GONZAGA, Francesco
Unico figlio maschio di Ludovico (II), signore di Mantova, e di Alda, figlia di Obizzo (III) d'Este, nacque a Mantova nel 1366. Educato da noti istitutori, come Giovanni Della Torre e Luigi da Grado, nell'inverno del 1380-81 contrasse matrimonio con Agnese di Bernabò Visconti. L'unione fu il risultato di un'attenta politica di riavvicinamento del padre Ludovico al signore di Milano, la cui supremazia regionale i Gonzaga erano stati forzati nella seconda metà del secolo a riconoscere. Il matrimonio venne stipulato nel 1375, ma per l'età dei due giovani non fu celebrato e consumato che nel febbraio del 1381, dopo vari ritardi dovuti a un malessere di Agnese.
Nell'organizzazione degli sponsali, di primaria importanza per i Gonzaga, si esercitarono i migliori oratori mantovani: Oddolino Petenari, Andrea Painelli da Goito, Bertolino Capilupi. Il viaggio compiuto dalla comitiva gonzaghesca fra Mantova e Milano, la cerimonia del matrimonio e le feste che ne seguirono furono minuziosamente orchestrati: un ricco quaterno descrive il corteo che andò a prendere la sposa a Milano e l'accoglienza riservatale al suo ingresso in città da parte dei membri della locale società, ordinati secondo gradi e dignità.
Nel 1381 il G. perse la madre; l'anno successivo l'unica sorella del G., Elisabetta, andò in sposa a Carlo Malatesta, signore di Rimini e di Cesena, ponendo in tal modo le basi per un periodo di più di un trentennio di stretti e importanti rapporti fra le due dinastie. Sempre nel 1382 venne a morte Ludovico Gonzaga: il G., sedicenne, successe al padre senza difficoltà, seppure, data la giovane età, sotto la tutela del Consiglio maggiore della città che chiese e ottenne, in nome del G., all'imperatore Venceslao la nomina di questo a vicario imperiale di Mantova (9 luglio 1383), insieme con l'abrogazione della soggezione feudale imposta ai Gonzaga da Bernabò Visconti per i beni allodiali della dinastia.
Negli anni tra il 1382 e il 1388 il Consiglio maggiore di Mantova non impresse alla politica della città svolte contrarie agli indirizzi ch'erano stati di Ludovico Gonzaga: così, nel 1385, rinnovò a nome del giovane G. la lega con Milano, Padova e Ferrara in funzione antiscaligera. In seguito all'occupazione viscontea di Verona e di Vicenza, e alla successiva lega anticarrarese cui si era unita anche Venezia, il G. ottenne nel 1387, anche se per poco, Canedole e Casteldario, sul confine con Verona.
In questi anni l'espansionismo visconteo, consolidata la propria egemonia territoriale in Lombardia e nelle zone centrali della pianura del Po, si volgeva con decisione verso le grandi città della Marca veneta, venendo a confrontarsi in una complessa e intermittente rete di alleanze e di conflitti con le ambizioni della Serenissima, tesa a garantirsi un entroterra profondo e sicuro: i minori potentati padani, come i Gonzaga e gli Este, si trovarono dunque negli ultimi decenni del XIV secolo a giocare, spesso sul filo della vera e propria sopravvivenza, un ruolo politico ambiguo e mutevole.
Agli anni della minore età del G. risale una rilevante serie di documenti amministrativi che forniscono un quadro dettagliato, seppure non completo, dell'evoluzione degli organi centrali della signoria gonzaghesca: la dinastia infatti reggeva la città di Mantova sulla base della struttura amministrativa ereditata dalla matura età comunale, solo parzialmente trasformata nei decenni centrali del secolo dall'intervento capillare dell'arbitrio signorile, codificato già dagli statuti bonacolsiani del 1313. L'età del G. si caratterizzò per un marcato tratto di rinnovamento istituzionale rispetto all'età precedente, le cui prime tracce si rinvengono proprio negli anni fra il 1382 e il 1392-93. Venne redatta infatti, prevalentemente tra il 1384 e il 1386, una serie di brevi promemoria relativi all'attività della masseria del Comune, della tesoreria, della curia signorile, che recavano, insieme con la descrizione delle prerogative di tali organi al tempo della redazione dei documenti, anche il richiamo al loro funzionamento al tempo del defunto Ludovico, probabilmente proprio per ricapitolarne compiti e attribuzioni durante la minore età del Gonzaga. I lineamenti di una prima distinzione fra gli organi camerali di origine comunale (come la masseria) e di più recente origine signorile (come la tesoreria o la factoriacurie) emergono in questi anni per la prima volta con chiarezza: anche l'organizzazione militare dello Stato, basata su cernite locali, sui provvisionati e sulla compagnia del signore, e incentrata sulla figura del factor stipendiariorum, assume un particolare rilievo in questi anni, conseguenza naturale dell'accresciuta attività militare del G. e del suo progressivo prendere coscienza del ruolo strategico e della funzione mediatrice della signoria mantovana nei conflitti padani.
Con il 1388 il G. raggiunse la maggiore età e il 5 ottobre venne nominato capitano e signore della città di Mantova dagli Anziani, dai Savi e dal Consiglio maggiore della città secondo la formula tradizionale. Nel dicembre 1388 le truppe viscontee entrarono in Padova: la primavera successiva il G. si recò a Venezia, dove il doge Antonio Venier, il 1° aprile, gli concesse il titolo di patrizio veneziano. Nel mese di giugno di quello stesso anno, il G. partiva da Mantova per Milano, per fare parte della comitiva che avrebbe accompagnato in Francia Valentina di Gian Galeazzo Visconti, futura sposa di Luigi di Valois, duca di Touraine (poi, dal 1392, duca di Orléans): da questo viaggio in Francia (per le cui spese il carteggio ci informa di una serie interessante di operazioni di credito a favore del G. sulle piazze di Genova e di Milano) derivarono relazioni saltuarie ma amichevoli con la corte francese. I rapporti fra Mantova e Milano si mantennero apparentemente buoni per tutto il 1389, come testimonia anche la concessione al G. nell'autunno del 1389, da parte di Gian Galeazzo Visconti, di inquartare nel proprio stemma la vipera viscontea.
Peraltro, le iniziative di Francesco Novello da Carrara, sfuggito rocambolescamente alla custodia viscontea, le oscure manovre condotte in Francia da Carlo Visconti, fratello di Agnese (con cui, secondo Giuseppe Coniglio che riassume in merito un'opinione consolidata della storiografia mantovana, il G. avrebbe avuto contatti proprio in occasione del viaggio compiuto in Francia), in generale la crescente diffidenza nei confronti di Gian Galeazzo, fecero sì che i Carraresi, gli Estensi, i Comuni di Firenze e di Bologna stipulassero l'11 apr. 1390 una nuova lega antiviscontea cui aderì anche il G., preoccupato per l'incolumità del proprio Stato e desideroso di nuovi accrescimenti territoriali sui confini. Il Carrarese rientrò a Padova nel giugno del 1390: a seguito della guerra, un anno dopo, il G. acquistò dal Visconti per 50.000 ducati i castelli di Ostiglia, Asola, Villimpenta, Canedole e Castellaro Lagusello, il cui possesso però non fu ratificato dagli alleati e che dovette restituire l'anno successivo.
Nel frattempo era maturato a Mantova un evento che, di là dalla drammaticità della vicenda (che diede adito per secoli a fiorite interpretazioni), ebbe risonanza e valenze politiche di rilievo: il 7 febbr. 1391 veniva giustiziata per adulterio Agnese Visconti.
L'avvenimento ebbe evidentemente un peso peculiare, dal momento che il G., per chiarirne le ragioni e giustificarsi di fronte a tutti, inviò copia dei minuziosi atti processuali alle Cancellerie dei signori settentrionali a lui legati per alleanza o parentela. Agnese venne accusata di avere commesso adulterio con un cavaliere mantovano, Antonio da Scandiano: i presunti amanti, sottoposti a tortura, traditi dalle delazioni dettagliate di dame e serventi, confessarono e pagarono con la morte quel che successivamente parve piuttosto una colpa politica. I cronisti contemporanei avallarono l'ipotesi dell'adulterio, ma già dal Cinquecento si suppose che Agnese fosse stata eliminata su istigazione di Gian Galeazzo Visconti, che temeva l'influenza presso il Gonzaga del fratello di questa, Carlo. La storiografia contemporanea ritiene piuttosto che il G. giudicasse ormai compromettente, nell'ambito di relazioni globalmente non facili con il signore di Milano, avere accanto a sé la figlia di Bernabò Visconti, sospettabile di mantenere stretti rapporti con il fratello, decisamente contrario a Gian Galeazzo. Anche il fatto che Agnese, spesso malata, avesse dato al G. solo una figlia femmina, Alda, poté forse incoraggiarlo a liberarsene: la preoccupazione di non avere eredi maschi avrebbe in seguito spinto il G., nel 1392, a chiedere e ottenere dal papa Bonifacio IX la legittimazione dei due figli naturali Giovanni e Guido, di cinque e tre anni.
Con il 1392 iniziò per Mantova un periodo pressoché ininterrotto di guerre, in cui il G. per lo più si allineò con il partito antimilanese, rappresentato da Firenze e Bologna, e, in misura sempre maggiore nella pianura Padana, da Venezia. Il decennio che corre tra il 1392 e il 1402, e che si chiude con la morte di Gian Galeazzo Visconti, vide infatti consumarsi il grande progetto espansionistico visconteo; negli anni successivi alla morte del duca di Milano, il confronto si frammentò in una serie di conflitti minori in cui i diversi protagonisti cercarono di assicurarsi il controllo delle varie parti del Ducato di Gian Galeazzo.
Nel settembre del 1392 il G. ratificò a Mantova la propria partecipazione alla lega sottoscritta nell'aprile di quell'anno fra le Comunità di Firenze e Bologna e i signori di Padova, Ferrara, Imola e Ravenna in funzione antiviscontea: il G. si impegnava a tenere pronte 1000 lance e un certo numero di vascelli a protezione del corso del Po in territorio mantovano e del ponte di Borgoforte. Nel 1396 alla lega si univa anche il re di Francia Carlo VI: l'anno dopo Bonifacio IX assolse il G. da ogni scomunica gli fosse potuta derivare da questa alleanza con il re scismatico di Francia. La grande offensiva viscontea degli anni 1397-98 mise a dura prova le difese approntate dal G., devastando il Mantovano, ed ebbe l'effetto di indurre anche la Serenissima ad aderire alla lega. I risultati dal punto di vista territoriale non furono confortanti per il G.: al termine della guerra, nel 1399, egli dovette nuovamente riconoscere in veste feudale le terre e i castelli occupati dal duca di Milano durante la guerra (soggezione da cui si liberò soltanto nel 1404), ma certo in questa congiuntura bellica la signoria mantovana si era proposta sulla scena internazionale con sicura consapevolezza politica e il G. aveva posto le basi per un'alleanza con Venezia che sarebbe durata sino alla fine degli anni Trenta del secolo successivo, influenzando non poco gli orientamenti politici mantovani. Perno di questa forza politica fu per il G. la stretta concordia con Carlo Malatesta di Rimini: nella primavera del 1392 egli si era recato in Romagna presso di lui e, tra gli altri accordi, ne era sortita una nuova alleanza matrimoniale, quella del G. con Margherita, sorella di Carlo, che, sposata nel 1393, gli avrebbe dato due anni dopo il sospirato erede, Gianfrancesco. Nell'ambito di questa rete di alleanze matrimoniali fra i signori padani va anche considerato il matrimonio di Alda Gonzaga, unica figlia avuta da Agnese Visconti, con Francesco (III), figlio di Francesco Novello da Carrara, signore di Padova, celebrato a Mantova nel dicembre del 1393.
Nell'estate del 1398 (e non del 1399, come scrive erroneamente Coniglio) il G. intraprese un viaggio in Terrasanta che lo tenne lontano da Mantova sino all'inizio dell'anno successivo: la moglie Margherita, insieme con il vicario di corte e referendario Galeazzo Buzoni, uomo di primissimo piano nell'entourage gonzaghesco, si occupò in sua assenza della gestione dello Stato. Nel febbraio del 1399 Margherita Malatesta morì nel corso di una gravidanza; fu sepolta, come più tardi il G., nella chiesa di S. Francesco.
Con il nuovo secolo un ulteriore mutare del contesto politico internazionale (l'alleanza fra papa Bonifacio IX e Ladislao di Durazzo, vittorioso a Napoli su Luigi II d'Angiò, e il pronto allineamento del duca di Milano al partito pontificio), portò il G. a combattere a fianco del Visconti all'assedio di Brescia nel 1401 e durante la guerra contro Bologna nel 1402, culminata nella vittoria di Casalecchio (26 giugno 1402). Alla morte in settembre del duca Gian Galeazzo, il G. si vide investito dalla duchessa Caterina Visconti della procura per trattare a nome suo e dei suoi due figli la pace, che si sarebbe conclusa nell'agosto del 1403.
La scomparsa del Visconti ricondusse il G. nel consolidato solco dell'aderenza alla Serenissima: nonostante una prima tregua stipulata con Francesco Novello da Carrara, allorché Venezia nell'estate del 1404 diede decisamente inizio alle ostilità contro Padova, il G. scese apertamente in campo per la Serenissima come capitano generale delle genti d'arme veneziane di qua dall'Adige; come collegato, avrebbe ottenuto la conferma di alcuni grossi borghi del Veronese di cui si era in parte già appropriato (Ostiglia, Villimpenta, Peschiera). Nel 1405 la resistenza carrarese venne piegata e il G. occupò Peschiera e Verona, partecipando poi all'assedio finale di Padova.
Gli ultimi anni della sua signoria furono connotati da un consapevole e significativo sforzo di organizzazione dello Stato: come si è visto, sin dagli anni Ottanta del Trecento, era venuto delineandosi il sistema degli organi camerali signorili e urbani (masseria, masseria dei dazi, fattoria delle paghe degli stipendiari o tesoreria, factoriacurie) che avrebbe costituito l'ossatura dell'amministrazione finanziaria ed economica dello Stato sino al Cinquecento; analogamente, all'età del G. vanno fatti risalire il consolidamento del territorio mantovano grazie alle acquisizioni di importanti Comuni rurali sui confini dell'antico districtus comunale (Asola, Canneto sull'Oglio, Castel Goffredo, Castiglione delle Stiviere, Bozzolo, Isola Dovarese, Viadana, Sabbioneta) e l'organizzazione delle circoscrizioni militari e giudiziarie minori, i vicariati e le podesterie. Nei primi anni del Quattrocento poi lo sforzo organizzativo del G. si focalizzò su di un complesso di interventi normativi di grande rilievo e di significativa contestualità: al 1404 vanno fatti risalire gli statuti gonzagheschi, commissionati secondo la tradizione mantovana al noto giurista dello Studium padovano Raffaele Fulgosio e destinati a sostituirsi, come fonte di diritto per lo Stato mantovano, ai trecenteschi statuti bonacolsiani sino alla codificazione settecentesca. Al 1406 risalgono gli statuti rinnovati dell'università maggiore dei mercanti della città; nel 1407, infine, su esplicito ordine del G., Antonio Nerli, abate del monastero di S. Benedetto in Polirone, nonché consigliere e uomo di fiducia del G., redasse gli statuti del più prestigioso ente assistenziale laico cittadino, il duecentesco Consorzio di S. Maria della Cornetta. Sempre all'età del G. risalgono poi alcuni rilevanti interventi architettonici e urbanistici, circoscrivibili innanzitutto al riassetto della zona della corte e del vescovado, in cui vennero abbattute alcune antiche chiese come S. Maria in Capodibove e S. Croce per costruire tra il 1395 e il 1406 il castello di S. Giorgio, progettato da Bartolino da Novara, e la Ca' Zoiosa (destinata a diventare la sede della famosa scuola umanistica di Vittorino da Feltre). Anche la facciata della cattedrale di S. Pietro venne ristrutturata da Jacobello e Pierpaolo Dalle Masegne secondo stilemi tardogotici. A queste opere in città va aggiunta la costruzione, iniziata nel 1399 per l'adempimento di un voto formulato dal G., del santuario delle Grazie, sulle rive del lago Superiore, appena fuori città.
Il G. morì per una improvvisa malattia l'8 marzo 1407: aveva fatto testamento il 14 dicembre precedente; dei suoi beni in corte rimane un dettagliato inventario redatto in due copie, in cui spicca la descrizione della ricca biblioteca, peculiare per l'abbondanza di testi in lingua francese, canzoni di gesta e poemi.
Ebbe, oltre ai due figli legittimi, Alda, morta durante la pestilenza che infierì nel corso dell'assedio di Padova del 1405, e Gianfrancesco, alcuni figli naturali: i già menzionati Giovanni e Guido, poi protonotario apostolico e preposito di S. Benedetto in Polirone (legittimati), nonché Diomede, Guglielmo, Gigliola, sposata a Mario Forzatè da Padova, e Antonia, moglie di Feltrino Gonzaga di Novellara. L'erede dodicenne Gianfrancesco venne affidato dal padre alla tutela della Serenissima e dello zio Carlo Malatesta, in una estrema conferma dei più duraturi indirizzi politici e dei più forti legami personali del Gonzaga. Nella lenta, progressiva trasformazione della signoria trecentesca dei Gonzaga nel principato umanistico tardomedievale, l'età del G. si caratterizza per una lucidità e una progettualità che si stenta a riconoscere, anche per le mutate condizioni generali, nei decenni successivi e che riveste tutti i caratteri dell'intenzionalità.
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