GIRELLI, Francesco (Franco)
Nacque a Verona il 15 genn. 1903 da Egidio, scultore, e da Teresa Eugenia Andrioli. Terzogenito di quattro figli, il G. frequentò i corsi di scultura sotto la guida del padre all'Accademia G.B. Cignaroli di Verona, vincendo il primo premio nel luglio 1921 al termine del quarto corso. Diplomatosi a pieni voti, dapprima divenne assistente del padre; quindi, nel 1930, gli subentrò nell'insegnamento presso lo stesso istituto, quando per ragioni di età fu costretto ad abbandonare l'attività didattica.
L'esordio espositivo avvenne nel 1927 nella città natale in occasione della XL Rassegna nazionale promossa dalla Società di belle arti, tra aprile e maggio, nel palazzo della Gran Guardia, dove vennero riuniti tre lavori (Bacio, in gesso, e i bronzi S. Francesco e Porta gioie). Seguirono, nello stesso anno, la partecipazione alla V Esposizione d'arte delle Venezie, allestita in primavera nel palazzo della Ragione a Padova, e alla XVIII Mostra dell'Opera Bevilacqua La Masa, dal 6 luglio, a Venezia. Nel 1928 realizzò in bronzo il Monumento ai Caduti di Trevenzuolo (ill. in Il Garda, III [1928], 9-10, pp. 24 s.) sintetizzato nella visione di un guerriero, massiccio nelle fattezze e austero nella posa, in sintonia con gli stilemi classicheggianti tipici della cultura figurativa dell'epoca. Alla XLI Biennale veronese tenutasi nel marzo 1929 propose tre lavori: il bronzo Silhouette, raffigurante una giovane donna "alta e flessuosa, investita da una raffica di vento", una piccola Madonna e il busto marmoreo di Elena Cabianca, apprezzato dalla critica per il modellato "pieno e carnoso, accuratissimo" (La scultura…); si ha inoltre notizia della realizzazione di un'opera, concepita come omaggio alla figura di Cesare Battisti, in concorso per il premio Bovio. Il Santo e il bronzo Sardegnola (ill. in Il Garda, V [1930], 10, p. 28) furono proposti l'anno seguente alla XXI Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, la prima di una serie di iniziative regionali organizzate dal Sindacato veneto di belle arti. Sempre nel 1930 il G. esordì alla Biennale di Venezia con uno studio in bronzo raffigurante una testa femminile (ill. ibid., p. 30) resa con vigore plastico ed equilibrio compositivo, caratteri recepiti dalla lezione del padre e maturati in un linguaggio sempre allineato a una concezione tradizionale della ricerca figurativa. Il busto di una giovane dal capo languidamente reclinato all'indietro è il soggetto di Sogno, in marmo rosa (ill. ibid., VII [1932], 6, p. 16), inviata insieme con il bronzo Primavera alla I Quadriennale di Roma del 1931 e acquistata per l'occasione dalla Banca d'Italia. Da questo momento in poi divenne costante la sua presenza alle successive edizioni della rassegna: nel 1935 con Ratin e Bagnante, nel 1939 con Testa di fanciullo e Incontro e nel 1943 con il bronzo Sogno.
Nella primavera del 1933 partecipò con cinque sculture (tra cui La modella in terracotta e Nido in marmo di Candoglia) alla II Sindacale di Verona e con due terrecotte (Donna allo specchio e un Nudo femminile) alla I Mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti tenutasi a Firenze; con V. Guidi e G. Trentini fece parte quindi della commissione per la selezione delle opere da presentare alla I Mostra sindacale provinciale d'arte aperta nel settembre dello stesso anno a Vicenza, dove riunì i tre bronzi Testa femminile, Studio e Fascismo.
L'attività espositiva negli anni Trenta proseguì fitta di appuntamenti: a Verona dal 1934 al 1938 partecipò alle Biennali d'arte e alle Sindacali del 1935 e del 1937 (per quest'ultima fu peraltro membro della giuria d'accettazione); a Venezia fu presente nel 1935 all'esposizione che celebrava i quarant'anni della Biennale e nel 1936 con la XX edizione della stessa rassegna.
Alcuni bassorilievi, come La civiltà in Etiopia dell'Italia fascista imperiale e La conquista dell'Impero, esposti alla Biennale di Venezia del 1938 e riprodotti nell'Arena del 31 maggio, nonché Il duce parla ai minatori del monte Amiata (ill. in Verona e il Garda, II [1940], 8, pp. 24 s.), proposto l'anno seguente nel padiglione del Mercurio alla Mostra del minerale italiano a Roma, testimoniano l'accostamento del G. a tematiche di carattere celebrativo, che si affiancano a una ricerca fondata prevalentemente sullo studio della figura umana. Lo confermano, tra gli altri, i lavori riuniti nel 1939 alla V Sindacale di Verona, quali Ritratto di bimba, Testa di donna rivestita "a foglia d'oro dove la carne sembra bruciata", e Dolore, in cui il modellato sembra giungere a esiti di "pura emotività" (Filippini); il Ritratto del generale di squadra aerea Francesco Priscolo in bronzo, esposto insieme con altre sue opere nella Mostra sindacale degli artisti veneti allestita tra il maggio e il giugno del 1939 nella sala della Ragione a Padova e riprodotta nell'Arena del 20 maggio dello stesso anno, nonché le opere riunite nella sala personale, l'unica dedicata a uno scultore, nell'ambito della mostra promossa dalla Società di belle arti tenutasi nella primavera del 1941 in Castelvecchio a Verona.
In tale contesto la critica dell'epoca mise a confronto la classica dignità funeraria del Sognodella morente, in marmo di Candoglia, con il carattere spigliato di alcune piccole statue impressionistiche, tra cui il bronzo Chimera. Tra le altre opere si ricordano: Donna al mare, acquistato dalla Cassa di risparmio di Verona, Vicenza e Belluno; Testa di fanciulla, acquistato dalla Confederazione nazionale fascista degli industriali; Le stelle e Bambina al mare, entrate in collezioni private.
Alla prima edizione del "Premio Verona. Mostra nazionale di pittura e di scultura a celebrazione dell'agricoltura nei frutti nei fiori e negli animali" tenutasi nell'agosto 1942, l'artista espose un Toro "che ricorda nel contorno i famosi bisonti preistorici delle caverne di Altamira" (Zorzi). È riferibile allo stesso periodo l'altorilievo per la tomba della famiglia Fraccaroli al cimitero Monumentale di Verona, che testimonia il suo impegno nella scultura di carattere funerario.
Interprete di un realismo sempre aderente alla resa fedele del soggetto, il G. divenne negli anni Trenta una delle personalità di spicco dell'arte plastica veronese insieme, tra gli altri, con Berto Zampieri, Nino Gottardi, Mario Salazzari e Vittorio Di Colbertaldo con il quale strinse un profondo legame di amicizia.
Dalla testimonianza di Di Colbertaldo (Ricordo…) traspare il carattere schivo e riservato dell'artista, impegnato nella costante ricerca di un metodo cui amava restare fedele: "Franco lavorava sodo, con una passione sempre controllata da un rigore assoluto, seguendo una linea e uno stile che non avrebbe lasciato mai più. Le sue figure erano quasi sempre chiuse, come era chiuso lui stesso del resto".
Nel secondo dopoguerra, dopo la parentesi del conflitto mondiale segnata dal servizio militare e dalla prigionia, il G. riprese l'impegno artistico e didattico tornando a esporre nelle più importanti rassegne nazionali. Partecipò, su invito, alle Biennali di Venezia del 1948, 1950 e 1954 e a varie mostre del Concorso internazionale del bronzetto a Padova a partire dalla prima edizione del 1955. Dopo la sua presenza alla mostra che nel 1950 celebrò il bicentenario dell'Accademia G.B. Cignaroli di Verona, furono rilevanti le sue partecipazioni alle Quadriennali di Roma del 1955 e del 1959, documentate l'una da cinque bronzi (Nuotatrice, Estate, Attesa, La luna, Donna veneta), l'altra dalle opere Composizione, La prima ballerina, Faunetto. Nei lavori eseguiti a partire dalla fine degli anni Quaranta, presentati in seguito alla IX Biennale triveneta di Padova nel 1951, alle varie edizioni della Biennale nazionale della Società di belle arti di Verona tra il 1950 e il 1960, sino alla VIII Mostra nazionale del bronzetto di Padova nel 1971, le forme si fanno esili e spigolose, rivelando assonanze con la scultura di Marcello Mascherini che il G. ebbe modo di avvicinare e frequentare nelle fonderie veronesi. La sua ricerca formale giunse al culmine nei bronzi esposti alla Biennale di Venezia del 1954, tra cui Flora, entrato in una collezione privata americana, e Stella del circo, ora presso l'Accademia G.B. Cignaroli di Verona.
Vissuto a lungo nella solitudine dell'impegno artistico, dopo una sua mostra tenuta quasi in sordina a Trieste nel 1942, organizzò circa trent'anni dopo alla galleria La Tela di Iseo la sua unica vera personale. La morte lo colse pochi giorni prima dell'inaugurazione, fissata per il 5 marzo 1977 "alle soglie del primo incontro col pubblico, fuori dalla ufficialità degli inviti a rassegne nazionali e internazionali che ancora riceveva" (Tessari, p. 95).
Il G. morì a Verona il 25 febbr. 1977. L'anno seguente l'Accademia G.B. Cignaroli lo ricordò con una mostra commemorativa.
Attualmente non è possibile fornire dati certi sull'ubicazione delle opere, sicuramente confluite in parte in raccolte private. Una sua Testa femminile in bronzo, riferibile al primo periodo della sua attività artistica, di proprietà della Galleria d'arte moderna e contemporanea di Palazzo Forti a Verona, è ora in deposito presso palazzo Pirelli nella stessa città; altri lavori, tra cui un Cristo in gesso e Giovane sposa in marmo, sono conservati presso l'Accademia G.B. Cignaroli di Verona.
Fonti e Bibl.: La scultura alla Mostra della Gran Guardia, in L'Arena, 26 marzo 1929; V. Filippini, La quinta rassegna sindacale d'arte, ibid., 24 maggio 1939; F. Zorzi, Ricognizione della mostra. Le scultu-re, in Verona e il Garda, IV (1942), 4, p. 30; G. Centorbi, Un catanese a Verona, Verona 1968, p. 147; V. Di Colbertaldo, Ricordo di F. G., in Vita veronese, XXX (1977), 3-4, pp. 96 s.; U.G. Tessari, F. G., ibid., pp. 94 s.; M. Cressoni, Egidio e Franco Girelli, tesi di diploma, Verona, Accademia di belle arti G.B. Cignaroli, a.a. 1988-89, pp. 134-273 (con bibl.); E. Di Martino, Bevilacqua La Masa, 1908-1993. Una fondazione per i giovani artisti, Venezia 1994, p. 192.