GIZZIO, Francesco
Nacque a Napoli nel 1626 da una famiglia originaria di Chieti.
Entrato nell'Ordine dei filippini, grazie alle sue spiccate doti di pedagogo e alla sua fertile intelligenza (oltre che drammaturgo, fu anche matematico e astrologo), mantenne per trent'anni la carica di prefetto della Congregazione dell'oratorio, l'istituzione preposta all'educazione dei giovani rampolli dell'aristocrazia e della borghesia napoletana. Per loro il G. scrisse numerosi testi teatrali, rappresentati dagli stessi allievi per lo più a S. Maria degli Angeli alle Croci e a S. Agnello a Capo Napoli, le due chiese che ospitavano alternativamente l'oratorio vespertino.
Esponente di spicco dell'importante produzione drammaturgica oratoriana, sorta a Napoli grazie anche al confratello Antonio Glielmo, il G. divenne, per la sua pluriennale esperienza, uno specialista del dramma sacro, il particolare genere teatrale in grado di veicolare - più della stessa pittura e delle altre arti figurative - materiali agiografici e contenuti biblici, perciò utile per propagandare i nuovi culti promossi dalla Chiesa della controriforma. Documento tardo dell'attività drammaturgica del G., successivo alla sua uscita scenica, è L'amor trionfante, rappresentazione sacra della vita e della morte della beata Maria Maddalena de' Pazzi carmelitana, affidato ai tipi dello stampatore arcivescovile Novello de Bonis nel 1668. Il lavoro - secondo quanto l'autore afferma nella prefazione - "fu rappresentato in diverse volte nel chiostro di Sant'Agnello, e ultimamente, per sola mia devotione, dentro la chiesa del venerabile convento di Santa Maria alla Vita" (Croce, p. 133). Un ricco compendio della produzione teatrale del G. è rappresentato dai due volumi L'echo armoniosa delle sfere celesti, cioè la corrispondenza de' santi con le virtù, alla gratia divina. Spiegata con rappresentationi, e dialoghi sacri, framezzata con cinquanta discorsi per le feste del Signore, de' santi (Napoli 1693). Ben diciassette sono i testi teatrali compresi nella silloge, tra i quali: Il tesoro nascosto, della vita e morte del protoabate s. Antonio egittio il Grande; La fanciulla gigante, della morte e martirio glorioso di sant'Agnese vergine e martire; Il pellicano infermo che sana, della vita e morte di s. Giovanni di Dio fondatore della religione de' padri Fate bene fratelli; La ricchezza della povertà, della vita ammirabile del serafico s. Francesco d'Assisi. In tutti è presente almeno un personaggio (servo, marinaio, cieco ecc.) che parla in napoletano. Al pari del Glielmo, che immortalò sulla scena l'eruzione del Vesuvio del 1631, il G., in occasione della peste del 1656, scrisse il dramma edificante La spada della misericordia.
Accanto alla produzione teatrale, le fonti oratoriane sono concordi nell'indicare nel G. un valente matematico e astrologo, capace di costruire complicatissime macchine. è assai probabile che egli riversasse questa predisposizione negli allestimenti teatrali, di cui pure dovette avere cura. In una particolare circostanza, fu anche committente artistico: secondo il marchese di Villarosa, fece adornare a sue spese la cappella di S. Maria Maddalena de' Pazzi della chiesa dei gerolamini di Napoli.
Il G. si spense a Napoli il 2 genn. 1698.
Fonti e Bibl.: L. Allacci, Drammaturgia accresciuta e continuata fino all'anno MDCCLV, Venezia 1755, col. 69; C. de Rosa, marchese di Villarosa, Memorie degli scrittori filippini, Napoli 1837, pp. 144-146; P. Martorana, Notizie biografiche e bibliografiche degli scrittori del dialetto napolitano, Napoli 1874, pp. 255-259; B. Croce, I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo, Napoli 1891, pp. 132 s.; R. De Maio, Pittura e controriforma a Napoli, Roma-Bari 1983, pp. 16, 29, 37, 65, 229.