divenne intimo del Casti e frequentò C. Imbonati, Giulia Manzoni Beccaria, L. Mascheroni, V. Lancetti. Il G. seppe inserire la propria vena estemporanea e celebrativa nell'embrione di corte che si stava formando a Parigi, e l'8 giugno 1801 ottenne un primo successo ufficiale improvvisando in onore della regina d'Etruria Maria Luigia di Borbone in una festa data dal Talleyrand a Neuilly. Quando dal 1802, con il conferimento a Napoleone del consolato a vita, si formò una vera corte alle Tuileries e alla Malmaison, il G. ne fu parte, esibendosi spesso all'Hôtel de Brienne per Napoleone e la madre Letizia. Nel 1804 fu inserito nei ruoli di corte come poeta pensionario, con 6000 lire annue di emolumenti. Fino al termine dell'Impero, pilotato dalla marchesa Brignole, divenuta dama dell'imperatrice, e dal Corvetto, godette d'una posizione dignitosa; talora, trovandosi in un salotto all'arrivo della notizia di una vittoria del Bonaparte, ne improvvisava una celebrazione, come fece, oltre che per molte altre, per quelle di Austerlitz (La battaglia di Austerlitz, canto improvviso) e di Jena (La battaglia di Jena, versi estemporanei): entrambi i componimenti apparvero a Parigi nel 1806.
Laure Junot, duchessa d'Abrantès, lo descrive in quel periodo (Mémoires, VI, Paris 1893, p. 114) come "prodigieusement laid", con vistose gobbe sul petto e sulla schiena e braccia lunghe fin quasi a terra (i marchesi Guadagni di Poggio Mirteto, discendenti in linea femminile dal fratello del G., conservano un suo ritratto in abito di gala). A Parigi il G. sembrò ancora rientrare in amicizia con il Monti, ma gli fece poi perdere un agognato posto di professore d'italiano al Collège de France: la schermaglia, durata tutta la vita, culminò con la vendetta del Monti nella Mascheroniana, dove lo fece oggetto di versi assai pungenti. Il G., perso ogni ritegno, replicò con il libello Proteone allo specchio, cui il Monti rispose da Milano con una lettera a S. Bettinelli, divenuta poi notissima (pubblicata da L. Vicchi in VincenzoMonti, X, Fusignano 1887, p. 209 n.), e con la riuscita caricatura di Jannicolo poeta maniaco nella satira Stratonica, pubblicata a Bologna nel 1828.
Nel 1811 il G. tornò per quattro mesi a Genova, dove fu festeggiatissimo; ma il crollo dell'Impero mutò radicalmente la sua vita, sebbene la protezione del Corvetto, divenuto ministro delle Finanze di Luigi XVIII, gli facesse conservare la pensione napoleonica. Dopo la morte della Brignole nel 1815, egli piombò in una sindrome depressiva, con manifestazioni d'incontrollato bigottismo e terrore della scomunica (molte sue opere erano all'Indice). Alcuni pensarono a una nuova mistificazione tesa a far dimenticare il suo passato, ma due lettere scritte da Parigi al fratello Gaetano a Roma poco prima della morte (21 sett. 1821 e 15 marzo 1822), piene di precetti edificanti e con minacce di diseredarlo se non fosse vissuto da perfetto cristiano, testimoniano la sua buona fede. Negli ultimi anni pubblicò solo nove composizioni (Sonetti dedicatiaDio, Genova 1817).
Pur essendo il G. un poeta dichiaratamente estemporaneo, moltissime sue produzioni furono raccolte e pubblicate, sia pur disordinatamente. È possibile classificarle in: 1) poesie d'intonazione anacreontica, canzonette e idilli galanti o mitologici, spesso di contenuto erotico; 2) poesie d'ispirazione eroico-pindarica (in ottave, terzine, versi sciolti), sempre con contenuti eroici o encomiastici; 3) poesia napoleonica propriamente detta e poesia d'ispirazione rivoluzionaria; 4) poesie varie (filosofiche, scientifiche, conviviali). Le edizioni più complete sono la Raccolta di poesie di Francesco Gianni (I-V, Milano 1807-08) e quella postuma di Firenze (1827): un'accurata bibliografia anche dei moltissimi testi del G. pubblicati nel corso degli anni è in appendice allo studio di N. Bartoli (pp. XI-XVI) e nella voce di G. Casati. Le cose di migliore qualità del G. sono il già ricordato poemetto incompiuto in terzine B0naparte in Italia, il canto militare La vendetta, la celebrata composizione La madreebrea nell'assedio di Gerosolima (Roma 1791), che figurò a lungo nelle antologie, e i sonetti su La morte di Giuda (con i quali gareggiò con il Monti) e Dei saluti del mattino edella sera… (editi anche a parte, Genova 1811, con dedica alla Brignole).
La data della morte del G., avvenuta a Parigi, è controversa: è certamente da porre nel 1822 (anche se alcuni autori parlano addirittura del 1827), quasi certamente il 17 novembre.
Fonti e Bibl.: Parigi, Bibl. nationale, Mss. Ital., Coll. Custodi, VIII, 1552, cc. 188-219; Siena, Bibl. comunale, Autografi raccolti da G. Porri, filza LXIII, 9 (21 lettere del G., e sue composizioni estemporanee); E. Lovery, G., in L'Album, III (1837), 31, pp. 241-244 (anche in Vite di romani illustri, III, Roma 1890, pp. 100-102); E. De Tipaldo, Biografia degliitaliani illustri, IV, Venezia 1837, pp. 283-285; F. Fabi Montani, Elogio storico di F. G., Roma 1843; Giornale arcadico, XCIV (1843), pp. 337-376; L. Vicchi, Vincenzo Monti…, Fusignano-Faenza 1879-87, I, p. 86; II, p. 481; III, p. 176; IV, p. 175; F. Bocci, Lettera del chiar.mo sig. Ennio Quirino Visconti per introduzione ai"Saluti del mattino e della sera" di F. G., Genova 1881; L. Venturini, F. G. e lapoesia estemporanea, in Conversazionidelladomenica, 7 apr. 1889, n. 11; E. Filippini, A proposito dei sonetti delMonti su la morte di Giuda, in Rass.critica della letteratura italiana, VII (1896), p. 114; Bulletin italien, IV (1904), p. 320; VI (1906), pp. 13 s.; A. Vitagliano, Storia della poesia estemporanea in Italia, Roma 1905, ad nomen; G. Manacorda, I rifugiatiitaliani in Francia negli anni 1799-1800, in Memorie della R. Accademiadelle scienze di Torino, s. 2, LVII (1907), pp. 58 ss.; P.L. Mannucci, F. G. e la sua praticapoetica, in Rivista ligure, XXX (1908), pp. 26-50; N. Bartoli, F. G., Cava de' Tirreni 1921 (pp. 1-70, biografia; pp. 71-188, L'artedel G.; nelle Appendici: pp. 1-20, lettere; pp. I-IX, rari e inediti; pp. XI-XVI, bibliografia delle opere; pp. XVII s., bibliografia sul G.; p. XX, gazzette, annali, diari); G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1934, ad indicem; P. Vannucci, Di un nemico delFoscolo, Urbano Lampredi, in Belfagor, XVI (1961), 4, p. 466; N. Tatti, Unalettera inedita di G.B. Casti a LucreziaMonti (Parigi, 10 nov. 1798), in La Rass.della letteratura italiana, XCV (1991), 3, p. 29 n. 22; Nouvelle Biographiegénérale, XX, coll. 419 s.; Biographie universelle, XVI, pp. 403 s.; Biographical Dictionary, London 1853, VIII, ad vocem; Grand Dictionnaire Larousse, VIII, p. 1242; G. Casati, Diz. degliscrittori d'Italia, III, ad vocem; Diz. del Risorgimento nazionale, III, ad vocem; Enc. Italiana, XVI, ad vocem.